Pavia on the road

Uno: i dubbi esistenziali

“Ma avrò fatto bene a prendere questa decisione?”
“Ma non è un po’ esagerato, andar via di casa a diciannove anni per studiare?”
“Ma sarà poi proprio vero che la mia Facoltà qui a Torino funziona così male?”
“Ma varrà davvero la pena di andare a Pavia solo per frequentare il corso dei miei sogni, che qui a Torino non c’è?”
“Ma sarà poi tutto questo splendore, l’Università di Pavia?”.
Poi scopri che l’Università di Pavia è forse l’unica in tutta Italia a premiare le eccellenze agli Esami di Stato, e a farti pagare 300 euro di tasse universitarie invece dei 2500 che ti toccherebbero… e col tuo animo da pitocca sorridi, e capisci che, , hai fatto la scelta giusta.

Due: l’università

Piacevolmente inquietante, nel senso che, dal momento in cui inoltri la tua preiscrizione al sito del Miur, ti tormenta con lettere gentili tanto quanto minatorie per avvisarti degli (incredibilmente numerosi) appuntamenti dedicati alle future matricole. L’Università di Torino indice un giorno di conferenze a febbraio; l’Università di Pavia, potesse, ti inviterebbe anche a dormire nei suoi collegi, pur di avvicinarti alle sue aule.
Non hai scelta. Prendi, parti, salti anche dei giorni di scuola, grazie al preside compiacente; arrivi all’Università di Pavia, e… ti perdi. Perché l’Università, a Pavia, è immensa.
Non è un palazzo, non è un isolato, non è una struttura definita: è un groviglio di atrii, cortili, porticati, che si estende per mezza città e ti fa girar la testa. Cammini alla disperata ricerca di quell’aula dal nome strano, e ti imbatti in Pavesi di tutte le età, che con cagnolini e bambini nella carrozzina, passeggiano in mezzo ai cortili dell’Università, fra i calendari degli esami e gli orari delle lezioni. Entri in un negozio per compare il pane, e dal palazzo affianco sbuca fuori una ragazza incoronata d’alloro che attende di conoscere il suo voto di laurea. Parli con la tua cinquantenne vicina di casa, e lei ti dice che, sì, ogni tanto ci va, all’Università, quando non ha niente da fare: le piace sentire le lezioni di quel professore tanto bravo, che spiega la Storia facendo divertire.
E allora capisci qualcosa, dei Pavesi: che o son scemi, o l’Università la sentono veramente parte della loro vita e delle loro tradizioni.

Tre: l’immatricolazione

A dire il vero c’è anche una terza possibilità: quella che vede Pavia come una cittadina sull’orlo del tracollo economico, e i cui unici introiti arrivano, oltre che dalle eccellenze del San Matteo, dalla rinomanza dell’Università.
Altrimenti non si spiega com’è che quando vai a immatricolarti ti stendono il tappeto rosso sotto i piedi (letteralmente: per entrare devi camminare su una passerella color porpora!), ti accolgono come se tu fossi la loro migliore amica di sempre, e, all’uscita… ti fanno un regalo. Giuro.
Mi hanno regalato una borsetta con lo stemma dell’Università di Pavia. Poi mi hanno regalato una toppa adesiva, così, volendo, posso personalizzare un’altra borsetta. Poi mi hanno riempito di mappe, cartine, guide degli studenti, elenchi dei servizi, moduli per ottenere l’abbonamento annuale agli autobus a 10 euro (!!), e alla fine mi hanno stretto la mano, mi hanno ripetuto tre volte “Benvenuta!”, e hanno ribadito il concetto che, a quanto pare, tutti i Pavesi si affrettano a ripetere alle matricole: “Vedrai, ti troverai benissimo a Pavia!”.

Quattro: i monumenti

A Torino dedichiamo monumenti a Vittorio Emanuele II e Emanuele Filiberto di Savoia.
A Pavia i monumenti li dedicano ai bracchi e alle lavandaie.
Vorrà pur dire qualcosa.

Cinque: i trasporti

La prima linea aerea regolare della Storia d’Italia ha collegato, a partire dalla metà degli anni Venti, Torino e Pavia. Il 1° Aprile 1926 si è tenuto, dall’idroscalo di Torino, il viaggio inaugurale: la rotta seguiva il corso del Po, e comprendeva, oltre l’idroscalo di Pavia, anche quelli di Venezia e Trieste. Spendendo l’equivalente di uno stipendio mensile di un operaio, fino al 1934 i Torinesi  (non più di cinque per volta)  hanno avuto la possibilità di raggiungere rapidamente, a bordo di un biplano monomotore, la ridente cittadina universitaria sul Ticino: e l’Idroscalo sul fiume Po, a pochi metri dal Borgo Medievale del Parco del Valentino, è ben presto diventato simbolo della Torino più in. Dal momento che la carlinga del veivolo non era pressurizzata, e vi erano abbondanti spifferi, ai viaggiatori, incluse nel biglietto, venivano persino offerte una coperta e una borsa dell’acqua calda, per proteggersi dal freddo.
Poi, nel 1934, la Società Aerea Mediterranea ha assorbito l’ente che provvedeva a questi collegamenti, e la pratica tratta Torino – Pavia è stata brutalmente abolita. Da allora, per compensare alla straordinaria comodità che aveva favorito i trasporti Torino – Pavia nel Ventennio, la Repubblica Italiana ha provveduto a rendere straordinariamente scomodi i trasporti Torino – Pavia dei giorni nostri.

Non ci sono treni che da Torino portino direttamente a Pavia e viceversa.
Non ci sono orari ferroviari che non facciano perdere una infinità di tempo fra cambi e coincidenze.
Non ci sono autobus che da Torino portino a Pavia o nelle vicinanze.
Manca financo l’uscita a Pavia, lungo l’autostrada Torino – Piacenza: bisogna uscire a Voghera, ma da Voghera non si degnano di metterti un cartello stradale per dirti come arrivare al capoluogo.
In compenso, chi miracolosamente riuscisse a entrare in città si renderebbe conto che a Pavia ci sono restrizioni sul traffico automobilistico che, qui a Torino, non ci sognamo manco nella più severa delle ZTL.

Sei: Toponomastica

C’è comunque un vantaggio, nel dover viaggiare fra vie e viuzze sparse fra i più sperduti paesini del Pavese: si può apprezzare appieno la toponomastica locale. L’elenco dei comuni della Provincia di Pavia saprebbe far sorridere persino un uomo sull’orlo della depressione, con nomi quali Mezzana Rabattone, Bastida Pancarana, Sannazzaro De’ Burgundi, Borgoratto Mormorolo. C’è pure un Re Torbido. E molti altri dello stesso genere, purtroppo.

Sette: la morale

Ho il sospetto che a Pavia ne abbiano una visione abbastanza particolare, e piuttosto diversa dalla mia.
A partire dai miei futuri dirimpettai, che un paio di giorni fa se ne andavano bel belli in giro per la casa completamente ignudi e a finestre spalancate, forti del fatto di avere le zanzariere chiuse. Ora: io non vorrei dire, ma da che mondo è mondo le zanzariere sono piuttosto trasparenti.
La signora che abita al piano di sotto dei miei dirimpettai, invece, è più diretta. Mio papà, intento a fumarsi una sigaretta sul balcone di prima mattina, è stato duramente provato dall’apparizione della signorina del secondo piano, che è uscita sul balcone a bagnare le piante… in ciabatte e mutande. E nient’altro. Per nulla sgomenta nell’accorgersi di essere stata vista, la signorina ha financo sventolato una mano in direzione di mio padre, esclamando, perfettamente a suo agio in quella inconsueta tenuta: “Voi siete i nuovi inquilini, vero? Benvenuti!”.
Sul quotidiano locale, che dovrebbe essere a mio giudizio testata piuttosto autorevole, seppur di tiratura non certo nazionale, abbondano gli annunci personali. La mia impressione è che i tre quarti delle studentesse universitarie si prostituiscano per comprare i libri di testo, a giudicare dai numerosissimi annunci di “giovani, ventenni, colte, prima volta, appena arrivate!” che si moltiplicano nei mesi dell’immatricolazione.
A leggerli tutti, questi annunci personali si mostrano fra l’altro anche abbastanza interessanti. Come quello piuttosto inquietante del “Transex” che offre “ricche sorprese”, il che secondo me già scoreggerebbe più di un potenziale cliente, o quello enigmatico della sexy massaggiatrice vogherese che annovera fra i suoi servizi il misterioso “bacio del calzolaio”. Ora: io sono tutto fuorché ferrata in materia, ma – sinceramente e senza scendere in dettagli – qualcuno di voi ha mai sentito nominare prima d’ora questo fantomatico “bacio del calzolaio”? Secondo me se l’è inventato, o – nella migliore delle ipotesi – è una studentessa di Lingue che riprende l’antica ballata inglese.
Ma i dirimpettai nudisti, la vicina esibizionista, le prostitute strambe potrebbero non rendere l’idea della città di perdizione nella quale sono inconsapevolmente andata a infognarmi. Potrebbe essere più efficace, da questo punto di vista, il testuale resoconto del mio incontro con La Vipera, avvenuto settimane fa nella ferramenta del quartiere.
Con mio padre, stavo comprando una targhetta per appendere il mio nome sul campanello, quando una ragazza semisvestita, in succinto top e pantaloncini inguinali, fa il suo ingresso nel negozio. “Ah! Voi non siete di qui, non la conoscete ancora”, commenta il ferramenta dopo l’uscita della cliente: “quella era La Vipera. Una delle ragazze più belle e, ehm, più disponibili di tutta Pavia”.
“Ehm… La Vipera?”, ho l’infelice idea di domandare.
“Sì, sì, La Vipera!” si anima il ferramenta. “Ha un tatuaggio sul basso ventre: una vipera. Se lei è vestita, si vede solo la coda: così, se vuoi sapere che animale è, beh…”.
“?”.
“Beh, sì, glielo dici e si toglie i vestiti!”.
Ah beh.

Otto: le chiese

L’accostamento potrebbe suonare blasfemo, ma in realtà è molto confortante scoprire che non sul solo peccato si regge questa bislacca città. E, anzi, le chiese di Pavia sono tante e tali da lasciare a bocca aperta persino chi arriva dalla città della Sindone e del Corpus Domini.
Per chi ha amato Sant’Agostino (e anche per chi Sant’Agostino nemmeno lo conosce), la Basilica di San Pietro in Ciel d’Oro merita ben più di una visita.
Per chi ama l’arte (e anche per verso l’arte non nutre il minimo interesse), la facciata di San Michele è qualcosa che lascia letteralmente a bocca aperta.
Se poi sei una appassionata di Storia medievale al limite del fanatismo, e entrando nella basilica calpesti il luogo in cui tutti i re longobardi, fino all’incoronazione in Italia di Federico Barbarossa, hanno ricevuto la Corona Ferrea… beh, allora non sai se commuoverti o metterti a studiare i mosaiciM ma comunque ti rendi conto che – decisamente – il tuo soggiorno a Pavia non potrà poi essere così male.

26 risposte a "Pavia on the road"

  1. Lucyette

    kcMao… uh! E’ vero! 😛

    Elen: ooooh! E si trovano “benissssssimo, vedrraaaii!“? 😉
    Evviva per il raffreddore! Io… miracolosamente sto bene, grazie: quest’anno non sono ancora riuscita ad ammalarmi 😛

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  2. Lucyette

    Sì! Va bene! [si segna di girare per tutta Pavia con un cartello al collo, “Mamy, se ci sei batti un colpo!”, e un cospicuo numero di calzette nella borsa per essere pronta a qualsiasi evenienza]

    😛

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  3. Lucyette

    Sì, ma qui nonostante i numerosi e graditi commenti nessuno mi spiega che diamine è il bacio del calzolaio, io sono assetata di sapere! >.>
    Peraltro ora su Google sono diventata la prima su ricerca mondiale alla voce “bacio del calzolaio”, non oso immaginare di quali oscenità si sia fatto involontariamente promotore il mio blog, né quale orda di pervertiti visiti quotidianamente le mie linde pagine alla ricerca di qualcosa che manco so cos’è >.>
    Vipera! Nemmeno tu sai aiutarmi?

    Korny… speriamo, guarda… speriamo, ché io ho il terrore di mettermi a piangere dopo un mese e mezzo di corsi e sentire il desiderio di mollare tutto e tornare dalla mia famiglia… >.>

    KcMao: Lettere Medievali, con magistrale in Scienze Documentarie e Biblioteconomiche (Discipline del documento medievale). Ovvero: come farsi una cultura e poi diventar barboni causa disoccupazione, in poche, facili, mosse 😀
    Ehm, a Pavia ci devo campare minimo cinque anni, ovvio che ho un computer anche lì o.o

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  4. firma

    pare che questo tuo post stia facendo il giro dei pavesi doc muffi, un poco + vecchi e magari mezzo pelati (nella versione maschile).
    perchè è proprio bello, mia cara, e ci restituisce una versione di pavia che noi spesso ci dimentichiamo.
    quindi benvenuta davvero (ma questa volta telo becchi da una mezza pavese vestita, mi spiace 😉
    ti segnalo sul mio blog, riesci a mettere i feed rss così ti leggono anche gli aggregatori?
    e ti segnalo pure un blog:
    http://www.zioburp.it
    pure lui di pavia, che in fatto di musica e pinzellacchere…

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  5. firma

    Punti di vista[..] L’Omino mi ha segnalato un post delizioso su Pavia, un punto di vista fresco, nuovo e leggero, ma scritto bene e intelligente. La ragazza è da tenere d’occhio. E ho copiato da Zio Burp (che ha traslocato) l’idea dei post condivisi, visto che &eg [..]

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  6. utente anonimo

    Il fatto che, come dici tu, “tutti i Pavesi si affrettino a ripetere alle matricole: “Vedrai, ti troverai benissimo a Pavia!” dovrebbe metterti in guardia sul luogo che hai scelto per i prossimi cinque anni. Ma comunque, benvenuta tra di noi! 🙂
    robxyz

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  7. Lucyette

    Uh! Dei Pavesini!
    *_*
    [tutta emozinata inizia a far sfoggio delle cose che in due settimane di soggiorno pavese ha già imparato: che nell’Università ci si perdono anche gli insegnanti, che quei grossi cosi nel Ticino non sono pantegane ma nutrie (… spero), che a Pavia esistono varietà di insetti che a Torino non conoscono manco gli entomologi, e che le zanzare qui sopravvivono e continuano a modere probabilmente anche per tutto l’Inverno]

    Ehm, scherzi a parte… ma grazie per l’attenzione, i “benvenuta” (sì, robxyz, è vagamente inquietante, concordo…) e pure la segnalazione! Sfido la proverbiale prigrizia e attivo i feed rss, e… ma grazie 🙂

    P. S.
    … ecco… abbiate pazienza, ma…
    Visto che ci siete, ehm…
    … non è che “bacio del calzolaio” è un modo di dire dialettale?
    Io non ci dormo la notte con ‘sta faccenda! >.>

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  8. firma

    non è un modo di dire dialettale. comunque lo voglio scoprire anch’io, dont’worry. secondo me ha a che fare con il feticismo dei piedi, hai presente il famoso bacio dell’alluce alla principessa sarah ferguson?

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  9. Lucyette

    Ehm… no.

    Però sono andata a documentarmi, e mi ha illuminata.
    Dev’essere per forza così.
    Lo sapevo che la soluzione sarebbe stata interpellare la popolazione autoctona di questo strano posto: grazie, la mia vita è cambiata, ora! *_*

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  10. burp

    Ah solo ora ho capito. Sei illuminata dalla risposta di firma, l’autoctona. Il suo fidanzato sarà felice & orgulloso di saperla illuminante su questi terreni. Se tutti ci accontentiamo (sì? gliela diamo per buona?) della risposta feticista possiamo passare al nuovo mistero. L’identità di Vipera.

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  11. utente anonimo

    benvenuta!!! sono una di quelle vecchie matusa che leggendo il tuo post si è chiesta “ma abitiamo nella stessa città?”. poi mi sono ricordata di quando sono arrivata io da neo matricola e di come mi pareva bella la libertà, le strade con il porfido, la casa in condivisione, etc. etc. Mi sono anche ricordata di come a volte uno sguardo nuovo sulle cose le renda ancora brillanti, grazie

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  12. utente anonimo

    Ma che bel post. Grazie a Zio Burp che l’ha segnalato.

    Piccola nota a margine: Ai miei tempi portava sfortuna attraversare i cortili dell’Alma Ticinensis University seguendo la diagonale.
    gattostanco (non loggato)

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