La Giovinetta di Frossasco. Ovverosia: traumi infantili

Se c’è una domanda insistente che mi pongo riguardo la mia infanzia, è senz’altro questa: perché i servizi sociali non mi hanno mai sottratta ai miei parenti?
Me lo chiedo spesso, e mi do anche una risposta: i servizi sociali erano mia mamma (assistente sociale ora in pensione, per l’appunto), che evidentemente ha corrotto i suoi colleghi. Non vi è altra spiegazione, se no, sufficientemente valida per spiegare le peculiarità della mia infanzia, in quei pomeriggi in cui io salutavo la mia mamma, andavo a casa di mia nonna, e cominciavo a chiacchierar con lei.

Capiamoci bene: mia nonna è un mito. La mia adorata nonna è il mio mito personale, e guai a chi la critica.
Mia nonna era una bellissima persona, e son contenta d’esser cresciuta assieme a lei: ma mia nonna era una donna d’altri tempi, cresciuta nelle campagne d’inizio Novecento. E gli splendidi pomeriggi passati in sua compagnia, erano sempre un po’… uhm… particolari. Insomma: mia nonna, giustamente, mi intratteneva nel modo in cui era stata intrattenuta lei, quand’era una bambina. Con lei aveva funzionato bene; e quindi, perché mai cambiare?
Tanto per cominciare, mi piazzava all’arcolaio a dipanar la lana. I migliori ricordi della mia infanzia sono incontrovertibilmente legati all’arcolaio di mia nonna.
E va beh.
Poi mi raccontava le fiabe della sua infanzia; e le raccontava in Piemontese.
E vabbeh.
Mi raccontava storie di streghe, di diavoli, di santi. Cantava canzoni d’amore, allegre e spensierate, o canzoni di morte, cupe e deprimenti.
Eh.

Dov’è il problema?, vi starete chiedendo voi un po’ perplessi.
Il problema sta nei contenuti, brava gente. Nei contenuti delle storie.
Le storie di mia nonna erano storie tipiche della tradizione piemontese: non se l’era inventate lei, erano filastrocche vecchie di secoli. Questo dimostra che non era mia nonna ad esser pazza, ma che è tutto il Piemonte ad esser composto di psicotici malati: avete presente la canzone di morte, tanto per dirne una? Quella che ho linkato sopra?
Ecco: molto di voi non capiranno il Piemontese, quindi la traduco. L’allegra filastrocca, che mia nonna usava sistematicamente come ninnananna per farmi addormentare, racconta la gioiosa storia di una tal Maria Giuana, etilista all’ultimo stadio ormai prossima alla morte. Maria Giuana si confessa per l’estrema unzione, e manifesta come ultima volontà quella d’essere inumata in una cantina ben fornita (ohilailallà!), per non separarsi mai dal suo amato vino.
Sì, insomma: io ho passato svariati anni della mia infanzia addormentandomi col pensiero di Maria Giuana che sta per crepare di cirrosi epatica, e così anche mia mamma prima di me. Temo che questo spieghi molte cose, in effetti.

Tiro in ballo le storielle di mia nonna perché non ho mai sentito in vita mia fiabe così orripilanti, truculente e spaventose: se andava bene, c’era un morto; se andava male, c’erano svariati morti scomparsi nei modi più angoscianti. Le fiabe perfette per aspettare Halloween tutti quanti in compagnia, insomma: anche perché poi erano fiabe horror raffinate, eh!
C’era sempre la morale!

Per insegnarmi a attraversar col verde, mia nonna mi diceva: “se muori investita da una macchina e poi si scopre che è colpa tua perché sei passata con il rosso, l’assicurazione non ci dà più i soldi”.
Per insegnarmi a star composta nelle situazioni che lo richiedono, mia nonna mi raccontava la storia della sua amica del paese, che chiacchierava sempre a Messa e infatti un giorno ha aperto la bocca e PAM!!, se l’è trovata spalancata e non è mai più riuscita a chiuderla. Hanno anche fatto venire il medico, “addirittura da Torino!”, ma la bocca è rimasta aperta e non si è mai più chiusa: la ragazza era così brutta che nessuno l’ha sposata.
E per fornirmi una corretta educazione all’affettività, perché le fondamenta del futuro si gettano già negli anni dell’infanzia…
… beh…
Voi la conoscete, la Giovinetta di Frossasco?

“No, nonna, non credo. Questa storia non me la ricordo”.
“Bene, allora ascolta. C’era questa giovinetta, okay? Piccolina. Una ragazza. Questa ragazza voleva andare a ballare, tutte le sere: giù in paese, a divertirsi. Ma i genitori erano preoccupati, non volevano che la ragazza trascurasse i suoi doveri in casa; e poi chissà cosa andava a fare, giù in paese, e con che gente. Insomma, i genitori non volevano”.
“Uh”.
“E allora, lei cosa faceva?!”.
“Non so, nonnina. Lei cosa faceva?”.
“Beh, devi sapere questo: la mamma e il papà avevano ragione, a preoccuparsi. La giovinetta frequentava un ragazzaccio: un tipo poco serio, eh! Aveva paura di presentarlo ai suoi, perché temeva che avrebbero disapprovato. E allora, sai cosa faceva?”
“Cosa?”.
Mentiva alla sua mamma. Una cosa orribile. Lo frequentava di nascosto”.
“Ah”.
“A un certo punto della sera, diceva di esser stanca: andava nella sua stanza, si chiudeva dentro, faceva finta di dormire… e poi invece sgattaiolava via, attraverso la finestra”.
“Che cattiva!”.
“Cattivissima. Il suo amante la aspettava sotto la finestra, a lume spento, per non farsi vedere dai parenti. Le porgeva il braccio e la portava giù in paese, dove ballava con lei per tutta una notte intera”.
“Ah”.
“Beh. Sai cos’è successo, un giorno, alla ragazza?”.
“No”.
“Un bel giorno, la ragazza ha fatto come al solito. È scesa giù dalla finestra, ha visto una sagoma nell’ombra, e nell’oscurità gli ha dato il braccio. Come faceva sempre, no? Credeva fosse il suo amante”.
“…”.
“E invece sai chi era?”.
“No!”.
ERA IL DEMONIO!!!!.
“!!!”.
“Era il dièuch, berlìc, l’orrendo Satanasso!!!! Che l’ha presa sottobraccio, strettissima, e poi l’ha sollevata in aria!!! L’ha fatta roteare, su e giù, fra le sue grida di terrore, e intanto le diceva: E di cosa ti lamenti? Forse che non stai ballando?!”.
“…”.
“E l’ha portata sempre più su, sempre più su, fino ai monti e fino al cielo!!! E poi a un certo punto le ha detto che se proprio voleva andare, beh, poteva andarsene: e ha mollato la presa e l’ha lasciata cadere giù!!! Sempre più giù, sempre più giù: e la ragazza urlava, ma era troppo tardi!!!”.
“…”.
“E sai cos’è successo?”.
“…”.
“Beh, è caduta proprio davanti alla finestra del suo amante. È stato lui a trovarla lì, tutta spiaccicata, al suo ritorno”.
“…”.
Ricordatene, eh!, quando sarai cresciuta. È questo quello che succede alle ragazze, se non si comportano per bene”.
“…”.
“Vuoi un biscotto, Luciotta bella?”.

Mia nonna era evidentemente pazza; ma quantomeno, mi ha regalato un sacco di spunti per i miei post di Halloween.

Amo mia nonna.
Una donna. Un mito.

27 risposte a "La Giovinetta di Frossasco. Ovverosia: traumi infantili"

  1. Lucyette

    LOL…
    Claudio mi perdonerà se riciclo il suo commento, ma visto questo post non sono decisamente riuscita a trattenermi… 😀

    (Il bello è che vi turbavate circa le qualità pedagogiche di mia nonna
    leggendo la storia della mamma di San Pietro, che invece era tanto caruccia, serena, financo catechetica, (la storia, dico: non la mamma), e comunque era decisamente la più rilassante in assoluto di tutto il repertorio di mia nonna.
    Cioè: a questo punto, non oso immaginare cosa commenterete adesso… :-P)

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  2. Cappellai0Matto

    Cosa?
    Fosse per me farei Mamma Oca con le patate, e la sostiuirei con una nuova figura, si: la Nonna di Lucia. Anzi, lasciamo Lucyette, che fa più fate e spiritelli.

    Vogliamo che si ritorni alle fiabe nude e crude di una volta, si.
    Altro che edulcorate e disneyate!
    Vogliamo il sangue, si! Eppoi si impara meglio, eh u.u

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  3. altarf

    AH ah! 
    Consolati, cara Lucyette, quando ero piccina era mio padre che , per evitare che io diventassi troppo vanitosa, mi raccontava della fanciulla che  a forza di rimirarsi nello specchio, un bel giorno vide riflessa non la sua bella immagine , ma il diavolo in persona che le mostrava la lingua!!
    Metodi educativi di una volta !
    Comunque anch'io mi chiedo spesso come ho fatto a crescere abbastanza normale, in fondo.

    Ciao e … coraggio, con tutti i delinquenti da racattare, la legione diabolica sarà talmente indaffarata che perdere tempo con le ragazzine che vanno a ballare di nascosto ? Proprio non li vedo. Però non si sa mai. 
    Ornella 

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  4. fiordicactus

    Sai, anche a me, ai tempi raccontavano questo tipo di storie (non proprio quella della Giovinetta di Frossasco), più le storie di fantasmi, di morti che si presentano al bisogno . . .
    Ricordo i viaggi verso il mare nelle sere del 28 giugno, (mia mamma e i fratelli già al mare da un po', io forse in città per qualche esame??? Si partiva la sera, dopo che mio padre era tornato dal lavoro, per quei pochi giorni di ponte . . . sotto temporali da far paura, giustificati dal fatto che San Pietro aveva il permesso di portare, solo per quel giorno, sua madre in Paradiso e se la litigava col diavolo, che per la rabbia di vedersi sottratta anche per poche ore un'anima dannata, scatenava il putiferio  . . . 

    Per quell'altra storia, quella che ha ricordato Ornella, pensa, che quando allattavo di notte la FigliaGrande, lo facevo seduta sul bordo del letto, e mi trovavo a fissare la mia immagine nello specchio del comò . . . una notte, due notti, ad un certo punto mi tornò in mente questa vecchia storia . . . mi si rizzarono i capelli in testa (e avevo già 25 anni ) e mi sistemai sul letto, in modo da dare le spalle allo specchio, mentre ridacchiavo e pensavo: "tutte balle . . . ma, non si sa mai!"

    Certo erano storie horror, ma, se penso ai nipoti (come zia) o i figli, che amano da matti i film di Tim Burton e che chiedono spesso al nonno di raccontare le storie di una volta, penso che non sono storie poi così traumatizzanti!

    Ciao, R

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  5. utente anonimo

    Grande, la nonnina! mia madre, invece, mi aveva preso un libro di fiabe con le "versioni originali", truculentissime…tipo che le sorellastre di Cenerentola si tagliavano fette di piede per entrare nella scarpetta, amenità simili…ho ancora gli incubi…
    Anna

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  6. Lucyette

    Cappellaio, in effetti mi sembra che sia solo in questi ultimi decenni, che le fiabe per bambini sono state "trasfigurate" in quei raccontini molto soft dove, in definitiva, tutti quanti vivono per sempre felici e contenti. Cioè: a parte questi racconti della tradizione popolare, anche le fiabe del fratelli Grimm sono molto truculente (erano truculente, prima di essere ammorbidite a pro' dei giovani lettori).
    Da un certo punto di vista, questo dimostra che è molto cambiata la concezione che abbiamo adesso dei bambini; da un altro punto di vista… chissà se ce n'era poi tanto bisogno? In fin dei conti, tutta l'umanità è cresciuta moderatamente bene nonostante le fiabe spaventose ascoltate da bambini: mi sa che siamo noi uomini moderni a farci un sacco di paranoie inutili… 😉

    Ornella, quella del diavolo nello specchio la conoscevo anch'io. Però mia nonna era più drastica: il diavolo saltava fuori dallo specchio, afferrava la fanciulla, e la trascinava con lui dentro lo specchio, facendola scomparire.
    Adoro la mia nonna 😀
    Comunque, fossi in te non starei così tranquilla: secondo me ci sono anche diavoli predisposti ad ammazzare le ragazzine che vanno a ballare di nascosto. Come no.
    In ogni caso io non vado mai a ballare di nascosto (probabilmente perché terrorizzata al pensiero del diavolo ;-P), quindi non dovrei aver problemi. Forse.

    Fiordicactus, ciao!
    Ma come, hai osato dare le spalle allo specchio?? Caspita, che coraggio: io avrei avuto paura di essere assalita alle spalle, altrochè! 😉
    LOL, quella cosa di San Pietro e dei temporali io non la conoscevo: l'ho scoperta quest'anno facendo il post sulla mamma di San Pietro che non riesce a andare in Paradiso. E il bello è che mi ha risposto un Genovese dicendo che, da loro, c'è la credenza che San Pietro reclami un morto affogato ogni 29 giugno… di male in peggio! :-DD

    Anna, io mi ricordo ancora il dettaglio di una "cattiva" (non mi ricordo più se della Bella Addormentata o di Cenerentola) che viene rinchiusa per punizione in una botte di vino piena di chiodi, e poi viene fatta rotolare a valle.
    LOL… 😀

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  7. utente anonimo

    @Lucyette:
    quella della botte di chiodi io la ho in mente come finale della storia "la guardiana delle oche", ma potrei sbagliarmi. La matrgna di biancaneve, invece, dovette indossare scarpe di ferro arroventate e ballare fino alla morte, mi par di ricordare…

    Io non ho mai avuto nonne che raccontassero storie trucide, però i libri di fiabe che avevo in casa erano tutti le versioni originali.
    Ammetto che a leggere il vero finale della Sirenetta ci sono rimasta malissimo, per non parlare di quello di Cappuccetto Rosso.
    Il fatto è che hanno ragione le nonne: le fiabe non sono nate come svago leggero, ma come ammonimenti per imparare le regole della società, tra cui "chi sgarra, paga". Propp è una delle cose più affascinanti che abbia mai studiato alle medie 🙂
    E poi…non sono molto più divertenti le versioni originali?

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  8. Lucyette

    La guardiana delle oche? Uhm… sì, può essere: in realtà io non andavo matta per le fiabe "classiche" (più che altro perché le avevo già viste millemila volte nei cartoni Disney e così via dicendo), quindi non ero una grande fan. Può darsi benissimo.
    A me le fiabe di Andersen, così tristi e melanconiche, son sempre piaciute molto, nonostante il finale tragico. In compenso ero rimasta malissimo nello scoprire che il "vero" Robin Hood muore in maniera tragica, e così anche gran parte dei suoi amici. Sob!

    Comunque… concordo con te. Adesso non vorrei buttarla sul tragico, perché mi piacciono molto (alcuni) racconti per bambini dei nostri tempi, però in effetti è vero. Le fiabe "dei nostri nonni" erano fiabe che avevano un messaggio molto preciso: se infrangi una regola, ne porterai le conseguenze (quindi fidati della mamma e non parlare con i lupi sconosciuti che incontri nel bosco, perché non tutti i lupi sono benintenzionati). Aveva un senso pedagogico molto forte. Anche la storia horror del diavolo che rapisce la ragazza contiene un insegnamento molto chiaro (esposto in modo un po' terroristico, forse, ma comunque condivisibile :-P).
    Adesso, alcuni racconti per bambini (quelli che vengono scritti in questi anni, intendo) hanno accantonato gran parte di questi ammonimenti, e si limitano a esaltare una serie di buoni sentimenti tipo l'amicizia, la pace, la cura per l'ambiente…
    … tutte cose belle, eh, ed importanti! Sono raccontini deliziosi!
    Ma le fiabe, originariamente, erano nate con tutt'altri scopi 😉

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  9. Lucyette

    Chiara, avevo immaginato 😉
    A corollario di quello che scrivevo in risposta al tuo commento, aggiungo che giusto dieci minuti fa mi sono imbattuta in un paragrafetto del mio libro di Latino che sembra fatto apposta per questa discussione. Sto preparando un esame di Latino e il professore ci ha fornito l'etimologia del termine monstrum, per meglio capire le funzioni del suddetto. Ebbene, il termine "mostro" deriva dal verbo moneo, 'ammonire', a cui si aggiunge il suffisso –strum, che indica lo strumento. Quindi il mostro è propriamente uno "strumento per ammonire"… il che la dice lunga, sulla funzione delle fiabe per bambini! 😉

    Suibhne, non conoscevo assolutamente gli Evangiles des Quennouilles ma ti ringrazio tantissimo per la segnalazione: è proprio quel tipo di libro che ogni tanto vado a cercare in libreria, e che, il più delle volte, adoro!
    Lo metto subito nella lista dei desideri 😉
    Comunque… ma certo, e come no! Adoro l'arcolaio di mia nonna (che ormai è mio)!
    Da piccola mi ci divertivo tantissimo, anche perché, finito di lavorar la lana, mia nonna mi permetteva di usarlo come "giocattolo". E quindi preparavo una bambolina di filo, la legavo all'arcolaio, e poi mi divertivo a farla girare sulla ruota. Facevo finta che fosse una specie di giostra del luna park: adoravo quell'arcolaio!

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  10. suibhne

    ti sono grato per questi commenti che sembrano scritti dalla bella addormentata nel bosco se avesse avuto un blog! Io non ho mai visto un arcolaio in vita mia… in compenso, però, mia nonna aveva una macchina da cucire a pedale Singer, vedi come vengo da un mondo industriale?

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  11. utente anonimo

    Oddea, nella botte con i chiodi non era Attilio Regolo?
     E per la storia della giovinetta, se leggi quel che la madre di Lucia consigliava a lei e a Renzo per sposarsi contro la volontà di Don Abbondio.

     In pratica gli diceva che si poteva fare, che c'era stato un caso di una giovane che contrariamente al volere dei suoi genitori si era sposata senza accordarsi prima col parroco…
     … ma che il matrimonio tra i due amanti era andato male (se i genitori non benedicono è inevitabile, no)?

     Ecco, anche in quel trucco c'era la morale che doveva indurre i giovani a rispettare sempre l'autorità… Anche nel Manzoni….

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  12. Lucyette

    Suibhne, LOL, in effetti è vero… se di tanto in tanto avete l'impressione di parlare con una ragazza d'altri tempi, adesso sapete come mai 😉
    Però, scusa, non paragonarmi alla Bella Addormentata… paragonami a Belle della Bella e la Bestia, a questo punto, visto il mio avatar! 😛 😛

    #13, mi ero completamente dimenticata del particolare del matrimonio andato a monte perché era stato celebrato contro il volere dei genitori!
    Lo attribuivo più che altro alla mancata benedizione del parroco, ma probabilmente era ancor più grave il mancato consenso dei genitori, è vero!
    Beh, mi fa piacere notare che mia nonna non era l'unica a ricorrere al terrorismo psicologico… 😛

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  13. Lucyette

    Ma nooooo!!!
    Tsk, come si vede che sei un maschio! Ti mancano le basi!

    La Bella Addormentata non aveva mai visto un fuso in vita sua, prima di addormentarsi: il papà aveva fatto bruciare tutti gli arcolai del regno per evitare che si compisse la profezia. Infatti quando la ragazza vede per la prima volta un arcolaio, (quello con cui poi si punge), si incuriosisce proprio perché non sa che cosa sia. Altro che giocarci da bambina coi bambolotti!

    Bella invece era la figlia di un ricco mercante andato in rovina; e anche se la fiaba non ne parla esplicitamente, sono piuttosto convinta che con gli arcolai ci abbia lavorato eccome, per mantenere la famiglia, nel periodo di povertà.

    Tsk… questi maschi che non conoscono le storie di principesse… 😉 😉

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  14. flalia

    Questo post è stupendo, dall'inizio (la battuta sugli assistenti sociali) alla fine! A parte che immaginare la piccola Lucyette seduta all'arcolaio (ehm, io non so neanche com'è fatto; anche mia nonna aveva una macchina da cucire Singer a pedali) è pura poesia… 😉 A proposito di ragazze condannate per il ballo, doveva proprio essere una cosa comune: presente la terribile "Scarpette rosse" di Andersen (si rifaceva comunque a una tradizione popolare)? Avevo un libro illustrato su quella fiaba… ricordo ancora adesso le illustrazioni perché le guardavo e riguardavo prima affascinata dalle scarpette che costringevano la bambina a ballare indefessa, poi affascinata/orripilata dalla soluzione-punizione (il taglio dei piedi)… Mia nonna non mi raccontava fiabe, ma storie di quando c'era la guerra o storie di famiglia dei tempi "antichi" (di parenti magari vissuti un secolo o più prima). Mio padre mi raccontava tante storie di paura e io le adoravo (però erano quelle dei fratelli Grimm, al livello di tua nonna nessuno dei miei parenti è mai arrivato! XD). Trovo anch'io che oggi siamo un po' troppo "mollaccioni"; nessuno è mai morto di paura per una fiaba sul diavolo! 😉

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  15. altarf

    Non resisto, devo raccontarlo: 
    quando avevo otto o nove anni possedevo un paio di stupende scarpette rosse, credo che ora si chiamerebbero ballerine. La pelle non era liscia, ma costruita da tante striscioline intrecciate. Erano stupende! Davvero!
    Quando il mio piede è cresciuto e non potevo più portarle ho capito cosa provavano le sorellastre di Cenerentola . Non dico che mi sarei tagliata un pezzo di piede , ma… ho capito che crescere significava dover rinunciare per sempre a qualcosa di bello, come le scarpette rosse. 
    Non ci pensavo più da tanto e Flalia mel'ha ricordato .  
    A me la nonna raccontava una unica storia, quella di una ragazzina che doveva fare le frittelle, ma non aveva la padella. Allora andava dal Nonno Cocon a chiederla in prestito:  " Nonno Cocon , prestème 'a fersora, che go da far e frittoe….  Temo ci fossero parecchi insegnamenti , in questa storia, ma io li ho dimenticati. Questo dice moltissimo sul mio rapporto con la nonna.
    Cara Lucyette,a parte gli scherzi,  guarda che sei stata molto fortunata, altrochè!
    Ciao e grazie di tutti questi post così interessanti ed evocativi!
    Ornella 

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  16. utente anonimo

    Mi riallaccio al mio intervento di prima: credo che una volta si puntasse di più sulle punizioni per gli errori, mentre ora l'enfasi è sui premi delle buone azioni.
    C'è una pedagogia del positivo nelle fiabe moderne, per cui si cerca di spingere gli ascoltatori a far del bene, piuttosto che spaventarli perché non facciano del male (per paura delle punizioni).
    A questo di sicuro contribuisce il fatto che la nostra è una società sempre più distante dalle punizioni corporali e dalle durezze della vita (per fortuna!).
    Il problema non sono le fiabe moderne in sè, ma quelle troppo edulcolorate perché "sennò i bambini si traumatizzano".

    Chiara

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  17. berlic

    Quando ero gagno (qui Lucyette mi capisce) ero molto perplesso perché i finali di certe fiabe sembravano cambiare. Ma come, non era stata divorata Cappuccetto Rosso? E la cicala, non era morta di freddo? Mi pareva una cosa molto ingiusta che tutte quelle persone tonte e malvagie se la cavasser con poco o niente.
    Mi sembrava, insomma, che non ci fosse più un giudice, e quindi giustizia, nell'universo.
    A che pro comportarsi bene se poi tanto va tutto bene lo stesso? La virtù è premiata, ma lo è anche il vizio, perché i viziosi se la cavano  – ed hanno ben goduto prima.
    Io credo di essere cresciuto bene, tutto sommato. E le fiabe politically smortarelle non le reggo.

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  18. Lucyette

    Brrr, Flalia… le scarpette rosse! 😀
    Non era fra le mie fiabe preferite, e non era nemmeno fra le fiabe che mi leggevano più spesso, ma era sicuramente fra quelle che mi avevano colpita di più!
    Sai com'è… avevo cominciato a studiare danza classica a quattro anni e mezzo: il ballo era il mio pane quotidiano… 😉

    Ornella, conoscendo mia nonna credo che avrebbe proseguito la tua storia in tal maniera: Nonno Cocon era in realtà il demonio, che buttava la ragazza nella padella e poi se la mangiava.
    Ricordatene, Lucia, per quando sarai grande: bisogna esser previdenti!! Metti da parte le padelle, perché prima o poi ti torneranno utili: e se al momento giusto rimarrai senza padelle, il demonio ti prenderà!

    Chiara, Berlic: il problema delle fiabe edulcorate è quello che evidenzia Berlic, per l'appunto – se alla fine anche il cattivo "vince", che razza di morale ne ricavo? Io sono rimasta orripilata da una versione di Cappuccetto Rosso che ho realmente sentito raccontare a un povero innocente: Cappuccetto Rosso va dalla nonna, trova il lupo, il lupo se la mangia, il cacciatore acciuffa il lupo…
    … e poi lo porta dal veterinario perché è un cacciatore animalista (!!!): il veterinario apre la pancia del lupo, fa uscire la nonna e Cappuccetto Rosso, e sutura ben bene la ferita. Cappuccetto Rosso si muove a pietà per quel povero cagnolino bastonato, e quindi lo prende con sè a mo' di animaletto domestico. Indi vive per tutta la vita felice e contenta, assieme al simpatico lupetto che ha cercato di sbranarla.

    Per le fiabe moderne (cioè quelle scritte nel 2000 da scrittori del 2000) ovviamente il discorso è diverso: si possono scrivere racconti deliziosi anche senza metterci il mostro cattivo, certamente!
    Alcuni raccontini sono proprio belli: anche a me ne leggevano tanti, di simili, quand'ero una bambina.
    Però, ecco: non credo che sia poi così sbagliato, continuare a "spaventare" un po' i bambini con le fiabe vecchio stile. Spronare i bimbi a far del bene, è giusto ed è bellissimo; però bisogna anche dire che è pericoloso fare il male, insomma… 😉

    Berlic: il diavolaccio non eri tu? Beh, questo mi solleva! In effetti, vista la tua presenza in Rete, immagino che tu ti sia specializzato in peccatori informatici… no?

    EHI! Non farti strane idee!!
    Questo blog non è peccaminoso!!
    Parla di Santi!!
    Non c'è pane per le tue zanne, qui!!



    vero? 

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  22. signorinax

    Sono arrivata su questo articolo per caso, mi sono ricordata la filastrocca di muzio scevola e ne ricordavo anche una su Attilio Regoloe nella botte, che però non ho trovato qui. Conosco invece la canzone di Maria Giuana tramite il mio compagno Andrea, e ne ho sentito una versione meravigliosa fatta con la fisarmonica da un gruppo locale il cui fisarmonicista si chiama Valerio Chiovarelli, se ti capita di cercare su youtube probabilmente potresti trovarla. 🙂 Che bel post…mi hai fatto ricordare quanto mi manca la mia nonna, che in dialetto – ligure però – mi terrorizzava con “la pecora è nel bosco, tapum” che per me era sicuramente uno sparo o il rumore di un lupo che la atterrava 😉 A presto!

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