Il funerale

Questo post è per rispondere a Seavessi, e raccontarle le mie esperienze infantili con la morte.

Beh: le definirei “tranquille”.
Fin da quand’ero piccolissima, sapevo perfettamente che la morte era un fatto di natura. Sapevo che i miei nonni maschi erano già morti: li vedevo in fotografia e li immaginavo in cielo, con Gesù e con gli angioletti.
Sapevo che anche le persone giovani possono morire (era successo alla sorella di mia nonna, morta di cancro a trentacinque anni); e sapevo che possono morire anche i bimbi piccoli (era successo al fratellino di mia nonna, inspiegabilmente morto nella culla).
(Aehm. Famiglia un po’ jellata, sì).

La morte faceva parte del mio orizzonte, e – insomma – non mi terrorizzava più di tanto. All’età di quattro anni, essendo venuta a mancare una mia lontana parente, mi ero messa un cappottino ed ero andata al funerale, accompagnata da mia mamma.

Era stato bello.
Oh: lo so che non è carino da dirsi, ma a me era piaciuto. C’erano un sacco di fiori in giro, c’era una Messa diversa dal solito; e perdipiù, tutti quanti mi facevano i complimenti per come ero stata zitta e buona durante tutto il funerale. Probabilmente erano stupiti dal vedere una bambina così piccola: e quindi, si sentivano in dovere di vezzeggiarmi in ogni modo.
Insomma: era stato bello. Mi era piaciuto.
E – diciamocelo – mi era piaciuta soprattutto quella deliziosa brioche alla crema pasticcera, che mia mamma mi aveva inaspettatamente comprato al bar. La Messa si era protratta più del solito, era già tardi, io avevo comprensibilmente fame… e insomma, non era il caso che mi mettessi a fare i capricci nel bel mezzo del cimitero, urlando che volevo mangiare una focaccia. Prevenire è meglio che curare: mia mamma mi aveva portato al bar di fronte alla chiesa, mi aveva fatto scegliere la brioche più grande in assoluto, e poi aveva lasciato che me la mangiassi, con mio grande gusto e gran sorpresa. Era stato un lusso inaudito, per la sottoscritta: forse forse, era la prima volta che entravo in un bar in tutta la mia vita.

Era una brioche deliziosa.
Era un funerale splendido.
All’età di quattro anni, avevo dedotto che, quando vai a un funerale, ti riempiono di complimenti e ti danno una brioche.
Nell’arco di un nanosecondo, avevo improvvisamente realizzato che mi piaceva veramente un sacco, andare ai funerali.

***

Due giorni più tardi.
“Maaammaaaaa?”.
“Dimmi, amore”.
“Questo pomeriggio andiamo a un funerale?”.
“Ehm, no, tesoro. Questo pomeriggio andiamo a vedere uno spettacolo di marionette, non ti ricordi?”.
Oh”.
“Sì. Sei contenta, vero?”.
“Io volevo il funerale…”.

Tre giorni più tardi.
“Maaaammaaaa?”.
“Dimmi”.
“Oggi, andiamo a un funerale?”.
“Ehm. No, ce ne stiamo a casa buone buone, piccolina della mamma”.
Oh”.

Quattro giorni più tardi.
Maaaammaaaaa!”.
“Che c’è, tesoro?”.
Io voglio andare a un funerale!!”.
“…”.

Cinque giorni più tardi.
“MAAAAAMMAAAA!”.
Eh”.
“Ma quand’è che andiamo di nuovo a un funerale?!”.
Mia mamma sospira, invocando mentalmente Santa Pazienza affinché le infonda un poco di se stessa. “Lucia, non è che la gente passa il tempo a girare da un funerale all’altro. Ai funerali, ci si va quando muore qualcuno che conosci. Non capita sempre, per fortuna”.
Oh”.
“Sì”.
“Ma era tanto bello! I fiorellini, la brioche, la gente che mi diceva che sono brava…”.
“Tesoro mio, sono contenta che tu ti sia divertita: da grande puoi sempre aprire un’agenzia di pompe funebri, se ti appassiona tanto. Magari un giorno usciamo a far due passi in centro, e la brioche ce la prendiamo lo stesso, anche senza andare a un funerale. Mh?”.
“Hm”.
“Allora. Andiamo a leggere una favola?”.
Maaaaammaaaaa?”.
“Dimmi tutto”.
“Ma quindi, possiamo andare a un funerale solo quando muore qualcuno che conosciamo? Solo così?”.
“Ehm. Sì, tesoro: esatto”.
Oh”.

C’e bisogno che ve lo dica?
La piccola Lucyette passò i cinque giorni successivi a domandare insistentemente a tutti i suoi congiunti se qualcuno di loro, cortesemente, non fosse per caso disposto a trapassare quanto prima.
Avrei tanta voglia di andare al tuo funerale!” motivava gaudente, sorridendo radiosa a quei poveri infelici.

30 risposte a "Il funerale"

  1. utente anonimo

    U___u

    Ora capiamo perchè sei COSI' ! XD

    Veramente a tutti i funerali dove sono stato non ho mai visto dei bambini, diciamo che sotto ai 12-14 anni mai visto O_O

    Secondo me i bimbi ai funerali non bisogna portarli

    Daniele

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  2. Lucyette

    Beh… perché no?
    Io magari non li porterei a un funerale per rispetto verso gli altri (cioè, se il bambino si agita e disturba, ad esempio)… ma io ci andavo, se moriva qualcuno che conoscevo. Andavo anche al cimitero con i miei genitori, di tanto in tanto… come mai non bisognerebbe portarli, secondo te?
    "Perché non devono venire in contatto con la morte", probabilmente… ma per me era una cosa molto naturale, ti assicuro che non mi turbava minimamente. Sapevo che la gente a un certo punto muore e va in Paradiso, quindi mi sembrava una cosa molto naturale andare a "salutare" per l'ultima volta il defunto, prima che partisse.

    Non ero minimamente turbata, davvero, mi sembrava una cosa molto naturale. Avevo paura di un sacco di altre cose stupide (chessò, i vampiri), ma dei funerali assolutamente no 🙂

    (Figurati che una volta era morto il papà di un amico di famiglia, ed era morto in casa, e mia mamma era andata a casa di questo amico per dargli un po' di conforto, e ovviamente c'era la bara, ancora aperta, in camera da letto… insomma, fatto sta che sono andata a visitare una camera ardente (non potevan dirmi di aspettare fuori, ovviamente: sarebbe stato ancor più controproducente; quello sì che mi avrebbe spaventata). E anche in quel caso, avrò avuto tre/quattro anni circa… :-P)

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  3. utente anonimo

    Al cimitero non c'è niente di male, comunque la morte fa parte della vita, ma vedi poi cosa è successo con te, che chiedevi alla gente di morire? XD Mi sembra controproducente condurli ad un funerale, comunque la reazione del bimbo può essere qualsiasi, può infastidire gli altri (e fin qui… comunque può accadere anche in una messa qualunque) ma può anche rimanere spaventato, oppure la reazione può essere anche stravagante come nel tuo caso.

    In realtà anche io ho visto un morto da piccolo, il parroco del Paese, che era stato esposto in Chiesa… io, mia mamma e il morto O_O orroreee!

    Il primo funerale a cui ho partecipato credo sia stato a 15 anni, è comunque una cosa che fa paura la morte, che vogliamo tenere lontana (e non sempre ci rimane), e che può fare male, quindi perchè dover condividere con i propri piccoli il dolore che si ha dentro?

    Daniele

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  4. utente anonimo

    arrivo!

    io non sono d'accordo sul fatto di non portare i bimbi al cimitero/ai funerali, semprechè appunto non si eviti di portarli perché si teme che inizinno a cantare a squarciagola la macchina del capo ha un buco nella gomma a metà funzione.
    Questo perché credo che il silenzio, l'evitare i discorsi e le situaizoni potenzialmente dolorose siano il modo migliore per incutere davvero paura al bambino, che sente il turbamento dei genitori (credimi, hanno le antenne,  non gli scappa niente) ma non riesce a focalizzare il perché.
    Approssimando, è un po' il discorso che mi vien di fare sugli adolescenti americani e l'alcool: è vietatissimo bere fino a una certa età, e il risultato è che appena possono si disfano di piombe di birra.
    Meglio allora la piccola Seavessi piemontese a cui il papà fa assaggiare il vino buono e pian piano col tempo impara ad usarne e non abusarne.
    Il paragone è strambo, non credo di essermi spiegata :-(. In sostanza la morte è un momento doloroso, e credo che si agiusto che ai bambini venga insegnato che esiste, e va affrontata con tutta la serenità possibile in quel momento, ma senza tabù di sorta.
    Poi è ovvio che ogni argomento vada affrontato in modo adatto all'età del pargolo, ma io ricordo che a terrorizzarmi erano più le cose di cui NON mi si parlava.
    Comunque, cosa diceva tua mamma alla zia MariaAusilitrice che si era appena sentita dire oh beh zia, ma tu quando defungi?

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  5. filippociak

    Condivido quanto dice anonimo #4.
    Io da piccolo, (3-4 anni) a differenza di te Lucyette, avevo paurissima della morte! Mi svegliavo spessissimo in piena notte con la concreta e plausibilissima idea di morire e, naturalmente, piangevo amarissime lacrime spiegando ai soccorritori che avevo proprio "paura della morte!!!". Mi spaventava l'idea del nulla, di scomparire (ero troppo piccolo per essermi costruito un'idea teosofica al riguardo) e, soprattutto, la separazione dai miei cari. Non ho avuto l' occasione di frequentare funerali in tenerissima età… ma ho iniziato  ad andarci già abbastanza presto e spesso, almeno dalla prima elementare (vengo da un piccolo paese dove tutti si conoscono e dove tutti partecipano al lutto di tutti). Così facendo la morte è diventata un aspetto del tutto naturale, legata al dolore, alla nostalgia… ma per nessun motivo spaventosa. Tant'è che quando in prima media (ok, non ero piccolissimo, ma in quegli anni avevo un sacco di altri fortissimi terrori irrazionali, "It" in primis) ho vissuto l'"avventura" di trovare il cadavere di un ragazzo annegato in un fosso, non ne sono stato per nulla spaventato, ma soltanto  profondamente impietosito… Dunque sottoscrivo: l'unico motivo per cui eviterei ai piccoli una precoce confidenza col concetto di morte è l'eventuale e comprensibile insofferenza verso il rispetto dovuto alla situazione. Naturalmente le cose vanno sempre spiegate…
    Uhm… mi chiedo se fossi ateo cosa penserei al riguardo… Forse lo stesso, dato che la morte resta un normalissimo fenomeno biologico… o diversamente? Visto che per la fantasia di un bambino può essere molto difficile metabolizzare il grande nulla….???

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  6. Lucyette

    Pietro, non so se dipende da quello, però sono una persona che va ai funerali con estrema tranquillità, e senza il minimo patema d'animo 🙂
    (Beh: ovviamente sento il vuoto quando muore qualcuno a cui tenevo veramente, ma, voglio dire… il funerale, la bara, la camera ardente, non mi fanno la minima impressione).
    Ma magari è una questione di carattere… 🙂

    Daniele, Seavessi: ecco, io la penso come Seavessi. (Seavessi  figli, Seavessi (:-P), tu saresti la mia guru personale. Sappilo :-D).
    Nel senso: se non porti il bambino perché hai paura che disturbi la cerimonia, okay, allora è un conto.
    Se hai paura che il bambino possa fare cose stravaganti dopo, come è successo a me… beh, comunque è un bambino. Io, quando esortavo i vicini di casa a passare all'altro mondo, non ero a disagio: mettevo a disagio loro, quello sì… però, insomma, un bambino è un bambino. Di uscite strane, i bambini ne fanno tante in ogni caso: si suppone che gli adulti siano abbastanza maturi per non offendersi. (A zia MariaAusiliatrice, la mia povera mamma, viola per l'imbarazzo, spiegava disperatamente gli antefatti… dopodiché, presumibilmente cercava un modo per sopprimermi facendolo passare per un incidente 😛 :-P)
    Per il resto… beh: io trovo che sia utile portare i propri piccoli al funerale proprio per condividere il dolore che si ha dentro. E che peraltro avranno dentro pure loro, immagino: se la nonna scompare di punto in bianco, se ne accorgono benissimo. E concordo con Seavessi: venire a contatto, con la massima serenità possibile, con la morte, fin da quando ero piccina, non mi ha traumatizzata affatto. I non detti, i silenzi, e così via dicendo, magari mi avrebbero messo un po' ansia.

    Rilancio l'esempio dell'alcool con un esempio… ehm… un po' scabroso, scusate l'argomento, e che forse è più comprensibile per le donne. Comunque: le mestruazioni.
    Io ho sempre saputo, fin da piccolissima, che a un certo punto alle ragazze vengono le mestruazioni. (Non è che mia mamma mi avesse fatto educazione sessuale a due anni: a due anni avevo visto che in bagno c'erano gli assorbenti di mia mamma e avevo protestato, "ma scusa! Pretendi che io non usi più il pannolino, e invece tu lo usi ancora!". Invece di sorvolare o inventarsi una scusa, mia mamma mi ha serenamente spiegato che una volta al mese le donne grandi hanno le mestruazioni, come se fosse (e in effetti è) la cosa più naturale del mondo).
    Ricordo il mio sconcerto nel vedere lo sconcerto delle mie amiche, quando (anni dopo) si affrontava il tema. Una mia amica aveva scoperto la cosa attorno ai dieci anni, ed era rimasta traumatizzata alla sola idea; una mia compagna di classe l'aveva scoperto in quinta elementare dal sussidiario (!), e ovviamente era stato uno shock. Una mia amica, addirittura, un bel giorno era andata in bagno per trovarsi immersa in un lago di sangue: ovviamente si era terrorizzata, pora stella, pensava di star morendo.
    Io avevo familiarizzato con l'idea fin da quando ero piccolissima, e quindi non ho avuto nessun timore / disgusto / spavento / preoccupazione, eccetera.

    Stesso dicasi per i funerali, o per le situazioni dolorose in generale.
    Ci ero abituata fin da piccolissima: le trovavo delle cose assolutamente naturali; fatti della vita, insomma.
    Se mi fosse capitato di dover andare a un funerale per la prima volta a quindici anni… boh? Daniele, tu non ti sentivi un po'… agitato? Io penso che lo sarei stata, un pochino (si tratta comunque di una cosa che immagini essere brutta, e che non hai mai fatto in vita tua): a me avrebbe fatto molta più impressione a quindici anni che a cinque, davvero.

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  7. utente anonimo

    ecco ecco mi è venuto in mente cosa volevo dire stamattina, ma non trovavo le parole. me le ha fatte venire in mente Filippo chiedendosi _se fossi ateo.
    A proposito, ciao Filippo, io sono Seavessi 🙂 l'amica stramba e con prole della lucy.
    Ecco, secondo me il nulla cosmico deve essere qualcosa di terrorizzante, e visto che hai letto IT credo che abbiamo in mente la stessa immagine.
    Il funerale, e la ritualità che circonda la morte, non è un'accessorio inutile. E' appunto un rito: uno strumento per "incanalare" il dolore, e segnare un passaggio. E' uno strumento, non l'unico e forse non il principale, per accettare il dolore esternandolo in un modio socialmente accettato e condiviso.

    Ditemi che mi son capita vi prego.

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  8. Lucyette

    Caspita, Filippo, hai trovato un cadavere in un fosso a undici anni e non ti sei spaventato? Complimenti… eri proprio un ragazzino tutto d'un pezzo! 😀

    Eh… chissà cosa ne penserebbe, un ateo. Buona domanda.
    Al liceo, una volta, durante l'ora di catechismo (scuola cattolica: avevamo due ore di religione, una "normale" e una più "catechistica") avevamo discusso dell'atteggiamento degli atei verso la morte. Ero stata colpita dalle considerazioni del professore: studi alla mano, lui diceva che gli atei sono molto più "cimiteriali" e "funerari" dei credenti. Cioè, pare che gli atei tendano a considerare molto più importanti (rispetto a un credente) tutte quelle cose tipo i fiori sulla tomba, il funerale principesco, i ricordini, eccetera. Il che è molto comprensibile, calcolando che, dal punto di vista ateo, dopo la morte c'è il nulla, il vuoto, fine, il defunto ha smesso di esistere, non c'è nessun Aldilà… quindi, siccome non si può sperare di riabbracciarsi in Paradiso, si da molta importanza a queste manifestazioni esteriori (come per dire "tu sei morto, ma vivi ancora nel mio cuore". Solo lì, però, quindi devo stare attentissimo a non fartici andar via).
    Un credente ha una prospettiva completamente diversa, e quindi pare (a detta di questo sondaggio) che si senta meno vincolato da questi aspetti più materiali. E in effetti, io non sono per nulla cimiteriale… ma ovviamente sarà anche una questione di carattere e di abitudini 🙂

    Aneddoto divertentissimo ma anche e istruttivo: al funerale di mia nonna io ero abbastanza abbattuta, ma solo perché stavo fisicamente male (stavo male per i fatti miei, voglio dire: non c'entrava niente mia nonna morta). Comunque: a parte il dolore fisico (e anche l'ovvio dolore psicologico, naturalmente), io ero serena… a un certo punto mi sono addirittura messa a ridere durante la Messa, perché era successa una cosa buffissima e, insomma, io avevo riso. Ero al funerale della mia adoratissima nonna (quella delle fiabe), ovviamente soffrivo per la sua morte. Però ero abbastanza serena da mettermi a ridere quando succedeva qualcosa di ridicolo, per dire.
    Al funerale c'era anche una ragazza (che aveva 25 anni, eh, non 12): è uscita dalla chiesa che piangeva come una fontana. Viola per le lacrime, si aggrappava a sua zia per sorreggersi. Una scena straziante. La guardavi e ti impietosivi: "oddio, povera ragazza: l'è crollato il mondo addosso". Sennonché, questa ragazza aveva visto mia nonna tre o quattro volte in tutta la sua vita: non la conosceva, non aveva alcun tipo di rapporto, non era minimanete legata a lei in alcun modo. (Era una lontana parente).
    Questa ragazza ha reazioni simili a tutti i funerali a cui partecipa (anche a quelli di gente che conosce obiettivamente molto poco): non regge alla vista della bara che viene portata via, e in quel momento scoppia a piangere come una fontana.
    Dipende dal carattere?
    Dipende dal fatto che lei è atea?
    Forse, è un mix delle due cose. Credo che la spaventi moltissimo realizzare che quello lì è proprio morto, morto-morto, adesso lo portano al camposanto e poi lo mangeranno i vermi: finito, distrutto, disintegrato, nulla cosmico, vuoto totale, una vita che si distrugge (sottinteso: e la stessa cosa capiterà anche a lei ed ai suoi cari, prima o poi).

    Il nulla cosmico, come dice Seavessi, dev'essere davvero angosciante: io avrei una paura folle (non tanto per il fatto che prima o poi capiterà anche a me (anzi, quello m'andrebbe pure bene), ma per l'angoscia di sapere che ho perso per sempre le persone a cui tenevo).
    E… insomma: dopo tutto questo sproloquio, credo che la mia risposta sia "no". Se fossi atea, non credo che direi le stesse cose, circa l'atteggiamento da tenere coi bambini. Insomma: per un ateo, la morte dev'essere molto più traumatica.

    Seavessi, io ti ho capita perfettamente!! Del resto, se ci pensi, ogni tanto capita che si facciano dei funerali anche in assenza di cadavere (tipo gente dispersa, e cose simili). Insomma, un funerale "senza morto": se non è un gesto rituale (a vantaggio dei vivi, non certo del morto…).
    🙂

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  9. Lucyette

    (Ehm, specifico ché forse non s'è capito: ovviamente, le preghiere servono anche in assenza di cadavere (se no sembra che contraddica tutto quello che dicevo sopra): io parlavo proprio di quei funerali veri e propri, in cui ad esempio c'è la bara ma la bara è vuota. Se ne fanno per davvero, eh).

    A proposito di funerali atei: mi togliete una curiosità, per favore?
    Qualche tempo fa leggevo su Focus un articolo sulla morte: mi diceva che alcune città, fra cui Torino e Bologna (se non ricordo male) avevano attivato delle forme di esequie laiche per i non-credenti. Io son di Torino, quindi mi è capitato un sacco di volte di andare a un funerale ateo… ma Focus me la dava come una innovazione straordinaria. Dalle vostre parti, non c'è niente di simile? A Torino c'è proprio un cerimoniere ateo con cerimonia atea (abbiate pazienza, il termine "laico" mi sta sulle scatole e non so come definirlo diversamente :-P). Davvero è una cosa circoscritta a Torino e a poche altre città? Non l'avrei mai detto! Dalle vostre parti non c'è niente di simile?

    (Altra domanda: se invece c'è e voi ci siete andati… posso chiedervi che impressione vi ha fatto la cerimonia, per curiosità? A me ha fatto… una impressione strana: cerimonia bellissima (per certi versi, molto più commovente di un funerale cattolico), ma… strana. Son curiosa di sentire anche voi :-D)

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  10. filippociak

    @Seavessi
    Ciao Seavessi! Si si, ti conosco e leggo ogni tanto anche il tuo blog!! (è molto divertente :-D). Però non avevo fatto 2+2…
    La mia domanda voleva appunto stuzzicare una questione: tutto quel contesto religioso che oggettivamente rende più sopportabile una perdita, quella che insomma si etichetta come "favoletta dell'adilà", utile proprio per i bambini ma improponibile -secondo alcuni- agli adulti  rotti ad ogni disillusione, può costituire un momento problematico… se fossi ateo non vorrei mentire ai miei bambini… ma parimenti non potrei lasciarli di fronte all'abisso così presto… Ipotizzare una soluzione operativa dev'essere problematico e personalmente credo che sorvolerei alla grande tramutandomi, davanti all'immaginaria prole, in agnostico speranzoso… solo per pura delicatezza.

    Ehm… non ho letto il libro…  ho visto il film -vergogna- (e nello specifico dei miei dieci, undici anni… ne avevo visto solo alcuni spezzoni causa curiosità per le attività di mia sorella maggiore!) Di King ho letto altre cose, ma capita altrove di riconoscere, almeno credo, lo stesso vuoto di cui parli a proposito di IT.

    @Lucyette
    Ehehehe…. beh, non sono rimasto impassibile ovviamente… ma quella paura infantile, slegata dalla realtà… no, non l'ho provata… Semmai quel panico da "cosa faccio????"

    E' stranissima l'informazione a proposito degli atei "cimiteriali"… anch'io sono parecchio distaccato da questa realtà, ma pensavo fosse un deficit della mia religiosità.
    Non penso sia ancora così oggi… Mio Dio… io vado senza particolare trasporto al cimitero perchè mi sembra "inutile" (interpretate le virgolette in termini cattolici please), se fossi ateo non ci metterei piede… lo troverei assurdo!

    Parlando ancora di funerali (ora ci starebbe bene il commentino "allegriaa", ma ne stiamo parlando serenissimamente :-), la famiglia di mia mamma è numerosissima e siamo tutti credenti (chi più, chi meno)… quando è morta la mia cara nonna dopo aver sofferto lungamente e atrocemente, nonostante fossimo tutti rattristati per la perdita, per il distacco… dopo il funerale…in barba ad ogni etichetta prescritta dalla tradizione siamo andati (intendo tutta tutta la famiglia, 35 persone come un solo uomo) a pranzare in pizzeria. Qualcuno potrebbe storcere il naso, ma per noi era talmente vero che mia nonna non fosse semplicemente scomparsa, lo credevamo talmente tanto… che approfittare dell'occasione e stare insieme senza musi lunghi, ma solo con quella serena e "felice" commozione… ci è sembrato del tutto naturale. Ed è stato bellissimo.

    La ragazza di cui parli forse era molto molto sensibile… Anche mia mamma, che è solitamente un indistruttibile pezzo di ghiaccio… a qualsiasi matrimonio si scioglie puntualmente!! Non importa chi si sposi, sua figlia, sua cugina, una sua tiepidissima conoscenza, trac: piange. Ed abborisce qualsiasi melensaggine sanvalentiniana, ogni zuccherosa romanticheria… nonchè la sua stessa debolezza matrimoniale! Forse anche quella ragazza ha, è solo una delle possibilità certo, un tasto particolare…

    Uhm… per rispondere sui funerali atei… qui dalle mie parti si fanno ma non ci sono mai andato, non mi è mai capitato… (sono abbastanza rari credo). Non penso siano una novità, mi risulta che nei cimiteri più grandi ci siano delle sezioni apposite con terra non consacrata e affini. No?!?!!?

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  11. Lucyette

    Sì, il commento "allegriaaa!" è perfetto

    Eh, in effetti per un genitore ateo deve essere abbastanza difficile spiegare la morte ad un bambino. Non vorrei essere nei loro panni, io non saprei veramente da che parte cominciare (anche perché… mentire e dir loro che esiste una vita oltre la morte, quando invece sai che non è vero (siccome sei ateo, intendo), non mi sembra un granché, come soluzione. E' la più umana sul momento, ma la più deleteria nel lungo periodo, perché poi i ragazzi sentono di esser sempre stati ingannati. Boh!).

    L'idea di voi che andate in pizzeria dopo il funerale di tua nonna non mi fa affatto storcere il naso, anzi! Ché poi, del resto… se ci pensi, non è mica una tradizione universale, quella di mettersi in gramaglie dopo il funerale di un parente. Anche senza andare a citare riti tribali o cose simili, in America si organizza sistematicamente un rinfresco dopo il funerale (almeno: così pare, guardando i telefilm :-P). E secondo me, è pure una cosa intelligentissima: al di là della serenità di un credente che quindi approfitta dell'occasione per stare assieme ai parenti, penso che anche (e soprattutto) per una persona che è distrutta dal dolore possa essere molto utile, essere circondato da amici e parenti che lo sostengano nel momento del bisogno. Le cerimonie funebri a cui siamo abituati noi, da questo punto di vista sono abbastanza crude: funerale tristo tristo, sepoltura al camposanto, e poi tutti quanti a casa propria a pianger lutto… insomma, non è un granché, come supporto psicologico.

    La ragazza del funerale non è affatto sensibile per altre cose, quindi non è un discorso generale… sta così solo ai funerali, quindi credo che dipenda proprio dalla paura della morte (oltre che da una questione di carattere, probabilmente, per carità). E ti dirò… la questione degli atei "cimiteriali" aveva stupito anche me, sulle prime. Ma poi, ragionandoci…
    Nel senso: per me, che credo nell'Aldilà, cos'è una tomba?
    Il posto dove si conservano i resti dei miei cari, certo: però sono per l'appunto i resti… cioè, non so come dire. Non è che mia nonna morta sta nella tomba; mia nonna morta sta, auspicabilmente, in Paradiso: al camposanto c'è il suo cadavere (e fra qualche anno non ci sarà più manco quello). Mia nonna, la sua anima, sta da un'altra parte.
    Per uno che non crede nell'Aldilà, credo che il discorso sia un po' diverso. Dal punto di vista di un ateo, dopo che un uomo è morto, è stato sepolto, si è decomposto… beh, c'è il nulla, questo tizio non esiste più, vuoto totale. Non c'è l'Eterno Riposo, la Messa di suffragio, la certezza di reincontrarsi: c'è solo più il ricordo (okay), e il luogo di sepoltura. La fotografia, la lapide, gli ultimi segni della sua esistenza. E quindi pare che molti atei tendano ad aggrapparsi a questo: cioè, non possono sentirsi utili chiedendo una Messa di suffragio, quindi cercano di sentirsi utili – chessò – portando bellissimi fiori sulla tomba. Non possono fare altro, e quindi si consolano così.
    Beh, ovviamente immagino che non valga per tutti (ci saranno credenti molto cimiteriali e atei che non ci vanno mai, per carità), però mi ricordo che all'epoca era stata fatta una ricerca e le conclusioni erano quelle. A me sembrano plausibili, da questo punto di vista. Credo che le reazioni possibili siano due, e tutte e due molto estreme: o rifiuto totale (non ha alcun senso andare al cimitero), oppure l'esatto opposto (mi aggrappo all'unica cosa concreta che mi resta di lui, a parte i ricordi che però non sono affatto concreti).

    E a proposito dei funerali atei… ussignur, addirittura la terra sconsacrata? E che ha la terra consacrata, fa così orrore? 😀
    In effetti, non so dove vengano sepolti, perché a Torino il funerale ateo si svolge all'interno del tempio crematorio (quindi la cerimonia si conclude con la bara che sparisce in una specie di tunnel che la porterà al forno, e ti consegnano l'urna con le ceneri dopo qualche giorno. Non so dove la mettano, poi).
    Ecco, il funerale ateo è un'esperienza. Se interessa, posso anche descriverlo, come curiosità. Comunque è molto bello, molto curato, molto soft, raffinatissimo… però è strano. Cioè, non so. Io, ovviamente, essendo cattolica son portata a dire che gli manca qualcosa (e chiamalo qualcosa…), ma il punto non è neanche quello: in realtà vai lì e non ti sembra affatto di fare una cosa fatta a metà, è tutto perfetto…
    Ecco: un'esperienza.

    (Comunque mi consola sapere che allora si fa anche in altre città d'Italia… mi sembrava assurdo che ci avessero pensato solo Torino e Bologna!)

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  12. utente anonimo

    Del funerale ateo

    Ci si incontra tra amici, capita anche persi da lunga data.
    Si è vicini alla persona che ha perduto metà o più della propria esistenza.
    Ci si abbraccia, o ci si stringe la mano, o ci si scambia uno sguardo, oppure una parola.
    Oppure, semplicemente, si è presenti; in silenzio, ma testimoni.
    Ancora poi, che sia terra o fuoco, si rimane insieme a parlare e ricordare; si cerca di far sì che il tepore della persona che non è più sia in parte confortato dall'amicizia e dagli affetti.
    E' memoria che vive tra i partecipanti, che forse si tramanderà a coloro che ora sono e che diverranno in futuro.
    Perché non siamo polvere, ma terra.
    E la memoria è il concime.

    Così il fiore postumo e protratto nel tempo sulla tomba; che non è catarsi, ma 'amarcord

    "p"

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  13. utente anonimo

    Beh, il primo funerale a cui ho partecipato è stato quello di mia nonna… sennonchè a parte un senso di dispiacere, non eravamo veramente nessuno piangente, commosso, dilaniato dal dolore >_< ok sembra fortemente irrispettoso ma era vecchia e molto molto malata da mesi, soffriva ed era a letto da molti mesi, qundi è stata una liberazione dalle sofferenze, e per noi il sollievo di saperla in un posto migliore. Siccome fisicamente è tornata al suo paese di 4 anime (di cui 2 sono galline) ma che per questo tipo di eventi si riempie, ha avuto veramente un gran funerale O_O molto tradizionale, ma veramente molto.
    Mi accordo a (filippo mi pare?), anche noi dopo il funerale in quell'occasione, tutti a mangiare allegramente O_o non vorrei sembri una cosa irrispettosa

    Però poi ci sono stati tanti altri funerali veramente strazianti, e l'idea che mi sono fatto è che i bimbi non devono partecipare.

    Aggiungerò una piccola storia. Una parente di una mia vicina di casa, la cugina credo, da piccola perse il padre (credo ora preciso non ricordo) e andò al funerale (se non sbaglio poi andò anche al cimitero mentre lo sotterravano, una cosa del genere)… immagino sia una cosa estremamente dolorosa. Da allora lei, che ora è grande, avrà 50 anni, non è più normale diciamo, ha dei problemi mentali. Non tutti i bimbi orfani sono così, mi viene da pensare che sia in qualche modo correlato.

    Mi viene da pensare che coi bimbi bisogna essere sinceri… quella persona è andata in cielo (per noi cristiani) e  non tornerà, ma dall'alto ti vede e protegge ecc… non penso che il funerale arricchisca.

    Daniele

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  14. Lucyette

    P… beh, quello ovviamente vale per tutti, atei o non 🙂
    Io mi riferivo proprio alla cerimonia funebre, che io trovo particolarissima… okay, va beh, mi spiego, anche perché se no sembra che stia facendo una specie di discorso etologico, "uuuh, guarda come sono buffi questi strani creaturi che non credono in Dio!" 😉

    Mi sono incuriosita e ho fatto qualche ricerca: sul sito della UAAR ho scoperto che in effetti ci sono molti comuni che offrono le esequie per atei (ma nemmeno così tanti… cioè, io pensavo che fosse una cosa proprio generalizzata), mentre invece ho scoperto che tutti i funerali atei che ho visto io erano gestiti dalla Socrem, che a Torino ha l’ “appalto”, per così dire, delle esequie per gli atei. Non ho ben capito cosa succeda a un ateo che a Torino voglia essere sepolto in terra (probabilmente va direttamente al cimitero, non ne ho assolutamente idea), ma comunque la cerimonia funebre atea torinese si svolge così. Suppongo peraltro che sia una cosa solo torinese, a questo punto: cioè, magari altri comuni hanno studiato soluzioni alternative, non ne ho idea.
    Comunque, a Torino funziona così: entri nel tempio crematorio e c’è questa salettina in legno chiaro, a pianta rettangolare, con quattro file di panche con seduta morbida, due per lato; in mezzo c’è la bara. Detta così sembra una cosa molto spoglia, invece è di un design-moderno-minimale che è molto elegante, nel suo genere. Insomma, una bella atmosfera, soprattutto perché quando entri sta suonando piano una musica di sottofondo (che puoi scegliere tu, o altrimenti mettono direttamente loro). Ti sistemi, silenzio (musica soffusa) e poi arriva il cerimoniere che fa le condoglianze. Professionalissimo, si mette ad un leggio e legge (benissimo: è gente che ha fatto corsi di recitazione, evidentemente) un brano di commiato. In genere sono poesie che parlano di morte (chessò, L’aquilone di Pascoli, per fare un esempio banale), anche se in realtà una volta mi è capitato anche di sentir leggere un salmo e alcuni brani della Bibbia. (Di per sé, la cerimonia sarebbe stata pensata per gli atei, ma è comunque riservata a tutti quelli che scelgono di farsi cremare. Se il defunto era religioso, leggono ovviamente brani di ispirazione religiosa).
    Comunque, leggono una poesia di questo genere, che ovviamente è stata scelta ad hoc (a seconda che il morto sia un bambino, una madre, una moglie, un ragazza, e così via dicendo). È una cosa di grande effetto emotivo, anche perché c’è il cerimoniere che recita benissimo e ovviamente recita versi molto belli scritti da grandi poeti. (In questo senso, emotivamente è mille volte meglio rispetto a un’omelia di un parroco che magari non ti aveva mai visto in tutta la sua vita, ecco). Però, già in quel momento… è toccante finché volete, ma c’è un vago retrofondo d’ansia: un ateo ovviamente non recita “non essere triste, perché adesso sono in Paradiso”; recita cose bellissime che però sono sulla linea di “sono stata felice, ti ho amato tanto, e adesso devi continuare a essere felice perché io AVREI voluto questo”… insomma: l’atmosfera è molto più commossa, ma anche un po' più difficile da sostenere.
    Poi, vabbeh: momento di silenzio, eventuali interventi se c’è qualcuno che vuole intervenire, musica, musica che sale di volume, a un certo punto la bara (che era stata posizionata su una struttura apposita) incomincia ad avanzare verso la parete, e a un certo punto si apre una piccolissima finestrella (appena sufficiente a far passare la bara), e la bara, lentissimamente, viene inghiottita da questa finestrella. Ora: non so perché, ma questo a me la da, una vaga angoscia. Calcolando che si tratta di un tempio crematorio, tu ti immagini questa bara che pian piano scompare e viene inghiottita dalle fiamme (beh: ovviamente non la inceneriranno sul momento, immagino che finisca semplicemente in un altro locale, ma l’idea è questa). E… boh? Non so: devo dire che è vagamente ansiogena, questa cosa della bara che scompare lentissimamente e va a finire in un posto sconosciuto (perché io non ho idea di cosa ci sia, dopo la finestrella: un forno? Un deposito? L’aria aperta? Non lo sa nessuno). È molto simbolico, del resto.

    Insomma, in sostanza la mia idea è questa: trovo che sia un funerale ateo organizzato BENISSIMO, con del personale estremamente professionale e con una cerimonia ben gestita e di forte impatto. Manca la prospettiva della vita ultraterrena, ma non è che se ne senta la mancanza. Però… ecco, è strano, non so come definirlo: le letture sono tutte un “addio” e non un arrivederci, e poi è estremamente simbolica questa cosa della bara che scompare verso un luogo ignoto in cui non puoi andare, e che non riesci a immaginarti. Personalmente la trovo ansiogena, però ha anche molto senso.

    Come funerale, è splendido (sia chiaro, non voglio criticarlo: anzi, mi piace veramente un sacco, non credo sia facile organizzare un funerale totalmente ateo, e loro ci son riusciti alla perfezione). Però… non so… è strano. Tutte le volte che vado a una cerimonia del genere, torno sempre a casa leggermente scombussolata: forse è perché è una forma che mi è poco familiare, non ne ho idea. Non è brutto, anzi, è molto bello. È solo… strano.

    A Daniele rispondo un'altra volta, perché adesso non ho più tempo… scusa 😛

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  15. s.m.t.

    Anch'io ho un'esperienza simile, dei funerali. Ma ero più ansioso, e quindi la brioche mi fu promessa in anticipo (rendendomi ancor più ansioso di riceverla). Per cui mi chiesi che senso avesse partecipare ad una cosa dove bisogna per forza stare zitti e imbacuccati in un cappotto, e se la brioche-premio fosse stata proporzionale alla pazienza di presenziare.

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  16. Lucyette

    s.m.t. : eh, a me invece l'avevano regalata a sorpresa, ed era stata una sorpresa piacevolissima… Tantopiù che da piccola non avevo mai fame, quindi non mi attiravano i dolci, quindi non mangiavo quasi mai dolci, quindi ero stata molto stupita dalla bontà di quel dolce che era sorpredentemente buono…
    … insomma: quel funerale era stato proprio meraviglioso! 😀

    Daniele: uhm.
    Beh, sì. Se tu mi parli di "funerali veramente strazianti"…
    Spiego.
    Forse è anche una questione culturale: siccome in Piemonte, fino a qualche tempo fa, era considerato socialmente "riprovevole" mettersi a piangere durante a un funerale e cose simili (per la serie: "a casa tua fai quello che ti pare, ma in pubblico cerca di mantenere un contegno"… mai sentito, il detto "Piemontesi falsi e cortesi"? ;-P). Dicevo: forse anche per questa ragione, a me è sempre capitato di partecipare a funerali in cui si cercava in tutti i modi di evitare una cerimonia straziante. Forse dipende anche da queste cause "storico/culturali", o forse no, comunque in effetti io pensavo a funerali molto… composti. Non so come dire. Se tu avevi in mente funerali con ragazze singhiozzanti e parenti inconsolabili, allora ti do ragione: nel senso, una atmosfera così cupa può essere effettivamente controproducente, se vuoi spiegare la morte ad un bambino.
    Io pensavo piuttosto a funerali come quello delle nostre tre nonne (la mia, la tua, e quella di Filippo. A questo punto, me le immagino lì che fan comunella in Paradiso, tutte orgogliose per essere state citate dai nipoti :-D). Cioè, insomma, io pensavo a una cerimonia in cui sicuramente è presente il dolore per l'addio, ci mancherebbe altro, ma il tutto viene gestito con la massima serenità possibile.
    Ecco: siccome m'è sempre capitato di andare a funerali di questo tipo, io pensavo a una cosa così, molto più soft.
    Se invece stiamo parlando di portare un bambino di pochi anni a un funerale pieno di parenti che piangono e si disperano… beh, in effetti sì, allora credo anch'io che possa essere controproducente.

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  17. utente anonimo

    Io mi riferivo proprio alla cerimonia funebre, che io trovo particolarissima…
     
    sorry misunderstood
    Non ho inteso ti riferissi agli aspetti esornativi.
     
    Ad esperienza, tutto uguale ad una cerimonia di credenti, salvo: non ci sono, o in misura molto minore, parafernalia di addobbi floreali e corone e velluti.
    Chi vuole porta, ma non è costume diffuso.
     
    Per l’inumazione, semplicemente e ovviamente, non c’è un celebrante: solo pietra che chiude, o terra che copre; può accadere che qualcuno dei prossimi dica qualcosa, ma non è un programma teatrale, non è un rito codificato.
     
    Per quanto riguarda la cremazione, può sussistere un aspetto psicologico più “crudele”: non sempre è eseguita all’atto della cerimonia, spesso a giorni di distanza.
    Umanamente questo particolare può essere doloroso.
     
    Più scenografico è il rito nel caso della morte di qualche vecchio partigiano che, mi rendo, conto è una tautologia.
    In questo caso c’è la banda municipale che suona le canzoni partigiane, aggiungendo secondo la fede politica del defunto le canzoni di tradizione: “L’Internazionale”, “Bandiera Rossa”.
    In questo caso, una corona dell’ANPI non manca, eventualmente anche quella del Comune (se si sforza).
     
    Ma son cose sempre più rare, per ragioni anagrafiche.
    Anche ideologiche.
     
    Certo che quando accade di sentir suonare la banda municipale “Bella ciao”, almeno i miscredenti si commuovono.
     
    A margine: non è che con la tua curiosità finirai per chiedere se i non credenti portino la biancheria per il diritto o per il rovescio, giusto per il gusto di essere bastian contrari?
     
    (Postilla: da me non avrai MAI risposta questo)
     
    “p”

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  18. fiordicactus

    Per la serie "funerali" . . . io non ricordo il primo funerale, ma ricordo che a un funerale, ero già ragazina, si sono ritrovati un saco di parenti, e io sorridevo a tutti, finchè mio padre mi ha preso da parte e mi ha spiegato che ai funerali non si ride e nonsi chiacchiera, si fa "la faccia di circostanza"!

    Per la serie "Banchetto tutti insieme dopo il funerale" non è un'invenzione americana nemmeno questa . . . ricordo un libro dell'alberghiero che spiegava: che il motivo per cui nascono i banchetti nell'antichità, è principamente quello di  condividere i momenti sociali della vita di ogni individuo, la nascita (e la presentazione alla famiglia e alla società), il matrimonio e la morte! Senza scomodare, Preistoria e Storia, c'è un problema pratico . . . se un parente viene al funerale del nonno (a Bergamo, arrivando dall'Alessandrino) arriva di mattina, mangia con la famiglia e dopo il funerale si rifocilla e riparte. Tanto più una volta, dove la maggior parte delle persone andavano a piedi. Uno spuntino (pranzo, cena o merenda sinoira) , era anche un sistema per parlare del morto, con ricordi, aneddoti e per stare vicino ai sopravvissuti, facendo promesse di aiuti futuri. (contestualiziamo, in periodi nenache troppo antichi, se veniva a mancare una persona, erano due braccia in meno di lavoro in quella famiglia) 

    Per la serie " bambini e funerali" . . . quando è mancato il Suocero, la salma fu appoggiata sul lettone, preparato col lenzuolo e il copriletto bianco di picché appositi, intorno al corpo, garofani rossi che a lui piacevano . . . l'unica dei miei tre figli che decise che s', avrebbe visto ilnonno fu la piccola di 4 anni, curiosa e spavalda, arrivò in braccio a me, fece ciao al nonno, mandò un bacio e ce ne tornammo al piano di sotto . . . il giorno dopo, mentre si "disfava la camera" (come da "riti" antichi nel Piceno) lei disse ai frateli "adesso vi faccio vedere come era il Nonno" . . .  e si allungò sul materasso . . . occhi chiusi e mani sulla pancia . . . poi, spalancò gli occhi e fece: "Ma lui era più bello di me, aveva tanti fiori intorno e aveva le lenzuola!". Sconcerto fra la nonna e le zie . . . finita lì . . . Loro sono tornati a giocare, noi abbiamo disfatto il materasso, raccolto le cose da bruciare: pigiama e biancheria che indossava quando era morto, ciabatte, pennello da barba, la poltrona (sfondata) dove si sedeva, la tazza che usava per la colazione e (in teoria il materasso) dico in teoria perchè in effetti sul "rogo" ci andò un pugno di "crine" e una manciata di lana, in quanto i materassi erano stati rifatti l'anno prima e durante la malattia e alla morte, non si erano macchiati . . . sono stati spostati tutti i mobili e la camera pitturata . . . poi il materasso disfatto e la lana aperta, il crine messo a prendere aria per un paio di giorni e la materassaia è venuta a rifare il tutto, in quei giorni la Suocera è stata fuori casa, solo quando tutto ha avuto un aspetto rinnovato è tornata a casa sua. Non so se questi riti si fanno in qualche modo ancora adesso, qui nel Piceno, ma, 20 e più anni fa, era comune, specialmente in campagna, dove c'è il posto, credo che provvengano da antiche abitudini, anche igeniche . . . voi, giovani e studiosi ne saprete molto più di me!   L'ultima cosa, qui, nel Piceno, non usa mangiare o cucinare in una casa dove c'è il morto (anche per questo, si preferisce, dove possibile, lasciare il morto all'Ospedale), si va a mangiare da qualche vicino e da qualche parente/amico o si consuma cibo freddo, si lascia la finestra aperta (perchè da lì arrivano i parenti/amici già defunti a trovare il morto o, l'anima va in Paradiso) si coprono gli specchi (questo non so perchè) e si lascia la porta aperta in modo che chiunque possa entrare liberamente, anche di notte (anche se dopo una certa ora, come per chi resta a fare la veglia, si chiude tutto e si dorme dove si può!

    Bell'argomento, interessante! Però, potresti parlare di riti, abitudini e costumanze in rapporto alla nascita di bambini la prossima volta???

    Scusate il commento fiume . . . non è colpa mia!

    Ciao, R

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  19. Lucyette

    Wow… quante tradizioni interessanti, fiordicactus!!
    Non le conoscevo assolutamente… però, in effetti, penso che il "rogo purificatore" abbia delle ovvie ragioni igieniche, sì 🙂 Dal punto di vista psicologico, invece, mi fa storcere un po' il naso: è di nuovo la stessa storia di voler sbarazzare subito di tutto quello che ci ricorda la morte, ergo ignorare la morte. Ma ovviamente all'inizio sarà stata senz'altro una cosa di igiene, ovvio 😉
    Però adesso sono curiosissima: cosa vuol dire "lenzuolo e copriletto appositi"?? Cioè, c'è un lenzuolo apposito che ti compri progettando di farlo usare nella tua camera ardente? ARGH 😀
    In compenso, gli specchi si coprono perché l'anima del defunto rischierebbe di rimanerci intrappolata dentro. L'avevo letto da qualche parte, non so più dove. In molte tradizioni, gli specchi e anche le fotografie (che "intrappolano" al loro interno una parte di te: cioè, tu guardi lo specchio e hai l'impressione che ci sia un altro te lì dentro, voglio dire). Dicevo: in molte tradizioni, gli specchi e le fotografie contengono al loro interno un pezzettino della tua anima. Ovvio che, con una anima che vaga per la stanza allo stato brado, non si può correre il rischio che rimanga intrappolata nella superficie riflettente, quindi la si copre 😉

    Per quanto ne so io, invece, in Piemonte la ritualità della morte non è così codificata. Dalla famiglia di mia madre (proveniente dalle campagne torinesi) non mi è assolutamente arrivata nessuna tradizione simile. Rosario, funerale, Messa di trigesima, e finita lì.
    La famiglia di mio padre (originaria del Monferrato) ha qualche tradizione in più. Una, è la veglia al cadavere (che non condivido assolutamente); l'altra è quella di mettere alcune monetine in tasca al defunto, ovviamente per permettergli di pagare Caronte: una tradizione di tempo immemore, come vedi.
    Ma per il resto… basta: è una terra molto più secolarizzata 😛

    Qui, non c'è la tradizione del momento conviviale dopo il funerale: mio padre dice che semmai era la veglia, a svolgere queste funzioni. Nelle tre notti di veglia funebre, venivano i vicini o i parenti, si apriva una bottiglia di vino, si stava assieme e ci si scambiava aneddoti sul defunto. Ogni tanto ci si ubriacava pure. (Questa sì che è una veglia che avrebbe senso, in effetti: tiene su di morale i parenti addolorati).
    Dopo il funerale, non era previsto niente di simile… ma ovviamente ci possono essere ragioni logistiche che spingono a ritrovarsi tutti assieme, evidentemente.

    In compenso… brr… che orribile immagine, il funerale con la faccia di circostanza! Secondo me, invece, è l'esatto contrario: a un funerale è bene che si sorrida, si chiacchieri, si rida (ovviamente nei limiti del possibile, e in un modo decoroso e adeguato alla situazione). Se al mio funerale vedessi qualcuno che è triste e dispiaciuto, o che peggio ancora sfrutta l'occasione per far vedere al mondo quanto sia triste e dispiaciuto, io ci rimarrei malissimo!
    Ecco: se muoio e qualcuno di voi viene invitato al mio funerale, sappia che non gradisco assolutamente i piagnistei. E i fiori. E men che meno gli applausi. Direi "morte incolga il primo che osa applaudire al mio funerale", ma:
    a) non è carino;
    b) se muore anche lui, vuol dire che ci reincontriamo presto… ed invece, è meglio per lui che mi stia alla larga per un po' di tempo 😉 😉

    Riti in rapporto alla nascita di bambini? Macomme? Forse che non ti appassiona, questo tema così festante?!

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  20. utente anonimo

    Io non so se in Piemonte ai funerali le persone non vogliono gente che piange, so solo che da me se non c'è qualcuno che piange, è uno scandalo, ne parlano tutti, un disastro O_O BISOGNA piangere, pure se non te la senti (io mi vergognerei un po'a piangere pubblicamente per esempio, per motivi caratteriali tendo a tenermi dentro le emozioni) anche se è il funerale di tua nonna dopo lunghi patimenti (una sicura liberazione dal dolore) o del cugino del cugino dello zio del fratello del nonno del cugino di tuo nonno XD

    Anche qui ci sono molte tradizioni… la veglia (in ospedale credo non la permettano), la finestra aperta, i soldi in tasca (anzi proprio il portafoglio spesso), gli oggetti più cari (mia nonna anziana per esempio un bel rosario se ricordo bene), la porta aperta per chi vuol venire, lo specchio anche l'ho sentito a molti ma non ricordo di averne visti di coperti, e poi l'operazione "non fiori ma opere di bene" che la fanno veramente tutti (vicino al morto una piccola cassetta per le offerte, chi viene a vederlo non porta fiori nè li comanda per il funerale, ma mette lì qualcosa e poi la famiglia si occupa di donare la somma ad una onlus… vabbè questa è una cosa moderna forse)… si mangia ma non in casa col morto, si recita il rosario allo sfinimento… addirittura in alcuni paesi fanno la processione, e in alcuni posti in particolare i partecipanti spicciolano i fiori delle corone/cuscinetti/bara e li getta per strada, così da realizzare un tappeto di fiori verso il cimitero O_O
    Anni fa davanti casa passò un carro d'oro e legno coi cavalli (addirittura 4 tipo), la gente dietro e la banda che suonava O_O io sconvolto, pensavo fosse anomalo, mi dicono che nel napoletano è un must, e in effetti il morto pare fosse un vecchio ricco e benestante… mah, pace all'anima di tutte le persone defunte che stiamo nominando!

    Daniele

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  21. fiordicactus

    Non vi ho scritto proprio tutto, anche qui ci sono preghiere, pianti (a volte anche svenimenti) e versi strazianti, d'altra parte siamo pur sempre in Centro Italia, tendente al Sud . . .
    Si fa la veglia (all'Ospedale verso le 20 ti fanno andare via, ma riaprono alle 7,30), fiori, manifesti sui muri, messa, l'ottavario e il trigesimo e anche i rosari . . . insomma tutto come nel resto del mondo!

    Allora, i rosari, almeno uno a ogni "cambio di guardia". Avete presente no? La gente arriva, guarda il morto, si segna e dice qualche preghiera, poi si volta, saluta chi c'è, baci e abbracci con i congiunti e poi si siede per fare due chiacchiere (alle veglie si trova sempre qualcuno che è un sacco di tempo che non ci si vede e ci si mette in pari con le notizie) a questo punto, quelli che sono lì da più tempo, vanno via . . . e allora, parte un rosario . . . di solito, si resta fino a che non si è recitato almeno un rosario, dopo il rosario, c'è un altro giro di saluti, un pensiero al morto e chi deve andare va . . . (sì lo so, pare come quando si entra al cinema col film già iniziato, ma è così .  .almeno per le "comari" e i vecchietti)

    Non ricordo dei soldi, ma mi posso informare, sono sicura per gli oggetti che usava di più, le cose che dimostravano i suoi interessi . . . e qualche biglietto di "saluti" o ricordi da parte dei nipoti (almeno per mio suocero).

    Il fatto di bruciare le sue cose personali io lo "leggo" più come il "rogo" del funerale vichingo . . . o le abitudini di mandare nell'aldilà con il morto la sua roba, quello che gli può servire . . . come per gli egizi, gli etruschi (e qui mi fermo perchè ho studiato ragioneria e non antropologia!)

    Il lenzuolo . . . è in effetti un lenzuolo molto speciale e poco usato, è quello che da queste parti viene chiamato "da primo letto" . . . allora, il lenzuolo di lino più bello, con il ricamo più ricco, bianco su bianco logicamente . . .  viene usato per fare il letto della sposa, di solito da due parenti (una di lui e una di lei) vergini . . . ci si dorme quella notte e poi il letto viene cambiato (non ti /vi spiego il perchè, capitelo da soli) . . . questo lenzuolo sarà lavato con cura, steso, stirato e riposto per essere usato al "bisogno" per i due coniugi. Di solito viene (veniva) lasciato a quella nipote che portava il nome della nonna (di solito la prima figlia femmina del primo figlio maschio) . . . quello di mia Suocera è stato poi passato alla FigliaGrande (nel rispetto della tradizione, anche se l'Udmv è il secondo figlio, il primo avendo solo maschi) . . . Dopo che la zia glielo ha consegnato, la Figlia mi ha chiesto: "Questo è quello che hanno messo sul letto per il nonno quando è morto??? Posso tralasciare di usarlo o succede qualcosa???" Per ora ce l'ho nell'armadio io, lei preferisce non vederlo! Questo ti da l'idea di come siamo ancora immersi nella tradizione (per non dire superstizione) Io ci ho fatto una bella risata e le ho spiegato che i suoi nonni non le farebbero mai male!

    Spero di aver spiegato tutto bene . . . la prossima vi racconto qualcosa sui bambini! Giuro!

    Ciao, R

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  22. Lucyette

    Argh… scusate, sono giorni pienissimi e sono rimasta indietro coi commenti!
    Poi torno, ma adesso mi preme chiedere chiarimenti a Fiordicactus e Daniele su questa storia del lenzuolo, che è la cosa più inquietante che abbia mai sentito da tanto tempo a questa parte 😀
    Cioè, ditemi se ho capito bene la dinamica…

    Mia nonna si sposa. Passa la sua prima notte di nozze sul sudario di suo nonno morto (che allegria :-S). Toglie il lenzuolo, lava il lenzuolo, ci allestisce la camera ardente di mio nonno, me lo passa, me lo fa usare per la prima notte di nozze (e ribadisco: che allegria!), dopodiché lo porto in tintoria, lo rendo a mia nonna in attesa che anche lei muoia, indi me lo rimetto nell'armadio, ci seppellisco mio marito, e non appena ho interrato il defunto lo regalo a mia nipote sorridendole radiosa?
    Funziona così, ho capito bene?

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  23. fiordicactus

    Ma noooooooooooo! Ah! Ah! Ah!

    La nonna da ragaza cuce e ricama (o fa ricamare) il lenzuolo per la SUA Prima Notte (che poi c'è anche quello per la seconda e poi ci sono quelli di tutti i giorni), arrivato il matrimonio, ci va a dormire col nonno (neo sposo) e "zurlano" (come diceva la Suocera . . . cioè, si divertono, giocano) . . . indi poscia, il lenzuolo, lavato, curato, stirato e via . . .viene messo da parte fino alla morte di uno dei due, dove serve da "lenzuolo da morto" (insomma, qui, fino a poco tempo fa, se morivi a casa, (anzi, l'ultimo morto che ho visto, il 2 gennaio, era ancora così) ti mettevano sul letto, rifatto come per il matrimonio . . . lo si rilavava, ristirava e rimetteva nell'armadio fino alla dipartita del 2° coniuge . . . solo quando tutti e due i nonni erano morti, passava alla nipote.

    La nipote non lo usava come 1° letto, e nemmeno da 2° letto . . . ma se lo teneva per ricordo (come dice Seavessi, del suo corredo di lino, nell'altro post, quello della bambola). in effetti, col tempo uno si trova con una parte di corredo che si ingiallisce, ma sarebbe peccato usare . . . Guarda, se parliamo di abitudini e tradizioni sul corredo, ci vuole un blog apposta! Qua nella Città sulla Costa è una cosa molto seria e ridicola al tempo stesso, vecchiume e modernità! Spese pazze e pazzie!
     

    Alla prossima, R

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  24. Lucyette

    AAAAAAHHHHH!!!

    Così sì che ha un senso: capisco tutto, ma questa inquietante commistione di eros e thanatos mi pareva francamente un po' eccessiva… ROFTL.

    Grazie mille per il chiarimento

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  25. utente anonimo

    Si confermo XD

    Il corredo, pensa che molti oggi non lo fanno più, non ci fanno caso… e altri ne sono cultori, in maniera maniacale O_O
    Poi si fa l'uncinetto, il tombolo, mica roba da niente, le nuove generazioni come noi forse non capiscono che valore hanno ma è notevole.

    Daniele

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