La Sirenetta, (le Figlie dell’Aria), e l’anima immortale. II

Seconda parte

(click per leggere la prima)

Il principe si stiracchiò, aprì la finestra, e si affacciò sul balcone per prendere aria fresca. Respirò il profumo del mare e sbadigliò, assonnato: fece scorrere il suo sguardo sulla linea dell’orizzonte, e poi lanciò un’occhiata distratta alla piccola pozza d’acqua che faceva una insenatura proprio sotto il suo balcone.
Posò per un attimo il suo sguardo su una sagoma chiara, poi sgranò gli occhi, e poi cominciò a sospettare di non essersi ancora svegliato del tutto da quel sogno.
Essì: perché a tre metri da lui, proprio sotto il suo balcone, giaceva una giovanissima ragazza, così bella da non sembrare nemmeno una creatura di questo mondo. I lunghi capelli ricadevano mollemente sulle sue spalle; la fanciulla aveva gli occhi chiusi, il capo leggermente reclinato, e teneva in mano una piccola boccetta vuota.
E (dettaglio non trascurabile) era anche completamente ignuda.
Dopo un attimo di smarrimento (anche perché non è che ti capiti proprio ogni due per tre, di ritrovarti con una naufraga di soprannaturale bellezza, nuda e addormentata, proprio sotto il tuo balcone), il principe radunò qualche servitore e corse fino alla spiaggia, per andare a soccorrer quella donna misteriosa. Fu con indicibile sollievo che la scosse e la guardò negli occhi, e vide che la fanciulla era viva e ricambiava il suo sguardo: allora lui le chiese chi fosse, e come fosse arrivata fin lì, ma lei lo fissò senza parlare. I suoi occhi erano azzurri come le profondità del mare, e lo guardavano con incredibile dolcezza… ma la fanciulla non parlava. Si espresse a cenni, spiegò di essere muta: e il principe si sentì morire dentro, al pensiero di una bellezza così innaturalmente splendida e così drammaticamente menomata.
La fece coprire, la prese per mano, e la portò al palazzo. Ordinò alle sue domestiche di trovarle un vestito adatto, e ordinò che la fanciulla si sedesse con lui a tavola per rifocillarsi un poco, dopo quella brutta avventura che doveva averla portata a  naufragare. Seguì con lo sguardo la ragazza, mentre lei si allontanava guidata dalle domestiche; e soprattutto, cercò di non fissarla troppo quando lei tornò nella sala da pranzo avvolta in un vestito splendido, con i lunghi capelli scuri che incorniciavano il suo volto.
Era la creatura più bella che avesse mai visto in vita sua.

La sirenetta ringraziò il cielo che ci fosse un mancorrente lungo le scale, perché ad ogni passo aveva l’impressione di star appoggiando il piede su cocci affilati e taglienti. Per qualche secondo esitò, e il suo volto si contrasse in una smorfia di dolore: poi imparò a prevenire le sfitte, a calibrare l’andatura sul dolore che sarebbe arrivato, e riuscì a smettere di zoppicare. Scese le scale con passo aggraziato e si avvicinò al tavolo del principe, proprio come se fosse (perché in effetti era) una principessa. Incominciò il banchetto, e graziose damigelle vestite d’oro e di seta avanzarono di fronte al tavolo e cantarono per i sovrani: una di loro cantò meglio delle altre, e il principe applaudì.
La sirenetta abbassò lo sguardo e si rattristò: sapeva che lei avrebbe potuto cantare mille volte meglio di quella donna… ma per amore aveva rinunciato a quanto avesse di più caro, ahilei. La sua bella voce.
Poi le damigelle danzarono balli meravigliosi su una musica dolcissima: e allora anche la sirenetta scostò la sedia e sollevò le braccia bianche, volteggiando sulla punta dei suoi piedi sanguinanti. Ballò come mai nessuno aveva fatto, e ad ogni piroetta il suo splendore era sempre più evidente. La danza della sirena incantò la corte, e i suoi occhi parlavano al cuore meglio dei canti delle damigelle: il principe applaudì, estasiato, e lei continuò a danzare. Ogni volta che i suoi piedi toccavano terra, era come se toccassero coltelli infuocati: ma lei continuò a piroettare, sorridente e leggerissima; e alla fine della danza si inchinò al suo principe, con uno sguardo pieno di riconoscenza e amore.
Il principe si perse in quello sguardo, e si alzò in piedi per applaudire quella che egli stesso definì “la mia piccola trovatella”. Annunciò che la ragazza sarebbe dovuta rimanere per sempre con lui (alla sirenetta, il cuore si inondò di gioia) e le diede il permesso di dormire fuori dalla sua stanza, su un cuscino di velluto. La sirenetta riuscì a malapena a dissimulare lo stupore, perché nel suo regno un trattamento simile era riservato agli animali domestici, più che ai fidanzati… ma poi pensò che magari gli umani avevano un modo strano, di corteggiar la gente.

Dopo qualche giorno, il principe fece preparare per lei un costume da amazzone, affinché potesse accompagnarlo nelle cavalcate. Galopparono in mezzo ai boschi, e si arrampicarono assieme sulle montagne alte. I suoi piedi sanguinavano a tal punto che anche i cortigiani del seguito se ne accorsero, straniti: ma lei sorrideva, e dissimulava il suo dolore. Seguì il principe fino alla cima della montagna, e osservò con lui le nuvole spostarsi sotto di loro. Sembravano tanti cigni che avevano preso il volo, nel cielo rosso del tramonto.
Di notte, quando gli altri dormivano, lei usciva dal castello e si rinfrescava i piedi nell’acqua marina: ne traeva qualche conforto. Respirando a fondo il profumo del suo mare, pensava a tutto quello a cui aveva rinunciato per amore e per ottenere la vita eterna: la sua famiglia, il suo palazzo, il suo sfarzo, il suo benessere…
Ne valeva la pena, si domandò?
E poi pensò al suo amore, e alla prospettiva di guadagnare, infine, un’anima immortale.
E sorrise, muovendo i piedi dentro all’acqua.
.
Se il premio era quello, ne valeva la pena. Assolutamente.

Un giorno – finalmente, erano soli – il principe rimase a contemplare la sirenetta per cinque minuti abbondanti, fissandola in silenzio. “Lo sai? Tu mi sei molto cara”, le disse improvvisamente; e gli occhi della sirenetta brillarono, radiosi. “Il tuo cuore è puro”, commentò piano il principe, “e tu mi sei devota. E poi, assomigli tanto a una fanciulla che ho visto una volta, sai? Probabilmente, non la ritroverò mai più”.
La sirenetta dischiuse appena le sue labbra, e gli lanciò uno sguardo incuriosito.
Il principe sorrise, e si adagiò sullo schienale della poltrona. “Ero su una nave che affondò”, le raccontò con aria pensierosa, “e le onde mi trascinarono a riva, vicino a una convento, dove servivano molte fanciulle”.
La sirenetta lo fissò in silenzio, sorridente.
“La più giovane di queste ragazze mi trovò sulla spiaggia e mi salvò la vita: ho dei ricordi confusi, sai? Ricordo lei che mi soccorre, sulla spiaggia… e poi mi sembra addirittura – ma è follia! – di ricordare lei che mi sostiene, in mare…”.
La sirenetta non si mosse: continuò a fissarlo.
“E tu le assomigli molto, sai? Il tuo volto si è quasi sovrapposto al suo”, confidò il principe, sorridendo amaro. “Era molto bella. Ha salvato la mia vita. È l’unica persona che potrei mai amare, in questo mondo”.
La sirenetta tacque, e sembrava quasi impietrita.
“Ma purtroppo”, sospirò il principe, “apparteneva a quel convento… non potrò mai averla, e non sarà mai mia sposa”.
La sirenetta spalancò la bocca per parlare: avrebbe voluto gridargli che si trattava di un equivoco, che c’era stato un malinteso; che la sua salvatrice era lei, che lei era stata disposta a sacrificare tutta la sua vita pur di amarlo, e che…
“Ma sono felice che la buona sorte mi abbia mandato almeno te”, le sorrise il principe, affettuosamente. “Proprio te, mia piccola trovatella senza nome, che sei diventata la sorellina che non ho mai avuto!”.
La sirenetta era abituata a dissimulare il dolore fisico; ma un cuore in pezzi è molto più doloroso di una ferita al piede. E quindi abbassò lo sguardo, per nascondere la disperazione nei suoi occhi: perché se le cose stavano così, lei non avrebbe mai conquistato il principe… e assieme a lui, la vita eterna.

Un giorno, il principe si presentò dalla sirenetta, ed era praticamente in lacrime: le spiegò che suo padre si era messo in testa di farlo sposare con la principessa del reame confinante, e che stava già allestendo una nave per organizzare il viaggio in quelle terre. Si confidò con lei, che era ormai diventata la sua amica più sincera: le disse di essere costretto a partire, ma di aver la morte nel cuore. Mai e poi mai avrebbe portato a casa come sua sposa quella fanciulla sconosciuta: “non la voglio! Non posso amarla!”. E poi sospirò, passandosi una mano fra i capelli: “non potrò mai amare nessuno di diverso dalla bella fanciulla del convento; non potrò mai amare una donna che non me la ricordi… almeno un poco”. E poi fissò la sirenetta – la fissò a lungo – e sorrise amaramente, come chi sta per raccontare una barzelletta triste: “sai cosa ti dico, mia piccola trovatella muta? Se solo potessi farlo, sei tu che vorrei in sposa”.
E la guardò negli occhi, le carezzò i suoi bei capelli: la sirenetta, col cuore che le scoppiava, chiuse gli occhi per godersi meglio quegli istanti… e quasi scoppiò a piangere di gioia, quando sentì le labbra del principe, leggere, posarsi sulle sue.
Rimasero abbracciati a lungo, senza dir parola: il principe la carezzò delicatamente e poggiò il suo capo sul cuore della ragazza, che sognò una felicità umana ed un’anima immortale.
“Peccato che tu sia muta”, sussurrò il principe, pianissimo. “E che tu non abbia sangue nobile, anche”.
E la figlia del Re dei Mari – la migliore cantante che abbia mai calpestato questo mondo – soffocò un singhiozzo e strinse a sé il suo principe, sacrificando per lui la vita.
Sacrificando per lui se stessa.

Dopo qualche giorno, salpò la nave che avrebbe condotto il principe dalla sua promessa sposa. La sirenetta era con lui, facendo parte del suo seguito: mentre la nave solcava i mari, il principe la teneva assieme a lui, a poppa, e le raccontava tutto quello che aveva imparato sugli oceani in quegli anni. Le descrisse le tempeste marine e il mare calmo; le parlò degli strani pesci che vivevano nel mare, e di ciò che i palombari avevano raccontato riemergendo dalle profondità marine. La sirenetta lo ascoltava e sorrideva dei suoi racconti – lei, che conosceva il mare meglio di chiunque altro. Un giorno, la nave sorvolò il castello di suo padre: lei si appoggiò al parapetto e guardò verso l’acqua trasparente, perdendo il suo sguardo nelle profondità marine. Le sembrò di intravvedere la vecchia nonna che osservava il movimento della nave, attraverso le correnti: e poi, nottetempo, arrivarono in superficie le sue sorelle, che la fissarono con tristezza, tendendo verso di lei le mani bianche.

Il mattino dopo, la nave entrò nel porto del re vicino. Le campane suonarono a festa e le trombe squillarono, nel cielo. I soldati prepararono un picchetto per accogliere i graditi ospiti, e ogni giorno ci fu una festa. La promessa sposa non c’era ancora (abitava lontano, spiegarono: viveva in un convento in riva al mare, dove era stata mandata dai genitori per perfezionare le sue arti). In sua attesa, si susseguirono feste e danze, e la sirenetta era la ballerina più splendida che si fosse mai vista sulla terra.

E finalmente, un giorno, la promessa sposa arrivò a casa.
La sirenetta fu tra le prime fanciulle a accoglierla, assieme alle damigelle della corte: dovette riconoscere che era veramente graziosissima, con pelle chiara e trasparente. Sotto le ciglia lunghe, sorridevano due occhi azzurri e fiduciosi.
La principessa fu agghindata a festa, si presentò a corte, e fu introdotta al principe.
E nel vederla, il principe sbiancò. Balzò in piedi dal suo trono e le corse incontro, incredulo e confuso: “sei tu!”, esclamò pianissimo. “Sei tu che mi hai salvato, quella volta, quando ero quasi morto sulla costa!”.
La principessa abbassò lo sguardo, perché la sua educazione regale le aveva insegnato a dissimulare i sentimenti. Ma non riuscì a trattenere un sorriso incredulo, e le guance le si imporporarono: quella sera, il principe ballò a lungo con la sua fidanzata. E tutta la sua corte notò ch’era raggiante, mentre la stringeva nelle sue braccia.

“Non riesco ancora a crederci”, commentò quella sera, euforico, svegliando la sirenetta. Dormiva accucciata sul cuscino di velluto, fuori dalla sua camera. “La cosa più bella, che non avevo mai osato sperare… oggi è avvenuta! Non riesco a crederci! Rallegrati assieme a me, piccola trovatella, tu che mi sei tanto amica!”.
E la sirenetta gli baciò la mano; e in qualche modo, il suo sorriso era sincero: aveva capito anche lei che il suo principe era felice, nel profondo. Ma baciandogli la mano, inginocchiata di fronte a lui, sentì il suo cuore che si spezzava: il mattino dopo le nozze, lei sarebbe morta.
Schiuma del mare, per l’eternità.

Tutte le campane suonarono, festanti: gli araldi corsero per le strade, e si fece festa per le nozze. Su tutti gli altari del regno, si bruciarono oli profumati in lampade d’argento. E i preti fecero oscillare gli incensieri, mentre gli sposi si strinsero le mani e si unirono in matrimonio: una carne sola, per l’eternità.

La sirenetta, vestita di seta e d’oro, aveva ricevuto l’onore di poter reggere lo strascico della sposa. Ma in realtà, lei era assente: pensava alla sua morte e a tutto quello che avrebbe perso in questo mondo… e nell’altro. Non c’era speranza, per lei. Era dannata.

La sera stessa, gli sposi salirono a bordo della nave: in mezzo al ponte era stata montata una tenda reale fatta di porpora e di oro, con cuscini sofficissimi. Lì, la coppia di sposi avrebbe trascorso la sua prima notte, in quella sera fredda e quieta.

I cannoni spararono, le bandiere sventolarono: quando venne il buio, si accesero lampade di mille colori e la corte ballò allegramente, lì sul ponte.
La sirenetta pensò alla prima volta in cui si era affacciata sulla terra e aveva visto la stessa gioia, e pensò che non voleva rovinare la festa del suo principe. Si inserì nelle danze, e volteggiò come fa la rondine quando viene inseguita nel cielo azzurro: tutti le mostrarono la loro ammirazione, perché non aveva mai ballato così bene come quel giorno.
Sentiva i piedi tagliati da coltelli affilati, ma non ci badò: le faceva più male il cuore. Sapeva che quella era l’ultima sera in cui vedeva colui per il quale aveva lasciato la sua gente, la sua casa, la sua voce, la sua vita: sapeva che di lì a poco avrebbe perso anche colui per amor del quale aveva sofferto, ogni giorno, patimenti senza fine, che lui non avrebbe mai nemmeno immaginato. Sapeva che quella era l’ultima sera in cui avrebbe respirato la sua stessa aria: e dopo quella sera, una notte senza pensieri né sogni l’avrebbe accolta, perché lei non aveva un’anima. E né mai l’avrebbe ottenuta, ormai.

I festeggiamenti durarono anche dopo la mezzanotte; poi il principe baciò la sua bella sposa e lei gli accarezzò i capelli neri, dolcemente. Si sorrisero per un attimo, e poi il principe si alzò: prese per mano la sua sposa e la accompagnò verso la tenda, dove i due sposi andarono a sdraiarsi.

Calò il silenzio, sulla nave: solo il timoniere era rimasto sveglio, appoggiato al suo timone.
Nella notte immobile, la sirenetta posò le braccia candide sul parapetto e guardò verso est, aspettando il rosso della prima aurora: il primo raggio di sole l’avrebbe uccisa, e lo sapeva bene.
E allora vide le sue sorelle spuntare fuori dal mare, pallide e smagrite: i loro bellissimi capelli erano stati tagliati, e non si agitavano più sulle onde scure. “Li abbiamo dati alla strega, perché ti venisse ad aiutare. E allora ci ha dato un coltello”, le sussurrarono: “eccolo! Prima che sorga il sole, devi infilarlo nel cuore del tuo principe: quando il suo sangue bagnerà i tuoi piedi, allora ritornerai sirena. E potrai tornare a vivere con noi, per tutti gli anni che ti restano: canteremo assieme, balleremo assieme, e presto dimenticherai questa brutta storia”.
La sirenetta, confusa, afferrò il coltello, che le sue sorelle le avevano lanciato. “Presto!”, le intimarono. “Non vedi quella striscia rossa nel cielo? Tra pochi minuti sorgerà il sole, e allora morirai. Prima che sorga il sole, uno di voi due dovrà morire: o tu, sorellina, o il principe. Che aspetti? Non attardarti!”.

La sirenetta sollevò il tappeto di porpora della tenda, e vide i due sposi che dormivano abbracciati. La sposina sorrideva nel sonno, con il capo appoggiato sul bel petto del suo principe: lui, ad occhi chiusi, la cingeva con un braccio, col volto così vicino al suo da respirare il suo respiro.
La sirenetta contemplò in silenzio il corpo splendido del principe: si chinò su di lui, e gli baciò la fronte. Guardò verso l’orizzonte, dove la luce dell’alba si faceva sempre più intensa, e poi guardò il coltello affilato, stringendo la sua presa. E poi fissò di nuovo il principe, sentendo una stretta al cuore: era così incredibilmente splendido e felice, completamente abbandonato al sonno e alle braccia della sua sposa…
Impercettibilmente, il principe si rigirò nel sonno. Senza nemmeno aprire gli occhi, si strinse leggermente alla sua sposa e sussurrò il suo nome, nel dormiveglia.
La sirenetta arretrò di un passo, e il coltello tremò nella sua mano: chi era, lei, per distruggere in un istante la felicità completa dell’uomo che più amava?
E in nome di che cosa?
Il vero amore non contempla l’egoismo.

La sirenetta scappò verso il parapetto e gettò il coltello lontano, tra le onde, che brillarono rosse là dov’era caduto. Sembrava che gocce di sangue zampillassero dall’acqua: e allora la sirenetta lanciò un ultimo sguardo alla tenda del suo principe, e poi si gettò nel mare, e sentì che il suo corpo si stava sciogliendo in schiuma.
Il sole sorse sulle acque, i suoi raggi battevano caldi sulle onde, ma la sirenetta non sentì la morte: vedeva il sole, e vedeva su di lei centinaia di bellissime creature trasparenti che volavano nell’aria. La loro voce era una melodia così spirituale che nessuno orecchio umano avrebbe potuto udirla; e quelle creature erano così eteree che nessun occhio umano avrebbe mai potuto scorgerle.
Volavano nell’aria, senza ali: e la sirenetta sentì che il suo corpo di schiuma si faceva sempre più leggero, scaldato dai raggi infuocati del primo sole del mattino. Realizzò di starsi sollevando sempre di più, sempre di più, allontanandosi dall’altra schiuma.
“Cosa sta succedendo?”, domandò a quel punto, spaventata; e la sua voce risuonò come quelle della altre creature, più melodiosa di mille musiche terrene.
“Va tutto bene”, le risposero quelle creature. “Siamo le figlie dell’aria!” (e il titolo che Andersen aveva pensato di dare alla fiaba, originariamente, era proprio questo. Non La Sirenetta, che non è poi così importante: Le figlie dell’aria. Perché è questa, la morale).
“Tu eri una sirena”, le sussurrarono, dolcissime: “e le sirene – lo sai – non hanno un’anima immortale. Non possono conquistarla, se non conquistano l’amore. La loro esistenza immortale – è terribile! – dipende solo da una forza estranea. Anche le figlie dell’aria”, le spiegarono, “non hanno un’anima immortale: ma possono conquistarne una da sole, facendo buone azioni. Noi andiamo verso i paesi caldi, e spandiamo il profumo dei fiori nell’aria fresca. Là dove l’aria è torrida, portiamo la frescura: nelle stanze dei malati, portiamo ristoro e guarigione. Se per trecento anni interi continuiamo a fare opere di bene, otteniamo un’anima immortale. E allora”, le sorrisero, “possiamo prendere parte alla fecità più eterna”.
“Ma io sono una sirena…”, mormorò la sirenetta, senza capire.
“Ma tu hai desiderato un’anima con tutto il cuore”, le sorrisero le Figlie: “e proprio come noi, hai sofferto con pazienza e hai sopportato il tuo dolore. Per fare il bene del tuo prossimo, hai appena sacrificato la tua vita. È stata la tua bontà, a salvarti. Adesso puoi conquistarti un’anima immortale assieme a noi, se lo vorrai: devi solo improntare la tua esistenza al bene, per altri trecento anni”.
La sirenetta sorrise, incredula. “Trecento anni… e poi la vita eterna?”. Abbassò lo sguardo verso il mare, con un misto di sollievo incredulo e rimpianto. “Trecento anni”, mormorò, “è l’intera vita di una sirena… Se fossi rimasta assieme a loro”, e sgranò i suoi occhi, “li avrei passati nel lusso e nella gioia. Ma poi… sarei morta per sempre! Sarei stata condannata!”.

La sirenetta (e qui lascio la penna ad Andersen) sollevò le braccia trasparenti verso il sole del Signore, e per la prima volta in vita sua sentì le lacrime negli occhi.
(Le sirene non possono piangere, secondo Andersen. Secondo Andersen – e secondo tutta la cultura medievale, se è sol per quello – le lacrime sono un dono di Dio, riservato quindi a chi possiede un’anima. Ci sono fior fiore di agiografie in cui la gente supplica Dio di riuscire finalmente a piangere; no, non sto scherzando).
La sirenetta, dicevamo, sollevò le braccia trasparenti verso il sole del Signore; e per la prima volta in vita sua, sentì le lacrime negli occhi.
Sulla nave era ripresa la vita e il rumore: vide che il principe e la sua bella sposa la cercavano, e guardavano tristemente verso la schiuma del mare, quasi come se sapessero che s’era gettata tra le onde.
Invisibile, la sirenetta baciò la sposa sulla fronte, e sorrise un’ultima volta al principe. E poi salì con le altre figlie dell’aria su una nuvola rosa che navigava nel cielo.
“Fra trecento anni, entreremo nel regno di Dio!”.

appleton_mermaid1

P.S. Qualche tempo dopo aver scritto il suo racconto, Andersen commentò così il suo racconto, in una lettera a un amico.

Io non ho voluto – come invece ha fatto de la Motte Fouqué nella sua Ondina – io non ho voluto, dicevo, che la sirena guadagnasse un’anima immortale solo ed esclusivamente grazie ad un estraneo; grazie ai sentimenti di una persona esterna. Trovo che sia una morale sbagliatissima. Sembra che la conquista della salvezza eterna dipenda da una questione di fortuna, e io non sono assolutamente disposto ad accettare una visione simile. Io ho voluto che la mia sirenetta facesse una scelta, il che è molto più naturale. E molto più divino.

19 risposte a "La Sirenetta, (le Figlie dell’Aria), e l’anima immortale. II"

  1. Lucyette

    E adesso guardate il finale del cartone Disney:

    E ditemi un po' voi se la Disney non ha letteralmente sconvolto questa storia, sovvertendo la morale e cambiando completamente il significato della fiaba.

    (Quell'arcobaleno finale, poi, non posso proprio guardarlo senza diventare idrofoba: abbeh, certo, perché sirene e uomini possono vivere tutti quanti in pace, del resto cosa cambia? L'unica cosa importante è fare quello che ti pare, a ognuno il suo.
    Anima immortale? Dannazione eterna? Ecchissenefrega, non cambia niente: tanto Re Tritone può salire fin dentro la nave e la principessa Ariel può sempre andare a farsi una nuotata in mare: e quindi?!)

    Argh.

    "Mi piace"

  2. Lucyette

    E adesso guardate il finale del cartone Disney:

    E ditemi un po' voi se la Disney non ha letteralmente sconvolto questa storia, sovvertendo la morale e cambiando completamente il significato della fiaba.

    (Quell'arcobaleno finale, poi, non posso proprio guardarlo senza diventare idrofoba: abbeh, certo, perché sirene e uomini possono vivere tutti quanti in pace, del resto cosa cambia? L'unica cosa importante è fare quello che ti pare, a ognuno il suo.
    Anima immortale? Dannazione eterna? Ecchissenefrega, non cambia niente: tanto Re Tritone può salire fin dentro la nave e la principessa Ariel può sempre andare a farsi una nuotata in mare: e quindi?!)

    Argh.

    "Mi piace"

  3. utente anonimo

    Sono commosso… è proprio una bella storia.
    Quelli della Disney dovrebbero essere costretti a rileggere Andersen una volta di più, e poi condannati a vedersi i loro cartoni come punizione

    Diego

    "Mi piace"

  4. utente anonimo

    Sono commosso… è proprio una bella storia.
    Quelli della Disney dovrebbero essere costretti a rileggere Andersen una volta di più, e poi condannati a vedersi i loro cartoni come punizione

    Diego

    "Mi piace"

  5. Lucyette

    E' bellissima, vero?

    Io l'ho trovata qui, su un sito che parla di fiabe: al link che ti ho indicato trovi una serie di illustrazioni per La Sirenetta. Questa illustrazione è di Honor Appleton… che purtroppo pare aver disegnato solo la scena finale della fiaba, e non gli altri momenti intermedi! Peccato, perché questa illustrazione è veramente splendida.

    Però ha illustrato anche altre fiabe per bambini: quindi, se cerchi il suo nome su Google Immagini, vedi anche molti altri disegni di altre storie. A me piace tantissimo anche l'illustrazione per La Piccola Fiammiferaia: non è dolcissima?

    Grazie mille per l'award!! :-*

    "Mi piace"

  6. Lucyette

    E' bellissima, vero?

    Io l'ho trovata qui, su un sito che parla di fiabe: al link che ti ho indicato trovi una serie di illustrazioni per La Sirenetta. Questa illustrazione è di Honor Appleton… che purtroppo pare aver disegnato solo la scena finale della fiaba, e non gli altri momenti intermedi! Peccato, perché questa illustrazione è veramente splendida.

    Però ha illustrato anche altre fiabe per bambini: quindi, se cerchi il suo nome su Google Immagini, vedi anche molti altri disegni di altre storie. A me piace tantissimo anche l'illustrazione per La Piccola Fiammiferaia: non è dolcissima?

    Grazie mille per l'award!! :-*

    "Mi piace"

  7. berlic

    Ah, è provato, ho un'anima!
    E' ovvio che nela sua forma originale questo racconto è assolutamente inadatto ai bambini. Potrebbero credere veramente a ciò che non esiste, come appunto le anime o l'amore puro.
    😦

    "Mi piace"

  8. berlic

    Ah, è provato, ho un'anima!
    E' ovvio che nela sua forma originale questo racconto è assolutamente inadatto ai bambini. Potrebbero credere veramente a ciò che non esiste, come appunto le anime o l'amore puro.
    😦

    "Mi piace"

  9. Lucyette

    Seavessi, in effetti capisco che sia rischioso, navigare su quelle pagine… 😛

    Berlic, oh cavolo, hai ragione. Cioè: io criticavo la Disney, ma mica avevo preso in considerazione questa catastrofica eventualità.
    No, hai ragione tu, non si può fare.

    In compenso, io sono una che non piange praticamente mai (occielo: in questi giorni, sono così sfinita dalla stanchezza che ho anche la lacrima facile, ma in genere non piango MAI). Quindi, ogni tanto m'è venuto il dubbio di avercela, un'anima… forse ce l'ho ma si nasconde? 😀

    "Mi piace"

  10. Lucyette

    Seavessi, in effetti capisco che sia rischioso, navigare su quelle pagine… 😛

    Berlic, oh cavolo, hai ragione. Cioè: io criticavo la Disney, ma mica avevo preso in considerazione questa catastrofica eventualità.
    No, hai ragione tu, non si può fare.

    In compenso, io sono una che non piange praticamente mai (occielo: in questi giorni, sono così sfinita dalla stanchezza che ho anche la lacrima facile, ma in genere non piango MAI). Quindi, ogni tanto m'è venuto il dubbio di avercela, un'anima… forse ce l'ho ma si nasconde? 😀

    "Mi piace"

Lascia un commento