I fagioli del prete

Fagioli.
Pratici, economici, nutrienti, e facili da cucinare. Si conservano a lungo, e sono decisamente un cibo di magro. Niente di strano, insomma, nell’apprendere che i fagioli erano un alimento particolarmente gettonato, in tempo di Quaresima.
Ad esempio, in Armenia, fino a qualche tempo fa, la zuppa di fagioli era uno dei piatti quaresimali per eccellenza. Pensavi alla Quaresima, e pensavi ai fagioli.
Dev’essere stata senz’altro quest’accoppiata, a far nascere, in illo tempore, la buffa leggenda popolare che vi riporto. È una storia le cui origini si perdono nella notte dei tempi, quando i mass media ancora non esistevano e i calendari erano merce rara. È una storia che affonda le sue radici lontano lontano in un paesello sperduto dell’Armenia; e che vede protagonista un prete…

***

Il prete aveva avuto un’idea geniale, quell’anno, per tenere il conto dei giorni di Quaresima.
Perché – oh! – non è mica una cosa facile, tener conto del tempo che passa, se vivi in un buco di paesello sperduto in cima ai monti, e i giornali non arrivano, e la radio non esiste, e non hai uno straccio di riferimento su cui basare il tuo calendario.
Avete presente i naufraghi dei film, che arrivano sull’isola deserta e incominciano a tenere il conto dei giorni che passano segnandoli sulla corteccia degli alberi?
Ecco.
Preciso.
Il nostro prete era nella stessa identica situazione.

Epperò, quell’anno gli era venuta un’idea geniale.
Invece di imbrattare le cortecce degli alberi – ché poi i compaesani lo prendevano anche per cretino: “ah ah, guarda cosa fa il prete!” – si era inventato un sistema di computo che sembrava pressoché infallibile. E perdipiù era nascosto, segreto: dava alla procedura un nonsoché di misterico… e soprattutto, evitava le prese in giro di quelli che ti additavano per strada.
Il primo giorno di Quaresima, il nostro amico aveva preso un barattolo di fagioli secchi, ne aveva estratti quaranta contandoli ad uno ad uno, e se li era ficcati tutti e quaranta nella tasca del cappotto. ‘Ogni sera, prima di andare a letto, toglierò un fagiolo dalla tasca!’, aveva pensato, entusiasticamente. ‘Un fagiolo per ogni giorno di Quaresima: in questo modo, non correrò più il rischio di perdere il conto!’.

L’idea sarebbe anche stata geniale… se il prete fosse stato un’allegra monade che viveva per i fatti suoi, senza contatti con il mondo.
Disgraziatamente, così non era. E, per somma disgrazia, il nostro prete era un prete armeno. Dunque, ortodosso. Dunque, sposato.
E la moglie di ‘sto povero pretino armeno, riassettando il cappotto del marito mentre lui si isolava in preghiera nel suo studio, cos’altro poteva pensare di quei fagioli nella tasca?
Pora stella.
La sposina premurosa aveva notato i fagioli secchi e si era intenerita per la commozione: era evidente che suo marito, in Quaresima, si sottoponeva a un digiuno così tanto stretto da aver bisogno di qualche fagiolo da portare sempre con sé, quando andava in giro.
Per scongiurare i cali di pressione, probabilmente.
Se il digiuno prolungato lo faceva sentire troppo debole, lui – zacchete! – tirava fuori un fagiolo secco dalla sua tasca, e se lo sgranocchiava. Così reintegrava un po’ di zuccheri e si sentiva meglio.
Povero amore suo, che bravo.

E allora, la mogliettina premurosa aveva cura di controllare che la tasca del cappotto fosse sempre piena (sai: meglio abbondare). Di tanto in tanto, la controllava: e se le sembrava che la tasca si stesse svuotando troppo, e che i fagioli di scorta diventassero pericolosamente pochi… beh: lei ne aggiungeva altri. Premurosamente. Con tutto l’amore di questo mondo.
E lo faceva di nascosto, affinché il marito non dovesse imbarazzarsi realizzando che la sposa aveva scoperto il suo piccolo segreto.

Fu una Quaresima molto lunga, in paese, quella di quell’anno.
Dopo due o tre mesi di digiuno, il pretino aveva la nausea a forza di mangiar pesce salato e verdure magre e non condite. E se questo era lo stato d’animo del prete, figuriamoci cosa pensavano i compaesani.
Eppure, i fagioli erano sempre lì nella tasca: il metodo infallibile non poteva certo sbagliarsi… e quindi, si andava avanti col digiuno.

“Reverendo: ma quando arriva, quest’anno, questo cavolo di Pasqua?!”, avevano sbottato un giorno i compaesani, esasperati e increduli dopo quattro mesi e mezzo di penitenza.
Il prete aveva infilato una mano in tasca per controllare la situazione-fagioli, e non era riuscito a trattenere un gemito di disperazione. “Da quanto mi risulta”, aveva sussurrato, “ci vorrà ancora molto tempo. Davvero molto, molto tempo”.

(Ed ecco perché – aggiungo io solennemente – i preti cattolici non si sposano. Forse che non vi sembra una validissima motivazione?!)

(E comunque… io, donna moderna, che son dotata di calendario, oggi mi aggiro per la casa con un sorriso a trentadue denti. Perché… ridendo e scherzando, abbiamo fatto il giro di boa: oggi è la Domenica di Mezza Quaresima! Laetare!!!)

15 risposte a "I fagioli del prete"

  1. ClaudioLXXXI

    Vabbè ma è cretino lui! Ma non ha pensato ad avvertire la moglie? E dopo due tre lune piene, possibile che nessuno si era accorto che quella quaresima durava un po’ troppo?

    Poi quand’è arrivata la Pasqua? O sono passati direttamente al Natale?

    "Mi piace"

    1. Lucyette

      >.>
      Hai presente quando leggi una fiaba a un bambino, e il dannato mocciosetto comincia a martellarti con domande tipo “evvabbeh, ma come ha fatto Cappuccetto Rosso a non rendersi conto che quello lì era un lupo? Evvabbeh, ma come ha fatto il cacciatore a estrarre vive Cappuccetto Rosso e la nonna? Evvabbeh, ma come mai…?”.
      Ecco.
      Uguale.

      😛

      "Mi piace"

      1. Lucyette

        😀
        Io ho un rapporto alquanto infelice con i bambini piccoli. Statisticamente, i bambini piccoli s’invaghiscono di me e mi si abbrinchiano addosso come patelle. Se, dopo un po’ di tempo, provo a rispedirli dai genitori, essi mi si abbrinchiano ancor di più. Se provo a distrarli, essi mi vengono dietro. Se provo a scappare via, essi mi si aggrappano a una gamba. Se mi metto a giocare con loro, magari mi diverto pure ma poi sarò costretta a passare tutto il tempo a giocar con loro, perché il gagnetto non mi molla più. In un paio di casi, mi hanno anche fatto male, pore stelle.
        Tanto bellini e simpatici e allegri e tutto quanto, eh, ma non sono la fascia d’età che preferisco 😀
        (In compenso – stranamente! – vado molto meglio con gli adolescenti!)

        "Mi piace"

  2. Andrea

    Di me hanno paura, giuro, non ce ne è uno che da subito nutri simpatia per me, io risulto sempre, e da sempre, l’orco barbuto e cattivo eppure mai mi sognerei di apostrofarli come dannati; è quel dannato che nel suo significato si presta poco ad essere interpretato, anche se in tono scanzonato, amichevole o affettuoso, come complimento e a detta di uno il cui massimo dei complimenti è “bestiaccia feroce a rate mensili” è tutto un dire.

    "Mi piace"

    1. Lucyette

      Uhm, l’hai trovato un termine troppo “forte”?
      Ovviamente non era nelle mie intenzioni: io lo uso spesso, anche rivolto a me stessa, quando ad esempio mi prendo in giro e/o parlo di qualche mia fissazione o cattiva abitudine. Non l’avevo proprio mai inteso come un termine pesante!
      (E in effetti l’ho sentito usare tante volte, adesso che ci penso, sempre in senso “scherzoso” o comunque colloquiale (o teologico, al limite :-P)… ma in effetti non l’avevo proprio mai intesa come offesa, o parola pesante!)

      🙂

      "Mi piace"

      1. Andrea

        mi arrendo all’evidenza!
        Personalmente non utilizzerò mai il termine riferito a piccole pesti o meno che siano però accetto che altri lo possano, anzi che lo usino; scusate la mia piccola rimostranza!

        "Mi piace"

      2. Lucyette

        Ma di che?! 🙂
        Anzi, buono a sapersi: perché io non l’avevo mai considerato come un termine “pesante”… ma adesso che so che alcuni lo considerano tale, magari farò un po’ più d’attenzione al contesto in cui lo usi, non si sa mai 🙂

        "Mi piace"

    1. Andrea

      da Wikipedia
      L’espressione domenica Laetare indica, nel calendario liturgico della Chiesa cattolica, la quarta domenica della Quaresima. L’origine dell’espressione deriva dall’inizio (incipit) dell’introito cantato nella messa di tal giorno, che, in latino, inizia con Laetare Jerusalem, che significa: Rallégrati, Gerusalemme. In tale giornata, secondo le regole dei colori liturgici, nella Chiesa cattolica, è possibile utilizzare il rosa nei paramenti liturgici, invece del viola, normalmente utilizzato durante la Quaresima.
      L’uso dei paramenti rosa è ammesso anche in una domenica dell’Avvento: la domenica Gaudete.

      "Mi piace"

    2. Lucyette

      Ma come, niente rosa?!

      Uff. Anche nella mia ex-parrocchia di Torino, mi dicono dalla regia.
      Ma che distrezza, però. Per duemila anni la Chiesa è andata avanti a usare simboli, colori, gestualità con un messaggio profondissimo… non capisco come mai adesso ci sia questa tendenza (da parte di alcuni) a farne a meno 😦

      "Mi piace"

  3. Andrea

    …Pratici, economici, nutrienti, e facili da cucinare. Si conservano a lungo, e sono decisamente un cibo di magro…
    manca in questo cappello introduttivo un aggettivo importante; lunghi!
    Già bisogna lasciare a bagno almeno 10-12 ore i fagioli in acqua fredda poi ci vogliono 3-4 ore a fuoco lento per lessarli poi si devono passare, ribollire il passato a cui si è aggiunto il soffritino, poi la cottura della pasta insomma non è un piatto veloce da fare però ne vale la pena; cosa c’è di meglio che maltagliati e fagioli? o riso e fagioli ma nache qualsiasi altra pasta e fagioli? e le frittelle fatte con il rimanente?(rimanente? assolutamente no, volutamente se ne fa, almeno in casa mia, un quantitativo industriale perché ne rimanga da trasformare in frittelle)
    perché poi sia soddisfatto quel “cibo di magro” evitare di mettere le cotiche (e d’inverno quando è periodo di mattanza i piedi del maiale) ma perde molto, rimane buona e gustosa ma è carente!

    "Mi piace"

    1. Lucyette

      Beh, però in tutte queste lungaggini non danno mica problemi…
      Nel senso: li metti a mollo prima di andare a letto; poi li lasci lì a cuocere senza doverli seguire più di tanto… Sono lunghi, però non ti fanno perdere tempo mentre li prepari 😀

      "Mi piace"

Lascia un commento