La rivincita della scrittura

Ogni anno, a Milano, nel Palazzo delle Stelline, si tiene un (ottimo) convegno per bibliotecari. Quest’anno ci sono andata anch’io: una fatica massacrante, alla fine ero distrutta… ma ne è valsa la pena.

Il primo intervento ad aprire questo convegno è stata una chiacchierata con Maurizio Ferraris, che insegna Filosofia Teoretica all’Università di Torino. A quanto pare, anche l’UniTo ha una serie di docenti niente male.

Faccio questa premessa perché, in qualche modo, devo dare i credits al povero Ferraris. Buona parte di questo post è una specie di trascrizione del discorso che ha tenuto lui al Palazzo delle Stelline (ma vado a memoria e a suon di appunti: se dico strafalcioni, presumibilmente è colpa mia e non sua).
Ad ogni modo: buona parte di quello che leggerete, non è farina del mio sacco. L’unica cosa veramente mia è il titolo del post; e mo’ lo spiego.

Si può davvero parlare di “rivincita” della scrittura?
Voglio dire: è da qualche millennio, che si scrive. Non risulta, nel corso della Storia, che ci sia stato un momento in cui la sopravvivenza della scrittura è stata veramente messa in forse.
Esclusi gli anni ’50 e ’60 del Novecento: ovvio.

Oh: non è che in quel periodo si fosse smesso di scrivere, ovviamente.
Però, in quel periodo, erano in molti a ritenere che la scrittura, presto o tardi, sarebbe affondata nell’oblio. D’altro canto: perché scrivere?
Era diffuso sul mercato un fantastico strumento che permetteva alla gente di fare lunghe chiacchierate, da un capo all’altro della cornetta. Le lettere e i telegrammi diventano apparentemente inutili.
In tutte le case era presente quel dispositivo che permette ai cittadini di ascoltare il giornale radio, senza neanche prendersi l’incomodo di dover andare in edicola a comprare il quotidiano.
Stava raggiungendo ampie fasce di mercato quel favoloso, moderno aggeggio che rendeva ormai superflui romanzi e giornaletti. Se volevi goderti il relax serale, o sei volevi immedesimarti in una storia appassionante, ecco per te i varietà televisivi, o i grandi sceneggiati in diretta nel tuo salotto.
Non è che si sia registrato un calo della scrittura, in quei decenni. Però, la gente tendeva a pensare che un calo della scrittura, prima o poi, ci sarebbe inevitabilmente stato.

Voglio dire: con il telefono e con i mass media, comunicare è diventato facile! Telefonare è molto più economico, in termini di tempo perso (e di affaticamento fisico). Per quale ragione al mondo gli uomini del futuro dovrebbero perder ore della loro vita a leggere e scrivere su un blog?! Maddai: inverosimile… semmai, guarderanno la televisione. Molta televisione. Forse YouTube, al limite.

E invece… la scrittura esplode.
Esplode d’improvviso, nello sconcerto di tutti quanti.
Esplode la scrittura; ed esplode, assieme a lei, il desiderio di conservarla.

Pensate ai telefonini.
Quando vengono prodotti, negli anni Ottanta, i primi cellulari, sono sostanzialmente un telefono fisso… senza fili. Prendi il telefono fisso, gli togli i fili, gli aggiungi la comodità di poter esser trasportato… et voilà: un cellulare. E – voglio dire – quale diamine di altre caratteristiche pensereste di dover dare, a un telefono?
È un telefono.
Fa chiamate. Riceve chiamate. Come tutti i telefoni del mondo.
Se l’interesse della popolazione fosse veramente stato quello di comunicare, il telefono cellulare avrebbe benissimo potuto rimaner fermo a quello stadio. Tutt’al più ci potevi aggiungere un monitor per farlo diventare un videofonino, toh.

E invece, a un certo punto, si inventano gli SMS.
Sarebbe carino dire che gli SMS vengono inventati perché la gente ne sentiva il bisogno, avvertiva la necessità di scrivere, e capiva che un messaggino era diverso da un veloce squillo.
In realtà, gli SMS vengono inventati per semplificar la vita alle compagnie telefoniche. La ragione per cui gli SMS vengono al mondo è quella di permettere alla compagnia di turno di mandare comunicazioni tipo “stai quasi finendo il credito”, oppure “hai un messaggio in segreteria. Controllala!”.

Basta anche solo guardarsi attorno, e vedere tutti i ragazzi chini sull’IPhone per messaggiare… e, ecco, si può intuire che codeste previsioni si sono rivelate giusto un tantinello erronee.

Gli SMS fanno boom.
Attorno a quei messaggini si sviluppa un entusiasmo impressionante.
Peraltro, famo a capisse: scrivere un SMS non è propriamente la cosa più facile del mondo – devi smanacciare una tastierina minuscola, schiacciare tasti a ripetizione finché non ti esce la lettera che cerchi; hai un numero di caratteri decisamente limitato…
…se proprio devo comunicare a qualcuno “passo davanti al nostro ex-liceo; mi manchi”, faccio prima a prendere il cellulare, fare una telefonata al volo, recapitare il messaggio, e riattaccare.
Mi direte che l’SMS è tutta un’altra cosa, e siam d’accordo: però, una telefonata al volo sarebbe oggettivamente molto più comoda, se il nostro unico obiettivo fosse quello di comunicare. (E basta).

Altro problema: le telefonate non si conservano.
Gli SMS, invece, sì.
O meglio: si conservano perché, fin da subito, gli utenti sentono il bisogno di farlo, ed esternano questa richiesta. I cellulari, fin da subito, si dotano di una memoria per poter conservare sms, e poi registrazioni audio, e poi fotografie e video… e poi, chissà che altro ancora.
Perdere un cellulare, faceva notare il professor Ferraris, è una specie di trauma che trascina nell’oblio anni ed anni di ricordi, di affetti, di pensieri e di sensazioni. C’è addirittura gente che pretende di portarsi il cellulare nella tomba (“cosa di cui potremmo anche domandarci il senso: la batteria si scarica, presumibilmente non c’è campo, e comunque tu sei morto”). Tony Curtis ha richiesto di farsi seppellire col suo IPhone, per dire.
Ma da un certo punto di vista, è anche comprensibile: l’IPhone, il telefonino, è in qualche modo una sorta di smisurato archivio… di tutta la tua vita. Delle foto che hai scattato, dei posti che hai visitato, degli sms che hai mandato, e del mondo in cui ti sei rapportato con le persone che più amavi.

***

Io non mi farei seppellire col cellulare: tutto sommato, lo uso molto poco.
In compenso, mi sembrerebbe meno assurda l’idea di farmi seppellire con il blog (che poi… come lo seppellisci, un blog?).

Già: il blog.
Ferraris non ne parla, ne parlo io: non c’è neanche bisogno di dire che, quando è stato sviluppato Internet, questo sistema di comunicazione era nato per scopi che di certo non contemplavano la nascita di blog e social network. Il Web 2.0, che è quello in cui navighiamo noi, è – sotto un certo punto di vista – la cosa più assurda che si sia mai sentita da molto tempo a questa parte.
Perfetti Signor Nessuno che aprono un sito Internet (!) e cominciano ad aggiornarlo di continuo (!) con un bel po’ di contenuto (!), senza peraltro esser pagati (!!), e facendolo per hobby (!?). Concretamente: ma chi me lo fa fare, di sprecare ore della mia vita a raccontare i fatti miei al prossimo? E chi ve lo fa fare, a voi che mi leggete, di sprecare minuti preziosi, corrente elettrica, e diottrie, a leggere le cavolate che vi racconta un perfetto estraneo?
Io non ci guadagno, voi non ci guadagnate: ci sono hobby molto più piacevoli… e questa faccenda dei blog, se ci pensate, è decisamente alquanto assurda.

Si pensava che le nuove tecnologie, dalla televisione e su a salire, avrebbero gradualmente distrutto la scrittura. Si diceva (per davvero!) che la scrittura, inevitabilmente, sarebbe scomparsa gradualmente. Se date un’occhiata ai film di fantascienza (dice il prof. Ferraris: ché io la odio, la fantascienza), farete una fatica boia, a trovare un qualche scenario futuristico in cui i protagonisti scrivono, per scambiarsi informazioni. L’intelligenza artificiale di 2001 Odissea nello Spazio parla e riceve immagini: non ha una tastiera, o un programma tipo Word. (Mi confermate?).
E, d’altro canto, per quale ragione al mondo bisognerebbe prendersi la briga di far la fatica di continuare a scrivere, quando il tuo bisogno di comunicazione può essere soddisfatto da una videochat su Skype?

Beh.
Probabilmente, si continua a scrivere perché l’atto di “scrivere” non è in alcun modo un sinonimo di “comunicare”. La scrittura è molto di più: è un procedimento di introspezione, di limatura. È qualcosa di molto diverso dalla chiacchierata ad alta voce: ha un nonsocché di differente… e forse, anche “di più”.
Probabilmente, la gente continua a scrivere – anche quando, in molti casi, potrebbe scegliere di non farlo – proprio perché, dentro di noi, c’è questo bisogno insito di… farlo. Di raccontarsi e raccontare, ma non di getto: di raccontarsi e raccontare in un modo più lento e più metodico, che di certo non assomiglia alle due battute al volo scambiate sul metrò.
C’è il bisogno di raccontarsi, e anche di fissare i propri ricordi; perché la scrittura resta; la parola no. Se non fosse che Splinder ha chiuso appena da qualche mese, potrei anche approfondire questo punto, ma non val la pena: basta pensare alla crescente concitazione con cui gli Splinderiani cercavano disperatamente di mettere in salvo in loro archivio… basta pensare a quello – vi dicevo – per capire quanto sia importante, per un uomo, riuscire a tenere traccia dei suoi ricordi.
Anche di quelli più sciocchi, se vogliamo: stiamo parlando di miseri post su un bloggherello; non di prolusioni su cui hai lavorato per decenni.
Ma non c’è da discutere: è così.

La gente scrive, perché scrivere, ancor oggi, è per moltissime persone il modo migliore per raccontarsi.
E la gente, soprattutto, registra ciò che scrive: quasi non può pensare di scrivere qualcosa, senza poi tenerne traccia. E, aggiungo, si lascia prendere da una vertigine di emozione, pensando che il suo blog, il suo spazio Web, continueranno forse a esistere anche dopo la sua morte. E testimonieranno a tutto il mondo, implicitamente, che il suo autore è. Ed è stato.

Si pensava che le nuove tecnologie avrebbero condannato a morte la scrittura.
E invece, non solo la scrittura continua a esistere (certo: il libro di carta si sta trasformando in un e-book… ma sempre “scrittura” resta, voglio dire). Non solo la scrittura continua a esistere, dicevo; ma anzi, è esplosa in una maniera che fino a qualche anno fa si sarebbe ritenuta impossibile.
Impensabile.

E… niente: mi sembrava una riflessione degna d’esser riportata, visto che ci troviamo in uno di quei posti che, più di ogni altro, incarnano il boom della scrittura grazie all’avvento, tanto temuto, delle nuove tecnologie. Quello spauracchio.

***

Peraltro, oggi è un giorno speciale. È esattamente da sette anni che questo blog esiste, e viene scritto.
Sette anni di vita, quasi novecento post; 25 MB di testi online.
Chissà cosa pensano, quei pensatori del passato, assistendo alla rivoluzione che avviene tutt’intorno.
Forse si stupiscono. Forse si sentono più sollevati.

Nel frattempio, io siedo alla scrivania e aggiorno il blog.
Con un sorriso.

20 risposte a "La rivincita della scrittura"

  1. Roberto

    L’intrusione della tecnologia nella scrittura mi fa molto pensare e sopratutto mi fa sorridere . . . . in passato avresti detto “il mio diario di N pagine/quaderni/tomi” ora molto meno prosaicamente 25 Mb di blog ;-P e sono sicuro riusciresti a crearti statistiche sulle parole chiave + usate, la quantità di .jpeg, percentuale di uso di maiuscole . Bellissimo articolo!

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    1. Lucyette

      Mi hai fatto venire la curiosità.
      Da quando mi sono trasferita su WordPress, le parole chiave più usate in assoluto da chi approda sul mio blog dai motori di ricerca, sono state:
      – la sposa cadavere;
      – casse da morto;
      – medico.

      😐
      Devo trarne delle considerazioni sul miserando stato di salute di chi legge queste pagine? :-DD
      LOL!

      Essì, è vero: non avevo pensato al fatto che fino a qualche anno fa avrei misurato i miei scritti in numero di pagine, adesso li misuro in MB…
      E’ verissimo, ed è molto significativo! Non ci avevo fatto caso… grazie! 🙂

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  2. AlphaT

    Però sta perdendo campo la conservazione del testo di valore nella percezione collettiva. Ci sono i classici, ma oggi è difficile aggiungere qualcosa che non sia dimenticato il giorno dopo.
    Si scrive sempre di più; scrive chi non è così bravo ed ha idee farlocche… manca una selezione. Si legge a scanning, tl;dr. Si va sulla superficie; le cose che valgono passano facilmente inosservate. Va la quantità e l’immediatezza; io stesso ho parecchi libri che in passato mi sarei divorato, ma adesso non mi ci metto mai perchè spendo troppo tempo a leggere in giro.
    Manca la lentezza: una descrizione particolareggiata di un paesaggio poteva evocarti immagini uniche ed introdurti nell’atmosfera di un racconto; il lettore internet moderno la salta con impazienza per poter finire più in fretta…

    Invoco poi reazioni su “ché io la odio, la fantascienza”… Eresia!

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    1. Lucyette

      Anche ClaudioLXXXI invoca reazioni a tal proposito (ma poi è molto conciliante) 😀
      Niente da fare, proprio non la reggo: ho provato a leggere qualche libro, ma… brr, non fa per me.
      Adesso che ci penso, non apprezzo particolarmente neanche le ambientazioni fantasy, con un paio di felici eccezioni (ma diciamo che non è il mio genere preferito, ecco). In effetti, preferisco quei romanzi ambientati in un mondo “normale” (e, ancor meglio, i romanzi storici).
      Mea culpa! 😉

      Sulla scrittura… molto vero, quello che dici.
      Però, ad esempio, i miei professori che si occupano di ambiente digitale insistono molto nel ripetere che, tutto sommato, non è neanche detto che tutto ciò sia un male.
      Le abitudini di lettura e di fruizione del testo scritto sono già cambiate un po’ di volte, nel corso della Storia, dicono: indubbiamente cambieranno ancora, ma non necessariamente cambieranno in peggio. Forse, saranno solo molto diverse da quelle che conosciamo oggi. Un po’ come diceva Daniele sotto, per dire 🙂

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    2. marinz

      cmq c’è fantascienza e fantascienza… forse ti confondi anche con il fantasy (Tolkien è un grande, il capostipite del genere) ma c’è anche quella divertente come Douglas Adams (ti consiglio anzi consiglio a tutti i 5 libri della sua saga, partendo dalla Guida Galattica per Autostoppisti)

      ClaudioLXXXI hai tutta la mia solidarietà :o)

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      1. Lucyette

        Uhm. Se è fantascienza divertente potrei farci un pensierino, forse… forse, aehm…

        Il fantasy invece lo leggo, se capita… ma diciamo che non mi attira, di per sè. Quando vado in libreria, non mi fermo mai davanti allo scaffale del fantasy per vedere se è uscito qualcosa di nuovo, insomma.
        Come autori fantasy, leggo volentieri Tolkien (anche se non sono una tolkieniana sfegata come i veri fan), e buona parte di Terry Pratchett. Poi, vediamo… adoro Harry Potter, ma quello è un caso a parte perché ha una ambientazione già diversa dal “tipico” fantasy. Le cronache di Narnia… sì, carine; e poi ho letto il primo libro di Silvana De Mari, che mi è discretamente piaciuto e adesso devo vedere come va a finire la saga.
        Però diciamo che non è il mio genere preferito: sono di gran lunga più attirata dai romanzi ambientati “in questo mondo” (:-D). Le popolazioni elfiche o aliene non mi attirano più di tanto 😛

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      2. Berlicche

        Non…ti…piace…
        Bene, immagino che qualche difetto devi pure averlo. Mica si può essere tutti Mary Poppins. Viste le tue preferenze, ti potrei suggerire Game of Thrones (credo che Claudio ti abbia edotta).

        Credo che la scrittura non passerà fintanto che non si troverà una maniera di sollecitare il nostro cervello non attraverso i sensi ma attraverso il senso dell’esistere. Le parole hanno consistenza diversa dagli oggetti, sono segni.

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      3. Lucyette

        Non è quella saga non ancora conclusa che sta dando dipendenza a Nihil Alieno, e il cui autore (definito da Claudio “molto vecchio e molto malato”) pubblica un libro ogni morte di Papa?
        Ehm… magari quando esce in Italia anche il volume conclusivo… :-PP

        Però grazie per il consiglio! 😀

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  3. marinz

    Ormai ti seguo da quasi 3 anni o forse più e mi fa piacere leggerti … e concordo con te che la scrittura avrà sempre la sua rivincita :o)

    Buon compleBlog e mi raccomando non entrare nella crisi del settimo anno perchè vorrei ancora leggerti ;o)

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  4. Daniele

    La lentezza si è persa in ogni cosa, pure a tavola, ovunque… Non credo però che sia necessariamente un male. Galileo diceva: “il discorrere è come il correre”. Un ragionamento valido deve essere rapido, agile, deve economizzare gli argomenti ma saperli presentare compiutamente. Ricordo che Calvino difendeva molto la rapidità. Cercherò di sintetizzare qualche suo ragionamento in merito. A parità di contenuto, un ragionamento rapido ha in più la dote di essere rapido nella formulazione. Allora a questo punto si potrebbe obiettare che però la lentezza dovrebbe essere la dote minima di una divagazione, una descrizione. In realtà la rapidità e disinvoltura si può applicare anche alle divagazioni che conducono un lettore verso il cuore del testo, infatti le divagazioni sono il ripetersi di un tempo continuo. Ovvero, sinteticamente, la rapidità non è nello scrivere tanti avvenimenti in poche righe, ma è una condizione mentale.

    Comunque bel discorso di questo docente 🙂 E auguri per l’anniversario del blog.

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  5. Diego

    La lettura (e quindi la scrittura) lasciano molto più spazio alla fantasia e all’immaginazione.
    Non saprei stare troppo tempo senza leggere nulla.
    Ma quando hai parlato di perderci le diottrie istintivamente mi sono allontanato dal monitor! Non scherzare, voglio continuare a leggerti!
    Auguri anche da parte mia di buon compleBlog!

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  6. rosenuovomondo

    eh, qui dovrei riportare quella bellissima vignetta che girava tempo fa su internet che riportava un dialogo tra un nipote e un nonno in cui il nipote chiedeva ma scrivevate messaggi lunghi una volta e il nonno risponde libri, figliolo, si chiamano libri….

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  8. poveromabello

    Gli episodi della serie classica di Star Trek, iniziavano con una voce fuori campo che leggeva il diario di bordo redatto dal capitano dell’astronave Enterprise. Probabilmente era un diario dettato al computer, non so se nel corso di qualche puntata della suddetta serie ne svelarono mai il metodo di scrittura, però mi piace pensare che fosse su carta, e che Kirk lo rileggesse mentre l’inchiostro stava ancora asciugando.
    Lunedì scorso è venuto a mancare in giovane età un mio collega, amico e padrino di cresima.
    Di lui ora rimangono migliaia di mail, immagini e filmati che preservo con attenzione. In questi momenti, dove è molto forte la sensazione di un prematuro distacco, rileggere i suoi scritti mi consente di comprenderlo meglio di quando fosse in vita, di capire alcuni miei atteggiamenti che avevo nei suoi confronti e mantenere “vivo” un legame che per il momento non è più fisicamente fattibile. Ora ho l’onore e onere di riportare alla famiglia tutte le cose che ha lasciato in ufficio, in seguito al suo improvviso allontanamento per la malattia che lo ha colpito; credo siano cose importanti soprattutto per loro, oltre che per me, ed ho combattuto con chi voleva buttare via sia gli oggetti che i documenti elettronici e non contenuti nei suoi armadi, cassetti e hard disk.
    Penso che in assenza di documenti scritti, tendiamo a distorcere il passato, a modularlo in base alla nostra esigenza di giustificare ogni fatto avvenuto, ponendoci di solito dalla parte della ragione. Negli anni in me è cresciuto il desiderio di fare chiarezza, di mettere verità nel passato, ed è quasi diventata una mia mania il preservare ogni cosa, il restaurare tutto ciò che può contenere delle informazioni; adesso non potrei mai gettare nella spazzatura un solo frammento di negativo fotografico che mi appartiene, ora non resisto a decifrare qualsivoglia supporto magnetico e riportarlo in vita digitalizzato e copiato, per poi leggerne il contenuto. Chissà dove mi porterà tutto questo? 🙂

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