Il Papa e il terremoto

In un suo saggio su La devozione al papa, Annibale Zambarbieri (che peraltro è anche un mio professore: insegna a Pavia) analizza l’andamento delle donazioni all’Obolo di San Pietro, nel secolo che sta a cavallo fra l’Otto- e il Novecento.
L’Obolo di San Pietro esiste da un bel po’ di tempo, a livello concettuale (“io, che posso permettermelo, dono un po’ dei miei risparmi al Papa affinché egli li usi in beneficienza, e aiuti chi ne ha più bisogno”).
A livello pratico, l’Obolo di San Pietro diventa una consuetudine verso la metà dell’Ottocento, quando parrocchie, diocesi e associazioni di vario genere cominciano a portare avanti, con una certa regolarità, una specifica raccolta di offerte da destinarsi (appunto) al Papa.

Dal 1906 in poi, La Civiltà Cattolica diventa promotrice (e coordinatrice) di questo tipo di raccolte. Viene alla luce una “Lega internazionale della stampa cattolica dell’Obolo di San Pietro”, con sede centrale nella redazione della rivista: quanto alla rivista in sé, lei comincia a pubblicare periodicamente una lista di tutte le offerte ricevute fino a quel momento. Lo scopo, ovviamente, è quello di creare una gara di solidarietà fra i lettori: leggendo la somma che è stata donata da qualcun altro, ti viene voglia di batterlo… e di donare ancor di più.
Scopo secondario di questi elenchi, secondo me, era quello di far piangere di gioia tutti gli storici delle generazioni future. Liste di questo genere (elenchi di offerte pubblicati di anno in anno, con cadenza periodica, e con la massima regolarità) permettono, ovviamente, di creare un tot. di statistiche.

Quanti soldi riceveva, il Papa?
In quali anni ne riceveva di più?
In quali anni ne riceveva meno?
Quali ragioni potevano spingere la gente a donare di più, o a donar di meno?

Beh.
Dando un’occhiata al grafico ricavato da questi dati (in cui, a sinistra, vediamo l’ammontare della somma in lire), salta immediatamente all’occhio che c’è stato un biennio– un biennio preciso – in cui l’Obolo di San Pietro ha fatto clamorosamente boom.
Sto parlando del 1908 e del 1909.

Qui, qualche chiarimento sul grafico

E se qualcuno stesse cominciando a pensare a cos’è successo in quegli anni, e poi a fare due più due… beh: la risposta è “sì”.
Negli ultimissimi giorni del 1908, e per tutti i primi mesi del 1909, l’Obolo di San Pietro registra un clamoroso boom di offerte…
…per il semplice fatto che i fedeli sanno benissimo che il Papa destinerà queste offerte alla popolazione di Messina. Che, ovviamente, era appena stata colpita da quel terremoto catastrofico ch’è passato alla Storia.

Il grafico mi sembra oggettivamente impressionante (o quantomeno: a me, fa impressione). La cosa che mi colpisce di più, fra l’altro, è che tutte queste offerte “extra” non arrivavano solamente dall’Italia, che al limite poteva essere insolitamente generosa a causa del turbamento per la tragedia ‘della porta accanto’. No: queste offerte arrivavano dall’Italia, ma anche da tutto il resto del mondo: Francia, Germania, Belgio. Gli Stati Uniti inviano una paccata di soldi: quasi un terzo del totale. Le offerte destinate al Papa (e, per tramite del Papa, ai terremotati di Messina) arrivano da popolazioni che, probabilmente, non sapevano manco che esistesse, Messina, prima di averne letto sui giornali. Persone straniere, persone semplici: privati cittadini. Non istituzioni o banche, che magari contemplano “per statuto” una serie di aiuti internazionali: no.
Privati cittadini. Gente comune.
Operai, madri di famiglia, collaboratori parrocchiali: bambinetti, addirittura. Persone semplicissime senza alcun rapporto coi terremotati, se non per la prerogativa di dividere con loro la stessa fede…
…e di affidarsi con fiducia al Papa. Che non manca di aiutare i suoi figlioli più bisognosi.

Sì, insomma, va così: è una chicca di Storia che mi ha colpita molto, quando mi è stata raccontata per la prima volta. Mi riproponevo da tempo di raccontarla anche sul blog… e mi è sembrato che, purtroppo, non potesse esserci occasione più adatta.

Ve lo butto lì come spunto di riflessione?
Lo uso come stimolo per dare il via, a distanza di cent’anni, a una nuova gara di solidarietà?
Ne approfitto per ricordare che è stata indetta, in tutte le chiese italiane, una colletta di offerte che si terrà il 10 giugno, e il cui ricavato sarà devoluto interamente ai terremotati?
Ne approfitto per aggiungere – così, en passant – che la CEI e il Papa hanno già stanziato un totale di tre milioni di euro (e passa) da destinarsi immediatamente alle popolazioni terremotate? Ché io mi sarei anche pesantemente rotta le scatole, a forza di leggere gente che scrive in giro che il Dalai Lama ha dato soldi ai terremotati, e il Papa invece no. Disinformati livorosi. Poracci.

Massì, direi di sì. Penso che tutte le opzioni elencate sopra possano dirsi ugualmente valide.
E in compenso, chi volesse curiosare sulla pagina del Vaticano che illustra le funzioni dell’Obolo di San Pietro oggi… può farlo qui.

17 risposte a "Il Papa e il terremoto"

  1. NightOwl87

    La rottura di scatole per le menzogne che dicono sul Papa, ci sta tutta.

    Just my two cents: ci saranno stati tanti comuni cittadini in giro per il mondo che si sono solo commossi e affidati al Papa. Però visti i paesi citati secondo me buona parte delle offerte sono arrivate da immigrati meridionali, possibilmente siciliani.

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    1. Lucyette

      Uhm, sì: in effetti, non avevo pensato agli immigrati!
      Però, per quanto riguarda gli Stati Uniti che mandano una enorme quantità di offerte, va anche detto gli U.S.A. avevano proprio un atteggiamento “anomalo”, rispetto alle donazioni.
      Nel saggio, leggo che s’era instaurato una specie di circolo virtuoso per cui tutti i donatori erano spronati a dare sempre di più e sempre di più. “Simili idealità si diffusero in particolar modo negli Stati Uniti, forse più al ivello diocesano che di piccoli gruppi cattolici, e senza dubbio in sintonia con una mentalità che individuava nella dimostrazione di forza economica un elemento non secondario per il prestigio sociale delle istituzioni. Così, ad esempio, nel 1896 dalla delegazione apostolica di Washinton il cardinale Satolli annunciava l’invio della ragguardevole cifra di 57.790,75 dollari, […] mentre prevedeva un incremento per l’anno successivo in seguito alle più favorevoli condizioni finanziarie del paese”.

      Insomma: dagli Stati Uniti, sono sempre arrivate a Roma delle offerte insolitamente alte. Quindi in effetti è senz’altro probabile che, in quegli anni, gli italo-americani abbiano messo mano al portafoglio con particolare generosità… però, probabilmente, non erano da soli. Pare che questa enorme generosità mista a ostentazione di potere (:-D) sia proprio stata una caratteristica dei cattolici americani di inizio Novecento (poi, all’inizio degli anni Venti, hanno cambiato rotta).
      Megalomani… 😛

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  2. filia ecclesiae

    Mi sono talmente arrabbiata in questi giorni e ne ho detto e scritto di tutti i colori, dimenticando a volte che non si dicono le parolacce.
    Forse per questo momento attuale e sotto vari aspetti ci vorrebbe un vocabolario complementare, spesso mi mancano le parole.
    Ecchecavolo!

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    1. Lucyette

      Eh… boh?
      In compenso, stanno girando link non propriamente confortanti che dicono che le offerte raccolte “via sms” per il terremoto dell’Aquila, in realtà sono state utilizzate solo a distanza di anni dal sisma, e per scopi che probabilmente non erano proprio nelle intenzioni di chi donava sul momento.
      Boh?
      Leggo su Internet il consiglio di far arrivare le proprie offerte per altri canali, così almeno i soldi possono essere utilizzati nell’immediato quando c’è più emergenza…

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  3. dabogirl

    Grazie. Solo questo. Grazie. Sono giorni e giorni che mi arrabbio. Grazie.
    (che poi hai notato? quando rispondi “ma in prima linea ci sono la Caritas e le parrocchie, che sono sempre della Chiesa” o “ma ha donato svariati milioni…” ti rispondono forse “ah, non lo sapevo”?! NO! rispondono “eh sì però hai visto adesso quanti scandali ci sono è tutto un magnamagna e non pagano l’ici”)

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    1. Lucyette

      Allora.
      Sì, in effetti non mi son messa a specificare nel post tutti i dettagli sui grafici perché non volevo annoiare il prossimo, ma… li specifico qui, ché è anche giusto 😛

      Dunque, no: l’importo in lire è quello registrato dalla Civiltà Cattolica, copiato paro paro senza averci fatto altri lavori sopra. Peraltro, rileggendo il post, mi rendo conto di non aver chiarito che le offerte arrivate alla Civiltà Cattolica, e di cui La Civiltà Cattolica pubblicava i dati, NON costituivano la totalità delle offerte destinate all’Obolo di San Pietro. La Civiltà Cattolica gestiva una colletta, ed era una colletta molto popolare, ma non era l’unico canale attraverso cui si potevano spedire i soldi a Roma.
      Il libro dice: “Scorrendo la fittissima corrispondenza dell’Archivio Segreto Vaticano, risalta, anche solo attraverso un computo approssimativo e rapido, che la somma parcellare delle offerte raggiunge cifre molto superiori a quelle registrate sulla Civiltà. Purtroppo, non possedendo un consuntivo unitario, è impossibile valutare la precisa incidenza percentuale della campionatura desunta dagli elenchi del periodico”.
      Quindi il grafico va letto come una linea di tendenza, ma NON rappresenta il totale delle offerte ricevute, che senz’altro era (molto?) più alto.

      Detto ciò, mi sono messa a fare tutta una serie di calcoli basandomi sul prezzo del pane del 1909 per capire quanto valore avessero, effettivamente, le offerte registrate dalla Civiltà Cattolica… e sono certa di aver sbagliato qualcosa perché al liceo avevo un 6 molto tirato di Matematica :-D, ma mi è venuto fuori che le offerte ammontavano a 1.699.100.000 di lire attuali se ci fossero ancora le lire, cioè a 877.512 euro.
      Credo.

      Non ho un buon rapporto con la Matematica, ma ho ricontrollato tre volte e la cifra dovrebbe essere quella.
      Spero >.>

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  4. Daniele

    Per rivalutare una somma in lire:
    http://www.oppo.it/tabelle/riv-lira-dal1861.html

    Quindi seguendo le istruzioni di questo sito (che pesca i dati dall’ISTAT o così sostiene) la somma di 130000 lire del 1909 equivalgono a 510681,39 euro

    All’incirca quello che si è detto il Papa donerà per l’Emilia 🙂
    Non so perchè ultimamente attaccare il Papa è il nuovo sport nazionale e internazionale… non mi so dare una spiegazione precisa.

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    1. Lucyette

      :-O

      Come mai una cifra così diversa?
      Io mi ero basata sul prezzo del pane, che nel 1909 era di 40 centesimi di lira e che adesso è di circa 2,70 euro (dice l’Istat).
      Facendo le proporzioni, mi veniva fuori la cifra di 877.512 euro…
      …sono io che ho sbagliato i conti, o è il valore del pane che è cambiato clamorosamente? 😐

      Adesso son sinceramente curiosa: io avevo fatto

      130.000 : 0,40 = X : 5227 (che è il valore in lire dei nostri € 2,70).

      Ho sbagliato qualcosa io? 😐

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      1. ClaudioLXXXI

        Lucyette, penso che il problema non sia la matematica dei tuoi calcoli, formalmente corretta

        (con 130.000 £ dell’epoca si compravano 325.000 kg di pane al prezzo di 0,4 £/kg; oggi per comprare 325.000 kg di pane al prezzo di 2,7 €/kg ci vorrebbero 877.500 €)

        ma il fatto che tu ti sei basata soltanto su un elemento, cioè il prezzo del pane.
        L’indice FOI (= famiglie di operai e impiegati) dell’ISTAT è un paniere, cioè considera molti elementi facendone la media ponderata, normale che dia un risultato matematico diverso.

        A naso mi fiderei più della procedura ISTAT, più completa, per quanto il rispettabile istituto non sia esente da critiche (la composizione del paniere a volte è stata “corretta” per esigenze politiche, es. negli anni del boom inflazionistico dell’immediato post-euro si sottovalutava sistematicamente l’inflazione).

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      2. Daniele

        Si è il FOI 🙂
        Il FOI anche se abbastanza specifico e non esente da valutazioni oggettive da parte dell’ISTAT, si utilizza per valutare l’adeguamento degli affitti e molte altre cose, quindi non è solo statistica campata in aria ma ha anche un suo capo di applicazione. Per il FOI il paniere considerato fa riferimento ai consumi tipici di un lavoratore dipendente purchè non del settore agricolo. Nel paniere compaiono cose comuni e stravaganti tra cui gli ebook, i tablet. Si usa l’indice di Laspeyres per fare le medie ponderate, è un indice che tiene conto del prezzo dei singoli elementi del paniere ma anche delle quantità prodotte. Esistono altri indici dei prezzi al consumo.

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