I piccoli dettagli

Mi guarda con uno sguardo che vuol chiaramente alludere a qualcosa, ma francamente non capisco a cosa.
(No: non a quello).
Sta appoggiato al muro con un fianco ed una spalla. Giacca sbottonata che lascia vedere la camicia aperta, che lascia intravvedere una maglietta dell’Hard Rock Cafè. Mi guarda e sorride, con la mano infilata nella tasca dei suoi jeans e i piedi leggermente accavallati, in posa plastica.

Boh?

Saluto con un cenno, e vado al tavolo delle tartine.

“Lucia!”, mi chiama lui.
Mi giro. “Sì?”.
“…no. No, niente”.

Boh?
Sempre più scemo.
Addento la mia tartina.

Lucia!!”, esplode lui, in tono quasi risentito.
Mi giro ancora, lentamente. “Sì?”.
“Ma insomma!”. E spalanca le braccia. “Guardami!”. Lo guardo. “Non mi riconosci?!”.
Do un altro morso alla tartina, cominciando seriamente ad inquietarmi. “Sì, amico, ti riconosco. Sarebbe allarmante il contrario, visto che lavoriamo assieme per cinque giorni alla settimana”.
“Ma…”, esita lui. “Lucia!! È Carnevale!!”.
“…sssì”, assento. “Il fatto che l’antico motto consenta di insanire una volta all’anno, non vuol necessariamente dire che tu adesso debba comportarti come un pazzo furioso, sai?”.
“Ma insomma!”, e mi guarda malissimo, con aria di lesa maestà. “Ma non capisci?! Sono in maschera! Chi sono??”.
Gli lancio un’altra veloce occhiata. Giacca elegante su jeans sgualciti; camicia lunga, fuori dai pantaloni e sbottonata, con imbarazzante T-shirt di sotto. Scarpe da ginnastica.
“Non ne ho idea, amico. Forse, sei uno sciattone malvestito?”.
NO!”, esclama lui, come ferito nel profondo. “Santo cielo! Lucia! Sono il dottor House!!”.
“…il dottor House”.
“Il dottor House si veste sempre così! Ma Lucia!! Non la guardi anche tu, la serie?!”.

 

“…sssì. Convengo. Ma, amico, permettimi un’obiezione. Se volevi essere identificato a prima vista come il dottor House, non ti conveniva forse… portare anche un bastone? Procurarti uno stetoscopio? Metterti sulla giacca un badge identificativo?”.
Lui aggrotta le sopracciglia, visibilmente turbato: si vede proprio che non ci arriva. “Aaaaaahhhh…”.
“Eehh…!”.
Evvabbeh”, protesta lui. “Ma certo che voi donne siete proprio insopportabili, con la vostra pignoleria!”.
Pignoleria, tu dici”.
“Massì! Siete tutte uguali! Vi focalizzate sempre su questi piccoli dettagli! Umpf!!”.


(Dottor House, 7×15: un House in versione musical canta Get happy! di Judy Garland… che ha un testo così religioso e allegro che prima o poi doveva finire sul mio blog, in qualche modo!)

(Per chi se lo stesse domandando: Canale 5 ha appena trasmesso l’ultima puntata in assoluto del Dottor House. E per chi se lo stesse domandando… sì: quando finisce un telefilm che ho amato, io vado sempre in lutto. Sempre).

14 risposte a "I piccoli dettagli"

    1. Lucyette

      E come fai a “dire addio” a una cosa che finisce senza seguirla fino all’ultimo?!
      Perché io sono iper-nostalgica e odio le cose che finiscono, mi mettono proprio tristezza; però, proprio per questo, tendo sempre a seguirle/usarle fino all’ultimo momento possibile!

      (E comunque… Boh? Ieri sera su Twitter dopo l’ultima puntata c’era tutta una massa di gente entusiasta e commossa, ma io invece l’ho trovato un finale di serie abbastanza deludente. Non per la conclusione in sè, ma proprio per la struttura e la conclusione dell’ultimissima puntata. Non ti sei persa un capolavoro, ecco!)

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    1. Lucyette

      Ehm…
      E’ finito…
      Aiuto: devo proprio scriverlo qua, com’è finito? Per la trama non potresti guardare su Wikipedia? 😀 Sono passate talmente poche ore dall’ultima puntata che avrei paura di spoilerare un lettore che passa di qua e magari, per una ragione o per l’altra, non ha ancora fatto in tempo a vedere l’ultima puntata (nel senso che magari ieri l’ha registrata perché non poteva guardarla in diretta). Mi spiacerebbe tantissimo rovinare la sorpresa 😀

      Dunque: per considerazioni circa la trama in sé, rimando a Wikipedia 😛
      Per considerazioni non contenenti spoiler… devo dire: come accennavo sopra con Rose, l’ultima puntata mi ha deluso un po’. L’ho trovata un po’ troppo visionaria per voler essere la degna conclusione della serie: non mi ha aggiunto nulla di più, e francamente non ha suscitato in me nessuna particolare emozione (a parte una crescente irritazione man mano che passava il tempo, ed io vedevo il MIO finale tanto atteso sprecarsi in questo modo). In compenso ho trovato MOLTO commovente, e bella, e profonda, e significativa, la penultima puntata, quella sì… in complesso, diciamo che si è concluso con riflessioni sulla vita, la morte, la sofferenza, il bisogno di lottare sempre e comunque e il bisogno di saper portare seneramente “la propria croce” di sofferenze e dolori e malattie senza mai abbattersi. O quantomeno: quelli erano i temi portanti della penultima puntata; poi, l’ultimissima… boh? Delusione.
      In compenso, su FB notavamo ieri che l’ultimissima puntata ha citato invece la scommessa di Pascal, e già quello fa piacere 😀

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      1. Lucyette

        Cioè, nel senso che il loro dio è la droga?
        Se volevi dire quello, no: non ho visto quella puntata, ma sono andata a cercare informazioni su Wikipedia & co. Da quanto ho capito, si tratta di un sogno che fa la Cuddy mentre è sotto l’effetto dell’anestesia, subito prima di entrare in sala operatoria per una operazione complessa e potenzialmente mortale. Visto (anzi: letto :-P) il contesto, mi vien da pensare che tutti gli “accenni” a Dio e all’Aldilà siano proprio causati dal fatto che la donna aveva paura di morire.
        Correggetemi se sbaglio, voi che avete visto anche quella stagione 🙂

        (Comunque in realtà più che sul significato io mi sono sdilinquita sulla coreografia, che è fantastica :-D)

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  1. Daniele

    A me piaceva tantissimo Dr. House… si, piaceva, poi ho perso interesse non so, per me è come fosse di fatto finito da un pezzo, anche se ho continuato a seguire gli episodi, ma con meno coinvolgimento.

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    1. Lucyette

      Beh, sì… che nelle ultime stagioni fosse calato molto, lo dicono in molti e lo dico anch’io. Poi vabbeh, io per una serie di cause avverse mi sono completamente persa la settima stagione (per chi se lo chiedesse: il video che ho linkato l’avevo trovato su YouTube; ma non ho mai visto la puntata). Da un certo punto di vista mi fa pure piacere, perché la sola idea di vedere House e la Cuddy che fanno i piccioncini innamorati mi fa letteralmente venir la nausea: bleargh, non voglio manco immaginare :-S

      Io ho trovato un calo di qualità quando c’è stato il cambio di team. Non per l’ingresso dei nuovi attori, nulla da opinare: è solo che ho notato un certo abbassarsi della qualità. Non tanto per il “caso” della puntata, ma per l’intreccio generale della stagione.

      Però dopo tanti anni ti affezioni comunque ai personaggi, sniff!

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    1. Lucyette

      Era diventato buono? Occielo… non si direbbe tanto, eh! 😀
      Io in compenso non avrei proprio retto di vederlo innamorato, ma che schifo: io odio quando prendono questo tipo di personaggi e lo mettono in situazioni da romanzetto rosa. Ma che schifo. Ma perché?? Come se una serie non avesse ragion d’essere se non ci piazzi dentro una storia d’amore. Ma perché??

      (Sarò impopolare, ma a me è venuto il latte alle ginocchia anche quando hanno avuto conferma tutte quelle teorie dei fan di Harry Potter, secondo cui Piton ha fatto tutto quello che ha fatto solo perché era innamorato di Lily. Sigh. Che fra l’altro poi vien pure da pensare: e se a quindic’anni si prendeva una cottarella per un’altra ragazza, allora continuava serenamente a fare il Mangiamorte fino all’ultimo? Bel tipo!).

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    1. Lucyette

      🙂
      Ehi, grazie per il link!
      Anche se, onestamente, tutta ‘sta “grandiosa riflessione sulla morte” nell’ultima puntata della serie, non è che io ce l’abbia vista tanto. Sissì, c’è la scena del funerale e c’è una fugace reazione dei vari personaggi al lutto, ma è tutto compresso negli ultimi minuti della puntata. Tutta ‘sta “potenza del lutto” io non l’ho vista: ci sarebbe voluto più tempo (e una sceneggiatura un po’ diversa…).

      In compenso, io ho trovato molto MOLTO bella e significativa la penultima puntata, in cui (lo dico per chi non l’ha vista) c’è un personaggio a cui è stato diagnosticata una forma di cacro gravissima e incurabile. Si potrebbe tentare una chemioterapia per allungargli la vita di qualche mese, forse un anno, ma lui rifiuta perché dice che gli ultimi mesi della sua vita non vuole passarli a vomitare e perdere capelli in un letto da ospedale. Tanto servirebbe solo ad allungare la malattia, non a guarirla.
      Seguono riflessioni sulla sofferenza, sul dolore, sul continuare a vivere pur sapendo che hai “una data di scadenza” (molto vicina), e sull’opportunità di vivere comunque affrontando con serenità anche il dolore e la sofferenza fisica. E ancora: val la pena di vivere soffrendo, pur di stare vicino a chi ha bisogno di te?; oppure: val la pena di lasciare andare una persona, anche se hai disperatamente bisogno di lei?

      Ecco: secondo me gli spunti più belli si trovavano in questa puntata, più che nell’ultima in assoluto 🙂

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      1. vogliadichiacchiere

        Non guardo Dott House da anni, ma lo stesso “ragionamento” sul curarsi o meno per un cancro l’hanno fatto in ER quando uno dei Dottori ha una recidiva di un tumore al cervello, se ne va alle Hawai con la seconda moglie e la figlia. . . lasciando fare alla malattia il suo corso:
        Non so, ormai dubito dei telefilm americani e nostrani, ci portano a pensare che quello che ci propongono sia la cosa giusta, non tutti hanno capacità di giudizio e alla fine, tra giornali di gossip, trasmissioni “talk show” e telefilm la vita, la morale e il pensiero comune cambiano . . . ma sono andata Fuori Tema (OT per gli anglofoni). 🙂
        Sono reduce da una mezza notte insonne . . . Baci Fior

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      2. Lucyette

        Mah. Telefilm a parte, quella sulle cure per prolungare la vita in caso di cancro, sono riflessioni che mi sono posta anch’io “per vita vissuta”.
        Alle Medie avevo una professoressa a cui volevo tantissimo bene, le ero proprio affezionata ed ero rimasta in contatto con lei anche quand’ero al ginnasio. Questa povera donna aveva un cancro ormai incurabile: si sottoponeva frequentemente a cicli di chemioterapia per “tenerlo a bada”, fermo restando che queste cure non avrebbero potuto MAI E POI MAI guarirla, ma solo allungarle la vita di qualche mese. Solo che lei stava proprio male, pora stella. A causa della chemioterapia passava le giornate a letto, stava malissimo, non riusciva nemmeno a lavorare (e infatti era spesso in malattia, quando ancora insegnava a scuola). E io non riuscivo a non chiedermi (e non è che adesso abbia trovato una risposta certa): ma in queste condizioni, ne varrà proprio la pena?
        Ovviamente non sto parlando di pazzi che rifiutano le cure (cure in grado di guarirli) perché gli va di suicidarsi in fretta; parlo di gente a cui magari viene data l’opportunità di tirare avanti (malissimo) per altri sei mesi, sottoponendosi a terapie pesantissime e (secondo me) sproporzionate al risultato che si spera di ottenere… e che magari si chiedono “ma devo proprio?”.
        La signora di cui parlo aveva due figli piccoli, e quindi ovviamente ogni minuto in più passato con loro era una benedizione che sarebbe stato folle rifiutare. Però, in altri casi…

        Davvero: in questi specifici casi, non sono mai riuscita a tracciare un confine fra “smettere di lottare” o “rinunciare all’accanimento terapeutico” (se c’è). Secondo me in questi casi siamo più vicini all’accanimento terapeutico: io capisco il ragionamento di questi malati, e non so se sia un ragionamento moralmente sbagliato.

        (Il malato di cancro del Dr. House, comunque, a onor del vero è un perfetto rincretinito che non ci ha manco provato seriamente a curarsi, quindi la mia riflessione non vale per il suo personaggio :-D)

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