Le ragioni di un successo

Qualche tempo fa, per un esame di Filosofia, ho studiato su un manuale che, per introdurmi al pensiero cristiano, faceva una buffa digressione sul fondatore di questo ideale. “L’iniziatore di questa religione è un profeta ebreo nato in Palestina, che attorno all’anno 27 d.C. si stacca dalla famiglia per darsi una forma di predicazione itinerante”, e bla bla bla.
Un po’ comico, ma efficace.
Efficace – voglio dire – nel senso che ci si domanda: “apperò! E com’è stato possibile che questo messaggio uscisse dai confini della Galilea e si diffondesse a macchia d’olio in tutto il mondo conosciuto, in arco di tempo tutto sommato breve?”. Dalla morte di Gesù al momento in cui si rende necessario l’editto di Milano passano meno di trecent’anni: non è tanto, se ci pensate.

Sulla base di dati da lui analizzati, Rodney Stark ci fornisce questo quadretto: poco dopo la morte di Cristo, i Cristiani erano suppergiù un migliaio; dieci anni dopo, 1400; alla fine del secolo, più di 7500; verso il 150 d.C., erano saliti a 40.000; dopo altri cinquant’anni, erano diventati quasi 218.000. 1.171.356 nel 250, erano saliti alla cifra esorbitante di 6.300.000 (!) all’aprirsi del IV secolo.
Ellamiseria.
Peraltro, stiamo pur sempre parlando di un arco temporale in cui il potere politico tendeva a vedere ‘sti tizi come fumo negli occhi, e aveva la tendenza di ammazzar cristiani non appena li trovava. Non è che convertirsi al cristianesimo fosse ‘na scelta di moda, voglio dire.
E allora, come caspita è stato possibile che nell’arco di così poco tempo il messaggio di uno sparuto predicatore della Galilea arrivasse fino ai confini del mondo… e soprattutto, facesse ‘sto popò di proseliti?

***

Per prima cosa, una digressione “logistica”. Il messaggio cristiano non si è diffuso così, a muzzo, come dicono i miei coetanei: a controllare con occhio attento quali erano i primi centri in cui è storicamente attestata una qualche comunità cristiana, si nota che i predicatori avevano seguito un “piano di viaggio” molto preciso.
Nella primissima fase di evangelizzazione (quella di San Paolo & co., giusto per capirci), i primi missionari cristiani (per gran parte ebrei di origine, se ci pensate) si erano appoggiati alla grande rete di comunità ebraiche che si erano sparpagliate lungo l’Impero, a seguito della diaspora. Grecia, Alessandria d’Egitto, Asia Minore, Roma: in un primissimo momento, la predicazione dei Cristiani si concentrò soprattutto su questi centri.

Nei centri che non erano così grossi e così importanti da aver attirato una comunità di ebrei, il Cristianesimo arrivò poco dopo… via mare.
Sì, insomma: sfruttò sapientemente tutto quell’incredibile sistema viario che l’Impero aveva saputo creare nel corso dei secoli. Percorrendo la “via del mare”, i primi Cristiani predicarono dal Dardanelli fino all’Adriatico, attraversando città come Antiochia, Tarso, Mileto, Efeso, Tessalonica. Nel bacino del Mediterraneo, le rotte commerciali più battute dai mercanti trasportarono il Vangelo fino in Nord Italia, in Gallia, in Spagna, e nell’Africa del Nord. Per chi scelse di viaggiare verso l’Oriente, non fu difficile spingersi fino a Edessa, Nisibi, Nicomedia, o Cesarea di Cappadocia.
Verso la fine del III secolo, rimanevano esclusi da questa prima grande ondata di predicazione solo i territori veramente molto “fuorimano” (tipo la Britannia) oppure i piccoli centri di campagna (per ovvie ragioni logistiche, i missionari avevano preferito concentrare i loro sforzi nelle città). La gentile DeAgostini ha messo in rete una cartina che sembra fatta apposta per questo post: link!

“Sì, okay”, potrebbe dire qualcuno: “e fin qui ci siamo. Ma, di grazia: com’è che gli abitanti di tutti ‘sti bei posti hanno dato retta ai missionari, invece di mandarli a quel paese?”.
Ehm.
A questo punto, un credente potrebbe tirare in ballo la Provvidenza. Quanto a uno storico credente, egli potrebbe affermare che la Provvidenza (mica scema…) aveva deciso di mettersi in moto proprio nel posto giusto, e al momento giusto.

Sì, insomma. Come già dicevo, io non sono un’esperta di Antichità Romane, ma altri storici (in questo caso, sempre Filoramo) mi assicurano che – come dire – il periodo del primo-secondo secolo d.C. non fu un granché roseo, per l’Impero. In una super-potenza che stava cominciando pian piano a andare allo sbando, anche la religione tradizionale, per tante ragioni, iniziava a manifestare profondi segni di cedimento.

Una delle cause di questo indebolimento della regione “classica”?
Incredibile ma vero: la crisi economica. Una recessione molto seria, unita a una spaventosa pressione fiscale sui cittadini, aveva contribuito, giocoforza, a rendere più rare le grandissime cerimonie legate al culto dell’Imperatore, o delle divinità maggiori dell’Impero. Continuavano a essere portate avanti, e con la stessa frequenza di una volta, quei culti più “modesti” riservati a divinità minori, che evidentemente si accontentavano di pochi sacrifici svolti nell’intimo della propria casa. Ma se parliamo di quella religiosità “in pompa magna” di cui viveva l’Impero Romano (quella religiosità fatta di fasti e cerimonie pubbliche e grandi templi rifulgenti, intendo)… beh: quella era già stata messa in ginocchio per i fatti suoi, causa mancanza di soldi. “Forme importanti della comunicazione religiosa come gli oracoli, se non tacquero, certo parlarono di meno”, scrive Filoramo. E questo, agli occhi dei Romani, voleva già dir molto.

Altra causa di grattacapi per gli dei romani: la crisi politica.
Nel 235 d.C., dopo il crollo della dinastia dei Severi, iniziò un periodo di puro caos in cui si assistette (in maniera alquanto attonita) al succedersi di Imperatori privi di qualsiasi tradizione dinastica, perlopiù eletti dal loro esercito (?!). Generalmente, ‘sti tizi salivano al potere dopo un periodo di lotte interne, regnavano da cani, facevano tendenzialmente una brutta fine, e lasciavano spazio con la loro morte ad altre liti ed altre lotte interne. Anche da un punto di vista religioso, queste circostanze mettevano a dura prova il culto dell’Imperatore, che gradualmente (e rapidamente) cominciò a perdere di credibilità. Per quale diamine di ragione dovrei provare una venerazione per questo illustre sconosciuto, spuntato dal nulla, e che fa solo danni?! Non è credibile.

Ciliegina sulla torta: stavano cominciando ad apparire all’orizzonte nuovi culti… che sembravano ben più credibili.
Non sto parlando del Cristianesimo, per ora: sto parlando semmai dei culti misterici che erano approdati a Roma dall’Oriente. Devozioni come quella per Cibele, per Iside, per Mitra, avevano “dalla loro” una spiritualità molto più intensa, e soprattutto una dimensione escatologica di cui il popolo romano sembrava avere un drammatico bisogno, in quei momenti di crisi. Se confrontati con questi nuovi culti (o con le teorie filosofiche provenienti dalla Grecia, tutte piene di discussioni su anima umana e natura degli dei), i vecchi riti della religione “classica” cominciavano ad apparire vuoti, privi di significato: pura forma senza sostanza.

È proprio in questa situazione di totale sbandamento (socio-economico, politico… e anche religioso) che i discepoli cristiani provenienti dalla Galilea cominciarono a predicare la Buona Novella, da un capo all’altro dell’Impero.

Mica scemo, l’Onnipotente.
Per andare a incarnarsi su questa terra e per far “pescatori di uomini” i suoi discepoli, si direbbe proprio che abbia scelto esattamente il momento giusto.

7 risposte a "Le ragioni di un successo"

    1. Lucyette

      Uh! Era difficile? 😦

      Sì, in effetti ho pensato esattamente la stessa cosa mentre scrivevo: non Gli fosse andata bene la Palestina di quei tempi, poteva sempre aspettare un po’ ed incarnarsi nell’Italia del 2012… il clima di spaesamento generale l’avrebbe comunque ritrovato :-DD

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  2. Daniele

    Sembra che stai parlando dell’Italia del 2013 o.oo
    La crisi che c’è non è solo economica o politica, c’è una crisi generali di valori e idee, non solo in Italia.

    Daniele

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    1. Lucyette

      GIURO che non era voluto 😀
      Cioè: me ne sono accorta pure io mentre scrivevo, e infatti avevo anche cercato un modo per non farlo sembrare un riferimento all’Italia di oggi, ci ho provato con tutta me stessa perché davvero non voleva esserlo… ma, ehm, la Storia è questa, se cerchi su un qualsiasi libro di storia ti elenca queste tre ragioni 😀
      Però in effetti sì, aehm, sembra che ‘sto post sia stato fatto apposta per essere un riferimento al mondo di oggi…

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      1. Lucyette

        Beh, secondo me prima o poi l’Europa così come l’abbiamo conosciuta in questi ultimi secoli sarà comunque destinata a cambiare forma… il che dal mio punto di vista è anche normale, in fondo nessuna civiltà è eterna e immutabile

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