Il Papa condanna la carne di cavallo

Non so voi, ma io, quando la gente ha cominciato a strapparsi le vesti perché ommioddio, hanno trovato carne di cavallo nelle polpette, ho francamente faticato a capire la causa di questo dramma.
D’accordo, okay: trovare nel proprio cibo una roba che non avrebbe dovuto esserci non trasmette una gran sicurezza, e chissà da dove arrivavano ‘sti cavalli e perché ce li han messi nel ragù. Okay.
Ma, a parte questo… ahò: a me piace, la carne di cavallo. Quand’ero piccola e stavo male, mia nonna si attraversava a piedi tutto il quartiere per andarmi a prendere le polpette nella costosissima macelleria equina, “ché la carne di cavallo ti fa guarire”.
Insomma: messe da parte le perplessità igienico-sanitarie, se io scoprissi che al McDonald’s mi hanno venduto un hamburger di cavallo facendomelo pagare con un hamburger “normale”, tenderei a pensare che è stato il mio giorno fortunato, mica altro.
E allora, perché i nostri amici Inglesi si stanno stracciando le vesti, al solo pensiero di aver mangiato un parente di Furia?

Beh… gli Inglesi non si sono (ancora?) liberati di un tabù alimentare vecchissimo di secoli, che affonda le sue radici nell’Alto Medio Evo…

John Roberts horsemeat

“Una pratica disgustosa”. Papa Gregorio III non ricorreva a mezzi termini, nel definire quell’abitudine ributtante di mangiare carne di cavallo.
Siamo all’inizio dell’VIII secolo; le missioni cattoliche nel Nord Europa stanno cominciando a fare proseliti. I religiosi, provenienti dal bacino del Mediterrano o dal Medio Oriente, si mettono in cammino verso i regni dei barbari allo scopo di portar loro il Vangelo: si “infiltrano” fra le popolazioni del Nord, le conoscono e le evangelizzano; e, ovviamente, vengono in contatto con la loro cultura. Una cultura “bruta”, terra-a-terra, molto diversa da quella romana che aveva influenzato per secoli tutti i territori dell’ex-Impero. È un impatto duro e sconvolgente, che diventa ancor più sconvolgente alla luce di certe abitudini particolari… che, ai missionari, sembrano proprio ributtanti.
Ad esempio, ‘sti barbari se magnerebbero un bue intero: non hanno alcun senso di misura, la potenza fisica e la forza bruta sembrano essere i valori fondanti della loro società. Ai missionari cattolici fa anche abbastanza schifo vedere ‘sti capitribù che ruttano come maiali dopo essersi scofanati un vitello intero (quanta differenza, con la sobrietà tanto lodata dai Romani!). Ma, soprattutto, ai missionari cattolici fa parecchio schifo vedere quali porcherie si mangiano, ‘sti popoli barbarici.
Ad esempio, ‘sti tipi si mangiano i cavalli.

Eccheschifo, figli miei, commentano attoniti i missionari, sgranando i loro occhi alla vista dei cavalli mandati al macello.

***

È uno shock culturale, più che altro. È uno shock simile a quello che probabilmente proveremmo noi, allo scoprire che il nostro ragù era fatto di carne di cagnolino: quando non sei abituato a consumare un certo cibo, vederlo mangiare ad altri ti sembra davvero ributtante.

I missionari cattolici, in particolar modo, provavano uno sconcerto che traeva le sue origini da due cause.
La prima era di origine igienico-sanitaria: molti cristiani provenivano dal Medio Oriente o dall’Europa del Sud – zone dove, a causa dei climi caldi, la carne di per sé non si conserva tanto bene. Gli Ebrei c’avevano tutta una serie di divieti alimentari (anche) per ragioni puramente igieniche, di conservazione: la carne di cavallo, molto banalmente, presentava un po’ gli stessi problemi.
Ovvio che se cresci in un ambiente in cui il pensiero dominante è sulla linea di “la carne di cavallo è pericolosa perché deperisce in fretta”, poi ti farà un po’ schifo vedere altri che se la mangiano.

La seconda ragione era di origini culturali.
Sì, insomma: nella cultura dell’Occidente medievale, il cavallo svolgeva – come dire – un ruolo abbastanza importante.
Allo stesso modo in cui noi non ci mangeremmo mai il nostro cane, l’uomo medievale aveva una certa “ritrosia” all’idea di mangiarsi il suo amico più fedele, il suo compagno di avventure, il suo servitore nella battaglia. Gli antropologi ci insegnano che fra “mangiatore” e “mangiato” dev’esserci una certa distanza: il legame affettivo, la famigliarità generano inevitabilmente un tabù. Io mangio senza problemi la carne di coniglio, ma non andrei ad ammazzare il coniglio nano del mio più caro amico per poi farci un arrosto e offrirglielo.
Come dire. No.

Nella cultura medievale, e per tutti i secoli del Medio Evo, il cavallo, più che un animale da compagnia, è un amico e un confidente. È quello che ti accompagna in battaglia e dalla cui disciplina dipende la tua vita; è quello che attaccato all’aratro trascorre assieme a te le lunghe ore di lavoro, sotto il sole sfiancante dell’estate. È un bestione che costa come un’automobile dei nostri tempi, okay; ma a parte quello, è molto di più. Probabilmente, è ancora “di più” rispetto al cagnolino Fuffi che ci dorme ai piedi del letto – ché a Fuffi vogliamo tanto bene e lo consideriamo parte della famiglia, ma non è Fuffi a determinare la nostra vita o la nostra morte, o il nostro conto in banca a fine mese.
Un cavallo, nel Medio Evo, sì.

Non so bene per quali ragioni le popolazioni barbariche del Nord Europa non avessero mai maturato il tabù di mangiare cavallo. Ma, per l’appunto, è molto facile capire come mai tutto il resto dell’Europa provasse repulsione al solo pensiero: l’ “ippofagia” – sì, esisteva quel termine – era considerata una cosa immonda e disgustosa; così tanto disgustosa… da esser avversata dalla Chiesa.

Ma per davvero, eh! Ai tempi di San Bonifacio, il grande evangelizzatore della Germania, (lo stesso che, secondo la tradizione, ha inventato l’albero di Natale) la Chiesa Cattolica s’era impegnata in una vera e propria battaglia culturale, allo scopo di dissuadere i barbari dal mangiare quella porcheria. Agli occhi di Bonifacio, dei suoi compagni, e di Papa Gregorio III, magnarsi pezzi di cavallo morto era una cosa così immonda che, per sradicare tale usanza, la Chiesa Cattolica in Germania era addirittura ricorsa alle… penitenze. Se mangi carne di cavallo sei uno zozzo incivile che rifiuta di integrarsi, e quindi scatta la penitenza: ti diamo una multa, o una mortificazione da espiare. Così, magari, è la volta buona che la pianti.

Contrariamente a quanto ho letto online in questi giorni, la Chiesa non ha mai considerato peccaminoso l’atto di mangiare carne di cavallo: in alcuni penitenziali si legge che non è un peccato mangiare carne equina, sebbene “non sia costume” e “la maggioranza degli uomini non la mangi”.
Diciamo che non ti danna l’anima, però fa comunque schifo.
Diciamo che io non finisco all’inferno se mi mangio la gatta di mia zia, però ho seri dubbi che voialtri accettereste volentieri un invito a pranzo da parte mia.
Era una pratica così disgustosa, e così indegna, e così barbara, che la Chiesa medievale aveva fatto di tutto per soffocarla. Non perché la considerasse peccaminosa di per sé, ma perché la trovava incivile e disgustosa, e di grande ostacolo all’integrazione.
Se ti capitava il confessore poco aperto alla cucina etnica, c’erano molte possibilità che lui ti ordinasse di interrompere ‘sto schifo, “e fallo, per la carità del cielo”.

E siccome un’intera era storica (!) di propaganda anti-carne-equina lascia inevitabilmente il suo segno nella società, ecco spiegata la ragione per cui molte popolazioni del Nord Europa (Inglesi e Irlandesi in testa, seguiti in parte dagli Scandinavi) provano ancora un vero e proprio disgusto all’idea di ingurgitare, anche solo per sbaglio, questo tipo di carne.

***

Ma allora – vien da chiedersi – com’è che noi “del Sud”, noi che il disgusto dovremmo avercelo proprio nel sangue, siamo disposti a spendere barcate di denaro nel comprare la carne nelle lussuose macellerie equine?
Beh, appunto: perché la carne di cavallo è buona. “È buona” nel senso che ha un buon sapore, e nel senso che fa bene: è magra, ha poco colesterolo, è particolarmente nutriente… è una carne ottima, da mangiare, se riesci ad astrarti dal disagio al pensiero di star mangiando un minipony.
Non so voi, ma io il disagio non lo avverto proprio: non ho particolari legami affettivi coi cavalli; e, siccome non ho mai messo piede in un maneggio, nemmeno la cultura che mi circonda tende a percepire come un tabù l’idea di mangiare la carne equina.
Anzi: la società che mi circonda è stata oggetto di una “contro-propaganda”, avviata nella seconda metà dell’800 da una nutrita combriccola di medici e igienisti.

In un mondo in cui il ruolo di cavallo-migliore-amico-dell’uomo stava rapidamente declinando, e in una società in cui si cominciava a capire l’importanza di un’alimentazione equilibrata con porzioni di carne da consumarsi ogni settimana, la carne di cavallo era stata oggetto di una vera e propria contro-propaganda, volta a sdoganarne il consumo. In fin dei conti è nutriente e fa bene, argomentavano i medici: e quando ci muore un cavallo che ha sempre goduto di buona salute, è semplicemente assurdo buttar via il suo corpo invece di sfruttarlo come carne da macello. Il cavallo morto non se ne avrà a male, e sempre più persone, in questo modo, saranno in grado di consumare un salutare piatto di carne.

Qui da noi, questa campagna evidentemente ha funzionato. Le macellerie equine sono ben diffuse, e la carne di cavallo è considerata una prelibatezza. Il “tabù” rimane in alcuni Stati del Nord Europa, dove l’ippica è più diffusa e dove i maneggi sono all’ordine del giorno… oppure, resta in zone in cui, evidentemente, questa “contro-propaganda” medica non è riuscita a fare presa, vai a sapere come mai.

Ma… insomma: pensavate che toccasse solo a noi, generazione del 2000, confrontarci con paure alimentari e psicosi da mucca pazza? Macché: le paure alimentari hanno sempre accompagnato l’uomo: noi siamo solo l’ultimo anello di una lunghissima catena di fobie e di incertezze. Anzi: per chi fosse interessato al tema, consiglio la lettura di questo libro… a dimostrazione che “tutto il tempo è paese”!

4 risposte a "Il Papa condanna la carne di cavallo"

  1. filia ecclesiae

    In Germania non ho mai mangiato la carne di cavallo, e neanche in Italia. Però mi piacciono parecchio i salumi e una volta mi hanno fatto lo scherzo di offrirmi due fette di un salame di carne di cavallo che ho trovato ottime, ma solo affinché non mi avevano confessato di che carne si trattasse. 😦
    Da allora, men che mai! Sono cresciuta con un cavallo, non mio, ma di una mia amica e mai e poi mai potrei mangiare carne di cavallo e anche gli amici tedeschi non ne mangiavano. Semplicemente non si usa, almeno da noi nel sud. A mio marito invece piace moltissimo e mentre gliela preparo mi viene spesso la nausea per l’odore…Decisamente non fa per me.

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  2. riccardo paracchini

    Il motivo preoccupante è che era carne di cavallo non destinata all’alimentazione umana. Erano cavalli da corsa, cui danno degli anti infiammatori e altre sostanze chimiche che sono vietate nell’alimentazione umana perché cancerogene. Si sono accorti di questa truffa proprio perché facendo le analisi chimiche dei prodotti, hanno trovato queste sostanze che si danno ai cavalli da corsa. Altrimenti mica si accorgevano che c’era carne di cavallo.
    In ogni caso io non mangio carne di cavallo. Buona Pasqua!!!

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  3. Aerie

    Il tecnologo vche è in meti risponde ^_^
    Il problema è che la carne non si sa da dove proviene, per cui è probabilmente non destinata al consumo umano.
    D’altra parte l’hai detto anche tu, la carne di cavallo costa più di quella di vacca, perchè metterla e non dichiararla? Perchè è di animali destinati ad essere “smaltiti” in altro modo, perciò spacciandola per carne di vacca risparmiano sullo smaltimento e ci guadagnano.
    Qui non c’entra lo schifo per i cavalli

    Ecco un articolo interessante

    http://www.ilfattoalimentare.it/cavalli-verita-carne-farmaci-ludico-sportivi-macellazione.html

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