[Pillole di Storia] La promessa per il cinematografo

Fa ridere, eh.
Con tutta la buona volontà, ma al giorno d’oggi fa veramente ridere, quella raccomandazione di ordine morale che appare nel mio scorso post: “evita i divertimenti cattivi; attenzione al cine!”.
Per deformazione professionale, di fronte a un’affermazione improbabile io cerco sempre di immedesimarmi nella forma mentis di chi la pronuncia, (o di chi la pronunciava nel passato)… ma, obiettivamente, “attenzione al cine!” fa morir dal ridere.
Se penso a tutti i divertimenti cattivi che potrebbero traviare un giovanotto d’oggi, questo “attenzione al cine!”… come dire… aehm.

Eppure, c’è stato un momento della Storia in cui i preti per davvero non ci dormivano la notte, tormentandosi al pensiero delle mille insidie del cinematografo.
Non vi racconterò nei dettagli il rapporto fra Chiesa Cattolica e industria cinematografica lungo il corso del Novecento, perché
a) non ho tempo;
b) non ho voglia;
c) lo trovate ben riassunto qui.
Per chi non avesse voglia di scorrersi la pagina che ho linkato, mi limiterò a sintetizzare: dopo un primo approccio estremamente promettente, con papa Leone XIII che si fa riprendere dalle telecamere e benedice gli operatori cinematografici e i loro strumenti del mestiere:

subentra nei prelati una certa perplessità sulle applicazioni di questo mezzo.
Ahò, sia chiaro: la Chiesa non ce l’ha mai avuta con il cinema di per sé; semplicemente, era intimorita da certi film proiettati al cinema. Le gerarchie ecclesiastiche avevano come l’impressione che la tecnica cinematografica si fosse piegata fino a diventare un banale mezzo per procacciare svago alla popolazione. Uno svago sano e meritorio, se pensiamo a certi film; uno svago vacuo e senza senso, nel caso di altre produzioni. Uno svago che poteva diffondere a tappeto comportamenti discutibili, immorali, o anche proprio peccaminosi, nel caso di certi altri film proiettati nelle sale.
Un secolo fa, la Chiesa aveva cominciato ad intuire quello che, ai giorni nostri, ci pare abbastanza ovvio: a forza di vedere personaggi pubblici o prodotti cinematografici che “pubblicizzano” un certo stile di vita o un certo comportamento, quel comportamento finisce per esser “sdoganato” e, gradualmente, accettato anche dalla popolazione tutta.
Era un pericolo tremendo che non doveva assolutamente concretizzarsi: questa, in buona sostanza, l’opinione della Chiesa.
Che aveva deciso di scendere in campo con una vera e propria mobilitazione di massa, per sensibilizzare i suoi fedeli circa le insidie e la pericolosità di una certa tipologia film.

Sulla rivista Vita Diocesana (in cui “diocesana” sta per “diocesi di Pavia”), i primi ammonimenti di tal genere appaiono verso la fine degli anni ’20. (Anzi, mettiamo le mani avanti: prima della fine degli anni ’20, io non ne ho trovati, ma non è nemmeno che abbia perso tanto tempo a cercarli).
Secondo una pratica diffusa non solo a Pavia, ma anche in numerosissime altre diocesi in Italia e all’estero, tutti i fedeli di Santa Romana Chiesa erano tenuti a fare un vero e proprio giuramento. “La promessa per il cinematografo“, appunto.
In cui, sostanzialmente, giuravamo una roba del genere: “prometto di non fare l’idiota quando vado al cine, e di usare questo strumento in maniera intelligente”.

Ogni anno, a inizio anno, entro l’ottava dell’Epifania, tutte le chiese della diocesi, tutti gli oratori delle città, tutti gli Istituti di educazione, avrebbero dare appuntamento a tutti i propri membri. Nel giorno stabilito, ogni fedele avrebbe ricevuto il testo della promessa, da recitare “a voce alta e intelligibile”.
Il sacerdote di turno avrebbe preso la parola, spiegando il perché di questa richiesta; messi in guardia i fedeli dai pericoli di certi spettacoli, avrebbe chiesto loro di recitare, assieme a lui, la promessa voluta del Vescovo.

Curiosi di conoscere il testo?
Ecco a voi, tratte da una copia di Vita Diocesana del 1938, la “notificazione sul cinematografo” (cioè, una piccola “traccia” proposta ai sacerdoti incaricati di spiegare il perché di questo giuramento), e il testo della promessa vera e propria.

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Promessa cinematografo

Altri tempi?

9 risposte a "[Pillole di Storia] La promessa per il cinematografo"

    1. Lucyette

      Ma vero?
      Avevano una lungimiranza, su queste cose, che ha dell’incredibile…

      Fra un po’ (non subito, sennò divento monotematica :P) vorrei pubblicare anche qualche avviso circa “l’abbigliamento immodesto” (leggasi: la piaga sociale di quelle donne che vanno in giro con abiti che lasciano addirittura scoperto il gomito, ommioddio!!). Di nuovo: sono raccomandazioni che a noi fanno proprio ridere; ma, a parte quello, ci avevano decisamente visto lungo…

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      1. Lucyette

        Fantastico 😀

        Certo però che ‘sto prete doveva essere abbastanza tignoso, per l’epoca… le “linee guida” che ho io (degli anni ’30, però), raccomandano:
        – capo coperto;
        – braccia coperte almeno fino al gomito;
        – spalle coperte;
        – scollature non troppo profonde.

        Ora: quella donnaccia in abiti così provocanti ;-)) era al limite dell’immodestia (secondo queste norme), e sicuramente era vestita in modo da dar nell’occhio…
        …però, obiettivamente, aveva “tutto in regola”! Cappello, scollatura profonda ma chiusa, maniche al gomito… :-O

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    1. Lucyette

      Beh, sì: oggettivamente, era moolto avanti ed anche un po’ provocante; però, se parliamo banalmente di centimetri di pelle coperta, mi sembrava al limite delle “regole”. Al limite, ma ancora dentro 😉
      Uhm: forse più che altro influivano la caviglia scoperta e il gomito “a vista”, anche se per poco.

      Le sottogonne, uhm… tu dici?
      Forse, in effetti, la sua gonna “troppo aderente” (sic!) lasciava poco all’immaginazione…
      (Mamma mia, proprio altri tempi… :-P)

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