Christian Fashion Week – 1

“Modestia”, “creatività” e: “se ne sentiva il bisogno”. Se dovesse sintetizzare in tre parole i contenuti della Christian Fashion Week che si è appena conclusa, Jose Gomez – il suo fondatore – sceglierebbe di usare questi termini. E in effetti, da quel poco che ho potuto vedere attraverso uno streaming a bassa risoluzione trasmesso nel cuore della notte per colpa del fuso orario, mi sembra di potergli dare molta ragione.

Quello che stupisce, agli occhi di un’italiana, è questo strano misto di alta moda very professional e di credo cristiano messo a bella mostra. Noi cattolici italiani non siamo abituati a vedere sfilate vere – con modelle professioniste, giornalisti accreditati, passerella sbrilluccicosa e stilisti di rispetto – in cui il presentatore invita il pubblico in sala ad un momento di preghiera (!) prima di dare il via alla passerella.
Non siamo abituati a sfilate di moda “vera”, ma al tempo stesso dichiaratamente cristiana; penseremmo d’essere su una candid camera, se durante una fashion week l’organizzazione chiedesse a tutti i maschi presenti in sala di voler cortesemente lasciare la stanza, perché stanno per sfilare i costumi da bagno e noi non vogliamo che qualcuno possa guardare alle nostre modelle come se fossero solo un corpo femminile con un bikini addosso (!).
Insomma: questa Christian Fashion Week fa un effetto strano, agli occhi di un’italiana. Lascia trasparire una cultura tutta diversa, in questo campo, che a noi manca decisamente. Perché in Italia non si parla quasi mai, ahimé, di pudore nel vestire (o quantomeno – questa è la mia impressione: voi che ne dite?), e, quando se ne parla, se ne parla tutt’al più negli oratori. Il che è lodevolissimo, ma l’oratorio non ha un parterre di stilisti capaci di proporre ai giovani, nel concreto, alternative “pudiche” e trendy all’abbigliamento che va per la maggiore.
Certo, certo: in Italia abbiamo le sfilate di moda della Turris Eburnea, quel favoloso movimento che dovete assolutamente andare a conoscere (ora! Di corsa! Qui!) se già non lo conoscete. Ma anche in questo caso, l’approccio è profondamente diverso: i preti della Turris sono perfettamente capaci di evangelizzare le ragazze anche senza l’ausilio di vestitini casti… e comunque il loro scopo è per l’appunto l’evangelizzazione, non lo sfondare nel mondo della moda.
Niente da fare: l’universo della “modest fashion”, come la chiamano gli Americani, qui da noi manca del tutto. È un peccato, secondo me: sono convinta che l’essere cristiani passi anche (o meglio: possa anche passare) attraverso segni esteriori come i vestiti nel guardaroba… e sono convinta che marchi specifici interamente dedicati alla moda modesta (…e magari anche etica, già che ci siamo) siano un grande aiuto, in questo campo.

Ma insomma: bando alle ciance! Concretamente cosa si è visto, a ‘sta benedetta fashion week?
Si son viste tante cose carine, devo dire. Tanti capi decisamente pudichi, decisamente graziosi, decisamente trendy, e decisamente “non da nonnetta”. Gli stili in passerella potranno piacere o meno, ma sicuramente dimostrano che si può essere belle, e persino seducenti, senza doversi atteggiare da spogliarelliste.
Alcuni esempi tratti dalle sfilate di questa settimana?
Arrivano subito: ecco a voi!

***

Angel Myers aveva un cruccio, da ragazza: non riuscire a trovare uno straccio di vestito decente con cui farsi bella. Non è facile trovare un abito che ti valorizzi, se sei una taglia forte… e soprattutto, non è facile trovare un abito che faccia per te, se stai cercando qualcosa di elegante ma giovanile, raffinato ma frizzante.
Il più grande smacco di Angel? Vedere le sue vicine di casa agghindarsi a festa col “vestito buono della domenica” per andare in chiesa, e non riuscire neanche di lontano a trovare qualcosa di altrettanto carino per se stessa.
E così, Angel prende ago e filo e comincia a cucirsi, da sola, quegli “abiti dei sogni” che non riusciva a trovare nei negozi. Nel 2009, nasce ufficialmente la sua piccola casa di moda, Angel Myers Designs… e da quel momento, è un crescendo di successo: in questi ultimi anni, il brand è diventato piuttosto conosciuto, negli States.
Il motto della casa di moda? “True Style Has No Size”, naturalmente.

Angel Myers - collage

Photo Credit Estrella Fashion Report. Fare click sull’immagine per visualizzare l’album completo

Katie Martinez di Elegantees ha una storia fa-vo-lo-sa.
Inizia con il solito copione che si ripete: la ragazzina insicura non riesce a farsi accettare dai suoi coetanei, comincia a comportarsi da “ragazza facile” nella speranza di diventare più popolare, conquista l’attenzione di un uomo, ma è l’uomo sbagliato, e a un certo punto si rende conto che questo suo stile di vita non la sta portando a niente. All’epoca della sua conversione, la ragazza si trova a New York con una laurea al Fashion Institute of Technology… e con nessuna idea di come metterla a frutto nella nuova vita che si sta costruendo.
Il punto di svolta? Venire in contatto con il Nepali Rescue Project, un’associazione che si occupa di dare una seconda chance alle donne nepalesi strappate al racket della prostituzione… o a rischio di rimanerci invischiate.
Come? Insegnando loro un lavoro onesto: quello di sarta.
Katie Martinez capisce che è quella la sua strada, e, lavorando fianco a fianco con le ragazze nepalesi, lancia la sua linea di “modest clothing”: Elegantees.
Che oltre ad avere alle spalle una storia favolosa è pure piena di vestiti fantastici che mi piacciono un sacco e che comprerei in blocco, mannaggia a lei: a quando, un negozio in Italia??

Elegantees - collage

Scatti di MP Studios Tampa, utilizzati dietro autorizzazione della designer. Fare click per visualizzare l’album completo

Alla Christian Fashion Week, Dali Hernandez di House of Dali ha proposto una serie di abiti… alcuni dei quali non combaciano perfettamente con la mia idea di “pudore”. Ma vabbeh, l’importante è l’approccio: e a quanto pare, la stilista dominicana è decisamente in grado di mettere a punto una scala di valori di tutto rispetto. Il suo motto? “Prima Dio, e poi la moda”.
Dali appronta le sue collezioni ispirandosi di volta in volta a un determinato tema, sempre diverso. Quest’anno m’è andata di lusso: ha deciso di creare i suoi vestiti ispirandosi alle ballerine di danza classica, mia grande passione.
Cliente-tipo della Hernandez? La donna in carriera sicura di sé, che non ha paura di esprimere se stessa attraverso gli abiti che indossa. Che è un tipo di donna cristiana spesse volte dimenticata dalla modest fashion, a ben vedere…

Photo Credit Dance Cafe LLC Photography. Fare click sull'immagine per visualizzare l'album completo

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Roy Smoothe è un personaggio.
Dunque: c’è questo tipo molto gggiovane, molto cool, molto trendy, molto “oh yeah” che vaga per il mondo dando lezioni di vita al prossimo. Scopo di questo suo attivismo? Aiutare il mondo a diventare cool, semplicemente cool.
E infatti, Roy ha creato questa… cosa che si chiama Just Cool, e che chiamo “cosa” perché non saprei bene come definirla, visto che, come sottolinea il suo stesso fondatore, “Just Cool non è un brand: è uno stile di vita”.
Uno stile di vita che ruota attorno alle iniziali del marchio: JC… che stanno indubbiamente per “Just Cool”, ma che si onorano di alludere anche al nome di “Jesus Christ”.
Insomma: si può essere gggiovani, trendy, di successo, affascinanti, e cool, seguendo le orme di Gesù Cristo?
E come no!
Roy Smoothe docet.

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Una che crea una pagina Facebook con l’idea di trasformarla in “a forum for Christians to explore how we can use fashion as a ministry tool”, mi sta simpatica già a prescindere. E quindi, non potevo non amare Vonique Mason-Edwards, una [motivational speaker / attivista cristiana / scrittrice / filantropa / stilista di moda / probabilmente mi sto dimenticando qualcos’altro]: per quanto ci riguarda, limitiamoci a conoscerla come fondatrice di Mikra, un marchio di abbigliamento cristiano che mira ad uno stile casual-ma-non-troppo.
Forse, il più dichiaratamente cristiano fra tutti quelli in passerella: che ne dite delle T-shirt con versetti biblici stampati sopra?

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E concludiamo questa prima carrellata di stilisti (ma ne deve ancora arrivare una seconda!) (ehm, magari dopo qualche post più in linea con i normali contenuti di questo blog, per pietà per i maschietti in linea…).
Concludiamo questa prima carrellata di stilisti, diciamo, con una collezione che, a rigor di logica, i maschietti in linea non dovrebbero manco guardare. O quantomeno, queste erano state le indicazioni degli organizzatori nella fashion week dell’anno scorso: stanno per sfilare costumi da bagno, ovverosia fantastiche top-model in abbigliamento succinto, ancorché casto… i maschi in sala, cortesemente, si allontanino, ché non si sa mai e la carne è debole.
A onor del vero, quest’anno gli organizzatori hanno avuto un ripensamento su questa scelta (che in effetti aveva fatto sorridere addirittura me… e ce ne vuole!). Un ripensamento che è stato motivato durante la sfilata, e che è anche stato spunto per riflessioni non da poco: ma la purezza dello sguardo si costruisce a suon di censure, oppure queste sono operazioni fine a se stesse e anche inutili, al giorno d’oggi? E soprattutto: ma porca la miseria, siamo a una sfilata di moda cristiana – vogliamo davvero presumere che l’uomo-medio sia così maiale che persino in questo contesto, persino se cristiano, rischia di guardare le modelle in modo men che casto? (“Ovviamente sì”, ha detto scherzosamente l’organizzatore della CFW, se non ho preso un enorme abbaglio col mio Inglese).

E insomma: quest’anno, anche i maschi presenti in sala hanno potuto assistere alla sfilata di moda-mare… in salsa cristiana.
A dire il vero, Renee Scarborough di Two Coconuts Swimwear non è una designer cristiana “a tutto tondo”, nel senso che la sua linea è composta perlopiù da costumi normalissimi e mainstream (“ma è sempre una sfida partecipare a un evento di questo tipo”, dichiara: “nel preparare la collezione, devi riuscire a conciliare il pudore con l’eleganza, e rimanere al passo con la moda allo stesso tempo”).
…se proprio devo essere sincera, secondo me questo approccio si nota. Il problema dei costumi da bagno poco pudichi è un tasto dolente, per la sottoscritta: ne avevamo già parlato a lungo su queste pagine, ad esempio in questa sede. Molto banalmente, trovo che i normali costumi da bagno in commercio al giorno d’oggi lascino davvero molta pelle scoperta, laddove potrebbero anche sprecare qualche centimetro quadrato di stoffa in più (se non per una questione di modestia… anche solo per aiutare le donne a coprire i loro difetti!!).
Se devo proprio esser sincera: rispetto ai normali costumi da bagno che trovo in commercio sotto casa, non è che quelli della Two Coconuts mi sembrino chissà quanto più modesti.
Ma su questo punto – si sa – sono io ad essere particolarmente esigente…

Photo Credit Estrella Fashion Report. Fare click sull'immagine per visualizzare l'album completo

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***

Adesso però voglio sentire la vostra!
Allora: che ne dite?
C’era l’esigenza di un evento del genere? Iniziative di questo tipo fanno bene alla cristianità?
Servirebbe qualcosa del genere anche in Italia, o tutto sommato ne facciamo serenamente a meno?
E soprattutto: davvero il messaggio cristiano passa anche attraverso quei tratti esteriori come la scelta di cosa mettersi addosso… oppure siamo noi (sostenitori della modest fashion) ad essere fissati, ad essere all’antica, ad ostinarci su aspetti materiali che tutto sommato non importano?

14 risposte a "Christian Fashion Week – 1"

  1. Ilaria

    Secondo me ne facciamo serenamente a meno… anche se io mi sono divertita a commentare i vestiti in questione su fb con te e le altre intervenute. Alla fine poi cosa c’è di “cristiano” in questi vestiti? Niente, perché il fatto di vestirsi non troppo scollacciate è indipendente dall’essere cristiane o meno (così come ci sono cristiane scollacciatissime, insomma io nelle chiese ne vedo di tutti i colori, soprattutto in primavera/estate). Il messaggio del vestirsi con sobrietà lo apprezzo e sono d’accordo nel promuoverlo ma non necessariamente legato alla religione bensì a uno stile di vita che può essere preso in considerazione. Sarà che io, per carattere e visione del mondo, non mi concentro affatto sugli “aspetti materiali” (per citare le tue parole). Sarà anche che non mi va di proporre il trito concetto della “fanciulla/donna castigata” perché mi sembra troppo strumentalizzabile e antipatico. Io personalmente alla fine mi vesto inconsapevolmente in stile “christian fashion” ma solo perché sono pudìca io per carattere, non perché sono cristiana. La mia amica che va sempre in minigonna e scollata è un’ottima cristiana anche più di me, solo che ha il carattere più esuberante 🙂 Comunque non considero neanche dei “fissati” o dei “bigotti” i sostenitori della moda cristiana. E’ comunque un messaggio che si sentono di proporre, che non è certo in disaccordo con la nostra fede e che, nella sostanza, mi vede anche d’accordo. Ma vorrei che, più che concentrarsi su cosa/quanto scoprire o coprire, questo genere di moda si preoccupasse di presentare intanto una visione positiva, gioiosa e buona del corpo umano e anche una visione integrale della persona, del tipo: è bello avere cura del proprio aspetto estetico perché il corpo è una cosa bella e non è solo un “corpo”, un “oggetto”, ma siamo noi. Abbigliarci/truccarci in un certo modo, significa avere cura di noi stessi, presentarci agli altri in un modo che parla di noi; c’è il gusto dell’essere ammirati e dell’ammirare (un bel sentimento e non tanto facile) ma avendo rispetto per noi stessi (quindi non buttandoci lì facendo leva solo sulle nudità), e un altro messaggio che vedo affine a una moda “cristiana” (ma in realtà dovrebbe valere per ogni genere di moda) è che la bellezza non è uniforme, ognuno di noi deve imparare a valorizzare se stesso/a tenendo conto delle proprie caratteristiche più che di dettami fashion che valgano per tutti. Questo è un messaggio evangelico che vale per le nostre qualità spirituali (Gesù in fondo ci invita sempre a valorizzare la nostra unicità e a trovare il nostro personale modo di vivere la buona novella) e può esser trasportato anche sul settore estetico.

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  2. filia ecclesiae

    Intanto “grazie, Lucia!”
    Sarà che sono nata e cresciuta protestante e li, il gusto per la modestia, è molto sviluppato mentre mancavano del tutto proposte in tal senso dalle case della moda e, bisogna dirlo, non avrei avuto neanche i soldi per comprarmi vestiti di una casa di moda specializzata in fashion cristiana. Così dicevo a mia madre come desideravo i vestiti e lei me li cuciva perché da sempre ero interessata alla moda, ma classica e sobria secondo lo stile del nord della Germania. Più avanti con l’età, me li cucivo io, questi vestiti, nei tempi più proficuo, uno per weekend. Forse in Germania avrebbe successo una brand di Christian Fashion, in Italia credo proprio di no, e mi dispiace molto. Forse il fatto che sono cresciuta con 5 fratelli maschi (e maschi sul serio, non c’era dubbio alcuno sulla loro identità di genere) mi ha resa sensibile verso il loro solletico dei sensi e sapevo fin dove si poteva spingere una ragazza e che cosa fosse meglio tralasciare. La frase “Eh, ma se l’è cercata!”, non è del tutto campato in aria nonostante le mille scuse che si sta cercando di trovare quando si leggono delle notizie drammatiche. Non sempre, ma spesso si.
    La mancanza di pudore è, secondo me, una mancanza di maturità della persona e, anche, di spiritualità. Quando Gesù parlava di essere noi stessi, di amarci, non alludeva certamente alla nostra esteriorità, ma di accettarci come Lui ci ha fatto. Il modello nostro, rimane comunque la Madonna, si certo, adeguata ai nostri tempi. Ma una ragazza cattolica in abiti succinti che nascondono poco lasciando immaginare tutto il resto, non mi convincono. Essere e vestirsi sexy è un’arte che va imparata, studiata e messa a punto per ognuna di noi. Poi, più che “sexy”, a me piace essere femminile, una femmina vera! ^__^
    Per l’esattezza, sono quella rompiscatole che in estate va a Messa con in borsa dei foulard grandi da distribuire alle donne/ragazze che si sono dimenticate di mettere qualcosa sopra il reggiseno del bikini. 😛
    Insomma, non concepisco scollature fino al ginocchio etc. Ma non per questo mi vesto in modo noioso, ho una vasta gamma di collane, orecchini, spille, etc. che “montano” ogni vestito classico a “classico/elegante chic”. Ma è il mio stile, altre preferiscono una moda più zingaresca (anche quella non mi dispiace), ma credo che debba essere sempre in sintonia con la nostra anima.
    Per venire al dunque: penso che in Italia queste iniziative di moda non avrebbe successo, ma sarebbe una bella cosa fare una piccola collezione online all’inizio di ogni stagione, pescando di qua e di là le migliori proposte per ogni portafogli.

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    1. Lucia

      (Scusate tutte e tre voi che siete intervenute, sono un po’ di corsa e non ho ancora tempo di rispondere per bene a tutte 😛 Però rispondo al volo a Karin perché mi ha incuriosita una cosa del suo commento).

      E cioè… davvero, Karin, alla modestia è data molta più importanza in ambito protestante? :-O
      Te lo chiedo perché devo dire che avevo avuto anch’io questa impressione, basandomi sui blog americani che leggo: trovo che alcune confessioni protestanti (es. gli evangelici!) diano davvero moltissima attenzione alla modestia nel vestire (e al sesto comandamento in generale).
      Però, sai… m’ero fatta questa impressione leggendo blog di gente che vive in un altro continente, ovviamente era una visione un tantinello parziale.

      Mi incuriosisce molto invece questa cosa che dici tu: davvero, in base alla tua esperienza, i protestanti sono più attenti a questo tema rispetto ai cattolici?
      Se sì… chissà perché? :-O

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      1. filia ecclesiae

        Si, moltissimo! Sono approdata nel Luteranesimo per poi passare a quasi tutti i su-gruppi, dai Battisti, Metodisti e successivamente a diversi gruppi pentecostali. Sempre alla ricerca di una spiritualità che mi desse qualcosa in più, ero davvero alla ricerca della verità. In tutti i gruppi ho trovato lo stesso atteggiamento di pudore nel vestirsi e nell’esprimersi. Dai Luterani era un “pro forma”, dai Battisti e Metodisti un diktat, mentre nei pentecostali una conseguenza di una vita incentrata sulla spiritualità. Li mi sono fermata di più, ma dopo alcuni anni trascorsi li, mi sono accorta che non poteva essere tutta lì il credo che stavo cercando.
        Poi il Cattolicesimo, ma questa è un’altra storia. Sono rimasta comunque molto, ma molto stupita, di non trovare la stessa attenzione nel vestirsi nella mia nuova “casa”. C’era più attrazione per la moda che per la modestia. All’inizio mi sono sentita a disagio, devo ammettere. La modestia non sta solo nel modo di vestirsi, ma è un modus vivendi. Secondo me, eh.

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      2. Lucia

        Che strana, però, questa maggiore attenzione al pudore da parte delle varie Chiese protestanti. In effetti, a naso, avevo anch’io questa impressione, ma se tu me la confermi perché l’hai vissuta di persona…

        Ma da che cosa dipenderà?!
        Sarà una questione solo culturale, una tradizione in stile “si è sempre fatto così nella nostra comunità e quindi andiamo avanti”, o proprio una conseguenza di una lettura diversa del Vangelo?
        No, perché è curioso, se mi dici che in tutte le Chiese protestanti che hai conosciuto si dava molta attenzione a questo aspetto… :-O

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  3. Lidia

    Mi ripeto anche di qua 😉 Sono d’accordo con Ilaria: essere cristiani non c’entra niente con l’essere modesto, o meglio: c’entra, ma l’essere modesto nel vestire è un valore per tutti, indipendentemente dalla religione. è un valore antropologico che noi cristiani dobbiamo portare avanti ma senza per forza legarlo alla cristianità.
    Una sfilata di moda normale, cioè modesta, sarebbe bella anche qui, basta che non si chiami cristiana 🙂
    Il triste problema delle persone scollacciate a Messa effettivamente è un problema, qui in Germania del Nord sarà che a Messa vengono pochi giovani e sarà che fa freddo, ma non ne vedo così scollacciati come in Italia.
    PS: Karin, io vivo a Brema adesso! Non so se ti ricordi di me, comunque sono vicina a casa dei tuoi genitori forse?

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    1. filia ecclesiae

      Lidia, sei proprio dall’altra parte, io provengo dalla Foresta Nera, Friburgo, per la precisione. Un mio fratello invece viveva per anni a Brema, era musicista, e li ha trovato un buon campo di lavoro. Mi aveva raccontato che Brema è bella, ma non ci sono mai stata. Ti trovi bene?
      In effetti, Lidia, l’estate scorsa sono stata in Germania, ho frequentata la Messa ma erano tutti vestiti in modo sobrio e coperti, ma vestiti bene, a festa. Nel sud della Germania, con meno protestanti, le chiese cattoliche sono ancora abbastanza piene.

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      1. Lidia

        Brema è carina! Mi trovo bene, sì, lavoro all’Università e il lavoro e i colleghi sono meravigliosi. Ho vissuto prima a Magonza, pii qualche mese a Dresda e sono stata spessissimo ad Augsburg. Insomma (quasi) tutte le parti della Germania. Devo dire che qui a Brema ho trovato più difficoltà ad inserirmi nella vita cattolica, anche perché chiese cattoliche ce ne sono pochissime (la Messa quotidiana solo in una), niente a che vedere con Mainz e Augsburg. Il gruppo giovani è carino, non troppo “eretico” (come spesso è la KHG, Katholische Hochschulgemeinde), ma c’è solo una volta ogni due settimane. Sono andata una volta la domenica pomeriggio a pregare e chiaccherare di teologia con un gruppo di battisti, una mia cara amica frequenta quella chiesa, e non ne posso più di pregare da sola…cmq per fortuna Brema è piena di italiani, e a volte andiamo a Messa insieme.

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  4. filia ecclesiae

    Oh…ma non potevi trovare un posto a Friburgo o, per me il massimo e vorrei proprio trasferirmici: Ratisbona? Sono così ricche di vita e di giovani! Ma anche Konstanz!
    Maggonza è una città allegra, ma ha perso molto della sua freschezza. E’ inutile sottolinearlo, ma il Cattolicesimo vissuto, porta allegria.

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    1. Lidia

      pensa che ho rifiutato un posto proprio a Ratisbona per venire a Brema! In effetti, Regensburg è moooolto meglio – cattolica, Alpi vicine – ma il lavoro che ho qui è talmente bello che vale la pena 😉

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  5. Lucia

    Ma che bellissimi commenti che ci sono stati: tutti e tre pieni di osservazioni significative e importanti! Wow!

    Dunque: (un po’ brevemente perché son di corsa), ecco come la penso io.
    Che cos’ha di “cristiano” questa sfilata di moda? Ora che mi ci fate pensare, in effetti, a rigor di logica niente: “moda cristiana” secondo me è proprio quella relativa alle catenine col Crocifisso, alle T-shirt con le citazioni di Santi stampate sopra, eccetera eccetera. In effetti “christian fashion week” è un nome un po’ “ghettizzante”, se vogliamo, come diceva Lidia commentando lo scorso post. Non solo perché se ci appiccichi sopra l’etichetta di “moda cristiana” è già più difficile farla accettare a chi cristiano non è, ma anche perché non serve certo essere cristiani per produrre o comperare vestiti pudichi.
    In effetti questo è vero: se la “christian fashion week” si fosse semplicemente chiamata “modest fashion week” forse avrebbe evitato questo rischio di essere percepita come roba “da oratorio”.
    (Epperò forse non avrebbe attirato l’attenzione di tutti i cristiani che l’hanno seguita perché attratti dal nome forte…).
    Non ci avevo pensato, ma in effetti… non male come osservazione 😀

    Detto questo, però, il punto che mi preme è: un bravo cristiano dovrebbe per forza vestirsi in maniera pudica?
    Sì, secondo me sì: non vorrei sembrare critica verso eventuali lettrici che usano minigonna e canotte scollate, però il pudore (nel vestire, e nella vita) è una caratteristica importante che mi aspetto di trovare nella mia idea platonica di “brava ragazza cristiana”.
    Perché focalizzarsi tanto su una cosa così “esteriore” come i vestiti?
    Ovviamente il guardaroba di per sè non è indicativo della vita di fede di una persona (e nemmeno del suo atteggiamento verso il sesto comandamento), e questo è ovvio; però, niente da fare, il pudore nel vestire secondo me è abbastanza imprescindibile.
    Purtroppo viviamo in una società iper-sessualizzata, in cui non è che sia tanto tanto facile conservare la purezza dello sguardo (e del cuore, eccetera eccetera). Se penso al mio ragazzo (o in generale a un amico maschio) – che, poverello, vive in un mondo in cui letteralmente vedi corpi femminili nudi ad ogni angolo di strada (nei cartelloni pubblicitari, intendo 😛 ) e in cui ogni cosa sembra urlarti quant’è bello un certo stile di vita – a me sembrerebbe proprio di peccare di cattiveria gratuita, presentandomi a un appuntamento col push-up e una scollatura vertiginosa salvo poi saltare su: “eh no, brutto maiale, mi hai guardato il seno, sei un maniaco!”.
    E’ ovvio che se il maschio di turno fa pensieri impuri su di me è colpa sua perché è un maiale; però, sapendo che la carne è debole, anche io mi sento in dovere (lo sento proprio come un dovere) di vestirmi in maniera tale da non indurre in tentazione chi mi sta vicino. O, quantomeno, di ridurre al minimo questo rischio.
    Poi è ovvio che ci sono i maniaci che fanno fantasie strane pure se ti vedono col tutone da palestra, ma andare in giro con una canottierina semi-trasparente e molto scollata vuol proprio dire invitare la gente a “far cadere” l’occhio lì.
    E secondo me tante ragazze non ci pensano… però io sono piuttosto convinta che sia così.
    (Vorrei davvero sentire il parere di qualche maschio, a questo punto 😀 )

    Se il maschio di turno approfitta della canottierina per guardarti nella scollatura et indi fare pensieri impuri, è colpa sua che è un brutto maiale o è colpa tua che sei una donnaccia?
    Ovviamente è colpa sua che è un brutto maiale; però, forse, il tuo indossare una maglietta accollata avrebbe potuto aiutarlo, almeno in quel frangente. O magari no, ma comunque tu ci hai provato. Nel dubbio, io trovo che sia davvero una sorta di “dovere”, provarci.
    Anche perché se ti va bene puoi suscitare un effetto a catena: il maiale scopre inaspettatamente di trovarti bella anche se non ha mai potuto guardarti il seno; il maiale capisce che esiste un’altra femminilità, altrettanto apprezzabile, oltre a quella che va per la maggiore; il maiale scopre che ci si può rapportare a una donna anche guardandola negli occhi, e non necessariamente guardandole il sedere… e così, ad maiora.

    A parte il fatto che poi a me proprio non piace attirare certi sguardi, essere considerata in un certo modo, essere nei pensieri della gente in certi termini, e così via dicendo. Ma questo, entro certi limiti, esula dal mio essere cristiana, e un’altra potrebbe giustamente dire “e chi se ne frega del modo in cui mi guarda il maiale di turno: son problemi suoi, mica miei”. Verissimo.
    Ma, da cristiana, io sento di essere chiamata a fare di tutto… non solo per essere una brava persona io, ma anche per aiutare gli altri, per quanto è in mio potere, a diventare persone sempre migliori. E ovviamente la scelta dei vestiti è solo una goccia nell’oceano, ci mancherebbe altro… però, secondo me, una ragazza cristiana dovrebbe pensarci, quando decide cosa mettersi addosso.

    E’ un po’ la stessa cosa che dicevano, qua, dei maschi cristiani intervistati sull’argomento. “Se non per una questione di pudore vostro, vestitevi pudicamente per aiutare noi maschi a star lontani dalle tentazioni, ché senza il vostro aiuto è ancor più difficile”.

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  6. Pingback: Christian Fashion Week – 2 | Una penna spuntata

    1. Lucia

      Vedete?, il bello di questi commenti di spam che arrivano su WordPress è che sono tutti così gentili, io non li cancello nemmeno perché fa sempre piacere ricevere complimenti… 😜😜

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