Niente sesso, siamo sportivi! Storia di una curiosa convinzione made in USA

Casomai il CT della nazionale avesse l’abitudine di leggere questo blog, avrei un umile suggerimento atto a migliorare le prestazioni sportive degli azzurri: cintura di castità per tutti i membri della squadra.

Pensate che stia scherzando?
Beh: invece è vero. O quantomeno è verissima la convinzione (diffusa soprattutto tra gli Americani, un po’ meno nota nel Vecchio Continente), per cui praticare l’astinenza sessuale nei giorni precedenti una gara sportiva aumenterebbe esponenzialmente la performance degli atleti. Per contro, l’attività sessuale a ridosso della partita rischierebbe di renderli una mezza calzetta – come ben sanno gli sfortunati giocatori che, nel 1982, componevano la nazionale di calcio peruviana. L’umiliante sconfitta subita alla semifinale dei mondiali (5-1 per la Polonia) bruciò per ovvie ragioni… ma, probabilmente, più ancora della sconfitta bruciarono le accuse riversatesi sui giocatori al momento del loro rientro in patria. I tifosi scandalizzati puntavano il dito sulle notti brave dei calciatori: alcuni di loro furono accusati di aver infranto la Grande Regola dell’Astinenza Sessuale addirittura la sera prima di disputare la semifinale. E in America la convinzione è diffusa: se hai rapporti sessuali a ridosso di una gara… stai pur certo che perderai con infamia!

Sarà vero? Non sarà?
Ad ogni buon conto, nel 1982, i giornalisti sportivi fecero un post-it mentale di questa gustosa notizia e, quattro anni più tardi, intervistando i CT delle varie nazionali in vista del mondiale di calcio del 1988, s’informarono circa la loro posizione riguardo i rapporti sessuali degli atleti nell’imminenza delle partite. Ne risultò che quasi tutti i CT avevano esplicitamente richiesto ai calciatori un periodo di astinenza.

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Curiosamente, quella degli “sportivi astinenti” è una tradizione con radici antichissime, che risale addirittura alla Grecia Antica. In quel caso, questa peculiare forma di allenamento aveva un fondamento medico: all’epoca, si riteneva che, aehm, il fluido vitale maschile fosse per l’appunto un fluido vitale: una roba super-energizzante, una specie di doping naturale che infonde vigore a chi ce l’ha nel corpo (e infatti, si riteneva che fosse questa la ragione per cui i maschi sono più muscolosi e più resistenti agli sforzi fisici, mentre le donne sono più gracili e hanno meno massa muscolare).
Insomma: questa sostanza straordinaria, in grado di trasformare un uomo normale in un macho spacca-tutto, era evidentemente una roba preziosissima in vista di una attività fisica importante. Sprecare in un “banale” rapporto sessuale quella riserva di energia extra, capace di farti battere l’avversario, sarebbe stato semplicemente folle: da qui, la pratica di astenersi dal sesso anche per diversi giorni, settimane o mesi prima della grande gara.

Sarà per scaramanzia, sarà per conservatorismo, ma la tradizione è rimasta invariata nei secoli.
In America, dove questa convinzione è particolarmente radicata, è piuttosto comune che gli allenatori di una squadra importante richiedano ai loro atleti la castità completa nell’imminenza di una partita. Da questa parte dell’oceano, pare che sia il mondo del pugilato a essere particolarmente legato alla tradizione… che, a dirla tutta, col passar del tempo ha anche assunto anche delle valenze scaramantiche, un po’ come il non vestirsi di viola se sei un attore.
Ma, al di là della scaramanzia, potrebbe esserci un fondo di verità in questa bizzarra usanza. Il famoso pugile Muhammad Ali, ad esempio, aveva dichiarato in un’intervista di praticare la castità per almeno sei settimane (!) prima di ogni partita importante, spiegando che un’astinenza sessuale prolungata tendeva a farlo diventare più rabbioso del solito. E se scendi in campo incarognito nero, questo farà di te un grandissimo combattente.

Tutta questione di frustrazione sessuale sublimata in potenza fisica?
Mah: non solo, a quanto pare. Come spiega Elizabeth Abbott, autrice di un interessante saggio sulla Storia della Castità, questa bizzarra tradizione ha suscitato in anni recenti la legittima curiosità di numerosi medici sportivi, i quali si son messi a tavolino e hanno cominciato a fare indagini su questa tradizione, così antica e così diffusa. Un’astinenza sessuale prolungata è in grado di dare reali benefici a coloro che la praticano?

Secondo Laura Stefani, docente di Medicina Sportiva presso l’Università di Firenze e autrice di uno studio titolato Sexual Activity before Sports Competition: A Systematic Review, la risposta è un gigantesco no. Da un punto di vista strettamente biologico, la performance sportiva degli atleti non sembra essere influenzata dall’attività sessuale avuta prima della gara (a meno che l’attività sessuale non sia stata svolta veramente a ridosso della partita, tipo entro le due ore dal fischio di inizio, o che non si accompagni a ubriachezza o deficit di sonno, che ovviamente sono un’altra questione).

Ma, in effetti, la biologia non sembra essere la principale preoccupazione degli sportivi. Se – come ha fatto Ellizabeth Abbot – andate da un allenatore pro-astinenza e gli chiedete il perché della sua scelta, lui vi risponderà probabilmente che la pratica sessuale divora le energie degli atleti su un piano emotivo, più che su un piano fisico.
Del resto: delle due l’una – se hai rapporti sessuali, o li hai con il tuo partner all’interno di una relazione stabile, o li hai in maniera occasionale con uno sconosciuto raccattato in un locale.
Paradossalmente, nessuno di questi due scenari è particolarmente allettante, per un allenatore.

Le relazioni stabili, evidentemente, portano con sé tante gioie, ma – a tratti – anche tante preoccupazioni. E se ti stai giocando la carriera con la partita della vita, è molto meglio che tu scenda in campo concentrato solo ed esclusivamente sul tuo lavoro: nessuno vuole un giocatore che cerca di fare goal mentre in realtà si arrovella domandandosi “oddio, adesso come faccio a chiedere a scusa a mia moglie dopo quel brutto litigio di ieri sera? Ho sbagliato io? O forse è lei nel torto? Avrei dovuto fare qualcosa diversamente?”. Decisamente, non è proprio il caso: e quindi, in quei giorni cruciali, l’altra metà della mela se ne rimanga a casa; si limiti a supportare il suo compagno di lontano, permettendogli di fare il suo lavoro con la mente completamente sgombra.

Se la vediamo da questo punto di vista, saremmo forse portati a guardare con più indulgenza la proverbiale avventura di una notte senza impegno, con la fan raccattata al locale che ti serve solo a sfogare i bassi istinti.
Ma neanche questo scenario, comprensibilmente, fa impazzir di gioia gli allenatori. In quel caso, non entrano in ballo le tensioni emotive ma ci sono banali problemi di ordine pratico: come spiegava Casey Stengel, un asso del baseball, “di per sé, non  è il sesso a ridurre come stracci i ragazzi: sono le notti in bianco passate a cercare di farlo”.

Del resto – osservano altri allenatori – è pur vero che, dal punto di vista biologico, l’astinenza sessuale non sembra influenzare in meglio la performance sportiva… ma, a livello psicologico, praticare la castità potrebbe davvero far la differenza: per un atleta che scende in campo, pensare di essere “a posto”, più preparato ancora dell’avversario, è un grandissimo incentivo.
E, per contro, se la notizia di questa singolare pratica ha avuto sufficiente diffusione, l’avversario potrebbe provare inconsciamente una sorta di timore reverenziale per quell’asceta che non solo si allena tutti i giorni per ore e ore (proprio come lui) ma addirittura arriva al sacrificio estremo di astenersi dai rapporti sessuali per aumentare le sue performance (a differenza di lui). Prendi questa soggezione dell’avversario e combinala con la carica mentale di un atleta che “sa” di essersi preparato al match con il massimo grado di serietà possibile, e… beh: non dico che “i giochi sono fatti”, ma l’atleta casto ha davvero un asso della manica da giocarsi.

E, per quanto l’idea possa farci sorridere, la convinzione continua ad avere un certo credito nei circoli sportivi d’Oltreoceano. Negli USA, esistono ancor oggi delle associazioni sportive di matrice cristiana i cui membri si impegnano a praticare l’astinenza prematrimoniale e a vivere una sessualità regolata anche dopo il matrimonio. Le potete trovare raggruppate sotto nomi evocativi tipo Muscular ChristianityLife AthletesA.C. Green Athletes for Abstinence… e la cosa piuttosto sorprendente è che questi movimenti raccolgo anche atleti di grande successo: “di serie A”, potremmo dire. Si potrebbe probabilmente citare il caso eclatante di A.C. Green, giocatore della National Basketball Association da molti definito il più grande cestita degli anni ’90. Ambeh: se dobbiamo dar credito a quanto l’atleta dichiarò a più riprese ai giornalisti sportivi, egli iniziò e concluse la sua sfolgorante carriera, durata sedici anni, essendo e restando ostinatamente e convintamente vergine. A trentotto anni d’età, ormai ritiratosi dalle gare, si sposò con la sua fidanzata di una vita.


10 risposte a "Niente sesso, siamo sportivi! Storia di una curiosa convinzione made in USA"

  1. Ian Saiin

    Interessante. Documentato. E simpatico.
    Un po’ deboluccia forse la conclusione… fra le motivazioni psicologiche la castità mi sembra proprio forzata, se non fuori posto… E poi scusa, il mio avversario, che dovrebbe essere “intimorito” dalla mia castità… che ne sa lui di ciò che ho fatto io la sera prima???
    Comunque c’è un solo modo per metterci alla prova: altro che Scapoli – Ammogliati, un bel match Casti – Sessualmente Attivi risponde a tutti i tuoi requisiti e ci darà tutti i responsi che vogliamo
    con simpatia 😉

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    1. Lucia

      Secondo l’autrice del libro, l’avversario è al corrente di quello che (non) hai fatto la sera prima, nel senso che tu o il tuo allenatore, come mossa strategica, avrete ampiamente pubblicizzato questa scelta sottolineando lo spirito di sacrificio e la stoica determinazione con cui il grande atleta si prepara alla gara, e bla bla bla. Da come l’ho interpretata io, gli avversari proverebbero la stessa inferiorità psicologica anche nei confronti di un atleta che (per fare esempi assurdi) si prepara alla partita camminando sui carboni ardenti o si fustiga (ehm, in questo momento mi vengono in mente solo delle cose che effettivamente ledono la forma fisica, ma ci siamo capiti :-P). Per la serie: “oh wow, se lui è così determinato che arriva addirittura a questo, lui è più serio di me!”.
      Così suggeriva lo studio, almeno… 🙂

      LOL! Una partita Astinenti – Attivi: fantastica! :-DD Metterebbe alla prova questa teoria: da organizzare! ;-)))

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  2. netor

    purtroppo i maschi non sono intimoriti dalla forza di volonta’ dell’avversario casto, la castita’ non e’ vista dalla maggioranza dei maschi come una cosa positiva. il maschio dominante e’ quello che si permette di fare sesso e sport senza risentirne e molti sostengono che il giorno dopo avere fatto sesso si sentono piu’ agguerriti perche’ hanno ancora testosterone in circolo. il maschio che non fa sesso e’ considerato uno sfigato e la parola sfigato deriva dal non avere rapporti sessuali.

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    1. Lucia

      Mah, non so se questo vale davvero per la maggioranza dei maschi. Penso che dipenda molto dall’età, dalla cultura di appartenenza e dal contesto sociale. Se penso alla mia esperienza, io trovo vero anche il contrario: quando mi capita di parlare del mio fidanzamento casto all’interno della mia cerchia di conoscenze, devo dire che questa cosa suscita sempre una vera e propria ammirazione (incredula, ma pur sempre ammirazione) da parte di molti maschi presenti. Li vedo spesso stupiti per l’autocontrollo della parte maschile – roba tipo “ah, onestamente io non ce la farei”.
      D’accordo che non vai a dire in faccia a una “guarda che quello per me è un represso a cui non piaci! XD però ti posso dire che gli sguardi più ammirati arrivano dai maschi, più che dalle femmine. Dalle amiche femmine ottengo perlopiù reazioni tipo “vabbeh, contenti voi…”; dai maschi, mi è anche capitato di sentirmi dire “beh, comunque, complimenti al tuo ragazzo, perché io non ce la farei mica”.

      Dipende chiaramente da maschio a maschio, però non la definirei una irrisione universale.

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  3. Dile

    Intressanti questi effetti collaterali della castità… ma una cosa è certa: la finalissima dei Mondiali dell’82 non la giocarono Perù-Polonia, casti o meno che fossero stati i giocatori: la giocammo noi, vincendo pure contro la Germania Ovest! Questo dettaglio va assolutamente rivisto!

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    1. Oreste

      Concordo!
      era l’ultima partita del girone “eliminatorio”, cosi’ composto: Italia, Camerun, Polonia, Peru’. Passarono il turno l’Italia e la Polonia….poi sappiamo come ando’ a finire. Ole’.
      Ciao
      Oreste

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    2. Lucia

      Glob!
      Il fatto che io non abbia memoria storica di chi ha vinto i mondiali di calcio 1982 la dice lunga su quanto io sia tifosa… 😀

      Urgh! Ovviamente è vero, e in effetti come ho fatto a non accorgermi dell’errore??
      Però a mia parziale discolpa posso giustificarmi dicendo che l’errore non è mio, è proprio del libro che citavo. Ho ricontrollato, e l’autrice parla proprio di finalissima, e di mondiali di calcio 1982 vinti dalla Polonia.
      Giustamente lei però non è Italiana, aehm… io, invece, sono proprio imperdonabile 😉

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  4. Pingback: The Athletes for Abstinence | Una penna spuntata

    1. Lucia

      Per contro, è pur vero che tutte le squadre con un esplicito divieto (un po’ più duraturo delle 24 ore tedesche) sono tornate a casa abbastanza presto:

      http://www.smh.com.au/fifa-world-cup-2014/world-cup-news-2014/all-teams-with-sex-bans-out-of-world-cup-20140703-zsv24.html

      Purtroppo l’Argentina non ha lasciato dichiarazioni sulla (eventuale) regolamentazione della vita sessuale dei suoi membri, quindi vien difficile avanzare ipotesi su chi potrà essere la squadra vincente… 😛

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