The Athletes for Abstinence

Purtroppo, non posso fornirvi bibliografia precisa sulla specifica notizia che sto per darvi: tutt’al più, posso mandarvi dal mio ex-professore di Storia della Chiesa, che mi ha raccontato il gustoso aneddoto quand’ero studentessa in quel di Pavia.
Se vi fidate di me, prendetela per buona: il Milan (sì, il Milan, la squadra rossonera) è stata fondata da un gruppo di amici inglesi, che solo successivamente ha lasciato la gestione della squadra in mani italiane. Ora: un discendente di uno di questi fondatori è diventato uno storico della Chiesa – che, a detta del mio professore di Storia della Chiesa, a un certo punto ha cominciato a indagare sulle influenze cristiane di questo “primo” Milan. Apparentemente, i giocatori rossoneri di inizio ‘900 erano incoraggiati a vivere una vita praticamente monacale: sveglia all’alba, moderazione a tavola, tantissimo lavoro, guai a portar donne in camera, vita privata castigatissima, divertimenti ridotti all’osso, guai al sesso prematrimoniale e andiamoci piano anche con le mogli.

Le ragioni di questa scelta?
Beh, mi pare ovvio: un atleta che abbraccia un simile stile di vita non arriverà mai agli allenamenti ridotto a uno straccio dal dopo-sbronza; avrà una vita sentimentale tranquilla e senza scossoni; avrà, insomma, poche occasioni per cacciarsi nei guai. Se fossimo cristiani praticanti di inizio ‘900, potremmo anche aggiungere che essere moralmente puri, e spiritualmente superiori agli avversari, probabilmente male non fa… e insomma: sarà una coincidenza o sarà qualcosa di più, ma, fintantoché i coach del Milan hanno perseverato su questa linea, la squadra rossonera è stata pressoché imbattibile, in Italia.
(“Ecco, lo sapevo”, ha commentato sconsolato il mio parroco, milanista sfegatato, quando gli ho raccontato questa storia. “Ecco cosa c’è che non va nel Milan di oggi!”).

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Se, come spiegavo nel post di qualche giorno fa, numerosi allenatori propongono l’astinenza ai loro atleti adducendo motivazioni che hanno a che fare con le loro prestazioni agonistiche, è ovvio che la stessa scelta può anche essere dettata da ragioni di natura religiosa.

E infatti esiste – soprattutto nel mondo anglosassone, e soprattutto negli Stati Uniti – una corrente di pensiero per cui un cristiano convinto sarà un atleta migliore dei suoi colleghi atei, proprio in quanto cristiano convinto. O, per meglio dire, proprio in virtù del suo stile di vita cristiano, che viene considerato migliore di tutti gli altri.
Di conseguenza – incredibile ma vero – negli U.S.A. esistono tutt’oggi (!) associazioni sportive di matrice cristiana i cui membri si impegnano a praticare l’astinenza prematrimoniale e a vivere una sessualità regolata anche dopo il matrimonio. Le potete trovare raggruppate sotto nomi evocativi tipo Muscular Christianity, Life Athletes, A.C. Green Athletes for Abstinence… e la cosa piuttosto sorprendente è che questi movimenti raccolgo anche atleti di grande successo: “di serie A”, potremmo dire.


A.C. Green, giocatore della National Basketball Association, è stato probabilmente il più grande cestista americano degli anni ’90 – ma gli Americani lo ricordano anche e soprattutto per il fatto di aver iniziato e concluso la sua carriera sportiva dichiarando d’essere ostinatamente e convintamente vergine.
Tim Tebow, quarterback della National Football League, ha addirittura ingenerato un neologismo: il verbo “tebowing”, che indica sostanzialmente l’azione di genuflettersi nella posa che vedete qui a fianco. In effetti, Tebow è solito raccogliersi in preghiera sul campo da gioco nei secondi che precedono il fischio d’inizio, anche per testimoniare la sua fede alla sua (vastissima) platea.

Tim Tebow, tebowing
Tim Tebow, tebowing

E potrei ancora andare avanti a lungo: negli Stati Uniti, si tratta di cosa davvero comune – un po’ perché gli Americani hanno un rapporto con la fede che è leggermente diverso dal nostro; un po’ perché, quando la moda si è diffusa, l’astinenza sessuale aveva l’aria di essere una pratica capace di risparmiarti un sacco di guai. Numerosi di questi movimenti sono nati (o comunque si sono diffusi esponenzialmente) nei primi anni Novanta – in un’epoca cioè in cui l’AIDS faceva molta paura, e l’astinenza pareva una scelta intelligente… anche solo per ragioni di profilassi.

In linea con gli altri gruppi pro-castità degli Stati Uniti, anche questi movimenti sportivi richiedono agli aderenti di ufficializzare il proprio proposito con una sorta di giuramento pubblico. Significativo quello professato dai Life Athletes:

1) Farò quello che è giusto, anche quando è difficile.
2) Mi darò solo a quella persona unica e speciale che sposerò e con cui starò assieme per tutta la vita.
3) Rispetterò le vite altrui, e in particolar modo quelle degli anziani e dei bambini non ancora nati;
4) Se fallirò, non lascerò perdere e non cercherò scuse: al contrario, ci riproverò.

Come a dire che l’astinenza non è solamente robetta da donnicciole?

6 risposte a "The Athletes for Abstinence"

    1. Lucia

      E infatti non mi risulta che abbia fatto scintille in campo… (A)

      No, scherzi a parte… wow: un link interessante! Si vede che la tradizione, tutto sommato, è ancora diffusa… o quantomeno, se ne parla e i giornalisti si interessano, ecco 🙂

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