Predire il futuro, nella notte di Sant’Andrea

Se c’è in linea un qualche Andrea: auguri di cuore per il tuo onomastico!
Sant’Andrea – che cade oggi, il 30 novembre – è una festa a cui, in effetti, sono da sempre piuttosto legata. Per me, segna l’avvio dell’inverno e della stagione natalizia: il 30 novembre è il giorno in cui, a casa mia la mamma tirava fuori un calendario dell’Avvento nuovo fiammante, e lo appendeva in posizione privilegiata nell’ingresso di casa. Dall’indomani mattina, sarebbe stata una piccola festa quotidiana protratta sino al Natale: ogni giorno una finestrella da aprire, una sorpresina da scartare.
Abbastanza comprensibile, che il 30 novembre sia uno dei miei giorni preferiti sul calendario!

Tuttò ciò, per mettervi a parte di una notizia abbastanza sorprendente: questo mio speciale riguardo per la festa di S. Andrea è stato, in realtà, comune a un sacco di altre persone al mondo!

L’avreste mai detto?
Forse no.

Insomma: al giorno d’oggi, non è che il 30 novembre sia una data particolarmente significativa. Semmai, qualcuno tira giù gli scatoloni con le decorazioni di Natale e comincia a studiare l’allestimento del presepe, ma niente di più – e invece, nel passato, la festa di S. Andrea era un giorno davvero speciale, che dava il via ad un turbinio di eventi (S. Nicola, S. Lucia, S. Tommaso Apostolo…) che avrebbero condotto, pian piano, alla vigilia di Natale.

Nello specifico, il giorno di S. Andrea era vissuto, in molte aree d’Europa, come un momento scherzoso, carnascialesco. Un po’ come accadeva in occasione della festa di S. Nicola, anche a S. Andrea il popolino poteva sbizzarrirsi giocando ad un grottesco ribaltamento di ruoli: nello specifico, il 30 novembre le donne indossavano le brache e gli uomini si rassegnavano a girare in gonnella, in un clima di licenziosa allegria che perdurava fino a mezzanotte.

…e a mezzanotte?
Beh: a mezzanotte aveva inizio la magica notte di S. Andrea – una notte in cui, secondo la credenza popolare, era possibile prevedere il futuro!
Ma non un futuro a caso, oh no: questa notte di magia è esplicitamente rivolta alle giovani fanciulle in età da marito, che desiderano conoscere il nome (…o almeno qualche interessante informazione a latere) del loro futuro sposo.

Signorine che mi leggete: siete intenzionate a tentare la sorte?
Benissimo: ecco a voi – in diretta dal folklore del centro-Europa – alcune metodologie da usarsi alla bisogna.

Tecnica numero uno: cara vecchia ovomanzia

Per giustificare questa bizzarra coincidenza sarei tentata di tirare in ballo l’inconscio collettivo.
Avete presente la cara, vecchia, barca di San Pietro che si forma nei filamenti di un bianco d’uovo lasciato a rapprendersi in una boccia d’acqua fredda?
Ecco: la barca di San Pietro è una tradizione pedemontana; se oltrepassiamo le Alpi e arriviamo in Germania, ci troviamo di fronte ad una tradizione esattamente identica che, però, non fa riferimento a San Pietro… bensì a suo fratello: Andrea.
Il meccanismo è il solito: prima di andare a letto, versi una chiara d’uovo in una boccia d’acqua fredda, la metti sul balcone, e al mattino dopo scoprirai che l’uovo s’è rappreso. Chi riuscisse a interpretare correttamente la forma assunta dalla chiara d’uovo, riceverebbe un indizio sul lavoro del suo futuro sposo.

Tecnica numero due: idem, con piombo fuso

Prendi del piombo, lo fai fondere, e lo versi nella brocca d’acqua. Stessa procedura di cui sopra: rapprendendosi, il piombo assumerà una determinata forma, riconducibile a un determinato attrezzo di lavoro. Starà poi all’indovina dare a questa forma la corretta interpretazione, per scoprire se il suo futuro sposo è individuo abituato a lavorar di vanga… o di piuma d’oca!

Tecnica numero tre: cuori sospinti dalla corrente

Questa tecnica funziona bene solo se hai già dei forti sospetti – tipo: “chissà come finirà, con quel ragazzo che mi piace e che sembra proprio farmi la corte?”.
La divinazione avviene così: si raduna in una stanza un gruppetto di ragazze; a ognuna di loro viene assegnato un guscio di noce. I gusci di noce sono in numero doppio rispetto al numero di ragazze: ad ognuno gusci in soprannumero viene associato il nome di un possibile pretendente (magari, scelto a caso fra i coscritti del paesello).
Le ragazze scrivono il proprio nome dentro al “loro” guscio di noce, e poi tutti i gusci – di maschi e femmine contemporaneamente – vengono deposti in una tinozza piena d’acqua. Galleggiando sulla superficie liquida, i gusci pian piano si sposteranno. Il ragazzo e la ragazza i cui gusci si avvicineranno fino al punto da toccarsi, saranno una nuova coppia che nascerà entro l’anno.

Tecnica numero quattro: sodo come il legno, o rugoso come la corteccia?

Metodologia piuttosto semplice: nella notte di S. Andrea, la ragazza da marito si avvicina ad occhi chiusi alla catasta di legna da ardere. Io a questo punto mi sarei già inciampata nei miei piedi sbattendo il naso sulla catasta, ma la fanciulla del folklore sassone arriva al traguardo indenne – dopodiché stende una mano verso la catasta, punta il dito contro un pezzo di legna rigorosamente senza guardare…
…e poi, guarda.
Se, ad occhi chiusi, ha puntato il dito verso un pezzo di legna fresco e dritto, ciò significa che il suo futuro sposo sarà un giovane sodo e di bell’aspetto.
Ma – ahi – se la fanciulla ha indicato un pezzo di legna nodoso e ricurvo, così sarà anche il suo futuro marito. Vecchio, ingobbito, e pieno di rughe.

Tecnica numero cinque: la porno-divinazione

Ne avevo già parlato anni fa.
Ma, decisamente, è una tecnica che merita di esser ri-raccontata.
Funziona così: nella notte fra il 30 novembre e il 1° dicembre, la fanciulla da marito chiude la stanza a chiave e prepara una bella cenetta a lume di candela per sé e per il suo futuro coniuge. Apparecchia la tavola, prende un boccale d’acqua e uno di vino, e poi riempie due bicchieri di vetro: uno di acqua, e uno di vino.
Dopodiché, si denuda, e invoca mentalmente sant’Andrea.
Sant’Andrea, come per magia, esaudisce il desiderio della fanciulla – ed ecco, risucchiato da un vortice spazio-temporale, il suo ignaro futuro sposo viene teletrasportato davanti alla ragazza.
Che, sottolineerei, è ignuda.

Cosa fa il baldo giovane di fronte alla vista dell’avvenente fanciulla sua futura sposa, nuda come un verme e chiusa in una stanza vuota nel buio della notte?
Ovviamente, corre al tavolo da pranzo e saggia le bibite nella caraffa. Senza minimamente filarsi la sua ammiccante fidanzata nuda, contempla la brocca di vino e la caraffa d’acqua, e poi sceglie con che cosa dissetarsi. In tal maniera, la ragazza ha modo di conoscere non solo il viso, ma anche il conto in banca del suo futuro sposo: il giovane che sorseggerà il vino sarà un cittadino benestante; il giovane che preferirà l’acqua sarà un contadino senza grandi mezzi.

In ogni caso, il giovane è stato teletrasportato di fronte alla fidanzata ignuda al solo scopo di bere a sbafo: dopo aver sorseggiato la sua bevanda, nuovamente scomparirà nel nulla lasciando la fanciulla ignuda, frustrata e attonita. Ma un po’ più consapevole del suo futuro, che è già qualcosa.

‘nsomma: fanciulle nubili che mi leggete; qui vi ho dato i mezzi, adesso sta a voi tentare la sorte.
Se qualcuna di voi prova una di queste tecniche e, ehm, ha successo… mi faccia sapere!

Quanto a me, credo che, in questa magica notte di S. Andrea, mi accontenterò più prudentemente di perdermi nella danza della fiammella, che, sola soletta, illumina debolmente il mio candelabro dell’Avvento…

9 risposte a "Predire il futuro, nella notte di Sant’Andrea"

  1. marinz

    Se fossi in te avrei cercato del piombo, preso un pentolino, portarlo a 100°C senza fondere il pentolino, e versare il piombo, prima che si raddensi in una brocca d’acqua fredda (rischiando di rompere la brocca) 🙂
    Almeno non dovevi aspettare tutta la notte ed il risultato era istantaneo :oP

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    1. Lucia

      Eh, ma temo che la magia funzioni solamente se usi questo rito preciso… mica puoi cambiare le regole della magia così a tuo piacimento! :O

      (Disse, con molta convinzione, la ragazza cresciuta a pane e Harry Potter, con gli insegnamenti dei professori di Hogwarts ben stampati nella testa… 😛 )

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    1. Lucia

      Ups!
      “Onomanzia” era “ovomanzia”, il vecchio giochino con la chiara d’uovo (grazie mille, corretto!!)… ma il candelabro sì, è il candelabro! Dell’Avvento! Quello con le quattro candele, e si accende una candela in più ad ogni domenica di Avvento! :-O

      …ti prego, non dirmi che voi Ambrosiani non avete il candelabro dell’Avvento, oppure avrò un crollo emotivo 😛
      (Passi l’Avvento strano, ma il candelabro dell’Avvento…! 😛 )

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      1. Emilia

        Scusami! Sono la solita pedante.

        Quanto al candelabro, anche nelle mie chiese ambrosiane si è diffusa l’abitudine della Corona d’Avvento, però con sei candele anziché quattro, per ovvi motivi.

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      2. Lucia

        No, ma che pedante, anzi: grazie, ho corretto un errore che non avevo visto 😀

        Però sul candelabro avevo avuto un mancamento, tipo “no, non dirmi che a Milano non accendono le candele alle domeniche d’Avvento!” 😀

        …ma in effetti, adesso che ci penso, a parte gli scherzi, materialmente come fate?
        Cioè: avete la corona dell’Avvento in chiesa, e okay; ma per la casa? Esistono, dei piccoli candelabri dell’Avvento “domestici”, evidentemente con sei candele?
        Adesso che ci penso, è una domanda seria: penso che siate gli unici al mondo ad avere sei domeniche d’Avvento… e okay che la diocesi di Milano è grossa, ma forse non così grossa da giustificare una produzione a larga scala di candelabri natalizi con gli spazi per sei candele!
        :-O

        In effetti – a parte le chiese – questa tradizione c’è, per le famiglie?

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  2. Emilia

    Non ne ho idea, però se io fossi una catechista o un’insegnante di religione delle elementari farei realizzare una corona d’Avvento per la casa ai miei pargoli.

    Candelabri non ne ho mai visti, ma penso che all’uopo si possa adoperare una mini-menorah, tenendo libera la candela centrale: quella invece l’ho vista in vendita in una libreria religiosa che frequento.

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    1. Lucia

      :-\
      Che tristesssssa, niente candelabro natalizio con la candelina da accendere ogni domenica con mamma e papà!
      Davvero: strano, però, che a nessun commerciante sia venuto in mente di creare dei candelabri dell’Avvento, o delle coroncine, da vendere ai privati! Non dico lanciare una produzione industriale, ma magari ai mercatini dell’artigianato, cose così…

      In effetti, la mini-menorah potrebbe essere una buona soluzione (o anche solo il classico candelabro svedese con sette candele – quello dell’Ikea, per capirci. Giusto per evitare di andare a fare strane commistioni con simboli di altre religioni).
      Sette candele: ne accendi una al giorno per ogni domenica di Avvento, e l’ultima la accendi nella notte di Natale. Non male come soluzione, dai.

      Certo che state sempre a complicarvi la vita, voi Ambrosiani… 😉 😉

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