Rolliferi 2.0

Se andate a fare una visita guidata all’Archivio di Stato di Torino, molto probabilmente vedrete in esposizione un pezzo di pergamena sinistramente noto come “Rotolo dei Morti”.
Questo specifico Rotolo dei Morti proviene dall’Abbazia di San Giusto di Susa, ma in realtà l’usanza era comune a un sacco di comunità monastiche, nel Medio Evo.
“Qual era questa misteriosa usanza?”, mi pare già di sentirvi domandare.
Benissimo: ve la spiego.

Nell’abbazia Tal Dei Tali, il monaco Tizio passa a miglior vita.
Nel nostro caso specifico, il caro estinto era il monaco Bosone, abate di S. Giusto, tornato alla casa del Padre nell’ottobre del 1128 (o forse 1129: non è chiaro).
I monaci della sua comunità piangono la morte del confratello, celebrano le esequie, pregano per la sua anima, e poi decidono di comunicare la notizia luttuosa a tutti gli altri conventi dei paraggi.

Come ottenere il risultato desiderato, se sei un monaco del Mille-e-cento che vive in un’abbazia sperduta in mezzo ai monti? I telefoni non ci sono, e le e-mail manco a parlarne… quindi, l’unica alternativa praticabile è quella di prendere un povero monachello e incaricarlo di portare il messaggio a tutte le altre abbazie dei dintorni.
, proprio così: solo soletto, con un annuncio funebre in saccoccia, macinando chilometri su chilometri sulle pericolose strade medievali. Con l’unico, banalissimo scopo di avvisare i confratelli che il monaco Tizio è passato a miglior vita.
Che, voglio dire, di per sé potrebbe anche essere una notizia marginale: non stiamo parlando della morte del fondatore della congregazione, o dell’uomo più potente al mondo – no, stiamo parlando della morte di un monaco comune, di un abate come ce ne sono millemila in tutto il mondo.

Ma niente da fare: il povero monachello incaricato di portare a termine questo compito monta su dorso di mulo tenendo in saccoccia un rotolo di pergamena, che reca la notizia “monaco Tizio è morto”.
“Monta a dorso di mulo” se gli va bene, per amor di verità: l’alternativa per i più jellati era viaggiare a piedi, tenendo il rotolo di pergamena appuntato sul proprio saio in maniera tale che tutti i passanti potessero leggere la luttuosa notizia. ‘na specie di ragazzo sandwich ante litteram, insomma.

E dunque: il monaco-con-rotolo (che prende il nome di “rollifero”) si tira su le maniche e si incammina pazientemente verso il monastero più vicino. Bussa alla porta, chiede ospitalità ai suoi confratelli, reca la notizia del lutto che ha colpito la sua comunità (e, per esteso, tutta la congregazione) e mostra, a testimonianza di ciò, la pergamena che gli è stata affidata.
E i monaci che lo ospitano?
No, non si limitano a prendere atto della cosa: corrono nello scriptorium, recuperano un altro pezzo di pergamena, e scrivono (più o meno rapidamente) due note di commiato. Che possono essere una preghiera per l’anima del defunto, una lettera di condoglianze per il monastero a lutto, una lode delle virtù del caro estinto (se lo conoscevano)… insomma: quello che suggerisce loro l’estro del momento.
Poi, prendono questo pezzo di pergamena, lo attaccano in calce al documento custodito dal rollifero, cuciono i due lembi di pergamena per fissarli saldamente, e riconsegnano il tutto al monaco-fattorino. Il quale ringrazia per le preghiere e l’ospitalità, si mette in saccoccia il malloppo e riparte rassegnato, diretto verso un altro monastero.
Al giorno d’oggi, si conservano circa 360 “rotoli dei morti”, alcuni dei quali così pieni di patchwork di pergamene che possono raggiungere la lunghezza esorbitante di circa 30 metri (!)

***

Quello di cui vi dicevo io è – come già accennavo – un rotolo in memoriam del monaco Bosone, abate dell’abbazia di San Giusto di Susa, morto, probabilmente, nell’ottobre del 1128. Il rollifero, con ogni probabilità, si mette in moto subito dopo la morte dell’abate e valica il colle del Monginevro in fretta e furia, prima che il ghiacci dell’inverno ne blocchino il passaggio. Oltrepassate le Alpi scende in Provenza e attraversa tuuutte le coste della Francia del Sud, fino ad incontrare la via che porta i pellegrini a Santiago de Compostela. Lì, si mette il viaggio lungo il Camino e bussa alla porta di qualche monastero ancora, prima di dare forfait e decidere che forse forse è meglio non allontanarsi troppo. Dunque, il rollifero ripiega sulla Francia e si addentra nelle regioni centrali, che non aveva toccato all’andata: arriva fino a Cluny, poi si mette in viaggio verso Sud, valica le Alpi per la seconda volta e, esausto, torna finalmente a casa.
Si stima che il suo viaggio sia durato un anno o forse più: e tutto questo (ma ci pensate?!) solo per avvisare i suoi confratelli del fatto che, a Susa, era morto un perfetto sconosciuto.

Perché – realisticamente – non venitemi a dire che i monaci di un remoto monastero sui Pirenei potevano essere toccati dalla morte di un tizio mai visto in vita loro, che aveva regnato su un’abbazia che a malapena avrebbero saputo localizzare su una mappa.

Eppure lo si faceva, e lo si faceva con frequenza!, ed è da presumere che non solo i monaci, ma anche i viandanti che si imbattevano casualmente nel rollifero, si unissero con devozione alle preghiere per il defunto.
Era come se per un attimo tutti quanti mettessero da parte quel (normale) menefreghismo di chi (comprensibilmente) tende a far spallucce, nell’apprendere che “Tizio Sconosciuto è morto serenamente, dopo lunga malattia”.
La prima reazione, di fronte a una notizia del genere, sarebbe appunto far spallucce, no? E invece no: questi, nel Medio Evo, smettevano di fare quello che stavano facendo, si mettevano in ginocchio, e cominciavano a pregare per l’anima di un tizio che manco conoscevano.
Ma la conoscenza diretta non era importante: per loro, bastava sapere che era morto un fratello in Cristo che aveva percorso assieme a loro un pezzo di cammino, anche se di lontano. E quando tuo fratello ha bisogno di preghiere… persino se non l’hai mai visto, chi sei tu per rifiutare?

***

Questa dolce tradizione medievale mi tornava in mente in questi giorni, mentre, per l’ennesima volta da quando sono attiva nella blogosfera, vedevo ripetersi attorno a me questo piccolo “miracolo” di solidarietà e di comunione in Cristo. Gente che smette di fare quello che sta facendo, si unisce nel lutto, e si mette a recitare un Requiem per l’anima di un perfetto sconosciuto.
Questa è l’ennesima volta che vedo capitare qualcosa del genere, ma non riesco ancora a capacitarmene e continuo a stupirmi come una scema. Ha qualcosa di veramente sorprendente, tutta questa comunione di perghiera per l’anima di un tizio che non avevi mai visto in faccia, e che (se va bene…) conoscevi solo attraverso un nickname.

L’avevo già scritto su Facebook, lo ripeto per chi mi legge solo qui: Fernanda, aka Sissi2002, è mancata martedì mattina. Il nome potrebbe non dirvi niente, oppure potrebbe farvi trasalire: dipende da quando tempo leggete questo blog e da quanto tempo leggete blog cattolici in generale.

I blogger di più vecchia data se la ricordano sicuramente, Sissi2002, e magari saranno anche contenti di rileggere i suoi vecchi post su Splinder, grazie alla mai-abbastanza-lodata Internet WayBack Machine.
I lettori che leggono questo blog da più tempo, probabilmente ricordano alcuni dei fantastici commenti che Sissi2002 lasciava di tanto in tanto su queste pagine (vi dice niente, la pazza che da ragazzina ha custodito per mesi nella sua borsetta una crosta di formaggio proveniente dalle vive mani del ragazzo di cui era cotta? Ecco, è lei).
Chi, oltre al mio blog, leggeva anche il blog di Claudio, sicuramente si ricorda la serie di “guest post” in cui Sissi raccontava la sua lotta contro l’Alieno (così aveva deciso di soprannominare il suo tumore).
E se voi ricordate Sissi, sappiate che la sua famiglia si ricorda di voi. Sì: perché, al funerale, spiegando ai suoi parenti che l’avevamo conosciuta su Internet, non ci siamo visti guardare una faccia stralunata: ci siamo sentiti rispondere, con un caldo sorriso “ah! Certo! Sul blog che teneva?”.

Leggerete ancora Sissi2002, prossimamente, perché ha lasciato scritte delle parole meravigliose. Ma per intanto… se l’avete conosciuta e le avete voluto bene; se l’avete letta solo di striscio; se non l’avete mai sentita nominare in vita vostra ma avete un Requiem che vi avanza … beh: io avrei un consiglio su dove indirizzarlo.
E sapendo che di Requiem ne arriveranno e ne sono già arrivati, persino da gente che “…non la conoscevo, ma la ricorderò nelle mie preghiere”, io, francamente, non riesco a non sturpimi.
Non so voi, ma io trovo che, in queste circostanze, la comunione di preghiera di chi naviga nel web sia una cosa sorprendente e meravigliosa. Forse, uno dei risultati più belli che abbia mai prodotto la comunità cattolica online.

Sissi2002

24 risposte a "Rolliferi 2.0"

  1. Lucia

    Per un’ermeneutica della misteriosa fotografia con cui chiudo il post: quelle fotografate sono due delle rose che (con un gesto che non avevo mai visto, e che ho trovato veramente squisito) la compagnia di pompe funebri ha distribuito a tutti i presenti, dopo il funerale. A mo’ di oggetto concreto, tangibile, da portarsi a casa come ultimo ricordo; l’ho trovato un gesto bellissimo!

    E io lo rigiro a voi 🙂

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  2. giudig

    Una cosa simile è successa pure a me. In occasione del funerale di una ragazza di Sansepolcro,(Alexandra, uccisa dal suo ex poi anche lui suicida), i familiari dettero le rose bianche del cuscino alle persone presenti. Ce l’ho ancora e ogni volta che la vedo prego per il padre di Alexandra e per lei. Per non dimenticare. Bello il tuo post e leggendolo ho ricordato Sissi2002, una donna coraggiosa, una vita vissuta fino all’ultimo istante. Riposa in pace. 🙂

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    1. Lucia

      Io non l’avevo mai visto fare, davvero un gesto dolce e bellissimo!
      L’unica mia perplessità è che se poi ti porti a casa il fiore e, presa da altri pensieri, non hai la lucidità per metterlo subito a seccare, dopo qualche giorno ti trovi con la rosa tutta appassita e forse è come avere, simbolicamente, un altro piccolo lutto. O quantomeno: non so, per me sarebbe un’altra piccola sofferenza, un girare il coltello nella piaga.

      Comunque, io ho messo a seccare le nostre due rose, speriamo che si conservino a lungo…

      Anzi: per adesso le ho messe a testa in giù, in un luogo caldo secco, ricoperte di lacca come se non ci fosse un domani. Altre accortezze che dovrei rispettare e che magari non so? Sto facendo bene? 😉

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      1. giudig

        Io l’ho solo messa a testa in giù in luogo buoio e ventilato. La rosa è disidratata e non è più bianca, ma giallina. E’ molto fragile come è fragile la storia che mi ricorda! Ciao Lucia!

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      2. Lucia

        Io sapevo che la lacca tende a dare un po’ più di solidità al fiore secco perché è come una lieve “colla” che si posa sui petali impedendo che si stacchino (almeno in teoria).
        Nel dubbio, è da sabato sera che spruzzo lacca sui fiori come se non ci fosse un domani.
        Per adesso la procedura sembra star funzionando; incrociamo le dita… 😉

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  3. poemen

    Ricordo bene Sissi2002. Ho pregato per lei regolarmente, da quando ci disse della malattia (sul blog di Claudio) e diverse volte mi sono chiesto come stesse. Stasera in famiglia pregheremo per i suoi familiari, una preghiera che vuol essere come un abbraccio. Ciao, poemen.

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    1. Lucia

      Se può essere di consolazione a chi si è preoccupato per lei, Sissi è stata abbastanza bene per gran parte di questi anni. Nel senso che aveva fatto un ciclo di chemioterapia e il suo corpo aveva reagito bene: a parte quegli ovvii controlli di routine, lei era tornata alla sua vita di sempre, stava bene. Solo pochi mesi fa le è stata diagnosticata una recidiva, e da quel momento in poi tutto è successo molto velocemente.

      Nella disgrazia, secondo me questa è una gran cosa, perché è stata una cosa relativamente rapida, non un lento stillicidio durato anni (come capita, purtroppo, ad altre persone con gli stessi mali). Non ha sofferto troppo a lungo, ma ha comunque avuto abbastanza tempo per prepararsi.
      I suoi parenti e il sacerdote che l’assisteva dicono che è morta serenamente, “col sorriso sulle labbra e il volto disteso”.

      Che è davvero una gran cosa 🙂

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  4. marinz

    non la conoscevo, anche se “la crosta di formaggio” mi dice qualcosa… quando splinder è stato chiuso avevo appena iniziato a seguirti… quindi una preghiera non mancherà per lei.

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    1. Lucia

      Ho controllato un po’ di vecchi post: la “conoscevi”, sì, nel senso che vi siete “incrociati” nei commenti su qualcuno dei miei post, all’inizio 😉
      Grazie per la preghiera 🙂

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  5. AlphaT

    Mi dispiace tanto. I suoi articoli sul blog di Claudio erano molto belli.
    Sì, è strano, sentire una vicinanza con una persona di cui non conoscevo nè la faccia nè il nome.

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    1. Lucia

      Sì, è strano per davvero. E, secondo me, uno che non frequenta i blog / i social, fatica persino a capirlo.

      Comunque, lo ripeto anche qua: è morta serenamente, lo dicono tutti. Aveva il sorriso sulle labbra e gli occhi sereni, e per riflesso erano molto sereni i suoi parenti (per quanto possibile, ovvio). Anche a me spiace tanto, ma penso davvero che la sua sia stata una bella morte, vissuta al meglio.

      🙂

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  6. Emilia

    Neanch’io la conoscevo né la leggevo: sono sì e no sei anni che frequento la blogosfera e tre da quando scrivo sistematicamente. Mi piacerebbe dedicarle uno “squarcio di testimonianza”, ma in Quaresima ho promesso di non scrivere se non in due occasioni predefinite (ma ho fatto uno strappo per accontentare un amico).
    La faccenda delle rose mi fa venire in mente il fatto che, ai funerali di Chiara Corbella Petrillo, la giovane madre di famiglia di cui si continua a parlare a tre anni dalla morte, la chiesa era piena di piantine che, per volontà della defunta, sono state distribuite ai presenti. Un modo diverso per dire: “Non fiori, ma opere di bene, ma, se proprio volete…”
    Assicuro preghiere, comunque!

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    1. Lucia

      E’ vero, le piantine! Me le ricordavo bene, ma non avevo fatto il collegamento.
      Le piantine fiorite, però, erano state un’idea partita dai familiari e da Chiara stessa; invece qui io sono stata particolarmente colpita dalla delicatezza del gesto, che credo proprio sia stata un’iniziativa totalmente autonoma da parte della compagnia di pompe funebri.
      A me colpiscono veramente tanto queste piccole attenzioni che talvolta le compagnie di pompe funebri riservano ai parenti a lutto. Svolgono un lavoro delicatissimo (e, presumo, anche molto faticoso dal punto di vista psicologico): in quei frangenti, anche questi piccoli gesti possono dire tanto.

      Le rose staccate dal cuscino mi avevano fatto tornare in mente il mio parroco torinese di quand’ero liceale, che, al termine del funerale, staccava alcuni fiori dal cuscino e li andava a posare sulla tovaglia dell’altare, e sugli altri fiori che decoravano l’altare. Anche quello era un gesto simbolico e bellissimo 🙂

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    2. Lucia

      Senza nulla togliere alle piantine di Chiara, eh, ci mancherebbe!! 🙂
      Ma era solo per sottolineare la mia sorpresa nel vedere tanta delicatezza provenire non dalla famiglia, non dalle ultime volontà del defunto, ma da una “fredda” agenzia di pompe funebri che, in teoria, non sarebbe neanche tenuta a queste attenzioni extra, ecco 😉

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    1. Lucia

      Concordo con tutte e due: sia per le piantine che per la storia che si ripete 😉

      Essì, non abbiamo inventato niente! Chissà se anche in altre culture pre-cristiane esistevano cose del genere? Tipo messaggi inviati a perfetti sconosciuti per chiedere preghiere e offerte per l’anima di un defunto?
      Forse sì, chissà. Non me ne intendo!

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  7. Emilia

    Piuttosto, sarei curiosa di sapere cosa pensate dell’atteggiamento sempre più diffuso a vedere il funerale come un momento di festa, con campane a distesa e paramenti bianchi, specie se il defunto è giovane. Personalmente, eviterei una glorificazione così inopportuna. Vado giù troppo pesante?

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    1. Lucia

      Argh.
      Adesso metto un disclaimer enorme sul fatto che NON MI STO RIFERENDO A NESSUN CASO SPECIFICO, e che MEN CHE MENO VORREI OFFENDERE CHI HA FATTO QUESTA SCELTA.
      Fatta questa premessa, però… Ehm. Se proprio devo essere sincera, eviterei anch’io.
      Eviterei una glorificazione così grande (addirittura i paramenti bianchi!); eviterei perché non vorrei mai far venire i complessi a quello che, seppellendo i suoi cari, avrebbe solo avuto voglia di piangere (e adesso va in crisi perché si sente “da meno”); eviterei perché, proprio in generale, gli slogan tipo “santo subito” mi mettono sempre un po’ in allarme. Per dire: non li avevo graditi manco ai funerali di Giovanni Paolo II, che palesemente santo lo era di certo.
      Non sempre i funerali “a festa” coincidono con “santo subito il defunto”, ma a volte sì. E io ho sempre un po’ di perplessità, quando parte una sorta di “venerazione” popolare che precede qualsiasi tipo di pronunciamento ecclesiastico; io ho visto distribuire santini (veri e propri santini!) di gente che non è manco (ancora) serva di Dio.
      E ‘nsomma, io eviterei. Aspetterei.

      Tornando ai funerali a festa: certamente capisco il messaggio bellissimo che vogliono trasmettere, e penso anche che vedere certe immagini/testimonianze possa essere stato di grande aiuto a molte persone in lutto. Però, comunque… io eviterei. E’ meraviglioso essere felici perché il tuo amato, morendo, è tornato al Padre (e lo dice una che s’è messa a ridere al funerale della sua nonna adorata), ma non credo che le campane a festa siano necessariamente l’unico modo.
      Sono molto convinta che qui entri in gioco anche una componente caratteriale mia (il proverbiale understatement sabaudo, sai com’è :-P), ma comunque sì. Pur capendo le ragioni che portano a questa scelta, io comunque eviterei.

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      1. Lucia

        A proposito: l’ho già detto ai miei cari, adesso colgo l’occasione di scriverlo anche qui così resta.
        Se domani esco di casa e mi tira sotto una macchina e qualcuno prova a dire “uh brava Lucia com’era cristiana, santa subito!, campane a festa e inni di gioia mentre andiamo a seppellirla!”, io cerco un modo per tornare da morte e venire a strangolare i responsabili.
        ;-D

        Uno perché santa non sono; due, perché al mio funerale voglio gente serena, sorridente, sollevata e tutto quanto, ma possibilmente vestita a lutto (ché io ci tengo al bon ton). Se il prete fa partire le campane a lutto e tira fuori dalla sacrestia una vecchia pianeta nera, mi renderà la defunta più felice dell’Al-di-là.

        Mo’ l’ho scritto, eh.
        Se domani muoio e voi non mi date retta, è solo colpa vostra 😛

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  8. nihilalieno

    Se ogni frate che muore, un altro frate parte… Chi ci rimaneva in convento? Si vede che non avevano problemi di numero a quel tempo… Qui se a me viene la febbre vanno in crisi due scuole! Una preghiera per Sissi 2002…

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  9. Lucia

    Aggiornamento per tutti quelli che hanno apprezzato gli scritti di Fernanda e vogliono leggerne ancora: oggi trovate una sorta di suo “testamento spirituale” (una lettera tra lei e il suo cancro, bellissima) sulle pagine di La Croce. Per chi volesse… 🙂

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