Le canonizzazioni sono infallibili?

Verrebbe da far battute sulle vite che devono avere i lettori di questo blog, per arrovellarsi costantemente su questioni come quella di cui sopra. Eppure, quella che leggete nel titolo è una delle domande che più frequentemente mi vengono poste: ma quando la Chiesa canonizza un santo, questa affermazione è da intendersi come infallibile?

Spiace dire che la domanda viene sollevata perlopiù da persone che sperano in una riposta negativa. Sui siti dedicati, moltissimi (ma proprio moltissimi) si ponevano questa domanda all’epoca della canonizzazione di Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII, due papi che vengono considerati assai poco santi da certe frange filo-scismatiche ultra-tradizionaliste.

Eppure, anche quando viene posta con questi polemici “secondi fini”, la domanda è pur sempre interessante. Posto che, emanando un decreto di canonizzazione, la Chiesa sta sostanzialmente dichiarando che Tizio, novello santo, si trova in Paradiso… quest’affermazione è infallibile?
Domanda bis: qualcosa può andare storto, in un processo di canonizzazione? È possibile che la Chiesa dichiari santo un tale che invece sta all’inferno? O lo Spirito Santo la sorregge in questo, impedendole di prendere una cantonata?

La domanda è intrigante, per l’appunto, e capace di accendere vive discussioni. Io, incuriosita dal tema, ho cercato di dipanare il bandolo della matassa basandomi su quello che mi sembrava il testo più autorevole in circolazione: il libro di testo dello Studium che prepara i dipendenti della Congregazione per le Cause dei Santi.

***

Iniziamo da un punto fermo: è noto che la Chiesa gode dell’assistenza dello Spirito Santo per custodire il depositum fidei e per esporlo correttamente ai fedeli. La Chiesa può dunque agire infallibilmente nel definire dottrine relative alla fede.
Il caso dei Santi, però, è leggermente diverso. Che Tizio abbia vissuto da buon cristiano e sia adesso in Paradiso non è il fulcro della fede cattolica: è un dettaglio molto specifico e, se vogliamo, anche marginale. In particolare, la Congregazione per le cause dei Santi lo definisce un “fatto, in se stesso contingente, estraneo al deposito della fede e senza relazione necessaria con esso, ma che ha qualche rapporto con una dottrina da affermare”.
Ebbene: nel parlare di questi “fatti in se stessi contingenti”, la Chiesa è o non è infallibile?

Il librone su cui mi baso fa una interessante osservazione: lasciamo perdere per un attimo i santi; concentriamoci sugli eretici conclamati, che si trovano in una situazione speculare rispetto ai canonizzati.

Da sempre, la Chiesa si è riservata il diritto/dovere di condannare apertamente non solo le eresie in senso astratto, ma anche i singoli individui che delle eresie si fanno promotori.

Su che cosa si fonda questo comportamento della Chiesa? Sul fatto che il suo Fondatore le ha promesso la sua presenza e le ha fornito tutti i mezzi necessari per lo svolgimento della propria missione.

E la missione della Chiesa sarebbe gravemente inadempiuta se essa lasciasse i suoi fedeli nell’incertezza di quale sia la strada “giusta” da seguire. A fini pastorali, non basta pubblicare online astruse prolusioni in cui si dice che non è bene essere gnostici (“e che è uno gnostico?”, si chiede giustamente la casalinga di Voghera): è indispensabile indicare pubblicamente tutti i predicatori che diffondono l’eresia. Occorre insomma che i fedeli siano messi nella condizione di sapere che don Peppino, predicando certe assurdità, si pone indubitabilmente in una posizione irregolare – quindi, se avete a cuore la salvezza della vostra anima, cari amici, non dategli retta.
Una posizione chiara, netta, che non lascia spazio a dubbi e che potrebbe certamente salvare molte anime: in questo – sono tutti concordi – la Chiesa agisce in maniera infallibile.
Del resto, stabilito infallibilmente un fatto di fede (“lo gnosticismo è un’eresia”) è ragionevole pensare di essere infallibili anche nell’affermare un fatto collaterale che da ciò direttamente deriva (“Don Peppino, che predica lo gnosticismo, in questo momento si trova in grossi guai col Padreterno”).

E ok.
E a questo punto, molti dicono: se la Chiesa può infallibilmente affermare che Don Peppino è eretico (il che di per sè non è depositum fidei, bensì un fatto  contingente), allora, può allo stesso modo affermare che Don Peppone è un santo (e anche questo non sarà depositum fidei, bensì un fatto contingente).

Ma siamo poi così sicuri che per i santi valga lo stesso discorso?

Se la Chiesa stabilisce, senza alcun dubbio con infallibilità, il  fatto di fede per cui “chi pratica le virtù cristiane finisce in Paradiso”, è ragionevole pensare che sia altrettanto infallibile nell’affermare il fatto collaterale per cui “Tizio ha praticato le virtù cristiane con grado eroico, e quindi è indubitabilmente in Paradiso”?

Alcuni dicono di sì.
La Congregazione per le Cause dei Santi, sorprendentemente, sembra propendere per il no.

Perché… in fin dei conti cosa ne sai, di come ha realmente vissuto Tizio, e di dove si trova in questo momento la sua anima?
Ok, c’è il processo di canonizzazione che dovrebbe garantire al giudizio un certo grado di attendibilità; ok, ci sono uno/due miracoli a cui indubitabilmente va dato un enorme peso… ma tutto questo comporta davvero infallibilità?
Perché ci sia infallibilità, occorrebbe affermare che lo Spirito Santo sorregge la Chiesa in questo processo, a motivo dei gravi pericoli che una erronea canonizzazione comporterebbe per la salvezza delle anime.
Ma questi gravi pericoli sono poi così gravi?
In effetti no, secondo la Congregazione per le Cause dei Santi, che scrive:

Il caso della canonizzazione non è esattamente simile a quello della condanna di un eretico. Nel caso della condanna, è chiaro che siamo di fronte a un grave pericolo per la fede dei cristiani e che l’individuazione precisa di tale pericolo è necessaria alla preservazione di questa fede.
Quando si tratta di canonizzazione, invece, non troviamo niente di tutto questo. Si tratta di un movimento spontaneo della Chiesa che ritiene bene di proporre qualcuno alla venerazione dei fedeli. In caso di errore, non ne conseguirebbe un danno mortale per la fede, anche se ciò sarebbe evidentemente molto spiacevole.
In altre parole, che i fedeli si pongano a seguito di Lutero, sarebbe di mortale gravità per loro; che venerino, per assurdo, un santo che in realtà fosse all’inferno, non ha tale gravità e può ugualmente aiutare la loro vita cristiana.

(Ovvero: se la famiglia di Maria Goretti, per assurdo, fosse sempre riuscita a tenerci nascosto che la ragazzina era in realtà un pappone che gestiva il racket della prostituzione, l’ignorare questo dettaglio non pregiudicherebbe la mia fede: io ammiro Maria Goretti per le virtù cristiane che le sono attribuite. Poi se in realtà non ce le aveva, son fatti suoi: intanto, la lezione di catechismo in cui si parlava delle martire della purezza ha comunque fatto presa su di me). (Senza offesa, Maria Goretti).

È anche per questo che la Chiesa, dopo aver espunto dal martirologio alcuni santi dalla storicità dubbia, non si danna più tanto per soffocarne il culto popolare:

Non c’è nemmeno motivo di pensare che le preghiere indirizzate mediante l’intercessione di questi pseudo-santi rimangano necessariamente vane. […] Si capisce che Dio esaudisca delle preghiere che, in mancanza dell’intermediario, vanno direttamente a lui.
Perciò, non essendo la canonizzazione di una persona necessaria alla custodia e difesa del deposito della fede, non sembra che la materia della canonizzazione sia tale da poter essere soggetta all’infallibilità.

***

Nel suo manuale, la Congregazione per le Cause dei Santi previene due possibili obiezioni a questa tesi:

1)      “Lex orandi, lex credendi”: poiché la Chiesa venera i santi nella sua liturgia, allora dobbiamo presumere che i santi siano indubitabilmente tali.
…non è mica così vero, argomenta la Congregazione: intanto, la Chiesa ammette il culto locale anche di santi provenienti da epoche remote, sulla cui storicità nessuno metterebbe la firma.
In secondo luogo, c’è anche da tenere in considerazione che il Papa concede ai fedeli un culto liturgico in onore dei beati, ma senza minimamente voler con ciò affermare che gli individui celebrati in questa liturgia sono da considerarsi santi.
La venerazione liturgica verso i santi non è da considerarsi di per sè una prova.

2)      La formula pronunciata dal Papa nella cerimonia di canonizzazione sembra alquanto solenne: non dice “sì, boh, forse”.
Ammetto che questa sembra anche a me una questione di lana caprina, ma la Congregazione per le Cause dei Santi sottolinea che, nella formula di canonizzazione, il Papa si limita a dire che “Tizio è un santo”; non si spinge al dire “i fedeli devono obbligatoriamente credere che Tizio è un santo”.
Sembra un arrampicarsi sugli specchi, ma invece no: ad esempio, quando un Papa proclama infallibilmente un dogma, specifica che ogni fedele è obbligatoriamente tenuto a crederci – ed è tenuto a crederci de fide divina, cioè come se queste dottrine gli fossero rivelate da Dio stesso.
Nella formula di canonizzazione non è presente niente di tutto questo, e tutt’al più si trovano formularii tipo “quanto da Noi stabilito in questa lettera è Nostra volontà che risulti stabilmente valido, senza disposizioni in senso contrario”.
Ma questo sembrerebbe più che altro voler dire che se io Papa canonizzo Tizio, tu cardinale non puoi metterti a piantar rogne vietando ai fedeli di venerarlo, o urlando col megafono in Piazza San Pietro che Tizio è in realtà all’inferno. Sembra riferirsi a questioni pratiche, più che a verità di fede: nessuno si azzardi a ostacolare il culto del santo che io Papa ho appena proclamato.

Morale della favola? “Tana libera tutti”, e se a me sta antipatica Madre Teresa posso sentirmi autorizzata a non riconoscerla come santa?

Beh… dopo tutta questa pappardella, potrebbe stupirvi sapere che la risposta è “sì e no”, anzi “più no che sì”.

Intanto, c’è la questione di cui abbiamo appena parlato: se il Papa proclama un santo, i fedeli sono tenuti ad aderire a questa disposizione, senza ostacolare il culto.
Secondo: se diamo valore ai pronunciamenti del Santo Padre, c’è un Papa nello specifico che ha usato parole molto chiare circa l’annosa questione.

Interrogato sull’infallibilità delle canonizzazioni, Papa Benedetto XIV distingueva due punti chiave: uno, le canonizzazioni sono fallibili o infallibili?
E rispondeva:

A noi sembra che ciascuna delle due opinioni debba essere lasciata alla sua propria probabilità, finché la Sede Apostolica non esprima il suo giudizio

(che non mi risulta abbia mai espresso).

Seconda domanda: è dunque possibile e lecito affermare che un santo non è salvo (…e/o, magari, sta pure all’Inferno)?
E rispondeva:

Colui che osi affermare che il Pontefice, in questa o in quella canonizzazione, abbia errato, e che questo o quel Santo da lui canonizzato non vada venerato con culto di dulia, [noi lo] dichiareremo arrecatore di scandalo all’intera Chiesa, e, se non eretico, quanto meno sconsiderato, oltraggioso nei confronti dei Santi, compiacente verso gli eretici che rifiutano l’autorità della Chiesa nella canonizzazione dei Santi, e in odore di eresia, in quanto spiana la strada degli infedeli alla derisione dei fedeli.

‘nsomma: sembra che la Chiesa non sia infallibile, nell’atto di canonizzare un santo. E in linea puramente teorica potrebbe anche darsi che (nonostante il rigido processo, nonostante il sigillo dei miracoli…) la Chiesa sbagli, e additi come santo un individuo che in realtà sta all’Inferno.
però, queste sono tutte questioni teologiche fini a se stesse: perché, fino a prova contraria, a noi fedeli viene chiesto di prestare fede alla nostra Santa Madre Chiesa.
E se il Papa ti canonizza quel tizio che proprio non puoi vedere… liberissimo di fare una faccia scettica nell’intimo del tuo salotto, ma per cortesia non andare in giro a seminare scandalo tra i tuoi fratelli di fede.

25 risposte a "Le canonizzazioni sono infallibili?"

  1. ago86

    Questo post è un capolavoro di chiarezza, e ha toccato tutti i punti fondamentali della questione. Sul tema non penso ci sia altro da aggiungere.

    Mi permetto di dare un suggerimento per un futuro post: hai riportato la replica di Benedetto XIV, che afferma che chiunque neghi la validità di una canonizzazione “non è eretico, ma sconsiderato”. Ecco, che ne diresti di scrivere un post dove esponi i diversi “gradi” di eresia e di censura ecclesiastica? Sarebbe un completamento di questo, visto che esistono insegnamenti infallibili, altri invece che sono “comuni”, “certi”, etc. E’ una cosa che molti ignorano (specie in rete).

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    1. Lucia

      …tutto sommato, mi verrebbe da rispondere “perché non sono convinta di conoscere il tema molto meglio del catto-internauta medio” 😛
      Devo documentarmi un pochino prima di scrivere per bene, ma… grazie, perché l’idea è meravigliosa!

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  2. Emilia

    “Se il Papa proclama un santo, i fedeli sono tenuti ad aderire a questa disposizione, senza ostacolare il culto”, hai scritto. Vale la stessa cosa per le approvazioni delle apparizioni mariane, mi pare di capire, o mi sbaglio?

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  3. ago86

    “Perciò non sono dogmi le rivelazioni private, ancorché verissime, come, per esempio, la rivelazione del Sacro Cuore di Gesù fatta a santa Maria Margherita Alacoque . Tali rivelazioni sono fatte da Dio, sì, ma non con l’intento d’impegnare la fede della società religiosa come tale. La Chiesa accetta, dopo accurato esame, queste rivelazioni private soltanto perché non contengono nulla che sia contrario alla rivelazione pubblica a lei affidata, ma non potrà mai definirle come verità dogmatiche, essendo la rivelazione chiusa con la morte dell’ultimo apostolo. Questo però non significa che chi le negasse non commetterebbe peccato, anche mortale, per grave temerità, benché non potrebbe dirsi eretico né cadrebbe sotto le pene ecclesiastiche.”
    […]
    “Specialmente intorno ai miracoli antichi, non quelli narrati nella Sacra Scrittura, sono state trasmesse alcune cose che sono frutto di vera immaginazione. Quando si tratta dunque di miracoli, rivelazioni private o apparizioni, di molti fatti della vita di qualche santo o anche di reliquie, questo si può dire e ritenere: nell’approvazione da parte della Chiesa dei miracoli nel processo di canonizzazione di qualche santo, o di quei miracoli riferiti nel breviario o anche dell’istituzione di qualche festa speciale per un’apparizione, come quella di Lourdes, di san Michele Arcangelo, della traslazione della Santa Casa di Loreto, o dell’autenticità e del culto di qualche reliquia, come la Scala santa, la Chiesa intende pronunziarsi solo per una probabilità e una certezza puramente umana e per di più pratica, che cioè sia sufficiente a favorire il culto.
    Tutto questo merita solo quella pia adesione e riverenza che è dovuta alla Chiesa anche per quelle cose nelle quali non è infallibile, e non esige un atto di fede. Così se qualcuno negasse che la B. Vergine sia stata presentata al tempio o varie apparizioni, non commetterebbe peccato contro la fede, benché potrebbe peccare per altre ragioni e anche gravemente, né potrebbe senza un grave motivo, almeno pubblicamente, insegnare una diversa opinione.”

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    1. Lucia

      Ehm… temo di no, non si trova.

      Non è un documento della Congregazione per la Dottrina della Fede, ma della Congregazione per le Cause dei Santi appunto. La mia citazione è tratta dal libro che citavo nel post (Le cause dei Santi, Libreria Editrice Vaticana), che parla de Il valore dogmatico della canonizzazione da p. 89 a p. 92. Il brano che intendi si trova a pagina 91, per la precisione.

      Per completezza segnalo che, alla fine del testo che ho citato, il manuale dice in nota: “S. Tommaso riserva l’infallibilità della Chiesa a ciò che è necessario alla salvezza. Ora è chiaro che è necessario alla salvezza professare la vera fede e non sembra necessario alla salvezza pregare solo persone degne di essere pregate”.

      (Che detto così… fa pure abbastanza ridere, LOL :D)

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        1. Montagner Alessio

          Lascio una risposta a distanza di quattro anni. Credo che ciò che il manuale dica sia corretto: per la salvezza, è necessario essere nella Chiesa. Bisogna però vedere cosa voglia dire questa salvezza. Ci sono due sensi, uno generale (latino) e uno specifico (greco). Nella tradizione latina, la salvezza è semplicemente la salvezza dalla condanna a morte, il non morire e l’essere in paradiso. Nella tradizione greca, la salvezza è la teosi, l’essere uno con Dio. La frase va intesa prendendo la salvezza in questo secondo senso, non nel primo. La Chiesa è la sposa di Cristo, ed è quindi una stessa carne con Lui. Ne consegue che, per avere salvezza (teosi), è necessario essere nella Chiesa. D’altro canto, sarebbe erroneo pensare che, al matrimonio, ci siano solo lo sposo e la sposa, Cristo e Chiesa! Allo stesso tavolo ci sono anche i genitori della sposa (gli ebrei), e nei tavoli tutt’attorno ci sono anche tutti i loro amici, cioè tutti coloro che non odiano Dio in sostanza, islamici, buddisti, atei, mettiamoci pure gli alieni se vogliamo: costoro non sono “una stessa carne”, non solo la sposa, ma sono comunque salvi nel senso latino, sono comunque nello stato del paradiso.
          Si può dire che sarebbe comunque ingiusto il fatto che solo la Chiesa (qualcunque essa sia) sia una sola carne con il Cristo, e gli altri no. Ma non è ingiusto. Il destino dell’uomo era l’essere nello stato del Paradiso, l’essere salvi nel primo senso, non nel secondo, in un certo senso non era “nei piani di Dio” prende una sposa. Il peccato ha portato l’uomo lontano da questo destino: non ci sarebbe stata più alcuna festa, tutti morti e basta. Il Signore, per realizzare la festa comunque, ha dovuto allora sceliere una sposa, dare ad una sola più che alle altre, per sua libera scelta. È forse ingiusto scegliere di sposare una sola ragazza tra tutte le pretendenti? Ovviamente no, non è ingiusto. Al contrario: se il Cristo non avesse fatto così, se non avesse scelto una Sposa (cioè: se non avesse scelto di incarnarsi in uno specifico punto dello spazio e del tempo, scelto in virtù della fede di Abramo), non ci sarebbe stata alcuna festa, sarebbero tutti nello sheol. Invece, dando di più a una, tutte possono ritornare alla festa, tutti hanno comunque quello che dovevano avere.
          Quindi possiamo legittimamente dire così: fuori dalla Chiesa non c’è salvezza; il che non vuole affatto dire, però, che quelli che sono fuori dalla Chiesa andranno all’inferno, al contrario, tutti quelli che sceglierebbero Dio anziché il male (anche se sono atei) sono nello stato del paradiso, semplicemente non sono la sposa stessa, saranno invece gli amici, o i genitori della sposa, e non c’è colpa o merito in questo, è una grazia di Dio il renderci un sol corpo con lui, il darci la possibilità di esserlo, una grazia che non ha concesso a chiunque essendo “qualcosa in più”.

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      1. Ubi Deus ibi pax

        Grazie mille, non conoscevo questo volume ed è senz’altro interessante leggere la posizione di chi l’ha scritto.

        Immagino però che si tratti di un volume a sé stante, il cui contenuto non sia stato riportato negli Acta Apostolicae Sedis, né da essi richiamato. Giusto?

        Lo chiedo per capire se si tratti unicamente della posizione di alcuni membri della Congregazione, con l’eventuale accordo del Prefetto o del Segretario, o di un atto magisteriale a tutti gli effetti. Nel secondo caso sarebbe una dichiarazione del tutto nuova, così esplicita come pare dagli stralci da te riportati.

        Grazie!

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        1. Lucia

          …onestamente, non so se il contenuto sia stato riportato negli Acta (sicuramente si potrebbe controllare), però questo è il libro testo ufficiale per gli studenti dello Studium della Congregazione delle Cause dei Santi.

          Quindi voglio ben sperare che le posizioni espresse siano quelle ufficiali della Congregazione delle Cause dei Santi (e conseguentemente della Santa Sede) e non dei tre curatori singolarmente 😅

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  4. Pingback: Le condizioni dell’infallibilità – La falsa morte

  5. zimisce

    Bello questo articolo. A questo punto ci vorrebbe l’articolo speculare, cioè “quanto sono infallibili le condanne di scomunica?”. Magari le due situazioni non sono perfettamente speculari si potrebbe approfondire. Tempo fa leggevo di una donna australiana che era scomunicata quando morì, ma fu poi canonizzata. Certo c’è anche il caso di Giovanna d’Arco ma lì la condanna veniva solo dal vescovo locale. Le scomuniche moderne non credo siano lasciate agli “enti locali”.

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    1. Lucia

      🥺
      After all this time, come direbbero in Harry Potter.
      Giusto per mettere i puntini sulle I, la donna australiana che dici tu (che è sicuramente Mary MacKillop) NON era scomunicata al momento della sua morte (era stata scomunicata e poi fu reintegrata, ben prima di morire) e comunque NON era di certo stata scomunicata per aver denunciato un prete pedofilo, come invece tutti i giornali del mondo sono andati avanti a dirci.
      Ne parlavo qua.

      Fatta la precisazione (ormai è diventata questione di principio 😆) è in effetti una domanda interessante, la tua. Non mi arrischio ad approfondire perché davvero non è il mio campo, ma chissà se qualche lettore di passaggio conosce la risposta?

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      1. guidoferrocanale

        Be’, no, le scomuniche non sono infallibili, perché sono sanzioni canoniche che riguardano solo una persona singola e possono derivare anche da ragioni non dottrinali (oggi molto meno di una volta, perché il loro impiego è stato circoscritto; però ad es., se uno picchia il Papa è scomunicato latae sententiae anche se non ha motivi dottrinali).
        L’infallibilità può riguardare due aspetti: la qualificazione teologica della dottrina oppure, come oggetto secondario, il fatto che Tizio abbia sostenuto proprio quelle tesi lì e non sia stato frainteso. Ma la seconda ipotesi si dà solo nel caso di un atto infallibile del Romano Pontefice (o del Concilio Ecumenico) che condanna la tal eresia come eresia di Lutero o di Giansenio.
        La scomunica, anche per eresia, richiede condizioni ulteriori: piena avvertenza, deliberato consenso, assenza di attenuanti… E che queste ci siano o non ci siano è faccenda estranea al bene delle anime in genere, le quali debbono essere messe in guardia da Tizio anche se, per ipotesi, propagasse eresie in buona fede, perché la pericolosità è oggettiva.

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  6. agapetós

    A tal proposito, Joseph Ratzinger così si espresse nel 1970 su Famiglia Cristiana:
    «Inoltre, vengono ascritte al campo indiretto della infallibilità anche le canonizzazioni dei santi (…): ciò è necessario, perché altrimenti tutta la Chiesa potrebbe essere direttamente fuorviata nella sua vita spirituale.»
    Joseph locuto, enigma soluto. 😀

    Fai clic per accedere a FC_32_70.pdf

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  7. Montagner Alessio

    Mi sono infermato bene, ho chiesto conferma a più teologi e sono abbastanza sicuro che quello che sto per dire non sia, almeno, un palese errore. Le canonizzazioni sono infallibili: questa può essere considerata una conclusione teologica. Ciò nonostante, è errato credere che siano infallbiili nel dire che una certa anima sia in paradiso, o addirittura nel dire che un certo santo sia storicamente esistito. Sono infallibili nel proprio della canonizzazione. Il proprio della canonizzazione è il seguente: che Dio risponde alle preghiere della Chiesa nel suo complesso, cioè risponde alla devozione ecclesiale. I critici dell’infallibilità hanno detto: perché le canonizzazioni sarebbero infallibili, e le beatificazioni no? Ma la risposta è chiara: la beatificazione non è un culto della chiesa universale, non è una devozione ecclesiale. La canonizzazione, invece, allarga la devozione ecclesiale, crea un culto universale. Ogni canonizzazione, dunque, riflette l’affermazione infallibile per la quale Dio rispnderà a quel culto. Quindi le canonizzazioni sono infallibili in questo senso: non nel dire che qualcuno è esistito ed è in paradiso (che non sono materia di fede, e quindi non possono neanche essere dette infallibilmente), ma nel dire che Dio risponderà a quel culto. Queste cose sono spiegate, per esempio, da Faggioni OFM in “la canonizzazione dei santi. infallibili?”, e mi sono state confermate da altri teologi. Quindi direi che in realtà non c’è nulla di particolarmente problematico, per noi, nell’affermare che le canonizzazioni sono infallibili. Se poi uno vuole dire che secondo lui Giovanni XXIII è all’inferno, be’, direi che, per usare le terminologie della censura, è senza dubbio una “propositio iniuriosa”, ma non è contraria all’infallibilità, non è necessariamente anche erronea.

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    1. Lucia

      Oooohhh, grazie mille Alessio! Grazie davvero per questo commento illuminante, che per quel che vale mi convince abbastanza: io non sono una teologa (il mio interesse è più di natura storica, o agiologica in questo caso) quindi non sono particolarmente ferrata nella materia, ma in effetti la spiegazione che proponi mi sembra molto ragionevole e mi pare anche valida per conciliare le due visioni apparentemente contrastanti.
      In effetti trovo molto sensato dire “infallibilmente” che Dio ascolterà le preghiere, ma non esprimersi sulla reale presenza del santo in paradiso (perché, in effetti… come fai a dirlo infallibilmente?). A naso mi pare davvero molto sensato, non avrei mai pensato a fare questa distinzione ma mi sembra una lettura piuttosto convincente.

      Ho trovato su JSTOR l’articolo di Faggioni che citavi e lo lascio qui per comodità, casomai qualcuno volesse leggerlo a sua volta:

      https://www.jstor.org/stable/43947104

      Grazie davvero per il contributo preziosissimo!

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