Biancomangiare!

Cos’è il biancomangiare?
Un dolce tipico siciliano, sì, ma molto, molto di più. Basterebbe la sola lettura della pagina di Wikipedia per farci suonare nella testa un metaforico campanello d’allarme, nel momento in cui l’enciclopedia online ci spiega come questo dolce della contea di Modica si trovi anche in Sardegna (…?) e Val d’Aosta (?!), con minime differenze di preparazione.

E infatti, il biancomangiare non è solamente un dolce.
“Biancomangiare” è una dieta, una tecnica di cottura, una filosofia gastronomica che assurge quasi a “stile di vita”.
E, sorprendentemente, non è una moda da fricchettoni new-age, ma bensì una dieta con origini antichissime, che affonda le sue radici nei secoli centrali del Medio Evo.

***

E quindi, ripartiamo: cos’è il biancomangiare?
Il biancomangiare è, nel Medio Evo, un regime alimentare basato sul consumo di alimenti che hanno colore chiaro. Del tutto candido, o comunque tendente al bianco.
Insomma: un tripudio di riso, carne bianca, mandorle, zucchero, latte, pesce a polpa chiara. Ammessi funghi, patate, e tutte le verdure sui toni del bianco; severamente banditi gli alimenti di colore scuro… e soprattutto le carni rosse, nemico giurato del blanc manger.

Madeleine Ferrières, che in un “gustoso” libro sulle paure alimentari nella Storia analizza tante di queste fissazioni gastronomiche, stenta a capitarsi di questa bianco-mania:

Gli storici, che hanno studiato il simbolismo cromatico associato a una quantità di oggetti, non spiegano perché in cucina, ma soprattutto nei prodotti del mercato, il bianco sia così valorizzato [nel Medio Evo]. Non vi è alcuna corrispondenza oggettiva fra colore bianco e valore nutritivo, anzi. Un pane bianchissimo, senza glutine, un vino bianco, senza i polifenoli del rosso, sono meno salutari di un pane o di un vino colorati.

Eppure, è la stessa Ferrières a proporre per questo fenomeno una chiave di lettura: nel Medio Evo, il blanc manger va di moda per ragioni squisitamente mediche, tutte collegate alla “medina galenica” in voga a quel periodo.

Secondo la teoria del medico greco Galeno, l’organismo umano si compone di quattro elementi (più propriamente detti “umori”): sangue, flegma, bile nera, bile gialla.
La proporzione di questi elementi all’interno del corpo umano tende ad alterarsi naturalmente a seconda delle età, del tempo atmosferico, del momento della giornata e così via dicendo. Piccole variazioni nella proporzione degli umori sono dunque perfettamente accettabili, ma quando l’equilibrio dei quattro elementi viene alterato in maniera pesante, ecco allora insorgere la malattia – fisica e non solo: un eccesso di questo o quell’altro elemento può persino comportare degenerazioni caratteriali.

Tra i quattro elementi, uno in particolare era da tenere sotto controllo con particolare attenzione (un po’ come noi teniamo sotto controllo e il colesterolo): la bile nera, temutissima fra tutte. Si trattava di un umore particolarmente insidioso, innanzi tutto perché era quello che si “sballava” con maggior facilità, soprattutto in chi svolgeva lavori che comportavano poca attività fisica.
In secondo luogo, era proprio la bile nera a portare, in caso di alterazioni, le conseguenze fisiche più dannose. Il medico catalano Arnaldo da Villanova, morto nel 1311, definiva senza mezzi termini la bile nera “nemica della gioia e della franca espansione, parente della vecchiaia e della morte”.

Ecco dunque l’assoluta necessità di contrastare in ogni modo gli squilibri della bile – anche a costo di ricorrere a diete particolari, tutte basate sul principio dell’allopatia (cioè: l’assunzione di sostanze che hanno azione contraria rispetto alle cause della malattia).
E allora – giacché la bile nera è un umore freddo, secco… e nero, per l’appunto – prende piede la convinzione che un’utile strategia per combatterla sia quella di introdurre all’interno dell’organismo sostanze calde, umide… e bianche.

Secondo Marsilio Ficino, ad esempio, a tal scopo

vanno bene tutti i latticini, in particolare latte, formaggio fresco, e le mandorle dolci. Si adattano bene le carni di uccelli, galletti, quadrupedi lattanti; le uova da bere, in maniera particolare, e, tra le parti degli animali, particolarmente il cervello. Inoltre vino leggero, chiaro, soave e odoroso.

È quasi sicuramente a partire da questi precetti medici (accompagnati da una certa moda del momento, come ce ne son tante anche per le nostre diete salutiste…) che nasce, nei secoli centrali del Medio Evo, un nuovo trend alimentare. E cioè, il biancomangiare: un intero menù (se possibile), o come minimo una portata (vero must in tutti i pasti di un certo livello) interamente a base di ingredienti bianchi.
Le cucine europee lo propongono in innumerevoli varianti: dolci, salate, neutre; come portata principale, come piatto di contorno. Nei pranzi signorili, il biancomangiare era quasi sempre una portata a sé, proposta dopo il secondo e prima del dessert, con funzioni simili a quella dell’odierno sorbetto servito a metà pranzo: dare agli ospiti un momento di pausa con un boccone fresco e leggero, stimolando la digestione per le portate successive. In questa accezione, il biancomangiare è proposto da tutti i ricettari medievali in una variante “di grasso”, a base di petto di pollo, e una variante “di magro” con polpa di pesce, e perciò adatta al consumo in Quaresima.

Per chi volesse cimentarsi con un autentico biancomangiare old-style, riporto qui la ricetta originale di Maestro Martino de Rubeis, famosissimo e popolarissimo cuoco italiano del XV secolo. Traggo la ricetta, e soprattutto il suo adattamento, da quella delizia di libro che è A tavola nel Medioevo. Con 150 ricette dalla Francia e dall’Italia, edizioni Laterza: davvero un piccolo tesoro per tutti gli appassionati (…e i semplici curiosi).

Ma prima di lasciarvi alla ricetta, vi avviso che ci si rilegge sotto…

Biancomangiare di Maestro Martino

…e ci si rilegge sotto, come promesso, perché qui mi sono sbizzarrita (o: sono definitivamente uscita di testa), e ho provato ad adottare la strategia del biancomangiare per comporre il menù di un pranzo d’oggi, con ricette d’oggi… rigorosamente, a regime quaresimale!

Beh: i medievali approverebbero. Se la dieta del biancomangiare era adottabile in ogni periodo dell’anno, i benefici di questo regime alimentare diventavano particolarmente evidenti nei tempi forti.
L’eccesso di bile nera – l’ho già detto – poteva causare non solo sofferenza fisica (che, tanto quanto…), ma anche pericolose degenerazioni caratteriali. Malinconia, ansia, inibizione della vita di preghiera, irritabilità: tutte queste erano potenziali conseguenze di uno scompenso di bile nera (e vorrei farvi notare che un’eco di queste convinzioni mediche rimane ancora nel nostro linguaggio, quando diciamo che “oggi sono di umore nero”).

E… beh: non è bello affatto, essere di umore nero. È soprattutto pericoloso lasciarsi sprofondare in un gorgo di melanconica tristezza, che ti induce a ripiegarti su te stesso abbandonando ogni interesse per il prossimo tuo.. e per Dio. Ecco perché la dieta del blanc manger era particolarmente gettonata nei tempi forti dell’anno liturgico: se un alimento di colore bianco può in qualche modo “detossicarci” da tutto ciò che non va nel nostro carattere… beh: perché no?!

Ligia a questo precetto medievale, io mi son divertita a creare tre menù quaresimali per chi volesse giocherellare a servire una cena tutta in bianco. Siccome sono io “la padrona di casa” virtuale, vi adattate necessariamente alle mie scelte: niente carne, niente alcool, niente dolci. Vuolsi così in casa mia (ove non vedreste mai in Quaresima un pranzo composto da così tante portate, ma… mettiamocele tutte, per amor di discussione).
Ebbene, le mie scelte proposte per il blanc manger sono queste: ognuno rimanda a una ricetta che ho trovato sui siti di food blogger. Ognuno può divertirsi a comporle come meglio crede per creare il suo menù ad hoc… e se qualcuno si cimenta davvero con questa cena albo-quaresimale, me lo faccia sapere… e soprattutto mandi le foto!!

Antipasto

  • Spiedini di una bianca e pecorino: ricetta qui, via La regina dei fornelli
  • Tagliata di primosale: ricetta qui, via Clara Pasticcia
  • Focaccia di Recco: ricetta qui, via Aria in cucina (NB la amo – la focaccia, non la blogger – ho provato a ricrearla infinite volte, e non m’è mai venuta come la si mangia in Liguria. Metto le mani avanti e avviso che secondo me è una preparazione particolarmente insidiosa)

Primo piatto

  • Ravioli di ricotta, noci e pecorino: ricetta qui, via Ogni riccio un pasticcio
  • Risotto al moscato e crema di stracchino: ricetta qui, via Streghetta in cucina 
  • Pasta al pesto di pistacchi e asparagi bianchi: ricetta (del pesto) qui, via La mia Cucina Rossa 

Secondo

  • Insalata di polpo: ricetta qui, via Lo spicchio d’aglio
  • Calamari fritti con mandorle e riso soffiato: ricetta qui, via Il cucchiaio d’argento (…che, con ogni evidenza, non è un food blogger, ma passatemela ché ho fatto una fatica boia a trovare ricette di pesce, all white, che cucinerei davvero. L’ho già menzionato che a me fa schifissimo, il pesce?)
  • Arrosto di rana pescatrice con pistacchi e carciofi: ricetta qui, via Sale e Pepe (vedi sopra ,circa il non essere Sale e Pepe un food blogger esordiente. Però la segnalo come la mia rivista di cucina preferita, che ritengo nettamente al di sopra di tutte le altre in circolazione

Contorni

  • Patate al vapore, semplici ma efficaci: ricetta qui, via Il ricettario di Valentina
  • Cavolo alla piemontese con noci e mandorle (ma senza uvetta, evidentemente: non è bianca!): ricetta qui, via Una blogger in cucina
  • Cupole di cavolfiore alle mandorle: ricetta qui, via Barbie magica cuoca, con nota di merito per il suo contenere quello che era l’ingrediente principe del blanc manger medievale: la mandorla!, cibo dalle virtù benefiche per eccellenza (secondo i medici dell’epoca)

Robe di frutta vagamente dolci da servire in sostituzione ai dessert 

  • Smoothie alla banana: ricetta qui, via Cappuccino e cornetto 
  • Mela cotta al burro (ma non da caramellare, secondo i miei standard quaresimali): ricetta qui, via Jul’s Kitchen
  • Macedonia di uva (bianca), mela e pera: ricetta qui, via Il cucchiaino di Alice 

***

Vi dirò: non escludo di organizzarla davvero, prima o poi, questa cena con blanc manger attualizzato.
Conoscendo la storia che sta dietro a questo menù cromatico… potreste far partire la conversazione a tavola con uno spunto non comune!

15 risposte a "Biancomangiare!"

  1. Martha

    Ciao Lucia, complimenti per questo bell’articolo!! é la prima volta che commento ma ti seguo, con più o meno frequenza, da tempo. Tra l’altro ho in progetto di aprire un blog con un amico (su altre tematiche) e devo dire che mi sei di ispirazione 🙂

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    1. Lucia

      Oh, ma grazie per il bel commento Martha, che gioia!

      Beh… benvenuta su queste pagine, allora, anche se a quanto pare ci sei già da un bel po’ di tempo 😉
      Ma soprattutto: quando aprirete il vostro blog, se ti va, mandami l’indirizzo! A questo punto, direi che nutro una genuina curiosità… 😉

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    1. Lucia

      Allora devi assolutamente comprare il libro di ricette medievali che consigliavo nel post, Mercuriade, se già non lo conosci. Un capolavoro: e pensa che io l’ho ignorato per anni, perché lo vedevo sempre in libreria nel reparto “cucina” e pensavo, vabbeh, ma cosa sarà mai, un libro di ricette pseudo-medievali inventate a tavolino per la moda del momento…
      Invece è veramente veramente bello. Non solo gli autori riportano le ricette originali, in lingua, con relativo adattamento per noi moderni, ma fanno sempre un bel cappello introduttivo sulla storia di quel cibo, sulla funzione della tal portata all’interno del pasto, su qual era il “galateo” dello stare a tavola nel Medioevo… Davvero delizioso, peraltro un giusto mix di rigore storico e di leggerezza che secondo me lo rendono adatto anche ad un regalo.

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    1. Lucia

      Oh, per i Torinesi è abbastanza facile accedere a una cena bianca di tutto rispetto…
      Avrei voluto raccontare questa curiosità nel post, ma non trovavo lo spazio, allora approfitto di questo commento. A Torino, da alcuni anni a questa parte, si tiene ogni estate una grandiosa “cena in bianco” così organizzata: nella data prestabilita, l’intera cittadinanza è invitata a presentarsi nel luogo X (generalmente, una piazza storica, un giardino, un parco), elegantemente di bianco vestita. Avvistate coi miei occhi alcune signore che riesumavano per l’occasione l’abito da sposa. Sennò, comunque abbigliamento all-white sia per maschi che per femmine, senza loghi o brand visibili o scritte sulle T-shirt e così via dicendo, più elegante è, meglio è:

      Ogni convitato deve portarsi da casa tavolino, sedie, posate e cibo, come in un pic-nic. E il cibo deve essere possibilmente bianco, o comunque di colore chiaro, proprio come un blancmanger medievale.
      Amiche che ci sono andate assicurano che è un’esperienza divertente e curiosissima, anche perché tutto sommato questa atmosfera ottocentesca, tra vestiti coloniali e pizzi e trini e signore che si aggirano in abito da sposa non è mica una cosa che si trova facilmente.
      Sicuramente a giudicare dalle foto il colpo d’occhio è impressionante:

      Qui una intervista all’organizzatrice, dalla quale scopriamo anche come mai la scelta proprio del colore bianco:

      L’esaltazione del bianco ha il valore fortissimo della normalità, di un colore neutro, sobrio, semplice, elegante, pulito che ha le caratteristiche di uniformare tutto dando risalto ai volti delle persone. Un colore positivo, fotograficamente di grande impatto e di suggestione“.

      A margine, non so chi glielo faccia fare a ‘sta donna di farsi carico ogni anno di un evento del genere, perché la partecipazione è del tutto GRATUITA, non c’è biglietto d’ingresso e non c’è nemmeno un bussolotto delle offerte, che io sappia. A dar retta all’organizzatrice,

      Volevo creare qualcosa in città che fosse “per la città”, che fosse dinamico nei modi, moderno nella comunicazione, ma allo stesso tempo tradizionale nel concept e che avesse, quindi, valori di sobrietà e etica riuscendo, comunque però, a creare una forte suggestione. Insomma, una magia che facesse parlare di sè senza costare nulla ai partecipanti e che portasse le persone a passare una bella serata tutti insieme, dimenticando per una volta i propri problemi

      Oh beh… per bella, l’idea è bella (e singolarmente simile all’ideale medievale di cui parla il post) 😉

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  2. mariluf

    Grazie per la segnalazione della cena in bianco qui a Torino: non ne conoscevo l’esistenza, e mi pare non solo una bella stranezza, ma soprattutto una stranezza bella. Per le ricette in bianco di pesce, ce ne sono parecchie…. Io avevo provato (ed apprezzato) il biancomangiare di pollo, senza farina di riso, ma solo pollo, brodo, mandorle e spezie, e l’avevo molto apprezzato. Buiona sperimentazione!

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    1. Lucia

      Non conoscevi l’esistenza della cena in bianco qui a Torino?!?
      Mi verrebbe da dirti “ma dove vivi??” 😀
      Ma in senso letterale: vivi a Torino-città, o nella cintura? Perché in base alla mia esperienza, le cene in bianco sono tutte alquanto vistose… sei sul tram che torni dal lavoro e ti trovi circondata da gente di biancovestita che si trascina dietro cestini da picnic… è letteralmente alquanto visibile 😀

      Pensa che io ne ho scoperto l’esistenza proprio così! Era il primo anno della cena in bianco, e io ero affacciata sul balcone di casa a farmi i fatti miei quand’ecco che noto uscire dal condominio vicino una ragazza, che peraltro conoscevo bene, avvolta in un lungo e fluente vestito bianco, con tanto di coroncina di fiori bianchi in testa.
      Prima reazione: “maddai?! Roberta sta andando a sposarsi?!”.
      Poi vedo la presunta-prossima-sposa che attraversa la strada, tira fuori dalla (bianca) pochette le chiavi della macchina, e sale sulla sua Punto al posto del guidatore.
      Ehm.
      Oh beh, sposa frugale…
      Poi vedo che fa manovra e si accosta al portone di casa, dal quale fuoriescono altre due ragazze e un ragazzo interamente vestiti di bianco, che si trascinano dietro seggioline pieghevoli e un tavolo di plastica bianca di quelli da ombrellone.
      ???
      Issato faticosamente sulla Punto il gigantesco tavolo bianco e legatolo con spessi lacci, questi strani figuri rientrano nell’androne e ne fuoriescono con borse a frigo bianche e cestini da picnic in cui sono stati intrecciati nastri bianchi.
      ????
      A questo punto, era evidente che, o ero davanti al matrimonio più frugale della Storia umana, oppure mi stavo decisamente perdendo qualcosa 😂
      Alquanto perplessa ho guardato la macchina partire (pensando fra me e me “Roberta dev’essere entrata in qualche strana setta neopagana con la fissa del bianco”), e solo l’indomani, sfogliando La Stampa, ho scoperto qual era il mistero 😉

      Pensa tu: io l’ho scoperto proprio così, vedendo questa anomala invasione di gente bianca in giro per le strade…! 😀

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  3. alegenoa

    Credevo che il biancomangiare fosse solo il dessert; scopro ora che secondo Wikipedia il nome stesso è una traduzione letterale dall’Arabo… quindi? Hanno importato dagli Arabi anche il principio di medicina tradizionale greca?
    P.S. refuso: uva, non “una”.

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    1. Lucia

      Effettivamente sì, hanno importato dagli Arabi anche la medicina greca, incredibile ma vero 😉
      Faccio copia-incolla da Wikipedia:

      “La maggior parte delle opere greche di Galeno sono state tradotte da monaci nestoriani nel centro medico e universitario della sasanide Jundishapur, in Persia. Gli eruditi musulmani le tradussero presto in arabo, assieme a quelle di molti altri classici greci, trasformando la sua opera in una delle fonti principali per la medicina islamica e per i suoi maggiori esponenti, quali Avicenna e Rhazes. Tali opere raggiunsero dunque l’Europa occidentale sotto forma di traduzione latina dei testi arabi”.

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      1. alegenoa

        Ehm, che gli Arabi avessero ripreso e riproposto la medicina greca lo sapevo… vabbé, la precisazione comunque aggiunge dettagli interessanti. Wikipedia però potrebbe sopravvalutare il contributo islamico, per ragioni ideologiche.

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