“E infatti, è roscio”: storia di Giuda e dei suoi capelli rossi

Sono ben pochi i passi del Vangelo in cui si parla dell’Iscariota, e non mi risulta che ci forniscano dettagli sull’hairstyle di Giuda al momento del fattaccio. Il che è assai curioso, sotto un certo punto di vista, giacché l’intera comunità cristiana sembra aver trovato consenso unanime su un punto fermo: Giuda Iscariota aveva i capelli rossi.

Sul serio, eh: provate a fare mente locale. Dalle più antiche miniature medievali, passando attraverso i dipinti di Giotto e dei grandi artisti del Rinascimento per arrivare a opere decisamente moderne: Giuda Iscariota ha quasi sempre i capelli rossi.
E davvero vien da chiedersi da dove nasca una credenza che è così radicata… pur senza aver radici, se mi permettete il gioco di parole. Non solo i Vangeli canonici non forniscono dettagli sulla capigliatura dell’apostolo, ma neppure andando a spulciare i Vangeli apocrifi riuscireste a trovare un singolo versetto contenente una descrizione fisica dell’Iscariota. E allora?

E allora ci viene in aiuto l’eccellente Michel Pastoureau, che alla valenza simbolica del colore rosso nel corso della Storia ha dedicato un intero libro: Rosso. Storia di un colore.
Secondo le indagini dello studioso, Giuda comincia a sfoggiare una capigliatura vistosamente fulva attorno alla metà del IX secolo negli scriptoria monastici della zona renana. Da lì in poi, gradualmente, la moda iconografica si espande, prima nelle miniature e poi nelle altre arti figurative. Entro il XIII secolo, sarà praticamente impossibile trovare una rappresentazione di Giuda in cui l’Iscariota non sfoggi una vistosa capigliatura fulva, spesso accompagnata da barbetta dello stesso colore.

Copia Cenacolo Giacomo Raffaelli
Giacomo Raffaelli, Copia del Cenacolo (Chiesa dei Minoriti, Vienna)

Perché?

Beh: in primo luogo, per una banale esigenza artistica. Fin da quando i pittori hanno cominciato a dipingere scene della Passione, hanno avuto il problema di dover gestire quel pasticciaccio brutto dell’Ultima Cena: tredici persone sedute allo stesso tavolo… e la necessità assoluta di rendere facilmente identificabili i due attori principali dell’evento.
Nei primi dieci secoli di arte cristiana, gli artisti si son dannati cercando di rendere riconoscibile Giuda attraverso una serie di tratti distintivi: bassetto, furtivo, peloso, dallo sguardo malevolo, l’apostolo traditore era stato dipinto un po’ in tutte le salse, a seconda dell’estro del singolo pittore. Ma avere a disposizione un’iconografia unica e universalmente riconosciuta faceva sicuramente comodo a tutti quanti. E così fu: e Giuda, pian piano, fu reso riconoscibile dal fatto d’essere rosso di capelli.

Giuda Cappella Scrovegni
Il Giuda della Cappella degli Scrovegni

Però torniamo alla domanda di prima: ok, ma perché proprio i capelli rossi?

Quello dei capelli fulvi è un mistero misterioso, perché sono davvero numerose le culture che tendono ad attribuire significati negativi alle chiome pel-di-carota. Riduttivamente, si tende a dare la colpa all’influsso della Chiesa Cristiana: “e te credo che il rosso è visto male: è il colore del diavolo…”.

Tanto per cominciare, andrebbe precisato che il diavolo nasce di colore nero e diventa rosso solo a posteriori, proprio perché il rosso è il colore del Male. Ma a parte questo, i pregiudizi negativi sulla gente dai capelli rossi nascono molto prima del Cristianesimo: Set, il dio del Male secondo gli Antichi Egizi, era rosso di capelli, così come roscio era Tifone, nemico giurato di Zeus. Nella Roma imperiale, definire “rufus” un individuo equivaleva a insultarlo gravemente; i capelli rossi sulla maschera degli attori stavano a identificare un personaggio qualificabile come buffone.
Verrebbe da pensare che questo pregiudizio fosse assente almeno nel Nord Europa, laddove è molto più alta la percentuale di rossi tra la popolazione. E invece no: sono rosse di capelli le divinità più violente ed aggressive, così come è fulvo Loki, il padre di tutti i demoni.

‘nsomma: per ragioni misteriose, i rosci erano guardati con sospetto più o meno da ogni cultura. Erede delle credenze germaniche e greco-romane, il medioevo cristiano non poteva essere da meno: ed ecco il Traditore per eccellenza beccarsi quell’attributo iconografico che da sempre stava ad indicare la Malvagità Incarnata.

Ultima Cena Carl Bloch
Un rosso Giuda nella moderna “Ultima Cena” di Carlo Bloch

Il roscio Iscariota, peraltro, è in buona compagnia – si fa per dire.
Nell’immaginario medievale, sono rossi di capelli anche Gano, il traditore geloso della Chanson de Roland, e quel Mordred che causerà la morte di Artù. Per non parlare poi di una vasta serie di individui poco raccomandabili (lenoni, prostitute, usurai, falsari, pirati saraceni, adulteri, menzogneri), che – nei proverbi, nelle opere didattiche, nei romanzi cavallereschi – hanno sempre, e immancabilmente, una capigliatura che farebbe invidia a Malpelo. Per la sensibilità medievale, era così radicata la credenza sulla malvagità degli individui dai capelli rossi che addirittura circolava in Germania una falsa etimologia che creava un legame tra il soprannome “Iscariota” e il tedesco “er ist gar rot”: “e infatti è rosso”.

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Il Giuda di Joos van Cleve

Ma perché tutto questo sospetto nei confronti degli individui dai capelli rossi?

Alcuni antropologi sospettano che, dietro a questo pregiudizio, possa esservi una diffidenza ancestrale verso quella che (con buona pace dei rossi in ascolto) è, effettivamente, una mutazione genetica. La colorazione rossastra dei capelli è data una variante nella regione MC1R nel cromosoma 16: non chiedetemi dettagli perché non sono in grado di fornirne, ma mi sembrerebbe di capire che i rossi siano in realtà dei castani “venuti male” a causa di un’alterazione genetica… senz’altro innocua, ma che potrebbe aver spaventato mica poco i nostri progenitori, non abituati a quel colore di capelli.
Pensate un po’ alla vostra reazione se, a causa di una mutazione genetica, vi nascesse un figlio coi capelli verdi. Brr!

Secondo altri ricercatori, la generalizzata diffidenza verso i capelli fulvi potrebbe essere dovuta al cattivo comportamento dei singoli individui che per primi sono arrivati in Europa con capigliature di questo tipo. Si ipotizza che i Vichinghi fossero prevalentemente rossi di capelli (e infatti, ancor oggi, la maggior concentrazione di pel-di-carota si ha in territori in cui i norreni si sono insediati: Isole britanniche e penisola scandinava). Se davvero questi invasori dediti alle razzie sono stati il “biglietto da visita” per i capelli rossi in Europa… beh: diciamo che per le popolazioni autoctone potrebbe non esser stato amore a prima vista.

C’è poi un altro possibile fattore: e cioè, che i capelli di colore fulvo vanno quasi sempre di pari passo con una pelle molto chiara, macchiettata di lentiggini.
Ora: io, le lentiggini, le trovo deliziose, ma non dello stesso avviso dovevano essere i miei antenati, per i quali le malattie della pelle erano un problema endemico, diffuso, grave (e, per di più, potenzialmente contagioso). Per l’uomo medievale, le macchie sul corpo umano sono per definizione impure e degradanti – se non altro perché la gente, di norma, non ha vistose macchie in faccia. E, di norma, se al mattino ti guardi allo specchio e ti scopri pieno di puntini rossi, minimo minimo ti prendi un colpo pensando a una brutta malattia esantematica.
In un certo senso, un visetto lentigginoso incorniciato dai capelli rossi doveva sembrare, agli occhi dei nostri antenati, la faccia di uno “che è già nato malato”: un reietto per natura o qualcosa di molto simile, se capite cosa intendo. E a questa dimensione di impurità cagionevole si aggiungeva, per buon conto, un’inquietante componente di animalità: i fulvi hanno un pelo che ricorda quello degli animali; per di più, vanno in giro maculati come le belve feroci della savana. Non soltanto falsi e viziosi come la volpe, ma anche feroci e sanguinari come il leopardo!

E insomma: fatte queste premesse, non c’è da stupirsi che il perfido Giuda assuma – simbolicamente – una capigliatura di colore fulvo, nell’iconografia medievale e oltre.
Era come se il suo stesso corpo si presentasse al mondo macchiato di quel divino sangue che per sua mano è stato versato. Era come se sul suo viso già si riverberassero la fiamme dell’Inferno a cui il Traditore era destinato.

Bacio di Giuda
Il bacio di Giuda in Ary Scheffer

7 risposte a "“E infatti, è roscio”: storia di Giuda e dei suoi capelli rossi"

  1. alegenoa

    C’è l’aspetto delle profezie autoavverantisi: se in molti attribuiscono un significato negativo al rosso, un bambino rosso sarà più facilmente portato a reagire male alla diffidenza e ai maltrattamenti inflittigli. Se tutti sono convinti che diventerai un delinquente…
    Pare che nel Regno Unito oggi, tra i convertiti all’Islam, ci sia un numero sproporzionato di rossi. Secondo Milo Yannopoulos si tratta dell’effetto di una strategia di reclutamento: vengono presi di mira dagli imam perché identificati come isolati socialmente, potenzialmente più propensi ad abbandonare le proprie origini.

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    1. Lucia

      Ehm… leggo a distanza di circa un anno, prima evidentemente m’ero dimenticata di rispondere, ma… davvero? O.o
      Ma possibile? Oggi, e nel Regno Unito, che oltretutto è a un tiro di schioppo dalla patria per eccellenza della gente coi capelli rossi? Ma robe da matti 😐

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  3. Luca

    Bellissimo articolo, Lucia! Non ero a conoscenza di questa ipotesi sui capelli rossi di Giuda; tantomeno conocevo l’assonanza coin il tedesco… Mi sono segnato il titolo del libro, mi hai incuriosito… buon pomeriggio! 🙂

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