Giochi invernali per bimbi (e adulti), nel Medioevo

Sto leggendo un sacco di libri dedicati all’inverno, quest’inverno.
Uno di questi (forse un po’ troppo elegiaco a tratti per trovarsi tra gli scaffali dedicati ai saggi storici, ma godibilissimo e molto molto leggibile) è il bel Inverno di Alessandro Vanoli, edito da Il Mulino.

Con una franchezza direttissima e apprezzabile, il libro esordisce sottolineando che a parlare delle bellezze dell’inverno dal tepore di una casa riscaldata, sorseggiando un tè fumante sotto il nostro maglione in pile, son capaci tutti. Ma se pensiamo all’inverno dei tempi passati, dovremmo immaginare più che altro mesi durissimi di gelo e di stenti, in cui la gente moriva a fiotti, la pelle si crepava per il freddo, il cibo scarseggiava e l’umidità entrava nelle ossa.
Alla faccia dei giochi invernali nel Medioevo! Non immaginatevi bambini con le guanciotte arrossate che camminano felici nei loro pellicciotti, in una specie di prequel medievale di Jingle Bells.

…fatto sta che, però, ‘sti poveri cristiani dovevano pur passare il tempo, qualche modo, nei mesi freddi – e se non avevano modo di giocare in casa, si adattavano ben volentieri a qualche svago all’aria aperta. Tipo ad esempio…

1. Giocare a pallone con la vescica del maiale

La macellazione del maiale – tradizionalmente effettuata nei mesi invernali, con un pathos e una partecipazione tali da farlo diventare un vero e proprio rito contadino – non era grata ai bimbi solo per le carni arrosto che sarebbero di lì a poco state portate in tavola. No: i bambini del Medioevo sapevano fare tesoro di ciò che agli occhi di noi moderni sarebbe letteralmente materia di scarto: e cioè, la vescica del maiale.

macellazione del maiale medioevo
La macellazione del maiale (con annessa vescica-palloncino donata ai bimbi) nel Breviario di Ercole d’Este (sec. XV)

Gonfiata d’aria come una specie di inquietante palloncino sanguinolento, la vescica di maiale diventava, nelle mani dei bimbi, un vero e proprio pallone da calcio (o da pallavolo). In un’epoca in cui i palloni di cuoio avevano, ovviamente, un costo, proibitivo, i bimbi si adattavano così: utilizzando all’uopo questa rotonda e sinistra vescica gonfiata d’aria. E credete a me: si divertivano un sacco!

vescica di maiale
“Two Boys Blowing a Bladder by Candle-light”, Peter Perez Burdett, 1733

2. Prendersi a palle di neve

Non che ci vada una scienza, a illustrare l’antica arte del battagliare a palle di neve. I manoscritti medievali sono ricolmi di miniature colorate che ci incantano per il vivace realismo con cui raffigurano bambini lottare in mezzo alla neve.

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Bambini che giocano a Palle di neve, in un libro di preghiere di inizio ‘500 (Walters Collection, W425)

La cosa più interessante (e forse più inaspettata) è renderci conto, invece, di come questo passatempo fosse considerato adatto anche agli adulti, e anche ai soli adulti in assenza di bambini. Un codice custodito alla Biblioteca Nazionale di Parigi ci mostra ad esempio una coppietta tutta presa dal gioco, nella solitudine di un bosco innevato. Sembra di essere in una di quelle commedie romantiche di Natale.

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Una romantica tenzone tra amanti, in “Albucasis. Observations sur la nature et les propriétés de divers produits alimentaires et hygiéniques, sur des phénomènes météorologiques, sur divers actes de la vie humaine, etc” (sec. XV)

In modo ancor più significativo, gli affreschi del Palazzo del Buonconsiglio a Trento raffigurano una vera e propria battaglia (anche abbastanza accesa!) che vede fronteggiarsi, a schieramenti contrapposti, dame e cavalieri di alta estrazione sociale, elegantissimi nei loro abiti lussuosi. E ciò nonostante, tutti presi dal divertimento di quello svago invernale.

Su questo, noi adulti del 2000 avremmo di che imparare dai medievali.

palle di neve castello buonconsiglio trento
Una altolocata battaglia a palle di neve degli affreschi del Castello del Buonconsiglio a Trento

3. Corse di alta velocità su ghiaccio

Un settore in cui invece sarà molto meglio non prendere lezioni dai medievali, è quello degli sport su ghiaccio. Nel suo Historia de Gentibus Septentrionalibus, il sacerdote svedese Olaus Magnus racconta ai cittadini dell’Europa mediterranea gli usi e i costumi dei suoi conterranei dell’estremo Nord. A dar retta al nostro Olaus, uno sport particolarmente amato dagli uomini e dagli adolescenti del Nord Europa era… Formula 1 su ghiaccio. In assenza di Ferrari, i contendenti utilizzavano, come mezzo di locomozione, un povero cavallo mandato al galoppo sulla superficie ghiacciata di laghi o fiumi. La scivolosità del ghiaccio, ovviamente, rendeva più eccitante e più rapida la cavalcata, e il cavaliere che per primo avesse raggiunto il traguardo avrebbe vinto ricchi premi (ivi compresi, talvolta, tutti i cavalli che fossero scivolati sul ghiaccio uscendo così dal gioco).

Tutto bene e tutto bello finché il ghiaccio teneva, scrive Olaus, sennonché non erano così infrequenti i casi in cui uno specchio di ghiaccio, apparentemente solido, finiva col cedere sotto il peso e le sollecitazioni di decine di cavalli al galoppo (!). Sicché, talvolta, “uomini ignoranti o sprovveduti, che gareggiano con più temerarietà che prudenza, muoiono affogati, e i loro corpi galleggiano pietosamente sotto lo strato di ghiaccio. E sulla neve giacciono invece le loro teste, che sono state tranciate dai bordi taglienti del ghiaccio come se sul loro collo si fosse abbattuta un’ascia”.
Brr.

Olaus Magnus Historia om de nordiska folken
Le corse di cavallo sui ghiacci – incisione sulla editio princeps dell’opera di Olaus Magnus (1555)

4. Costruire castelli di neve

Un altro aneddoto un po’ confortante circa le consuetudini invernali dell’estremo Nord, Olaus ce lo tira fuori quando descrive la pratica infantile di costruire… non castelli di sabbia, non pupazzi di neve, ma castelli di ghiaccio.
Ebbene sì.
Sfruttando la conformazione del territorio, i bambini medievali costruivano – possibilmente su una altura – dei veri e propri castelli di neve. Non pensate ai castelli in miniatura che costruiamo sulla sabbia in riva al mare: no, ‘sti cosi dovevano essere moderatamente grossi, con pareti che quasi uguagliavano l’altezza dei bambini. Immaginatevi un mini igloo, insomma, costruito peraltro con la stessa identica tecnica degli igloo: ché i bimbetti, arrivati a un certo punto della costruzione, versavano sulla neve un sottile strato d’acqua, di modo che essa, solidificandosi, trasformasse in ghiaccio il loro piccolo fortino. E lo rendesse quindi molto resistente.
Quando la costruzione era terminata (e, chiaramente, non era cosa che si risolvesse in un pomeriggio) cominciava lo spasso vero. Dividendosi in squadre contrapposte, i bambini del villaggio giocavano a espugnare (o a difendere strenuamente) il piccolo forte, in un assedio che andava avanti a suon di palle di neve, spintoni e attacchi a testudo… fino a quando il tramonto del sole non rendeva evidente chi avesse, per quel giorno, vinto la sfida.

castelli di neve olaus
L’assedio a un castello di neve – incisione sulla editio princeps dell’opera di Olaus Magnus (1555)

5. Slitte!

E, infine, poteva mai mancare l’antichissimo e nobile svago di pattinare sul ghiaccio? No di certo, e i lettori di vecchia data del mio blog dovrebbero saperlo: ché una donna piuttosto popolare nel panorama della santità femminile tardomedievale cominciò il suo cammino di ascesi proprio così: a causa di una caduta sfortunata, durante un pomeriggio di pattinaggio sul ghiaccio. Correva l’anno 1345, e la giovanissima Liduina di Schiedam, mettendo male un piede, scivolava malamente sul ghiaccio e si rompeva svariate ossa, mostrando i primi sintomi di una malattia dalla quale non sarebbe mai più guarita.

santa liduina
Santa Liduina cade sul ghiaccio – incisione dalla Vita di Santa Liduina (1498)

Ma, appunto: Liduina stava pattinando sul ghiaccio, intrattenendosi cioè in un passatempo molto popolare tra tutte le classi sociali. Per chi non poteva permettersi i costosi pattini realizzati col metallo, esisteva la possibilità di creare pattini home-made utilizzando materiali di recupero – ossa, in questo caso. Le mascelle dei cavalli deceduti, montate su legno e usate come sottoscarpa, scivolavano sul ghiaccio che era una meraviglia; utilizzando ossa ben più grosse era possibile invece realizzare veri e propri slittini (e alcuni sono anche giunti a noi. Nel corso di uno scavo archeologico a Choszczno, in Polonia, gli studiosi hanno rinvenuto deliziosi slittini per bambini risalenti al pieno Medioevo).

E il povero Vanoli, che ho citato in apertura, ha un bel daffare a ripetermi che l’inverno, nel Medioevo, era un periodo truce di freddo atroce che ha molto molto poco a che vedere con l’entusiasta anticipazione con cui noi moderni attendiamo una spolverata di neve.
Saranno pur stati mesi freddi e duri come il ghiaccio. Ma, nell’immaginare questi lampi di piccola vita quotidiana, a me pare che questo inverno medievale sia più caldo di quanto non dovrei pensare. O, quanto meno, a me par proprio che mi scaldi il cuore.

10 risposte a "Giochi invernali per bimbi (e adulti), nel Medioevo"

  1. Claudia

    Mi sono venuti i “brividi”….del resto sono di Roma! Non riesco nemmeno a pensare come si potesse vivere in quei climi! Qui a Roma se fa due fiocchi di neve chiudiamo scuole-strade-uffici-metropolitane ….siamo completamente impreparati!

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    1. Lucia

      …secondo me, onestamente, è anche che – rispetto ai tempi passati – noi pretendiamo troppo da noi stessi.
      Cioè: adesso non ho sottomano fonti storiche da citare, ma ho l’impressione che per buona parte dei secoli passati l’uomo accettasse con più rassegnazione di quanta ne abbiamo noi, il triste dato di fatto che, con circostanze climatiche avverse, bisogna tutti rallentare un po’ se non vuoi spaccarti una gamba sul ghiaccio.
      Secondo me i cretini siamo noi, che con mezzo metro di neve pretendiamo lo stesso di uscire di casa alle 6:30 del mattino con la macchina che slitta sul ghiaccio perché, cascasse il mondo, dobbiamo timbrare puntuali il cartellino al posto di lavoro a quaranta minuti di viaggio da casa se va bene.

      Cioè, “cretini”. Per carità, ce tocca. Però secondo me i disagi logistici (non il freddo, eh: proprio il disagio di doversi spostare dal punto A al punto B) li sentiamo paradossalmente più noi di loro, perché abbiamo una vita così frenetica e così piena di spostamenti inderogabili, anche tra posti lontanucci tra di loro, che tutto assume proporzioni gigantesche. Noi possiamo anche cambiare i nostri stili di vita, ma le forze della natura sempre quelle restano…

      (Poi vabbeh, a Roma siete un caso disperato a parte, lo dico con il sorriso sulle labbra eh XDD Ma una volta sono stata a Roma quando tipo l’intera città era chiusa per neve (scuole chiuse, genitori nel panico, mezzi bloccati, disastro ovunque sulle strade…) e io ridevo come una matta, perché ad esempio a Torino – dove ovviamente siamo più preparati e più attrezzati per le nevicate, con scorte di sale e sabbia e spalaneve a disposizione – ‘sta spolveratina di neve sarebbe stata assolutamente gestibile :P)

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  2. Laurie

    bello!! proverò il castello di neve alla prima occasione 😉
    le corse su ghiaccio mi hanno fatto venire i brividi ma mi hanno anche ricordato gli “scivoloni” che facevamo all’asilo sul pavimento del corridoio (attirandoci così le giuste ire della maestra…)
    i pattini low-cost sono come quelli di pattini d’argento (mi pare) wow!!
    in alcune zone dell’a Venezia Giulia e dell’Istria fino a non molto tempo fa, mi dicono, si usassero ogni tipo di mezzi di fortuna (comprese le sedie!!) per giocare sul ghiaccio, per fare slittini di recupero
    simpatico articolo, come sempre 🙂

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    1. Lucia

      Ma in effetti sì, cioè: io non ho mai provato (se non involontariamente, ecco >.>) ma penso che sul ghiaccio si scivoli che è una meraviglia anche con ciabattine, sedie, cassette di legno per la frutta, etc…
      Proprio vero che, come dicono le nonne, i bambini d’un tempo si divertivano benissimo con nemmeno la metà di quello che serve a noi adesso XDD

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  3. mariluf

    Freddo freddo al solo leggerti… ma ricordo ancora mie scivolate su piste battute nel cortile, con conseguenti cadute… e mio padre e mio zio scivolavano sulle rive della Dora a Torino, usando come slitta le cartelle di cuoio. Grazie!

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  5. Anonimo

    Avendo preso troppa velocità con gli sci da fondo, invece di fermarmi, sono arrivata alla porta basculante della Chiesa parrocchiale, l’ho spalancata con un gran botto, poi ho percorso quasi tutta la navata, terrorizzando le pie donne che recitavano devotamente il Santo Rosario.
    Come è finita?
    Con mio padre che mi rincorreva a piedi, mentre io, avvantaggiata dagli sci, lo seminavo alla grande.
    Annalisa

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