Frozen Charlotte: la bambola vittoriana morta ibernata

Il nome commerciale del bambolotto era “Frozen Charlotte”, qualcosa sulle linee di “Charlotte la Morta Ibernata”. E già questo incipit, se vi piacciono le bizzarrie a sfondo storico, dovrebbe rassicurarvi sul fatto che potrebbe valer la pena continuare a leggere.

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Le Frozen Charlottes nascono in Germania attorno agli anni ’40 dell’Ottocento – e ovviamente non portavano il nome che le ha rese celebri, all’epoca. Variamente note come Badekinder, Nackhfrosh o “bambola senza vestiti”, erano dei giocattolini da bagno: la versione vittoriana della nostra paperella di gomma con cui intrattenere i bimbi al momento del bagnetto, ‘nsomma.
Di fattura semplicissima (anche perché, per un giocattolo destinato a finir nell’acqua, non è che ci siano poi tantissime opzioni) si presentavano come un blocco unico di ceramica modellato a forma di bambolina, con braccia tese lungo il corpo e gambette  chiuse strette strette. Erano, tendenzialmente, bamboline di tinta bianca, non colorate, con il visino sagomato sulla ceramica. I modelli più pregiati potevano avere capelli colorati; quelli pregiatissimi (ma si trattava di lussi per ricchi…) potevano essere stati dipinti per intero, a creare, indosso alla bambolina, una graziosa veste da bagno.
Questi erano gli optional delle bamboline per bambini benestanti, ma va anche detto che, per i meno abbienti, esistevano delle versioni più economiche create in gomma, o addirittura in sapone, che, gira e rigira, riproponevano lo stesso modello di bambola.
Soprattutto nella loro versione low cost, queste bamboline erano decisamente economiche, anche in virtù della estrema semplicità della loro fattura. Questo dettaglio ne favorì la diffusione, e possiamo tranquillamente dire che, in epoca vittoriana, più o meno ogni bambino poteva ragionevolmente sognare di vedersi regalare, prima o poi, una delle Frozen Charlottes.

Ma il perché di questo nome, io non ve l’ho ancora spiegato. La chiave di tutto sta – appunto – nella grande popolarità di queste bambole, che, dopo aver fatto boom in Europa, hanno gloriosamente attraversato l’oceano per imporsi nel mercato statunitense.
Le prime bambolette sbarcate negli Stati Uniti – e siamo ormai verso gli anni ’70 dell’Ottocento – appartenevano alla categoria economica: ragazzine bianche rigide rigide con un corpicino nudo, tipo queste:

frozen charlotte 2

A guardarle così, onestamente, fanno pure un po’ impressione. Non dirò che, per la posa e per il colore, ricordano il pallore di una ragazza in rigor mortis, ma ‘nsomma… se guardi alla cosa con l’occhio cinico di un adulto e non con quello fantasioso di un bambino…

Caso vuole che in quegli anni, negli Stati Uniti, fosse molto popolare una ballata grottesco-satirica intitolata – per l’appunto – Frozen Charlotte (o Fair Charlotte, in una variante del titolo). La canzone traeva spunto da un vero fatto di cronaca riportato sul numero dell’8 febbraio 1840 del New York Observer. A quanto pare, nella notte del 31 dicembre 1839, una giovane donna che si stava recando a un ballo di Capodanno a venti miglia di distanza dalla sua casa, era morta ibernata, a causa del freddo intenso, nella carrozza in cui stava viaggiando. A partire da questo trafiletto, che l’Observer buttava lì come nota a margine di un approfondimento sull’ondata di freddo che da mesi attanagliava l’area, il comico Seba Smith aveva stilato una poesiola destinata a diventare famosa.

Ironizzando (con un bel po’ di cinismo!) sull’accaduto, Seba immaginava che la giovanetta in questione (che, nella sua ricostruzione letteraria, si chiamava Charlotte) si stesse recando al ballo di Capodanno in compagnia del suo amato (poco fantasiosamente chiamato Charlie). Era stato per un gesto di vanità muliebre che Charlotte era morta: nella ricostruzione di Seba Smith, la sciocca ragazza aveva insistentemente rifiutato di scaldarsi con coperte e pellicciotti (come invece la supplicava di fare la saggia madre) per non mettere in secondo piano il suo bellissimo vestito da ballo in seta. E così la carrozza s’avventura lungo il sentiero, la temperatura scende, la sciocca Charlotte rantola per il freddo ma, no, giammai, continua a restarsene mezza nuda in mezzo alla tormenta pur di non stropicciare la gonna… e, alla fine, quando il buon Charlie scende da cassetta per recuperare la sua amata ormai, sapete già come la trova: Charlotte è morta ibernata.

Tralasciando qualsiasi commento su cosa direi io a Seba Smith se fossi la vera Charlotte morta nel ’40 (no, dico: una poveretta muore male, e deve pure diventare lo zimbello di tutti in una cautionary tale inventata a partire dal nulla?!), la poesia di Seba Smith diventa virale, come diremmo oggi, e di lì a pochi anni viene anche musicata in una ballata, che contribuisce ancor di più alla sua popolarità. Se siete curiosi, eccola qui:

Diciamo pure che, a ben vedere, la Charlotte della ballata ha, in effetti, certe somiglianze con la bambolina da bagno di cui parlavamo sopra. Quando Charlie apre la porta della carrozza, non capisce di primo acchito perché la sua bella se ne stia lì, “immobile come una statua che non può più muoversi”. O come una bambola, per l’appunto.
Il pallore di Charlotte, ovviamente, è quello cadaverico di una persona morta congelata (cioè, l’incarnato è simile a quello di una bambola di porcellana), e verso la fine della ballata l’autore indugia (in)pietosamente sull’immagine di Charlie che cerca, inutilmente, di portare la sua amata al caldo della sala da ballo, reggendo in mano nulla più che un corpo rigido, morto stecchito.

Beh sì ‘nsomma… se hai nelle orecchie questa canzone, e poi scopri nella cameretta di tua figlia ‘sta roba qua

frozen charlotte

l’associazione mentale è anche facile da farsi.

Ed è così che quelle che originariamente erano nate come semplicissime bambole da bagno low cost, diventano pian piano per i bimbi di fine ‘800 un costante memento mori che richiama la loro attenzione sulla protagonista della ballata (naturalmente, nota a tutti i fanciulli e insegnata a casa e nelle scuole, perché “vedi cosa succede alle bambine vanitose che non danno retta alla mamma?”).
Anche se, in realtà, ho l’impressione che ultimamente il web stia cominciando a esagerare un po’, con ‘sta storia delle Frozen Charlottes come bambole vittoriane creepy inventate dagli adulti per avvicinare i bambini alla morte.
No, perché se cercate su Google vi trovate articoli che ne parlano come “la bambola vittoriana a forma di cadavere nudo che dormiva in una cassa da morto”. Meh, a me non è che risulti tanto: le Frozen Charlottes, ripeto, erano innanzi tutto bambole low cost: erano nude perché il vestito glielo avrebbe confezionato la padroncina; erano rigidamente cadaveriche perché una bambola snodata sarebbe costata di più; onestamente non so quanto realmente fosse in voga la scelta di una cassa da morto come packaging, ma ho l’impressione che quest’ultima suggestione sia molto più cara a noi moderni, fan dell’horror vittoriano à la Penny Dreadful.

frozen charlotte vestita

Con un vestitino hand-made amorevolmente creato da una giovane mamma, questa Frozen Charlotte ha già un’aria molto meno… frozen!

Inoltre, va ricordato che le bambole più cadaveriche e impressionanti sono solo una delle tante forme assunte in quegli anni dalle Frozen Charlottes. Le famiglie più benestanti, che potevano permettersi di spendere qualche soldo in più, ai loro figli regalavano bambolette come queste – stessa tipologia di gioco, stessa manifattura, ma decisamente nulla che possa essere confuso con un cadavere di ghiaccio.

frozen charlottes vestite

Frozen Charlottes più ricercate, con abiti da bagno dipinti a mano

Insomma: per quello che ho letto e per l’idea che mi sono fatta, le Frozen Charlottes non era bambole nate con l’intento di essere macabre e di terrorizzare i bimbi per ammonirli. L’associazione con la sfortunata protagonista della ballata americana è arrivata molto più tardi, e più per ironia che per altro. Come per molti altri oggetti vittoriani, le Frozen Charlottes erano, semplicemente, così brutte (o comunque lontane dai nostri standard) da diventare macabre per il fatto stesso di esistere – il che, forse, è più inquietante ancora.

Intanto, per tutti i curiosi che masticano l’Inglese, riporto qui sotto la poesia di Seba Smith che ha originato la celebre ballata. Se poi invece siete proprio curiosissimi e volete approfondire l’argomento in modo serio, segnalo a disposizione su Academia.edu un bel paper di Elizabeth Fernandez, con un sacco di bibliografia su cui ampliare la ricerca.
Dopodiché – non so voi – ma io vado a tirar fuori uno scialletto caldo da buttarmi sulle spalle. Ché stamattina, qui, fa un freddo boia! E io non voglio mica far la fine di Charlotte.

Young Charlotte lived by the mountain side,
A wild and lonely spot;
No dwelling there, for three miles round,
Except her father’s cot;

And yet on many a winter’s eve
Young swains were gather’d there,
For her father kept a social board,
And she was very fair.

Her father loved to see her dress’d
As prim as a city belle,
For she was all the child he had,
And he loved his daughter well.

‘Tis New Year’s eve—the sun is down—
Why looks her restless eye
So long from the frosty window forth,
As the merry sleighs go by?

At the village inn, fifteen miles off,
Is a merry ball to-night—
The piercing air is cold as death,
But her heart is warm and light;

And brightly beams her laughing eye,
As a well-known voice she hears;
And dashing up to the cottage door
Her Charley’s sleigh appears.

“Now daughter dear,” her mother cried,
“This blanket round you fold,
“For ‘tis a dreadful night abroad,
“You’ll catch your death a-cold.”

“O nay, O nay,” fair Charlotte said,
And she laugh’d like a gipsy queen,
“To ride with blankets muffled up
“I never could be seen—

“My silken cloak is quite enough;
“You know ‘tis lined throughout;
“And then I have a silken shawl
“To tie my neck about.”

Her bonnet and her gloves are on,
She jumps into the sleigh;
And swift they ride by the mountain side,
And over the hills away.

There’s life in the sound of the merry bells,
As over the hills they go;
But a creaking wail the runners make,
As they bite the frozen snow.

How long the bleak and lonely way!
How keen the wind does blow!
The stars did never shine so cold—
How creaks the frozen snow!

With muffled faces, silently,
Five cold, long miles they’ve pass’d,
And Charles, with these few frozen words,
The silence broke at last—

“Such night as this I never saw—
“The reins I scarce can hold;”
And Charlotte, shivering, faintly said,
“I am exceeding cold.”

He crack’d his whip, and urged his steed
More swiftly than before,
And now five other dreary miles
In silence are pass’d o’er—

“How fast,” said Charles the freezing ice
“Is gathering on my brow;”
But Charlotte said, with feebler lone.
“I’m growing warmer now.”

And on they went through the frosty air
And the glittering, cold star-light;
And now at last the village inn
And the ball-room are in sight.

They reach the door, and Charles jumps out,
And holds his hand to her—
Why sits she like a monument,
That hath no power to stir

He call’d her once—he call’d her twice—
She answer’d not a word;
He ask’d her for her hand again,
But still she never stirr’d—

He took her hand in his—O God!
‘Twas cold and hard as stone;
He tore the mantle from her face;
The cold stars on her shone—

Then quickly to the lighted hall
Her voiceless form he bore—
His Charlotte was a stiffen’d corpse,
And word spake never more!

13 risposte a "Frozen Charlotte: la bambola vittoriana morta ibernata"

  1. apheniti

    Certo che sono davvero inquietanti.. Pensa a far il bagno con loro! Magari è anche perché abbiamo una “sensiblità” diversa dai bambini dell’ottocento, che non si facevano tutti sti problemi 😀

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    1. Lucia

      Mah, alla fine secondo me sono la versione in porcellana dei paciocchini anni ’90. Un po’ più “cresciuta” e composta e un po’ meno neonatosa-pucciosa dei Paciocchini, toh, ma grosso modo lì stiamo. Per dimensioni, basso costo, corpo rigido, etc., secondo me ci assomigliano davvero.
      Io non credo che avrei avuto problemi a giocarci, da bambina: con la fantasia si fa questo ed altro.
      Però, sì, posso oggettivamente riconoscere che un po’ inquietanti possano sembrarlo, ecco 😀

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      1. Lucia

        Ehm… sì, anche quella è una valida osservazione XD
        Anche se, da quanto so, i Paciocchini erano abbastanza “vecchiotti” come giocattolo. Io infatti ricordo che, negli anni Novanta, non giocavo con i paciocchini di ultima generazione ma con dei paciocchini vintage che mi erano stati regalati da non so più quale figlia di amici che, ormai liceale, non usava più quelli che aveva collezionato da piccola. Quindi la bambola in sè era commercializzata già da un po’…

        Erano carini!
        Ricordo che, verso la metà degli anni ’90, c’è stata la strabiliante innovazione tecnologica dei paciocchini col pannolino cambia colore: reagiva al caldo e al freddo, e – da bianco che era – si colorava se mettevi il Paciocchino sotto il getto d’acqua (calda o fredda). Mi pare te li vendessero in edicola in un pacchettino da tre, e tu scoprivi il sesso dei tuoi paciocchini appunto facendo il gioco del pannolino, che poteva diventare alternativamente azzurro o rosa.

        Poi erano anche uscite sul mercato delle sirenette-simil-paciocchini da portarsi nella vasca da bagno, e la cui coda si colorava a contatto con l’acqua calda.

        Aaah, che ricordi! 🙂

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    1. Lucia

      Sarò strana io… ma a me non dispiacciono, esteticamente, invece XD

      Cioè… sono bambole molto neutre, ecco. Quasi prive di contorno e di espressione.
      Può essere un pregio o un difetto, ma per me è un pregio. A me sono sempre piaciuti (e piacciono ancor oggi devo dire) certi pupazzetti “con poca espressività”: mi dà l’impressione che con loro la fantasia possa spaziare molto più di quanto non possa fare di fronte a una bambola con un’espressione predefinita e ben evidente.

      Però ovviamente son gusti. Ci sta tutto, trovarle delle bambole simil cadaveriche e inguardabili XD

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  2. Claudia

    Ah… dimenticavo! In commercio oggi ci sono bambole vampiro/mostro/simil Barbie vendute in scatole a forma di bara! Ho detto a mia figlia che non le avrei comprato quell’ordine. Fortuna era della mia stessa idea!

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    1. Lucia

      Sì, le ho presenti! (Nonostante la mia non più tenerissima età, sono e resto appassionata di bambole 😉

      Ce n’è anche una che si chiama Frozen Charlotte, proprio in riferimento a questa bambola-cadaverino qui. E’ azzurra, con un vago richiamo al colore del ghiaccio e/o al vestito della principessa Elsa, a scelta.

      Boh?

      Ma ai bambini piacciono?
      Sono così particolari, secondo me, che io me le vedo più adatte per attrarre un pubblico di collezionisti adulti: una bambina che si entusiasma per una bambola vampiro in una cassa da morto… boh?

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    1. Lucia

      Ah benissimo O.o
      La mamma che regala ‘na cassa da morto a una figlia altrui per la festa di compleanno, devo ammettere che no, non l’avevo considerata.

      (Ma che poi, se sono le stesse bambole che avevo visto io, costicchiano anche! Cioè, manco fosse la prima cosa trovata in edicola e presa senza pensarci troppo perché costava poco…)

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