Una clarissa indomita e sfortunata posò come modella per Antonello da Messina?

Ché poi, vai a sapere come sono andate veramente le cose. Inizialmente, Smeralda l’aveva pure accettato di buon grado, di maritarsi con quel vedovo trentacinquenne cui era stata promessa in sposa. È stato solo dopo la morte di lui, a due anni di distanza dal loro fidanzamento, che Smeralda è passata a un secco “no” nei confronti di qualsiasi altro pretendente le venisse proposto come rimpiazzo.
Va pure detto che, quando era stata promessa in sposa, Smeralda era ancora una bimba in età da scuola elementare. A tredici anni, magari, cominci a capire qualcosa di più, hai un po’ più di quel coraggio necessario per puntare i piedi (?). Fatto sta che, ad alcuni agiografi, è piaciuto dipingere Smeralda come una vedovella affranta. Se la sono immaginata a soffrire per davvero la morte di un fidanzato che, nonostante la “lieve” differenza d’età, doveva comunque esserle sembrato una persona affidabile e di buon cuore. Probabilmente, più affidabile e gentile e santa di tutta quella risma di pretendenti che il padre di lei le aveva presentato poco dopo.
O, più banalmente, dall’alto dei suoi tredici anni (!), Smeralda aveva trovato il coraggio di dire quei “no” che, fino ad allora, non aveva osato. Fatto sta che la sua storia inizia proprio qui: quando cioè il padre di lei decide che, cascasse il mondo, sua figlia deve andare in sposa a buon partito, e Smeralda decide che, cascasse il mondo, lei entrerà in convento, e grazie tante.

Aveva già persino individuato il convento. Gliene avevano parlato alcune amiche di lei, che stavano a loro volta vagliando quell’opzione. Quasi tutte le buone famiglie messinesi potevano vantare una qualche figlia, una qualche sorella, una qualche cugina ribelle, che, per sfuggire a un matrimonio combinato, aveva deciso di cercare rifugio tra le mura del convento di Santa Maria di Basicò.
Per quel poco che valeva, la madre di Smeralda – una buona cristiana, facente parte del Terz’Ordine francescano – avrebbe anche approvato la scelta di vita della figlia… ma il problema è appunto quello: il valore scarso, tendente verso il nullo, che l’opinione della madre aveva in famiglia. Bernardino, il padre di Smeralda, non volle nemmeno ascoltare le richieste della figlia: così beneducata, così affascinante, così sorprendentemente bella, Smeralda sarebbe stata un’esca prelibata con cui attirare in famiglia un ricco possidente.

A ben poco valsero le suppliche, le preghiere, i pianti e persino i tentativi di fuga. Ci dovette pensare Iddio a mettere Bernardino al suo posto – ché una punizione arriva sempre, a chi ostacola il cammino dei figli di Dio. In questo specifico caso, la punizione celeste arrivò sottoforma di un provvidenziale naufragio che seppellì il mercante sotto le acque tempestose della Sardegna, mentre lui si occupava del trasporto di un carico di merci.

Smeralda fece passare il periodo del lutto, pregò con sincero dolore per l’anima di suo padre, e poi, quando ritenette che il momento fosse giunto, bussò alla porta del convento di Santa Maria di Basicò, con un sorriso a trentadue denti.
Cominciò a capire che c’era qualcosa che non andava quando la madre superiora cominciò incomprensibilmente a nicchiare, dicendo “sì, ma…”, “pensaci bene”, “con calma, poi vediamo”, “perché non aspettare un po’?”.
“Non capisco”, sussurrò Smeralda, sinceramente smarrita. “Cosa c’è da aspettare? Sono qui. Sono motivata. Sono sicura della mia scelta. Ho aspettato questo momento per anni. Ho sognato notte e giorno di varcare la porta di questo convento. No, che non voglio aspettare ancora!”.
“Sì, maaaa… con calma. Cioè, va bene, eh. Siamo contente di averti qui! Però magari ecco, torna tra un po’, e poi vediamo”.

Cominciava così a formarsi sulla testa di Smeralda un metaforico punto interrogativo, cui, per ragioni di opportunità narrativa, daremo immediatamente una risposta, omettendo dunque di descrivere i pianti, lo stupore amaro, le indagini, e infine la sconfortante e rabbiosa scoperta. La ragione per cui il convento di Santa Maria rifiutava inspiegabilmente di accettare Smeralda tra le sue fila, risiedeva nel fatto che la madre superiora era stata minacciata dai fratelli maggiori della ragazza. Intenzionati a portare a termine gli affari del padre, essi avevano deciso che Smeralda avrebbe dovuto sposarsi ad ogni costo – e per dissuadere le suore dall’ostacolare i loro piani, erano giunti a minacciare apertamente di dar fuoco al convento, qualora loro sorella vi fosse stata accolta.

Sempre per ragioni di brevità narrativa, arriverò al dunque sottolineando come, spesso, i prepotenti riescano ad avere la meglio sui pavidi senza manco muovere un dito. Ché, spesso, basta una minaccia pronunciata con convinzione, per far andare nel panico i deboli di cuore.
Ma i deboli di cuore non diventano santi, e invece Smeralda lo è diventata: per farla breve, dagli e ridagli, con pazienza e con ostinazione martellanti, riuscì a strappare ai suoi fratelli la promessa di non ledere in alcun modo il monastero che l’avesse accolta.
Forse la sorellina stava diventando troppo una piantagrane. Forse, ‘sta adolescente nota a tutti in città come Madonnina infilzata che sognava di monacarsi aveva smesso di sembrare un boccone così ghiotto. Fatto sta che i fratelli di Smeralda acconsentirono infine a che lei prendesse il velo, e la ragazza poté finalmente varcare le porte del convento di Santa Maria. Quella prima notte rivestita dell’abito religioso, la trascorse piangendo di gioia e di commozione: dopo tanti anni, finalmente, era arrivata nella sua Terra Promessa. I suoi sogni più arditi erano stati realizzati.

***

Le ci volle giusto una settimana o poco più, per realizzare che il convento dei suoi sogni sapeva molto poco di “Terra Promessa” e moltissimo di “truffa”.

Col senno di poi, un grosso campanello d’allarme avrebbe dovuto suonarle in testa quando le suore le avevano sbattuto la porta in faccia per la prima volta. Eddai: che razza di religiosi sono, degli individui che antepongono alla vocazione di una ragazza il loro benessere personale? “Se volete incendiarci il convento, per Dio, ci armeremo di estintori e confideremo nella Provvidenza!”: ecco quale sarebbe stata la risposta da dare ai piromani in erba; altroché.
Col senno di poi, Smeralda avrebbe dovuto rendersene conto.

E invece, le ci volle qualche settimana di permanenza prima di realizzare ciò che era davvero il convento che la ospitava.
Se un tempo era stato, forse, un luogo di virtù, ormai quelle virtù s’erano sopite sotto il peso delle mollezze, dei bagordi e della ricerca del piacere. Niente scandali eclatanti, per carità del cielo: ma, semmai, una rilassatezza generalizzata che andava sottobraccio a un interessarsi più delle cose del mondo che di quelle divine.
L’avevo scritto, no?, che questo convento accoglieva tutte le ragazze di buona famiglia della Messina bene, che rifuggivano a un matrimonio combinato. Ecco, diciamo eufemisticamente che molte di loro non entravano in convento spinte da una vocazione forte. E diciamo pure che la madre superiora aveva ritenuto conveniente far sì che le giovani ragazze mantenessero, tra le mura del chiostro, grossomodo lo stesso stile di vita che avevano avuto fuori. Una promessa senz’altro allettante per queste giovinette che abbandonavano la casa paterna per sfuggire a un male più grande… ma una situazione – come dire – ben poco allettante per una che, in convento, c’era entrata credendoci davvero, mossa da intenzioni serie e da una vocazione vera.

Dopo l’ennesimo banchetto luculliano là dove avrebbe dovuto esserci astinenza; dopo l’ennesima discussione futile e mondana là dove avrebbe dovuto vigere il silenzio: alla fine, Smeralda non ce la fece più. In segno di aperta protesta verso la mollezza delle sue consorelle, andò a vivere in un sottoscala (tipo Harry Potter) e trascorse gli anni a venire godendo di digiuni, penitenze e rigide preghiere, nell’attesa di poter dare una svolta alla sua vita.
Svolta che arrivò quando sua madre, messi da parte i soldi che sarebbero occorsi per questa impresa, si unì a sua figlia e a un piccolo gruppetto di donne seriamente motivate, per fondare un nuovo convento che aderisse più rigorosamente alla Regola francescana. Quella Regola che – anche se spiace dirlo – a Santa Maria di Basicò era stata immolata sull’altare del conformismo.

Persino i preti si rifiutavano di andare a celebrare Messa in quella nuova comunità di suore vecchio stile e un po’ fissate. Ci volle un intervento pontificio e una vera e propria minaccia di scomunica, per convincere quei galantuomini a fare il loro dovere e a provvedere al sostegno spirituale delle religiose (sarei poi curiosa di sapere come e con quanta dedizione, N.d.R.).
Eppure, nonostante gli operai fossero pochi, la messe era, evidentemente, molta. Il convento delle Clarisse Riformate fiorì attirando vocazioni da ogni dove, tanto che il piccolo edificio divenne insufficiente ad ospitarle tutte. Nel 1463, le suore poterono trasferirsi nel nuovo monastero di Montevergine, che le ospita tutt’ora Una decina d’anni più tardi, o poco più, Smeralda morì, nota ormai al mondo col nome religioso di Suor Eustochia. E fu, la sua, una morte serena e quieta, ricca della felicità di chi, dopo tante asperità, sa di aver trovato, e realizzato, la sua strada.

Santa Smeralda Eustochia

Come dite?
È una storiella troppo seriosa per poter entrare nella raccolta dei miei Ma che sant’uomo?
Beh, forse sì. Però mi è piaciuta un sacco, e ho trovato che abbia molto da insegnare anche alle donne (e agli uomini. E, in generale, a molti credenti) d’oggi.
Ma, soprattutto, la storia non finisce qui. Perché… l’avete guardato bene, il ritratto della santa?
L’avete guardato bene bene?
E… non vi ricorda qualcuno?

A me, e non solo a me, il ritratto di santa Smeralda ricorda in maniera abbastanza significativa il viso della Vergine nel celebre dipinto di Antonello da Messina.

collagesmeralda

E calcolando che Antonello era, beh, di Messina; calcolando che anche Smeralda lo era; calcolando che i due erano coetanei; calcolando che Antonello da Messina chiede d’essere sepolto, per devozione, nello stesso convento in cui vivevano i frati che, col tempo, avevano assunto la direzione spirituale del monastero fondato da Smeralda; calcolando che Antonello da Messina e suor Smeralda erano pure vicini di casa (il pittore abitava non lontano dal convento di Montevergine)… beh: calcolando tutto questo,  non stupisce che la fantasia abbia cominciato a galoppare. E quindi, ancor oggi, molti sostengono che Smeralda Calafato sia da considerarsi la modella che ha posato, o ha ispirato, il celebre quadro dell’Annunziata.

È, del resto, assolutamente verosimile ipotizzare che Antonello da Messina e suor Smeralda si conoscessero, se non altro a causa della reciproca fama. E non sarebbe la prima volta che un religioso si presta graziosamente come modello per un pittore – perché ritrarre un santo viene meglio se il tuo modello è un santo anch’egli (e non, che ne so, un top model professionista) e perché in fondo non c’è nulla di male nel collaborare, in questo modo indiretto, ad illustrare la gloria divina.

Se questo articolo ha acceso in voi la curiosità, potete sempre andare di persona a sincerarvi della somiglianza. Il corpo di Smeralda esiste ancora, e costituisce uno di quei misteriosi casi di corpi incorrotti (che, oltretutto, fa pure miracoli strani. Nel 1615, pare che il corpo della santa, a un certo punto, si sia addirittura messo a cantare).
Potete visitarlo ogni giovedì, dalle nove a mezzogiorno e dalle quattro alle sei di sera, così come ogni domenica, circa un’ora e mezza prima della Messa.

E, se ci andate, fatemi sapere se, secondo voi, ci assomiglia davvero.

9 risposte a "Una clarissa indomita e sfortunata posò come modella per Antonello da Messina?"

      1. Lucia

        E’ un punto su cui mi sono interrogata spesso, ti dirò.

        Lasciando perdere i casi estremi delle ragazze che entravano in convento per evitare il matrimonio (casi esistiti ma riferiti a un tempo lontanissimo da noi, quindi non paragonabile), io penso più banalmente ai tanti religiosi che entravano in convento, fino a sessanta, settanta, ottanta anni fa, perché… “perché no?”.

        Magari erano ragazzini che erano entrati in un Piccolo Noviziato da bambini, perché in paese c’era solo la scuola elementare, e quindi le famiglie li mandavano lì a proseguire gli studi. Ovviamente non è che prendevi i voti a quindici anni, c’era abbondantemente il tempo per decidere che fare della tua vita ed eventualmente tornare nel mondo, ma una buona percentuale rimaneva.
        (Sono situazioni reali e che ho molto ben presenti, basta lavorare un po’ sugli archivi dei noviziati di qualche congregazione religiosa per rendersene conto. E’ stato così fino a una settantina di anni fa, grossomodo).

        Io ogni tanto me lo domando. Chissà quante di queste vocazioni erano “vere”, o per meglio dire: chissà quante passerebbero al vaglio del nostro giudizio oggi, se dovessimo essere noi a valutarle.

        Secondo me, poche, pochissime.
        In molti casi diremmo che questi entravano in convento per una scelta di comodo, per fare la bella vita (se l’alternativa era spaccarsi la schiena a zappare i campi). E probabilmente è anche vero… però intanto guardo indietro, penso alle opere benefiche che la Chiesa riusciva un tempo a gestire quando i numeri erano così alti e che adesso ha inevitabilmente dovuto abbandonare, e mi dico… boh?

        Mi verrebbe da dire che la Provvidenza è riuscita a far fruttare alla grande anche queste vocazioni un po’ zoppicanti.
        Adesso abbiamo seminari e noviziati semivuoti che sfornano cinque o sei sacerdoti all’anno, ma motivatissimi e preparati,il che è indubbiamente un bene, ci mancherebbe… però è indubbiamente allarmante anche il problema numerico.

        Se mi metto nei panni della storica, più che della parrocchiana (la quale ovviamente vuole un prete santo, non un prete così così)… da storica mi verrebbe da dire che era abbastanza funzionale anche il modello precedente.

        (E prima che qualcuno mi dica “eh ma gli scandali, gli abusi!”… sì ok, ma non è che tutti questi religiosi con vocazioni un po’ stiracchiate diventassero automaticamente ladri o pedofili o altro XD Da quanto vedo io, i più abbracciavano comunque lo stile di vita che s’eran scelti, magari senza grandi afflati di santità ma anche senza infrazioni eclatanti)

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        1. Claudia

          Il problema è serio, io vivo a Roma e ho saputo in parrocchia che quest’anno non ci sarà neppure un’ordinazione sacerdotale. La maggior parte dei sacerdoti che conosco é di origine straniera venuti a coprire posti vacanti. Per ilresto si deve, purtroppo, considerare che anche il numero dei fedeli è in costante diminuzione…e sono a Roma! Quando parlando con qualcuno dico “ieri tornando dalla messa ho incontrato Tizio” mi guardano come se fossi andata a rapinare una banca! Negli ultimi due anni si è celebrato un solo matrimonio. La Provvidenza mi ha fatto capitare in un ufficio dove lavoro con una catechista ed un ragazzo molto religioso, quindi sono in una “zona protetta” altrimenti sarebbe un po’ più dura per me. La cosa è stata affrontata anche dal cardinale Ravasi che chiaramente parla non di ateismo (anti religiosi) ma di “apatia religiosa”. È stato coraggioso Papà Francesco ad andare in Irlanda tra scetticismo, contestazioni ed indifferenza dove le chiese chiudono e i seminari pure (quello in Arabia saudita in confronto è stata una passeggiata). Mi spaventava molto questa cosa fino a qualche tempo fa. Ora con fede accetto gli eventi e spero nel domani.

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  1. sircliges

    Una storia molto bella (specie quando il cattivo padre Bernardino è punito da Dio!) ma vorrei maggiori dettagli su questo:

    «Il corpo di Smeralda esiste ancora, e costituisce uno di quei misteriosi casi di corpi incorrotti (che, oltretutto, fa pure miracoli strani. Nel 1615, pare che il corpo della santa, a un certo punto, si sia addirittura messo a cantare).»

    Cioè il corpo di Smeralda è incorrotto ancora oggi? 😮

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