San Valentino non c’entra niente con san Valentino (e gli innamorati dovrebbero festeggiare il 2 maggio) (forse)

C’era una volta san Valentino. Era un pio cristiano di cui sappiamo poco o nulla, a parte il fatto che era un prete. Fu martirizzato a Roma il 14 febbraio di un anno non precisato e poscia sepolto lungo la via Flaminia (al secondo miglio: Roma nord).

C’era una volta un altro san Valentino. Era il vescovo di Terni, recatosi nella nella Città Eterna per ragioni di lavoro. Fu martirizzato a Roma il 14 febbraio 273; la pia salma fu recuperata dai suoi discepoli e poscia sepolta lungo la via Flaminia (al sessantatreesimo miglio: Terni centro).

E già qui partiamo malissimo.
Nel senso: quale dei due san Valentino è San Valentino? Il San Valentino degli innamorati, tanto per capirci: quello delle rose rosse, dei cioccolatini e compagnia cantante.
Se andate a Terni, tutti quanti vi assicureranno che si tratta del ternano. Ma se provaste a fare la stessa domanda ai Carmelitani di Dublino, nella cui chiesa si conservano le reliquie attribuite all’altro santo, vi sentireste raccontare una storia ben diversa.
‘Una delle due campane è in malafede’, mi sembra già di sentirvi dire.
Mannò: è che la storia dei santi, come spesso capita, è parecchio ingarbugliata; non è per niente facile ricostruire le vicende che hanno portato san Valentino a diventare il patrono degli innamorati.

A dirla tutta, non è facile neppure ricostruire le vicende biografiche di ‘sto benedetto cristiano. Gli studiosi non riescono neppure a trovare un accordo sul numero di santi Valentini effettivamente morti a Roma.

In apertura io ne ho citati due, e in effetti così fanno anche le fonti antiche. Ma, per lungo tempo, questa sorprendente coincidenza (due persone con lo stesso nome, martirizzate nello stesso giorno e sepolte in punti diversi della stessa via) ha indotto molti studiosi a credere che i due Valentini fossero in realtà un’unica persona.
San Valentino – secondo questa ipotesi – sarebbe stato ricordato a Terni in quanto vescovo e a Roma in quanto martire. Col passar dei secoli, la sua figura avrebbe finito con lo “sdoppiarsi” dando vita, nell’immaginario dei fedeli, a due santi martiri diversi.

Il problema di questa teoria è che le fonti più antiche attestano una devozione verso san Valentino che è molto più marcata a Roma che non a Terni.
Il dettaglio apre una serie di interrogativi: se il martire romano era il vescovo di Terni, le cui spoglie riposavano ormai nella città umbra, che problemi avevano i Ternani per ignorare così platealmente ‘sto poro vescovo morto ammazzato?
E per quale ragione al mondo, invece, la devozione si sarebbe dovuta sviluppare con tanta intensità a Roma, una città dove il religioso era morto quasi “per caso” e senza oltretutto lasciar resti da venerare?

Fatto sta che a Roma, nel quarto secolo, esisteva una basilica assai frequentata che era dedicata giustappunto a san Valentino. Possibile, che esistesse a Roma una così grande devozione nei confronti di un vescovo “straniero”, che oltretutto non godeva di tante attenzioni nemmeno “in patria”?
Per contro, il Cronografo di Furio Dionisio Filocalo, redatto nel 354, ci racconta con grande dovizia di dettagli la storia di un martire di nome Valentino, presbitero romano. Secondo questa fonte, il sacerdote laziale avrebbe subito il martirio durante l’impero di Gallieno; sepolto da una cristiana di nome Sabinilla in un terreno di sua proprietà in zona Parioli, sarebbe stato onorato da papa Giulio I con l’ordine di far erigere una basilica in suo nome (che, infatti, proprio lì fu costruita. Attualmente, se ne possono ancora intravvedere i resti).

Una attestazione così antica ha paradossalmente indotto alcuni studiosi a scrivere affermazioni che ribaltano tutte le carte in tavola. Tipo: se davvero dobbiamo ipotizzare che i due san Valentino siano la stessa persona, il clone è semmai il vescovo ternano.
È questa la tesi di Vincenzo Fiocchi Nicolai, secondo cui san Valentino fu effettivamente un presbitero (forse di origine ternana?) che aveva svolto a Roma il suo ministero e che a Roma fu martirizzato. Il suo culto si sarebbe diffuso prima in Lazio e poi a Terni, una città alla quale evidentemente il presbitero era legato per qualche ragione. La qualifica di “vescovo” gli sarebbe stata appioppata a posteriori dalla tradizione umbra, in un tentativo di nobilitarne la figura (un po’ come quando la nonna va a dire in giro che suo nipote ha appena trovato un lavoro nell’alta finanza mentre invece tu sei un umile stagista al tuo primo contrattino precario in banca).

Se questa ipotesi vi sembra bizzarra, è perché non avete ancora ascoltato quella suggerita da padre Agostino Amore. Secondo lo studioso francescano, ci fu davvero un san Valentino vescovo di Terni che fu martirizzato a Roma; l’altro san Valentino, in compenso, non esiste proprio.
O meglio: secondo la tesi di padre Amore, “Valentino” era il nome del benefattore che, nel IV secolo, finanziò la costruzione della basilica che papa Giulio I stava costruendo ai Parioli, mosso da nessun altro scopo se non quello di costruire un nuovo edificio di culto visto il crescente numero di fedeli. In virtù di questo suo generoso servizio alla chiesa, Valentino sarebbe stato definito “santo” dopo la sua morte, avvenuta presumibilmente per cause naturali. Il popolino avrebbe dunque cominciato a riunirsi presso la basilica del santo Valentino, finendo poi col dimenticare la storia del benefattore… col risultato di inventarsene una più appassionante, condita con un buon martirio che non fa mai male.

Mah. Che gran brutto pasticciaccio storico.
Un pasticciaccio che comunque ci fa solo perder tempo e ci distrae dalla domanda principale: ammesso e non concesso che siano esistiti due san Valentino… quale dei due è San Valentino?

***

La Storia, a questo punto, si fa ancor più ingarbugliata.
Perché sbaglia (e pure di grosso) chi pensa che San Valentino sia solamente una festa commerciale nata in questi ultimi decenni. In realtà, è una tradizione anglosassone con origini molto antiche… ma, disgraziatamente, non antiche come vorremmo. Dalla morte di san Valentino alla sua prima citazione in un contesto “amoroso”, passano più di mille anni: per oltre dieci secoli, mai in alcun modo san Valentino fu accostato agli innamorati.

Quand’ecco che, nel 1382, Geoffrey Chaucher compone un poema titolato Il Parlamento degli Uccelli e lo dedica, a mo’ di regalo di nozze, a re Riccardo d’Inghilterra e Anna di Boemia. Al verso 310 del poema, leggiamo effettivamente parole eloquenti: gli uccellini cinguettano d’amore

for this was on seynt Volantynys day
whan euery bryd comyth thete to chese his make.

Prima che qualcuno ne tragga la convinzione che gli uccelli si riuniscano per fare il formaggio nel giorno in cui vengono spediti i volantini, agevolo traduzione in Inglese moderno:

for this was Saint Valentine’s Day,
when every bird come there to choose his mate.

Ovverosia: nella festa di san Valentino, gli uccelli si radunano in un certo luogo per scegliere il proprio partner.

L’immagine – colombelle che tubano e piccioncini innamorati – è sicuramente molto suggestiva. Tuttavia, lo storico non può non chiedersi perché Chaucher l’abbia tirata in ballo.
Oltretutto: se v’affacciate alla finestra, voi vedete tutto ‘sto tripudio di uccelli in calore? Personalmente, io vedo solo un piccione morto di freddo che rantola in cortile cercando di scaldarsi. Non mi sembra proprio che il giorno di San Valentino cada nel periodo in cui gli uccelli metton su famiglia.

Ma poi, anche fosse: che c’azzecca San Valentino con Riccardo d’Inghilterra e Anna di Boemia? La data del 14 febbraio non aveva nessun valore particolare per la coppia: perché evidenziarla, nel poema dedicato loro? I due sposi erano convolati a giuste nozze il 22 gennaio 1382, dopo un breve fidanzamento che era stato siglato il 2 maggio…
…che – ops! – è il giorno di San Valentino.

No, non san Valentino di Terni.
E neppure san Valentino martire a Roma.
Ce n’è un altro: san Valentino vescovo di Genova, effettivamente ricordato proprio in quella data.

E se Chaucer, inventando di sana pianta la tradizione avicola di scegliere il proprio partner “nel giorno di san Valentino”, avesse semplicemente voluto omaggiare i due sposi, elevando il giorno del loro fidanzamento al rango di “giornata universale dell’amore”?
Negli anni a venire, i lettori di Chaucer sarebbero stati vittima di un misunderstanding: leggendo il verso “incriminato” sarebbero stati portati a identificare san Valentino con il suo omonimo più famoso (cioè il ternano) (ché san Valentino di Genova, poraccio, se lo filano poco persino i Genovesi). Da lì sarebbe nata, gradualmente, in Inghilterra, la consuetudine di festeggiare gli innamorati proprio in quel giorno di febbraio.

È una ipotesi: senz’altro.
È una ipotesi sostenuta con particolare verve da Henry Ansgard Kelly, autore del mastodontico saggio Chaucer and the Cult of Saint Valentine. A sostegno della sua tesi, lo studioso sottolinea come il poema inglese non si limiti a citare en passant la festa di san Valentino senza darci ulteriori indizi su quale potesse essere la sua collocazione nel calendario. Anzi: poco ci manca che Chaucer inserisca una nota a margine sulle linee di ‘GUARDATE CHE STO PARLANDO DEL SANTO FESTEGGIATO A MAGGIO’: tutto il poema è ricolmo di riferimenti alla primavera – fiori che sbocciano, tiepidi raggi solari, prati che cominciano pian piano a scaldarsi.

Eppure, come ha acutamente fatto notare Jack Oruch nel suo breve saggio St. Valentine, Chaucer, and Spring in February, dobbiamo anche tener conto del fatto che il 14 febbraio, all’epoca di Chaucer, non cadeva nello stesso momento in cui cade oggi.
No, non sono pazza: all’epoca di Chaucer, non esisteva ancora il calendario gregoriano, la cui adozione, nel 1582, comportò un balzo avanti di dieci giorni per correggere gli errori accumulatisi in passato, con conseguente slittamento in avanti di tutte le date da quel momento in poi. Questo vuol dire che, all’epoca di Chaucer, il 14 febbraio non cadeva esattamente in questi giorni. Cadeva in quel giorno che noi moderni indicheremmo sul calendario come “25 febbraio”.
E, in effetti, il 25 febbraio è un giorno in cui potrebbe esser già più ragionevole accennare all’arrivo della primavera. Il clima da fine-inverno, a inizio marzo, cominci a respirarlo davvero: quindici giorni di differenza non sono molti… ma nelle mezze stagioni possono realmente farsi sentire.

La tesi di Oruch (“Chaucer parlava davvero della festa di metà febbraio”) permetterebbe, in effetti, di spiegare un elemento che resta poco chiaro nella teoria di Kelly: e cioè, come sia stato possibile che, a partire da un singolo verso nascosto in un’opera (peraltro, non particolarmente nota) l’intera popolazione britannica abbia potuto, a tempo record, fraintendere, confondere i due san Valentino ed eleggere il 14 febbraio giorno degli innamorati.

Sì, perché il 14 febbraio diventa festa degli innamorati in epoca molto precoce. Nell’Inghilterra del ‘400, era una tradizione già radicata. Alla corte del re, i cavalieri omaggiavano la loro dama con piccoli doni e trascorrevano la giornata tra motteggi e giochi galanti. Gli archivi britannici ci restituiscono addirittura “biglietti di auguri” che datano alla metà del secolo XV: nel 1477, una certa Margery Brewes scrive una lettera d’amore al suo fidanzato John definendolo “mio amato Valentino” (nella stessa accezione con cui gli inglesi dicono ancor oggi will you be my Valentine?). Qualche anno prima, Carlo di Valois, recluso nella Torre di Londra, indirizzava a sua moglie una poesia d’amore per festeggiare – seppur a distanza – il giorno degli innamorati.

valentine_letter_orig_624
Il 14 febbraio 1477, Margery Brews scrive una lettera d’amore al suo fidanzato John Paston per festeggiare la festa degli innamorati. Nella lettera, la fanciulla esprime dispiacere e preoccupazione per il fatto di poter disporre di una dote così bassa, ma confida che John si lasci guidare dal sentimento e accetti di sposarla nonostante tutto. La storia d’amore ha un happy ending: i due fidanzati si sposarono di lì a poco ed ebbero un figlio di nome William, che fu personaggio di spicco alla corte di Enrico VIII. Il fondo d’archivio della famiglia Paston è attualmente conservato presso la British Library.

Ipotizzare che tutto ‘sto marasma si sia sviluppato nell’arco di pochi anni a partire da un singolo verso di Chaucer renderebbe Chaucer il più grande influencer della Storia.

E se invece la realtà fosse un’altra? Se Chaucer avesse semplicemente avuto la ventura d’essere il primo ad attestare per iscritto una tradizione già esistente?
Certo, vien difficile spiegare per quale ragione al mondo la brava gente inglese avrebbe dovuto sentire l’impulso di celebrare l’ammmmore proprio in quel giorno di metà febbraio, ma non sempre c’è una spiegazione dietro a queste tradizioni: siamo a Carnevale, s’avvicina la primavera… insomma, perché no?

Sicuramente, NON è possibile affermare che san Valentino sia stato accostato agli innamorati in virtù di una attenzione che aveva mostrato nei loro confronti in vita.
È una storiella suggestiva, ma: mi spiace, proprio no. È solo verso la fine del ‘400, quando la tradizione dei festeggiamenti era già assai radicata, che le agiografie dedicate al santo ternano cominciano ad arricchirsi di elementi leggendari volti a tracciare un collegamento tra il vescovo e le coppie innamorate. E così vediamo san Valentino celebrare improbabili matrimoni osteggiati dalle famiglie (o, alternativamente, opporsi a imperatori che imponevano il celibato ai soldati in servizio). Leggende graziose ma – ripeto – prive di fondamento e oltretutto, totalmente assurde in prospettiva storica: all’epoca in cui viveva san Valentino, la Chiesa non aveva alcun ruolo nella celebrazione dei matrimoni.

Quindi, insomma: mi spiace, ma no. Prima arrivano le tradizioni popolari; solamente dopo le agiografie cercano di mettersi al passo.

Long story short, come dicono gli Inglesi: “san Valentino festa degli innamorati” attraversa l’Oceano assieme ai coloni diretti verso il Nuovo Mondo; e sarà proprio l’America a far conoscere all’Europa continentale, secoli più tardi, la tradizione del Valentine’s Day. Che però – a voler ben vedere – non è una festa di origine statunitense, né men che meno è una festa inventata di recente.

Personalmente, non amo questa ricorrenza.
Anzi, dirò di più: mi genera orticaria, perché sono gravemente allergica a tutte quelle feste durante le quali vengono diffusi di anno in anno falsi storici grandi come una casa. San Valentino non ha sposato anima viva e non ha mai avuto il minimo interesse nei confronti degli innamorati, e la storica che è in me affoga nella mestizia tutte le volte che sente ripetere ‘sta storiella.
Però, vabbeh: io dico così perché sono una storica della Chiesa con il suo bagaglio di idiosincrasie. Se voi, invece, affermare di detestare San Valentino perché vi scoccia l’idea dover festeggiare una “americanata” “commerciale” “fatta solo per spillarci soldi”: beh, amici, potete rallegrarvi. Nei fatti, la festa esiste da almeno sei secoli. E voi, col vostro mazzo di rose a San Valentino, non state facendo altro se non tenere viva un’antichissima tradizione dell’Europa medievale.

21 risposte a "San Valentino non c’entra niente con san Valentino (e gli innamorati dovrebbero festeggiare il 2 maggio) (forse)"

  1. Pensieri Di Minoranza

    Non amo particolarmente la festa, capisco benissimo e condivido la tua orticaria nei confronti di storie non verificate spacciate per vere. Però amo la letteratura inglese e sapere che tutto deriva da un verso di Chaucer mi ha messo allegria!
    Ti dirò, proprio ieri ho notato su un albero spoglio uno “sciame” (come si dice?) di uccellini molto colorati (tipo pettirossi ma gialli. Con i colleghi avevo anche fatto battutacce sul fatto che venissero dalla Cina)
    Sembravano allegri, ma se fossero in calore non lo so, non so bene riconoscere la cosa 🙂 però non trovo così assurdo che girino in questa stagione! Soprattutto visto che, come dicevi, il 14 febbraio “cadeva” dieci giorni dopo…

    "Mi piace"

  2. emozioneriflessa

    Non sapevo assolutamente di queste “discrepanze” nella storia che tutti ci raccontano, dei due “Valentini” ecc.. una lettura molto interessante, anche perchè appunto mette in risalto come, senza averne neanche cognizione, con il San Valentino del 14 febbraio non si faccia altro che perpretrare una tradizione popolare antichissima.

    Piace a 1 persona

    1. Lucia

      Ed è così per molte feste in realtà – anche per molte feste che la gente tende a snobbare “perché sono una americanata inventata solo per spillarci soldi”.
      In realtà, quasi tutte queste “americanate” “commerciali” hanno origini europee, o comunque storiche e rispettabilissime.

      Le feste totalmente inventate a tavolino sono davvero poche.
      Mi vengono in mente solo l’8 marzo (che comunque non nasce come festa commerciale in sé) e l’insulsa festa dei nonni, che proprio detesto perché non ha né capo né coda (e perdipiù è condita da risvolti che io personalmente trovo pure macabri 😅 ma chi è che si è inventato di dover festeggiare i nonni nel giorno della festa degli angeli custodi, come a dire “tra un po’ quando sarete morti veglierete su di me dal cielo”? Ma ma… 🤣🤣)

      Piace a 1 persona

  3. klaudjia

    Articolo da applauso!!!! Veramente scritto bene! Non sapremo mai del perché gli anglosassoni scelsero il “25” febbraio e non il santo corrispondente al 24 od al 26 febbraio, ma ormai e’ andata. Interessante il fatto che l’espressione “Valentine’s day” non fa riferimento alla santità di nessuno…forse una necessità dettata dallo scisma anglicano. Inoltre non solo il calendario era diverso ma anche il clima lo era. Prima della “piccola glaciazione” intorno a Londra coltivavano il grano. Era altamente probabile che in quel periodo e in quei giorni si risvegliasse la primavera.

    "Mi piace"

    1. Lucia

      Sì, ho pensato anch’io al periodo caldo medievale. Effettivamente, non è irragionevole che in quel periodo si cominciasse a sentire nell’aria la primavera.

      Quanto all’espressione “Valentine’s Day”, non so se possa dipendere dallo scisma anglicano in realtà: pare che la festa sia citata come “Saint Valentine’s Day” ancora per molti secoli, in Inghilterra. Ho l’impressione (ma è solo una impressione mia, non ho approfondito), che la scomparsa dell’appellativo sia relativamente recente – degli ultimi due secoli, chessò. Dico a caso. E magari sbaglio.

      Comunque, devo dire che a me non dispiace, anzi.
      Stante che il povero san Valentino c’entra ben poco con la festa degli innamorati, io sarei solo contenta se scomparissero tutti i riferimenti agiografici. La chiamassero “festa dell’ammmmore che si celebra il 14 febbraio”, io farei i salti di gioia 😀

      P.S. Grazie! *__*

      Piace a 1 persona

  4. Umberta Mesina

    A parte l’Oceano, traversò pure la Manica. Può darsi che sia un’altra notizia fasulla, naturalmente, ma ho letto che san Francesco di Sales era un serio avversario della festa di san Valentino:

    “Ad Annecy, nel giorno di san Valentino, ragazzi e ragazze mettevano il loro nome in due urne, poi i nomi venivano tirati a sorte e appaiati. Per tutto l’anno ciascuno aveva così il suo «valentino» o la sua «valentina» da corteggiare: portava il nome del compagno o della compagna ricamato sul petto o sul braccio, e ciascuno aveva il diritto di accompagnare la sua bella alle feste, alle danze, in passeggiata, e ad altre mille galanterie. L’anno dopo si cambiava. Non solo ciò non aveva niente a che fare con i futuri matrimoni, ma nel gioco erano entrati anche molti adulti sposati, che ne approfittavano per prendersi libertà altrimenti impossibili. Che cosa accadesse in termini di gelosie e di contrasti familiari – prima ancora di arrivare alla licenziosità e al libertinaggio – è facile immaginare.
    Francesco cominciò a parlarne esplicitamente nelle sue prediche domenicali agli inizi di gennaio. Scoppiarono mormorazioni e malumori. Francesco, di solito così dolce e comprensivo, pubblicò un editto di proibizione e lo fece eseguire dal braccio secolare. Disse che da allora in poi avrebbe designato lui i valentini e le valentine. Il giorno della festa fece distribuire in ogni famiglia, ad ogni giovane della diocesi, dei biglietti col nome di un santo e di una santa, ciascuno con una frase della Sacra Scrittura. Poi vennero tirati a sorte. Ognuno ebbe così il suo protettore da onorare per tutto l’anno e doveva seguire la norma di condotta che la frase biblica gli assegnava.” (Antonio Maria Sicari, Quinto libro di ritratti di santi, San Francesco di Sales)

    San Francesco di Sales si stabilì ad Annecy poco dopo il 1602.

    "Mi piace"

    1. Elisabetta

      Ma infatti san Valentino mi ricorda molto quel bellissimo affresco di palazzo Schifanoia a Ferrara coi giovani che si baciano (mese aprile mi pare)…ho sempre avuto l’idea che il Valentino fosse il corteggiatore e Valentina la corteggiata e il senso fosse molto…ludico…. pensavo ci fosse almeno un qualche no ile retroscena agiografico ma ora che so che non è così, mi sento meno in colpa a snobbare questa festa.
      Molto bella l ‘idea del santo dell’anno. Mi chiedo come poter fare a sceglierne uno però… a parte questa cerimonia collettiva conoscete come scegliere il santo dell’anno? O lo avete scelto in qualche modo? E in che periodo avrebbe senso farlo, prima dell’Avvento?

      "Mi piace"

      1. Umberta Mesina

        Maria von Trapp, nel suo libro sull’anno liturgico (*Around the Year with the Trapp Family*; non esiste versione italiana, che io sappia) racconta che loro lo facevano proprio all’inizio dell’Avvento, che usavano il Martirologio e che era una tradizione antica:

        “Il primo di gennaio comincia un nuovo anno civile. Con la prima domenica d’Avvento comincia il nuovo anno della Chiesa. Perciò il sabato che precede la prima domenica d’Avvento somiglia un po’ alla vigilia di Capodanno.
        Una delle antiche tradizioni consiste nello scegliere un santo patrono per il nuovo anno liturgico. La famiglia si riunisce la sera del sabato e con l’ausilio del messale e di un libro intitolato “Martirologio”, che elenca migliaia di santi celebrati nel corso dell’anno, si scelgono tanti santi quanti sono i membri della famiglia.
        Scegliamo sempre in base a un tema particolare. Un anno, per esempio, scegliemmo i vari Padri della Chiesa; un altro anno scegliemmo solo martiri; poi, solo santi del nuovo mondo… Durante la guerra scegliemmo un santo per ogni paese in guerra.
        I nomi appena scelti vengono consegnati alla calligrafa della famiglia (prima fu Johanna; dopo che si fu sposata, Rosemary prese il suo posto), che scrive i nomi dei santi in lettere gotiche su cartoncini. Scrive poi i nomi di ogni membro della famiglia su singoli cartoncini e consegna le due serie alla madre.”

        Anche per me l’inizio dell’Avvento è un Capodanno, però non ho mai scelto un santo. Mi sembra un rito che ha senso se hai qualcuno vicino che ti aiuta a portarlo avanti. Io, da sola, manco i Vespri ho la costanza di dire…

        "Mi piace"

      2. Lucia

        Non hai mai visto quei siti che promettono di farti trovare il santo dell’anno pigiando su un bottone, Elisabetta? 😯 Strano, negli ultimi anni “vanno” moltissimo!

        E’ una moda che è stata lanciata dalle blogger statunitensi e che da qualche anno è diffusa anche in Italia. In pratica, c’è questa pagina con un codice che a ogni refresh ti genera randomicamente il nome di un santo: con un clik, “estrai” il tuo santo dell’anno.

        …io non vado matta per questa pratica, o meglio: originariamente mi piaceva tantissimo, tant’è che anch’io avevo creato a suo tempo una pagina che faceva più o meno la stessa cosa. Ultimamente mi sembra che in Italia a questo giochino vengano attribuite valenze fin troppo alte: le istruzioni in genere dicono di pregare lo Spirito Santo perché “presenzi” all’estrazione facendoti trovare quel santo che DAVVERO Dio vuole sia il tuo protettore… e io di fronte a queste cose tendo sempre ad irrigidirmi un po’: va bene tutto, ma non attribuiamo al gioco una valenza da “messaggio divino”, adesso. E’ un gioco simpatico ed educativo ed è un bel rito di fine anno, ma mi sembra che alcuni siti lo prendano davvero fin troppo sul serio.

        Tutto ‘sto sproloquio per dire 😅 : tra i tanti siti che ci sono in circolazione, a me piace molto il Saint’s Name Generator di Jennifer Fulwiler:

        https://saintsnamegenerator.com/index.php

        (Jen è una ex-blogger statunitense che apprezzo molto e di cui parlavo in questo articolo)

        E mi piace perché è un sito che non si prende troppo sul serio: ti permette di estrarre il tuo santo, ma senza dare al gesto valori strani di locuzione divina 🤣 (anche se, tra il serio e il faceto, Jen, che è una nerd, ha inserito le litanie dei santi direttamente nel codice del sito).

        Comunque sì, è un rito carino da compiere. In una classe di catechismo, ad esempio, me lo vedrei molto bene.
        Di solito io lo vedo fare attorno a Capodanno; io, in passato, lo proponevo nel giorno di Ognissanti. Personalmente, io non lo farei all’inizio dell’Avvento perché in quel periodo cerco di focalizzarmi su altro a livello spirituale: questa new entry del santo dell’anno non saprei bene dove piazzarla, a ridosso del Natale, e finirei con lo snobbarla un po’. Ma, naturalmente, non siamo tutti uguali, e magari invece per qualcuno questa data può funzionare 🙃

        Quest’anno non avevo estratto il mio santo, ho provato a farlo adesso dal sito di Jen. Mi è uscita la beata Anna di San Bartolomeo. Mai sentita in vita mia. Adesso vado a guardare chi è la mia santa 😶

        "Mi piace"

        1. Elisabetta

          A una messa carismatica ho visto dare ai nuovi arrivati un foglio con un passo del Vangelo a caso da meditare, senza attribuire nessun significato particolare però.
          Ci sono dei cattolici che aprono la Bibbia a caso e meditano…un po’come i Ching cinesi.
          Ho solo sentito parlare di sorteggi di Santi con bigliettini in gruppi di preghiera…sorteggi casuali ovviamente, ma anche che alcuni che vi attribuivano significati nascosti (per esempio se ti capita il santo festeggiato nel giorno del compleanno di un conoscente in difficoltà per cui pregare).
          Se mi parli di invocazione allo Spiriti Santo,mi viene appunto in mente il RNS o il RC, ma di fatto chi il sorteggio casuale è solo uno strumento e non bisogna attribuirvi particolar significato. RNS e RC sono molto attenti ai temi dell’esoterismo lontano dal cristianesimo, però paradossalemtne utilizzando questi metodi che a persone non preparate possono sembrare divinatori.
          Maria von Trapp aveva vermante tanti figli ed è adorabile raggruppare tematicamente i santi personali… un po’ come vestire i figli in pendant con la stoffa delle tende ( ok avete scoperto uno dei miei film cul dell’infanzia….confesso di aver avuto anche io vestiti in pendant con la mia famiglia ma credo fosse pratica abituale negli anni 70 80) .
          Io mi riferivo a un modo più personale per scegliere il santo, per esempio se studi ti voti a san Gerolamo, se ti trasferisci ti voti al santo patrono e così via.

          "Mi piace"

          1. Elisabetta

            Scusate devo aggiungere che ho appena cliccato sul saint generator è mi è uscito al secondo tentativo il santo del giorno del compelanno di mio padre, cosa devo pensare.??

            "Mi piace"

          2. Lucia

            No, no, i siti che cito io non avevano nulla a che fare con RNS o RC, due movimenti che personalmente conosco poco ma che so essere sempre molto attenti a non cadere in atteggiamenti “superstiziosi” o che possano sembrare tali agli esterni.
            Più che altro, mi riferivo a quel tipo di suggerimenti che circolano su quei gruppi FB molto “devozionali”, quelli sulla linea di “se condividi, scrivi AMEN”, non so se hai presente 😅 In quei contesti, circolano appunto questi siti con l’indicazione di pregare lo Spirito Santo affinché ti illumini e ti parli indicandoti il santo che Dio ha scelto di affiancarti e bla bla bla, ma sono indicazioni nate decisamente “dal basso” direi.

            Anche io ogni tanto ho l’abitudine di aprire a caso il mio libro di preghiere (con la Bibbia non sono abituata a farlo) un po’ come si farebbe coi Ching, e talvolta l’apertura casuale “ci prende” tantissimo, ma sono sempre molto restia ad attribuire chissà quali significati a questi giochini, perché è molto alto il rischio di confondere Dio con la coincidenza 😅

            Per una scelta “più personale” del proprio santo protettore… ah, ok!
            In effetti, qui in famiglia abbiamo una cerchia di santi a cui siamo particolarmente legati. Mio marito fa parte di un movimento ecclesiale e ovviamente è molto affezionato al fondatore. Io sono affezionata a un paio di santi che hanno fondato/diretto realtà ecclesiali con le quali mi sono trovata a collaborare.
            Ai tempi della mia maturità, avevo affidato i miei studi a santa Ildegarda di Bingen (una donna studiosa dell’epoca che stavo studiando), e in effetti la tentazione di confondere Dio con la coincidenza lì l’ho avuta per davvero, quando, cinque anni più tardi, ho scoperto che avrei discusso la mia tesi magistrale proprio nel giorno della festa della santa 🤣
            Per quanto riguarda il santo patrono… devo ammettere che, colpevolmente, non “sento” più di tanto la devozione per il patrono di Torino… ma probabilmente perché è un santo talmente famoso che fatico a sentirlo “proprio” dei torinesi (è San Giovanni Battista). In compenso sentivo molto forte la devozione per San Siro e Sant’Agostino quando vivevo a Pavia: uno era un santo relativamente poco famoso e l’altro era fisicamente presente a Pavia col suo reliquiario, quindi era facile considerarli “vicini di casa” 😉

            E poi cerco sempre di onorare la festa di San Massimo, protovescovo di Torino, perché è un pazzo isteric… AEHM!
            Per le ragioni storico-agiografiche che, a suo tempo, ricordavo qui: https://www.instagram.com/p/BzJDN6PIB6J/

            🤣🤣🤣

            Comunque, sì, di santi da eleggere a protettori in virtù di affinità particolari, ce ne sono a iosa e credo che quello sia davvero un patronato significativo!

            "Mi piace"

    2. Lucia

      Umberta, grazie mille per la tua chicca su San Francesco di Sales: non la conoscevo assolutamente, e davvero è interessantissima perché dimostra che la tradizione era molto radicata anche sul continente, cosa di cui proprio non avevo idea 😮 Chissà se c’era qualche usanza simile anche in Italia. A ‘sto punto non mi stupirebbe.

      Una chicca curiosissima, che contribuisce a farmi disinnamorare vieppiù della festa 😅

      "Mi piace"

  5. Mariella

    Articolo molto interessante! Quanto ai volatili innamorati, qui da me nella campagna torinese da sempre inizia il festival di Sanremo a metà febbraio: una volta c’erano stormi assordanti di passerotti garruli, adesso purtroppo nidificano solo gazze e cornacchie ☹ ; in compenso, puntuale come un orologio svizzero, è arrivata la coppia di tortore stordite, che si ostina a portare rametti per il nido sulle sbarre ripiegate del tendone da sole: inutilizzabile per settimane, salvo volere una frittata di uova di tortora sul terrazzo…🙄

    Piace a 1 persona

  6. Pingback: San Valentino • Calendario Editoriale

  7. Pingback: Chi è santa Dwynwen, e perché in Galles è considerata la patrona degli innamorati? – Una penna spuntata

  8. Anonimo

    Sono onesta: certe volte, studiando la vita dei Santi, mi sento un po’ valdese.
    D’altra parte, mio padre era un credente sincero e convinto, ma mi ha istruito sulla Sacra Bibbia, non sulle leggende agiografiche.
    Mi hanno turbato episodi di reliquie bislacche.
    Vedi gli innumerevoli denti attribuiti a S.Apollonia, che avrebbe dovuto essere una specie di squalo.
    I molteplici prepuzi di Gesù Bambino.
    Il legno della…ehm…vera Croce, bastante per armare i ponteggi di ventordicimila cantieri edili (si vede che babbo mio faceva il geometra?).
    In fondo in fondo, se io adoro D.o, i Santi non se ne avranno a male, almeno spero.
    Annalisa Neviani.

    "Mi piace"

    1. Lucia Graziano

      Fun fact: che reliquie della vera croce siano così numerose da poter riempire una foresta intera (o armare i ponteggi di millemila cantieri edili, questa non l’avevo mai sentita :-P) in realtà è una affermazione che deriva dalla propaganda protestante cinque- e seicentesca.
      Non ho la minima intenzione di difendere l’autenticità delle reliquie della vera croce sparse per il mondo (per carità del cielo 😂) ma mi diverto sempre a smentire questa idea delle reliquie della vera croce che messe assieme formerebbero un bosco intero, perché a quanto pare anche quella è un falso storico. A fine Ottocento, un tizio di nome Rohault de Fleury diede alle stampe un Mémoire sur les instruments de la Passion nel quale si mise in testa di stilare un catalogo di tutte le reliquie note che erano autenticate* come frammenti della vera croce**, tenendo conto delle dimensioni di ogni frammento: mettendoli assieme tutti, ne ricavò un volume totale di 0,004 metri cubi, all’incirca un cubo di 16x16x16 cm. Insomma, poca roba.

      *Autenticate: “reliquie autenticate” vuol dire che sono accompagnate da un documento episcopale di autentica che, contrariamente a quanto può far pensare il nome, non ne attesta la veridicità ma ne traccia la provenienza.
      Vale a dire: non è un documento che dice “questa qua è davvero la reliquia della vera croce, te lo do per certo”, ma è un documento che dice “ti do per certo che questo qua è davvero un frammento che è stata staccato da un’altra roba che viene considerata essere reliquia della vera croce, e accompagnata da analogo documento di autentica stilato nei secoli passati da un altro vescovo prima di me”.
      Sono documenti comunissimi, presenti in ogni archivio parrocchiale, che in genere si conservano abbastanza bene attraverso i secoli proprio perché, in assenza di quelli, si è autorizzati a guardare la reliquia grossomodo così 👀 e a partire dal presupposto che sia un pezzo di cadavere a caso tirato fuori da una tomba dal primo tombarolo di passaggio.

      ** Frammenti della vera croce: dice Fleury che alcune delle reliquie popolarmente considerate come “della vera croce” erano in realtà autenticate come “reliquie del legno della croce” (ma non quella vera), cioè magari erano frammenti di legno staccati dal crocifisso miracoloso della chiesetta tal dei tali che si raccontava avesse compiuto prodigi etc etc.

      E forse lo stesso discorso si potrebbe fare anche per tutte le altre reliquie che citi: cioè, con pazienza ci si potrebbe mettere a fare un censimento per vedere quanti sono i denti di sant’Apollonia autenticati come frammenti del cranio della santa, e quanti sono i denti autenticati come “reliquie venute a contatto con le reliquie autentiche della santa” (si faceva spesso anche quello, creando reliquie “di terzo grado” o “da contatto”). Onestamente, non credo che indagini di questo tipo siano mai state fatte, perché la Chiesa ha priorità diverse dal mettersi a perdere tempo dietro a reliquie medievali di dubbia provenienza 😅 (ovviamente, per quelle moderne il discorso è ben diverso).

      Piace a 1 persona

    2. Lucia Graziano

      Ciò detto, io spero sia molto chiaro a chi mi legge che il 99% delle leggende agiografiche che racconto qui sono ovviamente da considerarsi alla stregua di leggende 😂 e non costituiscono una reale ricostruzione dei fatti da rivestire di credibilità storica.

      In realtà, che le agiografie debbano coincidere con la biografia del santo è una idea tutta nostra, molto moderna.
      In passato, tra Tardo Antico e Medioevo, quando gli agiografi si mettevano a tavolino per scrivere una agiografia erano perfettamente consapevoli di star scrivendo un’opera letteraria che non era, e non voleva essere, un testo biografico storicamente accurato. Lo scopo delle leggende agiografiche era banalmente quello di raccontare storie edificanti e di contenuto cristiano, a partire dalle vite di personaggi realmente esistiti; ma non volevano essere, all’epoca, biografie nel senso moderno del termine.

      Era un po’ come quando gli sceneggiatori di Netflix si mettono al lavoro per scrivere il copione di The Crown: stanno parlando della regina Elisabetta, ma non stanno facendo un documentario sulla regina Elisabetta, stanno facendo un prodotto diverso.

      Esiste proprio una distinzione fatta a inizio Novecento da Hippolyte Deleyahe (grande storico dell’agiografia, nonché sacerdote gesuita), che parla di passioni storiche (testi scritti con l’intento di fornire informazioni storicamente accurate sulla vita del santo) e di passioni epiche (testi scritti con l’intento di intrattenere ed educare, attraverso storie di fantasia). E’ chiaro che le seconde non dovrebbero essere confuse con le prime, altrimenti si passa per idioti (o, minimo minimo, si prova quel disagio che tu giustamente descrivi).

      E non sto dicendo niente di controverso eh: cioè, ‘ste cose me le ripetevano anche l’anno scorso i padri bollandisti al corso di agiologia che ho frequentato alla pontificia università antoniana, sono tutti concetti assolutamente accettati senza problemi 🙂

      Piace a 1 persona

  9. Pingback: No, la Chiesa non ha inventato san Valentino per soppiantare i Lupercali. Davvero. – Una penna spuntata

  10. Whitewolf

    Approfitto dell’apertura del mio sito su wordpress per ringraziarti, Lucia! Grazie ai tuoi articoli mi sono preso 82 alla tesi triennale 🙂

    "Mi piace"

Lascia un commento