Un vescovo nega la Comunione per paura dell’epidemia!! (Ed è in corso la sua causa di beatificazione)

Ommioddio, non c’è più religione, questa Chiesa va a scatafascio! I santi preti di una volta si stanno rivoltando nella tomba!! E questi nostri pavidi vescovi terrorizzati dal contagio ci negano il diritto di ricevere l’Eucarestia proprio quando ne avremmo più bisogno!!1!!1!

È possibile (ma non troppo probabile) che qualcuno l’abbia detto per davvero, quando il provvedimento entrò in vigore nel 1854.
L’epidemia in questione era quella di colera e il provvedimento recava la firma dal venerabile Angelo Ramazzotti, vescovo di Pavia, per il quale è attualmente in corso la causa di beatificazione.

Cattolico indinniato che te la prendi con la CEI: stacce.

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Vi parlo del caso pavese perché è quello che conosco meglio, avendolo studiato professionalmente qualche anno fa. Ma la Diocesi di Pavia non è certo stata l’unica a prendere provvedimenti atti a contenere l’epidemia. Mostrando, con ciò, un buonsenso non comune, che va a tutto merito di monsignor Ramazzotti e del suo predecessore, il vescovo Luigi Tosi.

Se, oggi, ci sentiamo colti alla sprovvista dall’arrivo prepotente del coronavirus nelle nostre diocesi, i vescovi di inizio Ottocento se la passavano peggio di noi. Ché il colera era ‘na strana bestia aliena come non se n’erano mai viste altre, nel momento in cui, per la prima volta, la malattia entra in Europa.

Non è che i medici occidentali non ne conoscessero l’esistenza. Vasco da Gama ne aveva descritto i sintomi con dovizia di particolari ed è possibile che anche Ippocrate conoscesse la malattia. Ma, banalmente, la consideravano una di quelle brutte malattie esotiche che, per fortuna, non arriveranno di certo dalle nostre parti.

Agente Patogeno Colera è un tipino interessante, di cui, eventualmente, racconterò la storia in una puntata a parte. Per il momento, limitatevi a visualizzare la situazione:  siamo nel 1830 e l’Europa è stretta nella morsa di una malattia schifosissima, mai vista prima e alquanto diversa dalle altre malattie epidemiche fino a quel momento note, anche a livello di sintomatologia. Mentre i medici brancolano nel buio più totale, un’unica certezza comincia a farsi strada: il colera è, effettivamente, contagioso. Non si capisce come contagi, ma indubbiamente riesce a farlo.

Lo dimostrava il buon senso (eh beh), ma lo dimostrava anche il caso eclatante del Lombardo-Veneto. Dopo che – verso la metà dell’agosto 1831 – la città di Vienna aveva segnalato i primi casi, il governo del Lombardo-Veneto aveva istituto un cordone sanitario rigidissimo che lo isolava dal Tirolo e dagli Stati Sardi.
E, in effetti, tanto bastò a risparmiare il Lombardo-Veneto dalla prima grande ondata di contagio. Il colera invase l’Austria, si fermò ai posti di blocco organizzati dai Lombardi, cambiò strada, salì in Germania, da lì salpò per l’Inghilterra e riattraversò lo Stretto puntando sulla Francia. L’intera Europa era (letteralmente) immersa in un mare di cacca, ma il Lombardo-Veneto se ne stava tranquillo per i fatti suoi.

Le cose cominciarono a mettersi male solo quando, nel luglio del 1835, la gente prese a morire a frotte nel Regno di Sardegna. I Savoia temporeggiarono, fecero passare troppo tempo prima di ordinare una quarantena: nell’arco di pochi mesi, il colera aveva raggiunto la Lombardia.

Pavia, Diocesi di confine, divenne rapidamente terra di trincea. Il 14 luglio 1836 il vescovo Luigi Tosi indirizzava alla popolazione la prima di tante lettere circolari dedicate all’epidemia.

Già da alcuni anni appaiono segni manifesti della collera del Signore provocata dai nostri peccati. Dopo aver afflitte varie parti dell’Europa con un terribile flagello chiamato dalle più remote parti del mondo, […] anche a questa Diocesi si accosta ora il Signore e fa sentire la sua voce severa, benché sempre paterna.

La lettera parte tenendosi sul generico e disseminando buoni sentimenti. Il vescovo si rivolge a “i Proprietarj di fabbriche e manifatture, i Padroni di botteghe, i Fittabili” affinché non manchino di corrispondere lo stipendio con regolarità, di modo tale che la denutrizione non aggiunga un ulteriore fattore di rischio alle fasce deboli della popolazione.
Concede, dietro permesso pontificio, una indulgenza di cento giorni al personale sanitario che assisterà i malati di colera (perché, ehm: altrove, si erano registrati imbarazzanti casi di medici che se la davano a gambe pur di evitare il contagio). Inoltre, estende tale concessione a chi sosterrà i medici (la ricerca, diremmo adesso) attraverso “generose largizioni”. Non impone per il momento grandi scossoni alla vita religiosa, limitandosi a ordinare che

l’amministrazione del SS. Viatico, le Agonie, le Morti, i Suffragj per i malati Cholerosi siano annunziati con brevissimo tocco di campana.

Una precauzione di natura psicologica, ovviamente, volta a non fiaccare il morale della popolazione.

Precauzioni di natura decisamente più… concreta vengono imposte, invece, nella lettera che il vescovo Tosi invia a tutte le parrocchie l’8 agosto dello stesso anno.

La malattia è ormai arrivata sulle rive del Ticino e

nella presente circostanza di invasione in questa Città e Diocesi del fatale Morbo Cholera è importantissimo alla salute pubblica e al buon ordine che sia da tutti i RR. Parochi tenuto un prudente metodo uniforme nell’Amministrazione del SS. Viatico agli Infermi.

Amministralo a tutti, amministralo sempre, amministralo in quantità industriali perché giammai la Chiesa negherebbe l’Eucarestia a chi soffre, per la paura o la malattia?

Ehm, non proprio.

Quando il Paroco o Sacerdote chiamato ad assistere un infermo in grave pericolo della vita non sia moralmente certo che l’infermità non abbia alcuna partecipazione o relazione col Morbo Cholera, non amministrerà il SS. Viatico senza che sia preceduto il giudizio del Medico, che assicuri non esservi alcun sospetto di questo Morbo, ma l’infermità essere di tutt’altra natura.

La preoccupazione era solo in parte di natura sanitaria (…per quanto sia tendenzialmente una pessima idea avvicinare le dita alla bocca di un malato affetto da una malattia che si trasmette con la saliva. Ma le modalità di trasmissione non erano ancora note, all’epoca).
Vi stupirà: la preoccupazione era solo in parte di natura sanitaria, e in misura assai maggiore di natura religiosa. Essendo il colera una malattia che provoca scariche di vomito violentissime e frequenti, la Chiesa tremava al pensiero di amministrare la Comunione a un poveretto che, di lì a pochi secondi, avrebbe potuto vomitare l’ostia consacrata facendole far la fine del contenuto (infetto) di un pitale.

Altro che sospensione delle Messe! I santi preti dell’Ottocento negavano agli ammalati la possibilità di accostarsi per un’ultima volta all’Eucarestia – e non era nemmeno una questione puramente sanitaria. Più che altro, vi era un comune consenso sul fatto che il diritto del malato di domandare il Viatico non potesse prevalere sul dovere di esercitare la prudenza (anche nel trattare il Santissimo).

I malati di colera, dunque, potevano anche scordarsi di far la Comunione.
Il che non vuol certo dire che venissero lasciati a morire senza il conforto dei sacramenti, ovviamente. E infatti,

dove siavi anche solo legger dubbio o sospetto di Cholera si potranno bensì amministrare all’Infermo i SS. Sacramenti della Penitenza ed Estrema Unzione, ma non il SS. Viatico.

Non mi risulta che i Pavesi si siano mai sognati di protestare (o, se l’hanno fatto, questo non risulta né nei giornali d’epoca né nelle cronache parrocchiali che ho consultato).

***

A queste norme dettate dal buonsenso e dalla riverenza, si accompagnano ordini di natura più propriamente sanitaria. Il vescovo Tosi non arriva a sospendere le Messe, ma, ma nel luglio 1836, ordina con ferma decisione

che queste non siano prolungate oltre il vero bisogno; e che nelle Chiese sia mantenuta la maggior pulitezza e proprietà, e la possibile ventilazione; e in caso di bisogno sia fatto uso di que’ mezzi che l’Arte Medica suggerirà per la purificazione dell’aria.

Ma ‘na bella penitenza collettiva all’insegna del penitenziagite, ce la vogliamo mettere, monsignor vescovo?
Un bel rosario serale di massa, così riempiamo la cattedrale e magari la Madonna si impressiona positivamente?

Ehm, no.

È poi assolutamente vietata ogni altra Funzione straordinaria o Processione oltre le suddette, che non sia da Noi prescritta, e specialmente se si tratti di Chiese non ampie, alle quali concorra folla di Popolo.

Come se non bastasse, il vescovo Tosi abolisce pure i precetti del digiuno e dell’astinenza.
L’epidemia arriva in piena estate, ma la Chiesa dell’epoca vincolava all’astinenza dalle carni in tutti i venerdì dell’anno e incoraggiava digiuni assai frequenti, specie tra i religiosi.

Non così il vescovo, che anzi ordina con fermezza di evitare

particolari austerità di digiuni, di mortificazioni corporali; che anzi le regole di prudenza consigliano di osservare bensì per questo tempo un sistema di vita temperante, ma insieme mantenersi in vigore, sia per prevenire gli assalti del morbo in noi stessi, sia per tenerci disposti a prestare assistenza agli infelici che ne fossero colpiti. Ed è per questa ragione che Noi debitamente abilitati concediamo a tutti senza distinzione i Fedeli di questa nostra Città e Diocesi, fino a nuovo nostro avviso, la dispensa dall’uso dei cibi di magro in tutti i giorni in cui sono prescritti dalla Chiesa, permettendo l’uso di carni salubri, quali si convengono al vero bisogno attuale.

Un provvedimento che, peraltro, non stupì nessuno: da svariati secoli la Santa Sede aveva preso l’abitudine di dispensare dai precetti del digiuno e dell’astinenza (anche e soprattutto quaresimali) tutte le diocesi che erano colpite da epidemia o che presentavano in modo diffuso condizioni di salute precaria.

Uomo di vasta e raffinata cultura (fu, tra l’altro, il padre spirituale di Alessandro Manzoni), monsignor Luigi Tosi aveva indubbiamente avuto il merito di vedere lontano… e in modo assai illuminato. O illuminista.
Tra i vescovi europei, non fu certamente il solo a emanare provvedimenti volti a limitare il contagio. Ahimé, non tutti i presuli ebbero la sua prontezza, ma monsignor Tosi fu tra quelli che segnarono la strada.
Una strada che, qualche anno più tardi, di fronte a una seconda ondata epidemica, seguì senza esitazione anche il suo successore: il venerabile Angelo Ramazzotti.

La Comunione continuò a non esser distribuita agli ammalati; i fedeli continuarono a mettere in tavola pasti nutrienti tanto quanto glielo consentivano le loro tasche. Le Messe continuarono a non essere sospese, ma la prudenza suggerì in certi casi di moltiplicarle “onde non ci sia così il pericolo di un soverchio affollamento”. Funzioni straordinarie, processioni e rosari pubblici furono aboliti senza mezzi termini, per evitare pericolosi assembramenti.
Come implorava assai ragionevolmente il vescovo,

La prudenza cristiana […] ci consigli ad adoperare quelle misure di pulitezza e di igiene che anche dalla vigile autorità vennero prescritte.

Di nuovo: ai tempi di questo studio, ho cercato in lungo e in largo, ve lo assicuro. Eppure, nel marasma delle proteste irrazionali di ogni tipo che la popolazione avanzava contro la qualunque, non mi risulta che da nessuna parte qualcuno abbia mai osato criticare quel santo prete di una volta. 

 

Per la bibliografia, vi tocca fidarvi perché o mi auto-cito o vi rimando direttamente alle fonti d’archivio. Facciamo che vi rimando alle fonti di archivio e, in particolar modo, alle lettere circolari emesse dai vescovi Tosi e Ramazzotti negli anni: 1831 (8 agosto), 1836 (14 luglio; 15 novembre); 1854 (12 agosto; 21 agosto; 2 ottobre; 22 ottobre; 12 dicembre), 1855 (6 luglio; 10 luglio; 25 ottobre; 6 dicembre).

***

Postilla del 27 febbraio:


“Eh ma Don Bosco aveva affidato i suoi ragazzi alla Madonna e li aveva mandati a visitare i malati di colera di casa in casa!”.

Negli ultimi due giorni, sui social, questo aneddoto è stato opposto frequentemente a questo articolo e a quello apparso su Breviarium a firma di Marco Rapetti Arrigoni.
Consentitemi dunque una precisazione: in effetti no, don Bosco non prendeva precauzioni particolari per evitare il contagio.
E questo per un “piccolo” dettaglio: don Bosco stava a Torino. I vescovi Ramazzotti e Arrigoni stavano rispettivamente a Pavia e Lucca. Stiamo parlando cioè di personaggi che vivevano in tre nazioni diverse, con politiche sanitarie diverse.

Don Bosco non prendeva particolari precauzioni anti-contagio perché il Regno di Sardegna non credeva che il colera potesse trasmettersi da uomo a uomo. A differenza di quanto accadeva negli altri Stati pre-unitari, che miravano a contenere la malattia attraverso quarantene molto rigide, Cavour era un fautore del liberismo sanitario e gestì l’epidemia di colera adottando una politica apertamente anti-contagionista (cioè: contraria alla teoria che il colera fosse contagioso) senza quasi mai porre in essere quarantene o cordoni di isolamento sanitario.
Non così fecero gli altri Stati preunitari, dove era tendenzialmente data per buona la contagiosità del colera (la teoria fu dimostrata solo nel 1855 da John Snow – no, non quello di Game of Thrones, un altro).

Quindi: sì, è vero, don Bosco non aveva paura del contagio: negli Stati Sardi nessuno aveva paura del contagio, visto che il governo continuava a ripetere a manetta che il colera non era contagioso.
Diversa la situazione a Lucca e a Pavia e, di conseguenza, diverse le decisioni dei vescovi Tosi, Arrigoni e Ramazzotti.

Avvinta dalla più divertita stupefazione di fronte all’evidenza di essere riuscita a scatenare sui social un surreale sotto-flame sulle politiche sanitarie di metà Ottocento, mi dolgo solamente di una cosa. E cioè, di come questa polemica sia riuscita in un colpo solo a mettere in cattiva luce tutti quanti gli interessati: i vescovi prudenti (manco fossero dei pavidi irreligiosi) e il povero don Bosco (che sembra un riottoso che sfida le autorità ed espone volontariamente al rischio di contagio i ragazzini che gli erano affidati).

A questo indirizzo ho caricato lo screen di alcune pagine di un saggio di storico che spero possano aiutare un minimo a contestualizzare.

121 risposte a "Un vescovo nega la Comunione per paura dell’epidemia!! (Ed è in corso la sua causa di beatificazione)"

  1. sircliges

    Bene questo excursus storico. Disapprovo fortemente gli stracciamenti di vesti di queste ore per la decisione di sospendere il precetto domenicale.
    Fatti:

    ● se la cosa è fatta come deve essere fatta, NON si smette di dire Messa, si smette di celebrarla in pubblico: i sacerdoti in canonica continuano a celebrare il Sacrificio e lo offrono per la Chiesa; la Messa è atto del popolo di Dio A PRESCINDERE dalla quantità di persone che vi assistono; una Messa col prete e 1 accolito è sempre Messa di tutta la Chiesa;

    ● è regola generale che il precetto domenicale non obbliga in caso di stato di necessità; la Chiesa ha il potere di definire concretamente quando e come si presenta tale evenienza;

    ● il martire offre a Cristo la vita propria, non la vita altrui, e non mette in pericolo gli altri con la propria condotta; voler andare a tutti i costi a Messa, col rischio di farsi veicolo di un contagio che può uccidere i più deboli (in primis anziani e bambini), NON è eroismo, è imprudenza;

    ● l’Eucaristia NON è un diritto del fedele; noi NON abbiamo il diritto di dire “esigo di fare la comunione”; se per necessità non si può andare a Messa, la festa può essere santificata in altri modi, con la preghiera a casa, la lettura della Bibbia, la recita del rosario;

    ● la Comunione è nella sostanza il corpo e sangue di Cristo, ma conserva chimicamente gli accidenti del pane e del vino, con tutto quel che ne segue (per esempio, i celiaci devono usare un tipo particolare di ostia); non si può dire “Gesù non può farci del male”, questo pensiero ingenuo implica una confusione di fondo su cosa veramente sia un sacramento;

    ● pensare che Dio “debba” proteggerci dalla malattia, perché noi siamo bravi e buoni andando a Messa, non è cattolicesimo, è pensiero magico: l’essenza della magia è proprio il voler comandare i fenomeni soprannaturali, dire a Dio “tu devi” anziché “io ti chiedo”;

    ● Dio è buono eppure permette il male, entrato nel mondo non per sua volontà, ma per la distorta libertà di Lucifero e dei progenitori; e ora il male fa parte del disegno più grande, che vedremo solo dopo la nostra morte, e allora vedremo con chiarezza a cosa sono servite tutte queste sofferenze che ci hanno messo alla prova per renderci degni della vita eterna; e Dio, permettendo il male, può anche permettere che noi andando a Messa prendiamo una malattia contagiosa e la passiamo ad altri;

    ● le virtù cristiane sono 7, la prima è la prudenza, virtù cardinale e bussola di tutte le virtù.

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    1. Celia

      Chapeu.
      Aggiungo soltanto che, come si fa quando si è in situazione di peccato e non si può ricevere l’ostia, è possibile recitare la comunione spirituale. La premessa è differente, ma non vedo perché no.

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      1. Anonimo

        Molte grazie. È utile ed interessante aggiungere alla mia forte ignoranza tutti questi elementi. Spiace che spesso i sacerdoti parlino di altro, invece che farci conoscere queste meraviglie. Una cosa che mi mette a disagio è il velo di sarcasmo ( forse immaginato , non voluto)con cui si nomina spesso il povero gregge di pecorelle, come me, che guardandosi intorno e vedendo supermercati pieni,palestre piene,autobus pieni sono costernati dal non poter prendere le ceneri in chiesa. Oltre al fatto che ,vivendo con un infettivologo, ci sarebbero molte considerazioni scientifiche che sento in questi giorni sull’affronto del problema. Ma questo non toglie nulla all’opera meritoria che Lei compie nell’allargare le nostre piccole menti.
        Cordialmente.
        Annarita

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        1. Lucia


          Annarita, grazie! Se questi articoli sono serviti a qualcosa, ne sono davvero tanto tanto contenta 🙂

          Mi spiace se il sarcasmo è spiaciuto, ma NON era in alcun modo rivolto alla “pecorella che si guarda attorno ed è confusa”: era rivolto alla pecorella che vede la confusione delle altre parigrado e inizia a gridare proclami urlando che il pastore è un incapace eretico e seminando il panico vieppiù. Chiaramente non ottiene di confortare le altre pecore, ma peggiora solo drasticamente la situazione XD

          Sulla questione che poni, secondo me bisognerebbe fare una riflessione di buonsenso. Detto brutalmente: se se chiudi al pubblico le chiese per una settimana, non succede niente a parte che il cattolici si dispiacciono di non poter ricevere le Ceneri (giustamente).
          Se per una settimana sospendi le corse dei mezzi pubblici, emani un’ordinanza per chiudere tutti gli uffici e abbassi le serrande dei supermercati, scoppia il caos, l’economia si blocca (e il poveraccio che non aveva ancora fatto la spesa si ritrova a far la fame).
          Io lavoro nel settore della cultura (un settore che adesso è effettivamente fermo, perché la Regione ha chiuso musei, biblioteche, università etc). Molti dei colleghi che lavorano – ad esempio – nei musei prestano servizio con contratti di co.co.pro per conto di cooperative terze che hanno in gestione quel museo (in sostanza: non sono dipendenti statali, e in base al loro contratto non hanno nemmeno diritto alla malattia. In molti casi, vengono pagati a ore). Io conosco un paio di persone che sono nella più nera disperazione, perché, per loro, una settimana di chiusura forzata vuol dire ritrovarsi con un quarto dello stipendio in meno a fine mese. Ho una amica mi diceva “io non so se questo mese ce la faccio a pagare il mutuo”.

          E’ ovvio che non è pensabile chiudere TUTTO (salvo emergenze gravissime, vabbeh), perché altrimenti ti si blocca l’economia in una settimana. E’ ovvio che bisogni fare una scelta e chiudere solo i luoghi considerati più “a rischio”.

          Le chiese sono da considerarsi luoghi particolarmente a rischio? Secondo me sì.

          Anche perché c’è da fare un altro tipo di riflessione: chi ci va, in chiesa?
          Grazie al cielo, ancora un buon numero di persone giovani – ma, soprattutto, un gran numero di persone anziane. Mi sembra un dato evidente.
          Io ti faccio il caso molto concreto di mia mamma: una signora di 72 anni con una serie di piccole patologie pregresse – il classico paziente che se riesce ad evitare ‘sta roba è meglio. Mia mamma ha diritto al vaccino anti-influenzale gratis ogni anno, per dire.

          Ecco: mia mamma non va a lavorare, non prende autobus affollati, non bazzica per centri commerciali; fa la sua normale vita di pensionata. Toh: va in palestra per fare ginnastica dolce per la terza età, e infatti tutte le palestre sono chiuse.
          L’unico posto veramente affollato che mia mamma frequenta con regolarità è la nostra parrocchia. E grazie al cielo che il vescovo ha dato indicazioni, perché sennò mia mamma si sente in dovere di andarci, a Messa (ovviamente).

          Quindi io ritengo che NON sia vera e NON abbia alcun senso l’obiezione per cui “eeeehh, ieri sono entrata sulla metro affollata ma oggi non posso entrare in una chiesa mezza vuota”. Nella metro affollata ci sarai entrata tu (tu ipotetico, eh 😉), che evidentemente sei un adulto (auspicabilmente in salute) e prendi la metro per andare a lavorare.

          Ma se tu adulto in salute ti becchi il coronavirus, hai ottime chance di guarire in quattro e quattr’otto.
          Le persone che appartengono alle fasce di rischio, mediamente NON ci mettono proprio piede, nella metro e nei centri commerciali, quindi non rientrano nell’esempio.

          Va detto anche quello eh, sennò ce la cantiamo e ce la suoniamo da soli noi giovani cattolici di Internet. Non è che ci siamo solo noi a dover andare a Messa la domenica.

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          1. Anonimo

            Mi permetto di aggiungere: scuole chiuse in emilia romagna fino al 1 marzo, nelle Marche fino al 4, e non tutte. Mio marito deve dimettere gradualmente i suoi ammalati per ricoverare qualsiasi patologia polmonare, corridoi pieni di gente in attesa, medici di base che fanno ricoverare tutte le patologie respiratorie. Cominciano a mancare i tamponi e le mascherine. Sacerdoti che celebrano alle 6,30 di mattina, altri che dicono “venite senza dirlo in giro”, il mio parroco fortemente invitato ( ricordando multa da 200 euro) a non celebrare e che celebrerà facendoci entrare poi chiudendo le porte. Qualche problema c’è. E non credo sia solo del popolo. Avendo sempre frequentato cattolici che mi hanno insegnato a voler capire, e a voler usare la ragione che non ha paura della fede, provo a farlo. Veramente se l’ intenzione fosse costruttiva ciascuno potrebbe aggiungere elementi per capire meglio. Ultima cosa: credo che “il leone ruggente”si stia fregando le mani per nostra
            Debolezza.
            Buon lavoro.
            Annarita

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          2. Lucia

            Ah, ma anche io sono dell’idea che qualche problema ci sia, e decisamente non solo tra il popolo.
            Mi stupisco per le misure draconiane prese in Regioni dove per il momento non risultano contagi (per carità, la prudenza non è mai troppa) e resto perplessa per quelle che secondo me potrebbero essere delle falle del sistema (leggevo ieri sul quotidiano di Imperia che il Ponente Ligure è pieno di Piemontesi e Lombardi che, per allontanarsi dalle zone dove ci sono già stati contagi, riaprono la seconda casa al mare e ci si trasferiscono. I Liguri avrebbero voglia di pelarli vivi e, insomma, sotto un certo punto di vista li capisco pure 👀).

            Problemi ce ne sono con molta evidenza (per non parlare poi dei supermercati saccheggiati peggio che l’assalto ai forni di Milano: anche lì, secondo me ci si sarebbe potuti regolare diversamente), e non solo tra il popolo.
            Però se il popolo si insubordina invece di rispettare le normative che sono state prese, finisce a schifio proprio 😅

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          3. Ubi Deus ibi pax

            Epperò i bar sono rimasti aperti, bar in cui gli anziani spesso restano ore e ore, come la prima vittima italiana del diciannovesimo corona virus.

            Nel caso del bar si può dire che non si può fermare l’economia per settimane per un virus, ma una frase del genere me l’aspetto da un ateo e non da un credente, che deve ben credere che la preghiera (perché sia trovato presto un vaccino, o perché i malati a rischio guariscano subito… et cetera) sia potentissima, specie quella del Sacrificio incruento eucaristico, che ogni giorno in ogni luogo della Terra avvantaggia tutti, anche chi minimizza sulla chiusura delle chiese (dove chi è a rischio poteva tranquillamente non andare, ben sapendo di essere a rischio per malattie croniche pregresse… O senza il divieto si è così imprudenti?).

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          4. Lucia

            Ciao! 🙂
            Grazie per tutti i commenti, appena ho tempo rispondo ad uno ad uno. Intanto inizio, al volo, da questo 🙂

            Ieri sera, il governatore della Regione Piemonte (dove mi trovo io) ha cercato di spiegare in conferenza stampa la sua discussa decisione di lasciare chiuse le scuole laddove invece musei, cinema etc. sono già stati riaperti (pur con l’obbligo di contingentare gli ingressi e mantenere le distanze di sicurezza). Il governatore spiegava che è andare in un museo o in un centro commerciale è una libera scelta mentre invece andare a scuola è un obbligo, e lui non se la sente di imporlo in queste condizioni. Giustissimo, applausi a scena aperta.

            Per le Messe, secondo me, è esattamente la stessa identica cosa (parlando ovviamente in una prospettiva cattolica, e mettendo il vescovo al posto del governatore che deve prendere decisioni scomode).
            Se tu celebri a porte aperte la Messa domenicale e non dispensi dal precetto festivo (i vescovi dell’Emilia ad esempio avevano concesso la dispensa), io sono obbligata eccome ad andarci. Infatti domenica ci sono andata (a Torino, è ripartita da domenica mattina la celebrazione delle Messe aperte al pubblico) e non nego che l’ho fatto con un certo patema d’animo – non per me, ma perché quotidianamente vengo a contatto con i miei genitori anziani a cui preferirei non attaccare robe strane.
            La mia anziana genitrice è rimasta a casa, con un patema d’animo ancor più grande del mio, perché si sentiva in colpa a saltare una Messa domenicale pur essendo fresca come una rosa, a causa di uno scrupolo che potrebbe anche essere eccessivo. Nella sciagurata ipotesi in cui dovesse ammalarsi (facciamo le corna), ‘sta poveretta avrebbe pure l’angoscia di trovarsi in stato di peccato mortale.

            Direi che questo piccolo quadro di vita familiare basta a spiegare la ragione per cui ritengo altamente auspicabile che un vescovo intervenga in maniera chiara per dire ai sacerdoti e ai fedeli “puoi fare questo e questo e questo, ma non puoi fare questo e quest’altro”, perché sennò la gente è costretta ad andare a sentimento e poi ti ritrovi col prete che celebra come se niente fosse, col prete che arruola buttafuori per contingentare gli ingressi, col fedele che pretende di fare la Comunione in bocca perché lui preferisce così, col fedele che si è terrorizzato guardando il TG e in coscienza ritiene che vada bene mettersi in quarantena da qui fino a Capodanno.

            Che la preghiera del sacrificio eucaristico sia potentissima, ovviamente non lo mette in dubbio nessuno. Ma infatti mica è stata vietata la celebrazione delle Messe (!), è stata vietato il concorso di popolo: i preti continuano a dir Messa per i fatti loro, e spero bene che i fedeli preghino a casa loro. Quindi la preghiera continua ovviamente ad esserci in tutta la sua potenza – e, sì, il barista tira avanti come può senza il rischio di non dover far la fame a fine mese 😅

            (Fermo restando che io sono molto perplessa anche sulla riapertura di musei e di luoghi di cultura *secondo le modalità che sono state imposte dal decreto*, e che secondo me sono difficilmente realizzabili in luoghi di cultura dove non c’è abbastanza personale – sto leggendo su Internet colleghi disperati che non sanno proprio da dove partire. Ma in questo caso riconosco che ci siano in ballo questioni economiche importanti che, per l’appunto).

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        2. Celia

          Ma di nulla, si figuri.
          L’affronto di simili gravi problemi è sempre un importante ònere ed onore.
          Pensi quale affronto ci reca chi non intende parole che diciamo umane, ma ode parole più nuove che parlano gocciole e foglie lontane!

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          1. Ubi Deus ibi pax

            Se la comunione spirituale è una soluzione efficace, perché preoccuparsi tanto delle popolazioni indigene amazzoniche con un Sinodo speciale?

            La Chiesa chiede di comunicarsi almeno semel in anno, e qualunque indigeno amazzonico può sopportare l’idea di sobbarcarsi un bel viaggetto per il Brasile almeno una volta all’anno per partecipare alla Santa Messa e comunicarsi finalmente.

            Eppure la Chiesa ha pensato in modo speciale ai bisogni spirituali di costoro.

            L’iperbole per ricordare che la comunione spirituale è pensata per casi straordinari di impossibilità, quali ad esempio un malato cronico che metterebbe a serio rischio la propria vita se venisse contagiato dal diciannovesimo corona virus, o una persona in stato di peccato mortale e impossibilità di comunicarsi prima della Santa Messa.

            La stragrande maggioranza delle persone però poteva tranquillamente partecipare alla Santa Messa usando prudenza. Restando a debita distanza dagli altri fedeli, sia nei banchi sia nella fila per comunicarsi, e lavandosi le mani con l’amuchina prima di ricevere la particola sulle mani, per evitare di portare alla bocca mani infette.

            Io continuo a ritenere che il minimizzare su una scelta dei vescovi quantomeno discutibile e probabilmente sproporzionata non sia segno di amore per la Chiesa, quanto di un pizzico di sciatteria. Quella di chi non dà il giusto peso alle parole “culmine” e “fonte”…

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          2. Celia

            Il mio era solo un suggerimento, una possibilità in più per non limitarsi a saltare semplicemente la Messa, o meglio evitare di comunicarsi.
            Volevo ricordare l’esistenza di uno strumento poco considerato, pensato per l’occasione che tu citi (impossibilità di confessarsi) ma estensibile ad altro.
            Sul discorso generale invece sono d’accordo con Lucyette e Sircliges, fermo restando che zone diverse e situazioni diverse possono fare scelte più o meno drastiche secondo il caso.
            Tu infatti fai presente consigli sacrosanti, non sempre però sufficienti per fronteggiare un rischio comunque importante. Ma per carità, non voglio rilanciare il discorso.
            Tanto più che, appunto, trovo preferibile comunicarsi più di una volta l’anno se possibile, anche se formalmente non è richiesto, ma non è indispensabile farlo ogni volta che si partecipa – anzi, al contrario dovremmo forse farci un pensierino in più, abituati come siamo ad associarle meccanicamente. E per chi si trova in condizioni particolari di necessità, ci può essere una visita a casa, com’è normale.
            Ti invito a considerare questa posizione come differente dalla tua, ma certo non sciatta o disinteressata alla… salute della Chiesa: non almeno da parte della padrona di casa, per la quale è vero l’inverso.

            Sull’Amazzonia, invece, concordo.
            Io non l’ho associata all’evento virus, né ho parlato di approvare dispense a largo raggio. Capisco che tu possa aver fatto un collegamento tra le due questioni, ma non attribuirmelo 😉

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          3. Celia

            Aggiungo che, avendo letto adesso il suo commento precedente, giusto è considerare la propria partecipazione alla Messa con la possibilità di comunicarsi, ma se la “preoccupazione” principale è invece quella di consentire una preghiera-sacramento massimamente potente per il bene del popolo e per l’occorrenza attuale, questa non è mai stata negata né sospesa.
            Che i fedeli vi partecipino o meno, le Messe vengono celebrate e sono altrettanto efficaci e valide.

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          4. Lucia

            In tempi non sospetti, nel 2015, io scrivevo questo a proposito della comunione spirituale (e/o più in generale a proposito dell’opportunità di partecipare a una Messa ma non fare la comunione).

            https://unapennaspuntata.com/2015/02/06/pillole-di-storia-fame-di-ostie/

            Oh, io di solito la faccio la Comunione, eh 😅 in quel caso c’erano state delle polemiche perché, durante una visita apostolica del Papa a Manila, la grande calca (e, probabilmente, una cattiva organizzazione) avevano fatto sì che la Comunione fosse distribuita in modo molto caotico, con ostie passate di mano in mano tra i fedeli accalcati l’un sull’altro. All’epoca, molti si erano scandalizzati dicendo “ma te l’ha ordinato il medico, di far la Comunione ogni domenica? In condizioni simili, non era meglio astenersi?”.

            Ovviamente sarebbe stato meglio se non si fossero verificate condizioni simili, ma in un simile frangente io mi sarei astenuta eccome (e, come scrivevo in quel vecchio articolo, ritengo che la scarsa frequenza con cui la gente si comunicava un tempo avesse anche degli effetti collaterali positivi).

            Come nota di colore: quando scrivevo quell’articolo, era ancora abbastanza vicina per me la memoria di un intervento di chirurgia maxillofacciale che mi aveva riempito la bocca di ferite che avevano faticato a rimarginarsi, etc. Era ovviamente importante che la mia bocca fosse il più sterile possibile, sicché diverse volte al giorno facevo uso di medicine e colluttori appositi che mi erano stati prescritti dal medico, e quant’altro. In quel contesto, mi era sembrato molto imprudente fare la Comunione: prendere l’ostia direttamente in bocca, anche no; prenderla in mano, anche no, perché magari erano sporche le mani mie e/o di chi la distribuiva. Insomma, con la massima serenità mi sono astenuta dal fare la Comunione per circa un mese (andando, ovviamente, a Messa con regolarità).
            Quando finalmente sono di nuovo stata in grado di fare la Comunione, è stata una bella emozione! Quella “astinenza forzata” mi aveva reso prezioso quel gesto che spesso tendiamo a dare un po’ “per scontato”, quasi fosse un atto dovuto (o almeno: io sicuramente tendo a farlo).

            Per dire, la mia posizione sulla comunione spirituale è questa da almeno sei-sette anni 😅

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          5. Ubi Deus ibi pax

            @ Celia:

            Anche le mie erano semplici considerazioni, senza velleità impositive.

            Trovo solo singolare affermare che un bar rischia il fallimento se resta chiuso due settimane, e affermare che una chiesa abbia un rischio di contagio paragonabile ad un bar o ad un centro commerciale.

            Un vescovo avrebbe potuto tranquillamente dare una dispensa alle categorie a rischio, e nessuno avrebbe eccepito. E invece ha esteso a tutti, ben sapendo che quelli sani al bar andranno comunque, e quindi potranno tranquillamente portare il virus ai loro parenti cagionevoli di salute.

            Ricordiamo che questo virus non è particolarmente più virulento di altre influenze, è solo (forse!) un po’ più mortale delle normali influenze. Per questo trovo che misure così drastiche (con precedenti in periodi storici ben più gravi) fossero un tantino ingiustificate. Sembra quasi che i nostri vescovi abbiano paura di risultare sprovveduti, o peggio ancora untori.

            La sciatteria è nel dire che la Messa è valida sia se cum populo che sine populo. Chiaro che sì, ma se fosse così marginale per la nostra salvezza la presenza del popolo perché avremmo il precetto domenicale e festivo?

            Nessuna accusa nei confronti di Lucia, che ha anche un impatto emotivo sul tema, avendo un genitore anziano a rischio (anche i miei sono anziani, sebbene non particolarmente a rischio, e anche io mi preoccupo per loro, quando partecipo alla Santa Messa a San Paolo fuori le mura con loro… dove l’assembramento di fedeli è ben maggiore di una parrocchia media romana, compresa la mia).

            E no, non ti attribuivo alcun collegamento all’Amazzonia. Erano solo iperboli che aiutavano a rendere più chiaro il concetto.

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          6. Celia

            Insisti a parlare di sciatteria: non sarà un’accusa, ma è un’opinione precisa che io rigetto.

            Sul virus.
            Non credo che l’avere un parente a rischio renda necessariamente più emotivi e meno obbiettivi.
            Le due cose non si autoescludono.
            Sottintendere un’idea del genere non rende giustizia e non aiuta nessuno.

            Resta però infondata la tua critica: se una cosa è rischiosa è rischiosa, che poi i nostri governanti abbiano agito in modo non del tutto ordinato, creando una certa confusione, o il fatto in sé che il bar sia aperto e la chiesa no non comporta che le precauzioni prese siano nulle.
            (Di nuovo, tu scrivi “trovo singolare affermare”, ma se ciò che riporti io non l’ho affermato scriverlo in risposta a me genera fraintendimento. Come per l’Amazzonia. Eventualmente, sii più preciso. Non è un problema, ma rende difficile la conversazione).

            Potremmo discutere della virulenza del virus – ma anche no -, è inutile però parlare di bassi o alti rischi senza tener presenti, insieme alla virulenza, l’incidenza e la presenza o meno di vaccini / cure. Le tre cose, insieme, rendono il Covid-19 più pericoloso di un’influenza, che sia “normale” o una di quelle epidemiche venute a galla nell’ultimo decennio. Senza forse.
            E questa non è un’opinione.

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          7. sircliges

            Ubi Pax, la Messa è davvero valida anche senza il popolo, bisogna dirlo. Peraltro su questo concetto c’è da anni una guerra tra modernisti e tradizionalisti: i modernisti vogliono abolire la Messa senza popolo, perché per loro il protagonista della Messa è la comunità. Infatti sono rimasto sorpreso di vedere in questo frangente di scagliarsi contro la Messa senza popolo anche qualche lefebvriano – grande è la confusione sotto il cielo.

            Il precetto a noi serve perché… discorso lungo, la Legge è terapeutica, gli obblighi ci aiutano. Ma appunto, detta in una battuta, è la Messa serve a noi, non siamo noi che serviamo alla Messa.

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          8. Ubi Deus ibi pax

            Cerco di essere più chiaro, per comprendere perché parlo di sciatteria diffusa:
            – il virus non è particolarmente più virulento di una normale influenza, eppure con una comune influenza nessuno si è mai sognato di far chiudere le chiese per evitare il contagio dei nostri anziani, vuoi perché dopo pochi mesi dalla sua comparsa il nostro SSN già garantisce un vaccino (che forse sarà disponibile a breve anche per il diciannovesimo corona virus), vuoi perché buona parte di coloro che sono spaventatissimi dal diciannovesimo corona virus lo sono perché ne sentono parlare ogni giorno più volte al giorno da settimane. Se ogni giorno sentissero quanti morti miete la comune influenza probabilmente avrebbero reazioni simili.
            – emotività e razionalità non si autoescludono mutuamente, ma la razionalità può essere “amplificata” dalla emotività, che è giustappunto ciò che dicono di evitare i virologi. Neppure negare ciò rende giustizia né aiuta.
            – nessuno nega il rischio, però il rischio va quantificato ed è necessario rendersi conto che non è superiore a quello di una comune influenza (o poco più). Se le cose stanno così (non sappiamo come evolverà la situazione) chiudere le chiese, senza che lo Stato ce l’abbia chiesto, mentre i bar restavano aperti, resterà un’azione poco razionale, perché un bar è estremamente più affolato della maggior parte delle chiese.
            – se mi riferisco alla frase di qualcuno lo faccio o riportandola per intero, magari con il tag blockquote, quindi i “trovo singolare affermare” a meno che non riportino frasi da te usate non sono riferiti a te, comunque scusa se non sono stato sufficientemente chiaro
            – l’incidenza non è dissimile da quella di una normale influenza, mentre per il vaccino forse basterà attendere molto meno del previsto (speriamo!). Se davvero tra un mese avremo il vaccino il diciannovesimo corona virus resterà poco più pericoloso di un’influenza. Lo vedremo tra un mese, nel frattempo è presto per trarre le conclusioni.

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          9. Lucia

            (Una mia curiosità al volo, poi cerco di rispondere a tutto eh 😀 Curiosità terminologica: perché lo chiami diciannovesimo coronavirus? 😶

            Nel senso: son curiosa di sapere da quand’è che fai partire il conto e perché: è il diciannovesimo che è stato sequenziato tra i coronavirus accomunati dalla caratteristica tal tei tali? Mi incuriosisce perché mi dà il senso di una progressione cronologica nel corso della Storia :-D)

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          10. Celia

            Se io ti dico che non è corretto qualificare questo virus come poco pericoloso (perché non tanto più virulento di una normale influenza, cosa per altro neppure ancora ben focalizzata), e tu mi rispondi ribadendo che per te va considerato quasi come tale; non vedo come possiamo proseguire un confronto.
            Paragonare la situazione attuale col Covid-19 alle influenze stagionali, o sostenere che in pochi mesi sia possibile avere un vaccino (un vaccino testato con tutti i crismi, e dunque garantito, non ancora in fase di sperimentazione ma spinto sul mercato per l’urgenza), questa sì è sciatteria.
            Il resto segue a ruota, dalla questione bar all’incidenza che sostieni regolare, mentre è alta.
            Non ti farò cambiare idea, è certo, ma non intendo discuterne oltre.
            Non mi piace troncare i discorsi brutalmente, ma ancora meno mi piace perder tempo a correggere più volte gli stessi errori.

            Per il resto, non occorre scusarsi, solo ho voluto chiarirti che forse i tuoi riferimenti non sono evidenti come vorresti, ed esplicitare il soggetto del tuo discorso (anche generico, impersonale) ti aiuterebbe. E aiuterebbe chi ti legge.
            Ma è il meno: non sempre ci si può venire incontro, a volte personalità, stile e convinzioni semplicemente non sono compatibili, e credo sia il nostro caso.
            Pazienza, e che i nostri commenti possano indirettamente essere d’aiuto agli altri.

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          11. Ubi Deus ibi pax

            @ Celia

            Se io ti dico che non è corretto qualificare questo virus come poco pericoloso (perché non tanto più virulento di una normale influenza, cosa per altro neppure ancora ben focalizzata), e tu mi rispondi ribadendo che per te va considerato quasi come tale; non vedo come possiamo proseguire un confronto.

            Se tu mi dici che non è corretto qualificare come poco pericoloso questo virus devi anche spiegare perché.
            Il tasso di mortalità è così diverso da quello di una comune influenza? E di quello dell’influenza del 2009?

            Paragonare la situazione attuale col Covid-19 alle influenze stagionali, o sostenere che in pochi mesi sia possibile avere un vaccino (un vaccino testato con tutti i crismi, e dunque garantito, non ancora in fase di sperimentazione ma spinto sul mercato per l’urgenza), questa sì è sciatteria.

            Allora devono essere sciatti anche i medici dello Spallanzani, visto che hanno salvato la vita ai due pazienti cinesi usando persino vecchi antiretrovirali usati un tempo per l’HIV…

            Il resto segue a ruota, dalla questione bar all’incidenza che sostieni regolare, mentre è alta.

            L’incidenza deve o no tener conto della consapevolezza della diffusione del virus?
            Se facessimo il tampone a tutti gli italiani per il virus influenzale attuale, che percentuale pensi che risulterebbe positiva?

            Non ti farò cambiare idea, è certo, ma non intendo discuterne oltre.

            Neppure io, spero solo di averti fatto venire il dubbio che i virologi non mentono quando dicono che la situazione non è grave come la si dipinge.

            Non mi piace troncare i discorsi brutalmente, ma ancora meno mi piace perder tempo a correggere più volte gli stessi errori.

            A mio avviso, dati alla mano, sono errori i tuoi. Ma concordo nel non proseguire oltre.

            Per il resto, non occorre scusarsi, solo ho voluto chiarirti che forse i tuoi riferimenti non sono evidenti come vorresti, ed esplicitare il soggetto del tuo discorso (anche generico, impersonale) ti aiuterebbe. E aiuterebbe chi ti legge.

            Ora l’ho fatto. Non mi piacciono questi caratteri enormi per le citazioni, ma se può servire per essere più chiari nessun problema.

            Ma è il meno: non sempre ci si può venire incontro, a volte personalità, stile e convinzioni semplicemente non sono compatibili, e credo sia il nostro caso.
            Pazienza, e che i nostri commenti possano indirettamente essere d’aiuto agli altri.

            Amen! 🙂

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      2. sircliges

        Ma anche più banalmente, come quando non puoi andare in chiesa perchè hai la febbre, oppure un’emergenza imprevista e indifferibile.
        Oggi tendiamo a scordarci la comunione spirituale, ma questa è un tesoro che andrebbe rivalutato.

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          1. Ubi Deus ibi pax

            @ Francesca:

            Nel precedente commento aveva scritto:

            “Se scoperto rischiava un tantinello di più di una polmonite da virus”.

            Esatto, che è ben diverso da ciò che hai scritto tu.
            Questo corona virus ha come conseguenza remota, direi remotissima, una polmonite. E’ più frequente di una normale influenza, ma pur sempre remota (meno del 10% dei ricoverati per il corona virus 2019 [grazie Lucia] ha la polmonite: lo diceva stamattina una virologa lombarda, che ha anche ricordato più volte che questo virus non è sensibilmente più pericoloso di una normale influenza e che il problema è semmai quello detto da Celia: un problema di infrastrutture sanitarie. Essendo molto concentrato si rischia in futuro di non avere più posti disponibili in rianimazione).

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        1. Ubi Deus ibi pax

          Persino un perseguitato come François-Xavier Nguyễn Văn Thuận non volle limitarsi alla comunione spirituale, nonostante fosse in prigione e fosse ben difficile avere pane e vino per celebrar messa…

          Quelle 3 gocce di vino e quella goccia d’acqua, ottenute da amici spacciando il vino per una medicina contro il mal di stomaco, gli consentirono di potersi comunicare al Corpo e Sangue di nostro Signore Gesù Cristo mentre era in galera. Se scoperto rischiava un tantinello di più di una polmonite da virus a RNA…

          Non si chiede una tale eroicità delle virtù a tutti, ma quantomeno di usare la prudenza in giusta misura, senza paragonare il diciannovesimo corona virus alla peste bubbonica.

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          1. Francesca

            @ Ubi.
            Il cardinale Van Thuan, come saprà, era un consacrato, e se si vuole paragonarlo alla situazione odierna: lui ha fatto quello che stanno facendo i nostri sacerdoti ogni giorno (celebrare la Messa senza popolo).
            Se fosse stato un laico non avrebbe potuto farlo. Ricordi che noi abbiamo anche tanti martiri laici imprigionati, di ieri e di oggi.

            Inoltre, fatto più importante: il carattere, l’anima e la sensibilità del cardinale Van Thuan non avrebbero MAI accettato di mettere altri in pericolo. Lei stesso hai scritto: “ottenute da amici spacciando il vino per una medicina contro il mal di stomaco”. (da cui potrà dedurre che non li aveva resi complici di ciò che stava facendo, mettendoli in pericolo di vita a causa delle sue decisioni).

            Da quello che scrive, Ubi, mi sembra di poter dedurre che non vive in Lombardia o Veneto o Emilia Romagna.
            Il problema non sta solo sulla singola persona e sulle sue velleità di martirio (legittime anche se sono velleità o fantasie. Poco cristiane ma legittime, nel senso che è legittimo soffrire di debolezze umane).
            Il problema sta invece su quello che può provocare alla comunità, al fratello, al prossimo.

            Ad esempio, in Lombardia già oggi gli ospedali rischiano il collasso – il ché significa che cominciano ad esserci problemi per trovare un posto in sala di rianimazione. (oltre al fatto che molti medici e infermieri sono stati infettati, nelle 3 regioni che le ho elencato, e già da giorni ci sono problemi di personale con gente che sta già facendo turni di 12 ore, o più, e non reggerà ancora molto. Ci sono medici che vivono e dormono negli ambulatori. Quanto reggeranno?).

            I problemi delle terapie intensive significano che QUALSIASI persona (non solo quelli col virus) avrà difficoltà a trovare una sala di rianimazione libera: bambini oncologici, normali interventi chirurgici di ogni giorno, incidenti stradali, infarti e quant’altro, qualsiasi cosa per cui normalmente nei nostri ospedali si va in sala di rianimazione per poter rimanere in vita. Finora per noi è cosa scontata, normale. Adesso ci accorgiamo che può non esserlo più.

            Ritorniamo ai vescovi di quelle regioni che hanno preso misure più drastiche, adeguate alla situazione (peraltro ben spiegate nelle loro motivazioni, e può andare a leggerle nelle rispettive diocesi).
            Ecco, torniamo ai vescovi e ai cristiani: vede, se noi ci rendiamo responsabili della diffusione del contagio, non stiamo mettendo a rischio solo noi come soggetti singoli, ma staremmo provocando morte e dolore in molti altri. Ad esempio (ma non solo) quello che le ho esposto sulle sale di rianimazione. Ci sono persone che da anni lottano contro malattie terribili, e ne stanno venendo fuori, e poi, Dio non voglia, un giorno nel loro percorso di guarigione hanno bisogno di qualche ora di terapia intensiva e… trovano l’ospedale collassato, senza più posti letto.
            A questo stiamo contribuendo noi cattolici con l’astensione dalle Messe pubbliche: perché tutto questo non accada!
            In Veneto abbiamo preparato circa 900 posti letto (totali) supplementari nelle tende della Protezione Civile fuori dagli ospedali, e mi pare di capire che anche altre regioni stanno facendo lo stesso.

            I bar? I ristoranti? A parte che al 90% sono vuoti, ma appunto come cristiani non siamo obbligati a frequentare bar, ristoranti o centri commerciali. Possiamo uscire solo per fare quello che è strettamente necessario, e per il resto possiamo passeggiare all’aperto in luoghi non affollati, o visitare pochi amici e parenti a casa.
            (nelle direttive dei vescovi del Veneto ad esempio c’è scritto che i malati e i moribondi si possono andare a trovare, il prete può andare ad amministrare i sacramenti, eccetera. Ecco qua dove possiamo esercitare le nostre virtù eroiche, sapendo che dopo la visita al malato, se si scopre che era coronavirus, dovremmo metterci in strettissima quarantena per non contagiare altri).

            In altri commenti faceva l’esempio di anziani che stazionano per ore in un bar (anche se si riferiva alla situazione precedente all’epidemia). Ma se oggi un cattolico conosce lo stato in cui versa la sua regione e il suo territorio invaso dall’epidemia: le pare un comportamento cristiano stazionare per ore in un bar? Chi lo fa potrebbe essere un altro tipo di cittadino, magari non molto osservante (in termini di fede), e a quelli noi non possiamo dire niente.

            Quindi il paragone chiese-bar non regge perché nelle nostre chiese noi possiamo decidere che cosa fare/non fare, e perché il cattolico osservante che non va a Messa (perché sospesa) per tutelare sè stesso e il prossimo, poi non va ad accalcarsi per due ore in un bar!

            Infine, i vescovi delle diocesi interessate hanno a che fare con situazioni logistiche diverse: chiese grandi e piccole, e realtà locali molto diverse tra loro.
            Dovevano prendere una decisione comune, con linee guida comuni, e l’hanno fatto. Dopodiché le deroghe locali e particolari sono sempre possibili (cum grano salis).

            Con questo commento ho risposto anche ad altre sue osservazioni, ma principalmente il concetto è questo: come cattolici siamo impegnati a non diffondere morte, direttamente o indirettamente (vedi il bambino che non trovasse posto in terapia intensiva perché l’ospedale è andato in tilt, e il piccolo fosse troppo debole per essere trasferito in altro ospedale. Tenga conto che in Lombardia stanno già facendo questi trasferimenti obbligati di pazienti).

            Il paragone con le “pesti” del passato non è possibile perché in quei casi non erano note (al comune cittadino e spesso neanche al medico) le modalità del contagio, e quindi i cristiani facevano il meglio che potessero fare.
            Se oggi noi sappiamo come si contagiano gli altri e se sappiamo tutti i danni che possiamo provocare, non vale più il discorso “al massimo rischi una polmonite” o “il cristiano antico affrontava la peste con coraggio”.
            La responsabilità (per il cattolico) si misura col grado di conoscenza.
            Da quello che conosciamo e che vediamo già accadere oggi nei nostri ospedali (di Lombardia, Veneto, EmiliaR) la questione ha a che fare non col proprio martirio o con le virtù eroiche ma col Comandamento Non Uccidere.

            Nelle regioni meno contagiate (o che ancora non sono arrivate a certi pesi sulla sanità pubblica) probabilmente il cattolico (e il vescovo) può anche permettersi di essere meno rigoroso nei comportamenti da mettere in atto, ma il confronto è sempre col Non Uccidere. Non con eventuali presunte virtù di coraggio, o roba del genere.

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          2. Ubi Deus ibi pax

            @ Francesca:

            Il cardinale Van Thuan, come saprà, era un consacrato, e se si vuole paragonarlo alla situazione odierna: lui ha fatto quello che stanno facendo i nostri sacerdoti ogni giorno (celebrare la Messa senza popolo).

            Il paragone con la situazione odierna verteva sul rischio, non sullo stato delle anime.
            Quel cardinale rischiava la vita ogni qualvolta recitava le parole consacratorie, perché se lo avessero visto farlo i suoi aguzzini difficilmente avrebbero apprezzato.

            Ricordi che noi abbiamo anche tanti martiri laici imprigionati, di ieri e di oggi.

            Compresi i compagni di prigionia di quel cardinale, che quando possibile adoravano le briciole di pane transustanziate dal cardinale, rischiando anch’essi la vita.

            il carattere, l’anima e la sensibilità del cardinale Van Thuan non avrebbero MAI accettato di mettere altri in pericolo.

            Falso. Lo stesso cardinale ha testimoniato che ci furono adorazioni eucaristiche con le briciole di pane transustanziate inserite in un pacchetto di sigarette (se non ricordo male) con altri detenuti. Il cardinale non poteva certo opporsi al libero culto di anime afflitte quanto lui.

            Lei stesso hai scritto: “ottenute da amici spacciando il vino per una medicina contro il mal di stomaco”. (da cui potrà dedurre che non li aveva resi complici di ciò che stava facendo, mettendoli in pericolo di vita a causa delle sue decisioni).

            In realtà aveva usato quell’espressione nelle sue lettere perché altrimenti nessun carceriere gli avrebbe mai fatto arrivare il vino… Fu un escamotage per ingannare gli aguzzini, non per difendere i suoi amici.

            Da quello che scrive, Ubi, mi sembra di poter dedurre che non vive in Lombardia o Veneto o Emilia Romagna.

            No, vivo a Roma. Ma conosco molti cattolici lombardi in aperto contrasto con le decisioni dei nostri presuli.

            Il problema non sta solo sulla singola persona e sulle sue velleità di martirio (legittime anche se sono velleità o fantasie. Poco cristiane ma legittime, nel senso che è legittimo soffrire di debolezze umane).
            Il problema sta invece su quello che può provocare alla comunità, al fratello, al prossimo.

            Se andare a Messa mentre imperversa un’influenza è un atto masochistico da martiri islamici (perché il martirio un cristiano non lo cerca, semmai lo abbraccia), allora lo sono tanti di quegli atti che anche tu farai quotidianamente a casa tua… Statistica alla mano.
            Quanto al prossimo, hai ragione, ma per quello si devono adottare le stesse misure precauzionali che si usano abitualmente (e non credo che in queste settimane tu non sia mai entrata in un bar!).

            Ad esempio, in Lombardia già oggi gli ospedali rischiano il collasso – il ché significa che cominciano ad esserci problemi per trovare un posto in sala di rianimazione. (oltre al fatto che molti medici e infermieri sono stati infettati, nelle 3 regioni che le ho elencato, e già da giorni ci sono problemi di personale con gente che sta già facendo turni di 12 ore, o più, e non reggerà ancora molto. Ci sono medici che vivono e dormono negli ambulatori. Quanto reggeranno?).

            La situazione è grave, nessuno lo nega. Quello che nego è che la misura adottata dai nostri vescovi sia stata in qualche modo utile, viste le scelte sciagurate dei nostri politici nelle settimane precedenti:
            – ci hanno fatto credere di avere il pieno controllo della situazione per non allarmare nessuno
            – quando la situazione si è fatta pesante hanno iniziato a comportarsi in modo altrettanto sciagurato, dando persino colpe a medici di provincia che non hanno fatto altro che seguire scrupolosamente i protocolli previsti, a volte in modo ancora più rigido degli stessi.

            I problemi delle terapie intensive significano che QUALSIASI persona (non solo quelli col virus) avrà difficoltà a trovare una sala di rianimazione libera: bambini oncologici, normali interventi chirurgici di ogni giorno, incidenti stradali, infarti e quant’altro, qualsiasi cosa per cui normalmente nei nostri ospedali si va in sala di rianimazione per poter rimanere in vita. Finora per noi è cosa scontata, normale. Adesso ci accorgiamo che può non esserlo più.

            Speriamo che i focolai restino solo questi – anche se è improbabile – in modo tale che gli ospedali di altre Regioni possano dare il loro contributo.

            Ritorniamo ai vescovi di quelle regioni che hanno preso misure più drastiche, adeguate alla situazione (peraltro ben spiegate nelle loro motivazioni, e può andare a leggerle nelle rispettive diocesi).
            Ecco, torniamo ai vescovi e ai cristiani: vede, se noi ci rendiamo responsabili della diffusione del contagio, non stiamo mettendo a rischio solo noi come soggetti singoli, ma staremmo provocando morte e dolore in molti altri.

            Hai smesso di avere rapporti sociali da qualche settimana? Stai lavorando da casa? Fai acquisti di alimenti online? Altrimenti hai messo a rischio la vita di tantissime persone ogni istante della tua vita, e molto più che non andando in una chiesa semideserta.

            A questo stiamo contribuendo noi cattolici con l’astensione dalle Messe pubbliche: perché tutto questo non accada!

            No, a questo vi state illudendo di contribuire con l’astensione dalle Messe pubbliche, mentre (forse) eravate seduti davanti al bancone in un piccolo bar a (potenzialmente) infettare altri avventori, ben più vicini a voi di un altro fedele seduto due banchi più in là.

            I bar? I ristoranti? A parte che al 90% sono vuoti

            I TG stanno facendo vedere i bar dei Navigli di Milano, per far capire come la vita stia tornando alla normalità, com’è giusto che sia. Sempre che non si voglia dire che solo in chiesa ci si contagi.

            (nelle direttive dei vescovi del Veneto ad esempio c’è scritto che i malati e i moribondi si possono andare a trovare, il prete può andare ad amministrare i sacramenti, eccetera. Ecco qua dove possiamo esercitare le nostre virtù eroiche, sapendo che dopo la visita al malato, se si scopre che era coronavirus, dovremmo metterci in strettissima quarantena per non contagiare altri).

            La differenza è che mantenendo la debita distanza in chiesa e pulendosi tutti le mani (preti e fedeli) il rischio di contagio è praticamente nullo, stando dentro una (magari angusta) stanza da letto di un malato il rischio è senz’altro più elevato.

            In altri commenti faceva l’esempio di anziani che stazionano per ore in un bar (anche se si riferiva alla situazione precedente all’epidemia). Ma se oggi un cattolico conosce lo stato in cui versa la sua regione e il suo territorio invaso dall’epidemia: le pare un comportamento cristiano stazionare per ore in un bar? Chi lo fa potrebbe essere un altro tipo di cittadino, magari non molto osservante (in termini di fede), e a quelli noi non possiamo dire niente.
            Quindi il paragone chiese-bar non regge perché nelle nostre chiese noi possiamo decidere che cosa fare/non fare, e perché il cattolico osservante che non va a Messa (perché sospesa) per tutelare sè stesso e il prossimo, poi non va ad accalcarsi per due ore in un bar!

            Bisognerebbe chiedere ai clienti dei bar dei Navigli in cosa credono. Secondo me resteresti un po’ delusa nel constatare una presenza non proprio irrilevante di cristiani “praticanti”.

            Infine, i vescovi delle diocesi interessate hanno a che fare con situazioni logistiche diverse: chiese grandi e piccole, e realtà locali molto diverse tra loro.
            Dovevano prendere una decisione comune, con linee guida comuni, e l’hanno fatto. Dopodiché le deroghe locali e particolari sono sempre possibili (cum grano salis).

            Deroghe che non ci sono state. O non sono state riportate dai media?
            Si poteva tranquillamente limitare il divieto ai casi in cui garantire una distanza di sicurezza non fosse stato possibile. No, si è preferito negare la Santa Messa a milioni di persone.

            Con questo commento ho risposto anche ad altre sue osservazioni, ma principalmente il concetto è questo: come cattolici siamo impegnati a non diffondere morte, direttamente o indirettamente

            Ma siamo anche chiamati a diffondere la verità, che non è certamente dalla parte di chi si fa prendere dal panico.

            Il paragone con le “pesti” del passato non è possibile perché in quei casi non erano note (al comune cittadino e spesso neanche al medico) le modalità del contagio, e quindi i cristiani facevano il meglio che potessero fare.

            Non si trattava di un paragone fattuale, non attribuirmi ciò che non ho mai scritto.
            Era un paragone tra virulenze.

            Da quello che conosciamo e che vediamo già accadere oggi nei nostri ospedali (di Lombardia, Veneto, EmiliaR) la questione ha a che fare non col proprio martirio o con le virtù eroiche ma col Comandamento Non Uccidere.

            Hai più probabilità di uccidere qualcuno facendo azioni ben più comuni e quotidiane. Questo è il punto.

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          3. Ubi Deus ibi pax

            @ Celia:

            Che poi, “al massimo rischi una polmonite” fa il paio con “tanto muoiono i vecchi”. Che vuoi che sia.

            A chi ti stai riferendo? Io non ho scritto ciò, me lo attribuiva Francesca ma io non l’ho scritto. 😉

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          4. Celia

            Non ti ho nominato perché il mio paragone era fatto sulla frase scritta da Francesca, che mi interessava perché è un concetto espresso da diverse persone in questo periodo, e l’altra tristemente nota.
            Infatti rispondevo a lei.

            Certo che non hai scritto quelle parole testuali, ma minimizzando la portata delle conseguenze del virus di fatto le sottoscrivi. E no, al di là della correttezza ed opportunità delle singole misure – che andrebbero discusse singolarmente – considerare il virus pericoloso non è panico. E’ razionalità.
            Poi si può dissertare sul quanto e come (mentre comunque la gente muore), ma l’unica cosa che non si può fare, soprattutto se virologi e non opinionisti da talk-show, politicanti improvvisati o dirigenti spinti da motivazioni di malinteso ordine pubblico, è congedarlo con un buffetto.

            Saluti.

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          5. Francesca

            Ubi scrive: “Falso. Lo stesso cardinale ha testimoniato che ci furono adorazioni eucaristiche con le briciole di pane transustanziate inserite in un pacchetto di sigarette (se non ricordo male) con altri detenuti. Il cardinale non poteva certo opporsi al libero culto di anime afflitte quanto lui.”

            Ma “falso” cosa?? Se il vino lo chiedeva come rimedio al mal di stomaco!
            Gli altri detenuti cristiani non erano certo OBBLIGATI dal cardinale a fare adorazione eucaristica. Lo sceglievano volontariamente, si mettevano a rischio per propria volontà e consapevolezza, come fa ogni martire.
            Se invece il martire volontariamente mette a rischio chi non si vuole martirizzare nel suo stesso modo: diventa un attentatore di vita altrui, e non lo fanno martire. (vedi i Donatisti, scomunicati e tanti saluti). Anche perché il martirio prevede sempre una scelta di vita: non puoi tu dire ad uno che si deve fare martire a modo tuo.
            Si farà martire (o testimone) a modo suo, come e dove lo chiama il Signore.

            Adorazione eucaristica in tempi di coronavirus: tutte le chiese sono aperte, frequentabili con determinate regole. Si può “organizzare” qualsiasi cosa che preveda pochissime persone a distanza di 1 metro, meglio se 2 . Se è il caso e se il parroco lo ritiene opportuno nella situazione concreta.

            Per il resto delle sue “obiezioni”: non sono obiezioni perché non rispondono a quello che ho scritto. Cambiano solo l’argomento.
            Rispondo con lo stesso commento che ho già scritto. Se rilegge quello trova le risposte anche al suo ultimo.

            La provocazione sui bar (per sapere i fatti miei?):
            come ho già scritto qui da qualche parte, sono celiaca. Perciò i bar li frequento raramente, e solo certi (rari) locali in grado di tutelare i celiaci.
            Adesso: zero.
            Come sempre: case di amici e parenti che sanno come trattare i celiaci.
            Anche sulla celiachia+bar ce ne sarebbero da dire riguardo ai possibili effetti sul prossimo: se periodicamente io mi facessi “contaminare” (si dice proprio contaminare) col glutine, perché disinteressata alla mia salute, farei comunque molti danni alla società, al sistema sanitario nazionale, all’intasamento degli ambulatori e pronto-soccorsi, a gente che mi deve trasportare avanti e indietro, e per tutti i farmaci gratis che mi vengono dalla sanità pubblica, eccetera.

            Quindi sì, come cattolici e come cittadini, è bene pensare a tutti i modi in cui possiamo personalmente impattare (bene o male) sulla vita altrui. Non solo sulla nostra.

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          6. Francesca

            “A chi ti stai riferendo? Io non ho scritto ciò, me lo attribuiva Francesca ma io non l’ho scritto”.

            Nel precedente commento aveva scritto:

            “Se scoperto rischiava un tantinello di più di una polmonite da virus”.

            Come Celia, credo anch’io che non sia il caso di continuare questa conversazione.

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          7. Ubi Deus ibi pax

            @ Francesca:

            Ma “falso” cosa?? Se il vino lo chiedeva come rimedio al mal di stomaco!

            Il cardinale aveva scritto quella frase per fargli arrivare vino che altrimenti non gli sarebbe mai arrivato.

            Gli altri detenuti cristiani non erano certo OBBLIGATI dal cardinale a fare adorazione eucaristica. Lo sceglievano volontariamente, si mettevano a rischio per propria volontà e consapevolezza, come fa ogni martire.

            Il pacchetto di sigarette con le briciole transustanziate era del Cardinale: non avesse deliberatamente voluto permettere a quei compagni di prigionia di adorare Gesù eucaristia non lo avrebbe messo loro a disposizione nei rari momenti possibili. Quindi si: falso ciò che scrivi.

            (vedi i Donatisti, scomunicati e tanti saluti).

            O Tertulliano. Già l ho ricordato già io che il martirio va abbracciato e non ricercato.

            Adorazione eucaristica in tempi di coronavirus: tutte le chiese sono aperte, frequentabili con determinate regole. Si può “organizzare” qualsiasi cosa che preveda pochissime persone a distanza di 1 metro, meglio se 2 . Se è il caso e se il parroco lo ritiene opportuno nella situazione concreta.

            Questo non fa che aggiungere non senso al non senso. Cosa ostava che le stesse regole venissero applicate alle messe (specie quelle feriali)?

            Per il resto delle sue “obiezioni”: non sono obiezioni perché non rispondono a quello che ho scritto. Cambiano solo l’argomento.

            L’accusa di fallacia logica. E vabbè ci prendiamo anche questa accusa infondata.

            La provocazione sui bar (per sapere i fatti miei?):
            come ho già scritto qui da qualche parte, sono celiaca. Perciò i bar li frequento raramente, e solo certi (rari) locali in grado di tutelare i celiaci.

            Qui a Roma fortunatamente sono tanti i bar con prodotti per celiaci (un po’ tristi nelle confezioni di plastica). Per questo non lo escludevo: speravo che anche nel nord est fossero diffusi.

            Pensa che io ho avuto uno shock anafilattico con un dolce per celiaci: non so quale componente ma senz’altro un suo ingrediente è risultato pericolosissimo per me è ringrazio Dio che tra le persone presenti ci fosse un’infermiera mia amica che mi ha portato di corsa a casa sua, li vicino, per farmi un’iniezione di cortisone.

            Buona serata!

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          8. Lucia

            Ehm, concordando sul fatto che probabilmente questa conversazione vedrà ognuno di noi rimanere sulle stesse convinzioni, anche perché mi sa che abbiamo opinioni difficilmente conciliabili 😀

            Però, a leggere “Ubi” mi viene il sospetto che, in un modo o nell’altro, i TG riportino agli amici di altre zone d’Italia un quadro della situazione che non è esattamente realistico.

            Qui in Piemonte (regione che, peraltro, non è nemmeno in “zona gialla” – sebbene ci siano particolari attenzioni per province che hanno scambi frequentissimi con la Lombardia), questa sera il responsabile della Protezione Civile ha invitato le famiglie ad andare a fare la spesa “uno per volta”, per ridurre il più possibile gli assembramenti di persone. Ha raccomandato di limitare le uscite allo “strettissimo indispensabile” e ha sottolineato in particolar modo il concetto per i concittadini “con più di 60 anni”. Sono indicazioni che sono arrivate stasera dalla Protezione Civile e che si possono ancora riascoltare sulla diretta streaming salvata sulla pagina FB di Regione Piemonte; non sono titoloni sensazionalistici di giornali.

            Io lavoro da casa da lunedì scorso, il che per me non è una novità. La novità è che stamattina (non la settimana scorsa quando eravamo tutti nel panico, per dire) il datore di lavoro di mio marito ha chiesto ai suoi dipendenti se c’è qualcuno interessato a fare altrettanto (tutti quanti hanno detto di sì).
            Nel corso della passata settimana, noi abbiamo preferito fare la spesa al mercato, non in ora di punta, o nei piccoli negozi di prossimità. Visto che la Protezione Civile ci ha invitati a stare in casa il più possibile in questa settimana, che evidentemente si ritiene cruciale per l’andamento del contagio qui in Piemonte, penso che effettivamente a domani mi toglierò lo sfizio di fare il mio primo ordine da Cortilia (un servizio di spesa a domicilio che volevo provare già da tempo, NdR).
            Mi pare evidente che molte persone preferiscano, in questi giorni, evitare i mezzi pubblici (lo deduco dal fatto che, nel mio quartiere, ci sono molti più parcheggi liberi del normale). Un negozio di giocattoli che seguo sui social ha attivato una promozione che garantisce spedizioni gratuite con consegna a mano in tutta la città, evidentemente rivolta a quelli che hanno i figli a casa scuola e vorrebbero comprar loro un giocattolo, ma non vogliono prendere i mezzi pubblici per andare in centro.
            C’è ovviamente tanta gente che prosegue con la sua vita di sempre perché non ritiene grave la situazione, ma c’è anche La Stampa che riporta la storia del cinema di un grande centro commerciale che oggi ha trasmesso l’ultimo Star Wars in una sala dentro la quale c’era un unico spettatore. Quindi, la situazione è decisamente variegata, forse più di quanto emerga dei telegiornali.

            In Piemonte, peraltro, non c’è (più) il panico: ci sono le autorità che premono fortemente per farci stare isolati il più possibile perché ritengono che questo, in questi giorni, sia cruciale per scongiurare il pericolo di fare la stessa fine della Lombardia. Se poi la gente rifiuta di obbedire alle autorità, questo è un altro tipo di problema, ma le indicazioni che stiamo ricevendo sono queste.

            Questione Messe: concordando sul fatto che, in una Messa feriale, le distanze di sicurezza indicate dalle autorità si rispettano eccome, resta il problema della Messa festiva. Veramente: tu come la gestiresti, la Messa festiva in queste circostanze?
            Ti dico come l’hanno gestita nella mia parrocchia domenica scorsa (ricordo: obbligo di precetto; Messe appena riaperte “al pubblico” col vincolo di distanziare i fedeli).
            Ovviamente non c’era nessuno a fare il buttafuori col contapersone. Ovviamente non c’era alcun tipo di indicazione su come disporsi all’interno della chiesa (ad averlo saputo per tempo, il parroco avrebbe forse potuto provvedere a indicare con dei fogli di carta sui banchi quali posti potevano essere occupati e quali no. Boh? Comunque non lo ha fatto).
            Ovviamente la gente s’è seduta un po’ a casaccio, soprattutto quando la chiesa ha cominciato a riempirsi (perché non so quale sia la desolante situazione delle vostre parrocchie, ma da me la chiesa è sempre piena durante le Messe festive. Non c’è materialmente lo spazio per tutti, se ci fanno stare a un metro di distanza l’un dall’altro).
            Ovviamente al momento della Comunione la gente si è messa in fila come sempre, schiacciata l’una contro l’altra, anche perché il sacerdote non ha dato indicazioni diverse (e forse avrebbe potuto/dovuto, ma non l’ha fatto).
            Non so proprio come faccia a sembrarvi facile mantenere le distanze di sicurezza nel corso di una Messa domenicale: forse qualche modo ci sarebbe, ma con tutta evidenza non è stato (per il momento?) indicato ai parroci.

            Ora: se questo succede a Torino… vabbeh, speriamo che nessuno se ne debba pentire tra quindici giorni. Ma continuo a dire che è fortemente preferibile che questo non succeda in una parrocchia a caso del lodigiano, con chiese stipate di vecchiette acciaccate che si tossiscono addosso l’un con l’altra 😅

            Sul resto, concordo al mille per cento con Francesca: a me sembra proprio lampante che il “sacrificio” che viene chiesto ai cattolici in buona salute nelle zone a rischio non è volto a tutelare loro in primo luogo, ma è un atto (doveroso) di carità verso il prossimo.
            Così come a mio giudizio sarebbe appunto doveroso obbedire alle dannate indicazioni delle autorità e evitare i comportamenti che ci dicono di evitare. Purtroppo c’è gente che non obbedisce e che va a riempire i Navigli, ma non esisterei a dire che, a mio giudizio, quelle persone sono irresponsabili e/o non pensano alle conseguenze delle loro azioni e/o stanno prendendo sottogamba un problema che non deve mandarci nel panico ma non può nemmeno essere sottovalutato. A me pare una questione basilare di senso civico, proprio.

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          9. Ubi Deus ibi pax

            @ Lucia:

            Però, a leggere “Ubi” mi viene il sospetto che, in un modo o nell’altro, i TG riportino agli amici di altre zone d’Italia un quadro della situazione che non è esattamente realistico.

            Però io posso aggiungere le testimonianze di amici cattolici lombardi con cui parlo quasi quotidianamente su twitter, in DM. La stragrande maggioranza di loro era estremamente delusa dai loro vescovi per aver chiuso le chiese, tanto più nei giorni feriali ma anche in quelli festivi, dimostrando di essere più realisti del re (visto, e scusate se mi ripeto per l’ennesima volta, che i bar erano aperti).

            Io lavoro da casa da lunedì scorso, il che per me non è una novità. La novità è che stamattina (non la settimana scorsa quando eravamo tutti nel panico, per dire) il datore di lavoro di mio marito ha chiesto ai suoi dipendenti se c’è qualcuno interessato a fare altrettanto (tutti quanti hanno detto di sì).

            Anche io lavoro a casa da martedì scorso, perché il mio responsabile, aquilano, ha preferito – in via precauzionale e assumendosene le responsabilità – evitare a me e ai miei 4 colleghi di prendere la metro romana dove rispettare la distanza di sicurezza è impossibile, e infatti proprio ieri, che ho avuto l’unico rientro settimanale previsto per ciascuno di noi per garantire la continuità di un servizio che diamo all’Autorità Giudiziaria, un altro passeggero si è soffiato il naso proprio sopra di me che ero seduto.

            Ma siamo l’unica unità centrale di cui sono a conoscenza che in tutta la grande azienda multinazionale di cui faccio parte, presente in una novantina di Stati sovrani, è rimasta a casa pur avendo sede a Roma. Alcune unità locali lombarde erano ovviamente tutte in smart working da giorni.
            Visti i rapporti costanti tra Roma e Milano pensare che a Roma non sia diffuso il virus è da ingenui (e qui torniamo al discorso che facevo ieri: quanta gente ha contratto il virus dell’influenza/corona 2019 e non lo sa? Taaaaaaanta! Perché semplicemente è asintomatica o ha avuto sintomi risibili con tutti e due i virus, come ci ricordano incessantemente i virologi). Se davvero è fondamentale isolarsi per evitare una rapida diffusione, cosa aspettano ad estendere anche qui l’isolamento forzato? Forse che anche lo Spallanzani arranchi o rischi di arrancare? O che i vescovi della CEL (Conferenza Episcopale Laziale) chiudano le chiese anche qui? 😀

            Stando ai numeri attuali, cioè circa 2.500 positivi noti e 80 morti, siamo al 3,2% di tasso di letalità, che è diverso da quello di mortalità, come ci ripetono ad oltranza i virologi, essendo il primo calcolato sulla base degli affetti da quella malattia e il secondo sulla base della popolazione media dei luoghi in cui si è diffusa. Speriamo non salga, ma al momento per fortuna è basso e inferiore ad altre infezioni degli ultimi anni. E il problema resta, come detto anche da voi, meramente infrastrutturale per la concentrazione del problema e la probabilità un filino maggiore del solito che le complicanze per i più cagionevoli portino alla rianimazione.

            Questione Messe: concordando sul fatto che, in una Messa feriale, le distanze di sicurezza indicate dalle autorità si rispettano eccome, resta il problema della Messa festiva. Veramente: tu come la gestiresti, la Messa festiva in queste circostanze?

            Questa è la mia parrocchia https://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_di_San_Francesco_Saverio_alla_Garbatella
            personalmente chiederei agli under 50 di non sedersi e di distribuirsi nelle due navate laterali per permettere agli anziani di restare seduti e a distanza di almeno 2 metri l’uno dall’altro. Sarebbe assolutamente fattibile. Tanto più se la gente si distribuisse anche nel lato sinistro del transetto (sul destro c’è il coro dei giovani).

            Non so proprio come faccia a sembrarvi facile mantenere le distanze di sicurezza nel corso di una Messa domenicale: forse qualche modo ci sarebbe, ma con tutta evidenza non è stato (per il momento?) indicato ai parroci.

            Perché ogni chiesa fa storia a sé, ma si potrebbero dare macro indicazioni per ogni tipologia di problema e chiedere ai parroci comunque di garantire una distanza di sicurezza, che se impossibile da garantire in N messe potrebbero garantire in N+1 messe.

            Sul resto, concordo al mille per cento con Francesca: a me sembra proprio lampante che il “sacrificio” che viene chiesto ai cattolici in buona salute nelle zone a rischio non è volto a tutelare loro in primo luogo, ma è un atto (doveroso) di carità verso il prossimo.

            Detta così sembra che tutti gli altri anni avete mancato di carità nei confronti dei nostri anziani, visto il tasso di letalità di una comune influenza e la sua diffusione. Cosa che non è, evidentemente 🙂

            Così come a mio giudizio sarebbe appunto doveroso obbedire alle dannate indicazioni delle autorità e evitare i comportamenti che ci dicono di evitare.

            Assolutamente, si obbedisce anche ai vescovi, almeno fintanto che la coscienza – rettamente formata – ce lo consente, e in questo caso ce lo consente… Vorremmo solo che autorità civili e religiose fossero più coerenti tra loro, per non ingenerare confusione e far ritenere una Messa meno fondamentale di un cappuccino. E se non ce lo consente la coscienza (ma non è questo il caso) la penso come Newman. 😀

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          10. Lucia

            Detta così sembra che tutti gli altri anni avete mancato di carità nei confronti dei nostri anziani

            In tutti gli altri anni, però, gli anziani erano vaccinati contro l’influenza stagionale (o comunque avevano liberamente scelto di non vaccinarsi): ad oggi, non esiste vaccino contro questa malattia.
            In tutti gli altri anni, la mia famiglia si vaccina in massa contro l’influenza stagionale (ivi compresi i giovani che non sono di per sé a rischio), perché aumentare l’immunità di gruppo è sempre una bella cosa. Io sono da sempre una convinta sostenitrice della teoria per cui andare a scuola/al lavoro/a Messa/a far la spessa quando hai l’influenza non è una cosa di cui vantarsi ma è un gesto irresponsabile (che talvolta ahimè siamo costretti a fare per forza, specie sul lavoro), proprio perché non è carino trascinarsi in giro per la città imbottiti di aspirina e attaccare l’influenza a mezzo mondo, fossero anche solo gli aitanti compagni di classe o i colleghi di lavoro.

            Vista la difficoltà a trovare un punto di incontro su questi aspetti (non dico con te: parlo delle discussioni su Internet in generale) mi vien da pensare che queste norme di buonsenso e di basilare senso civico (almeno, io le considero tali) non siano osservate da tutta la popolazione, il che, a questo punto, evidenzia un problema a monte.

            Riguardo alla gestione delle Messe domenicali nelle zone non ad altissimo rischio, probabilmente una soluzione potrebbe essere indicare con chiarezza (con fogli di carta, libretti dei canti, etc) quali posti possono essere occupati e quali no. L’idea di lasciare in piedi i giovani mi lascia più perplessa perché sarebbe ancor più difficile indicare loro quali punti occupare, e se penso alla mia parrocchia credo che gli assembramenti si verrebbero a creare comunque. Aumentare il numero delle Messe potrebbe ovviamente essere una soluzione a patto che il parroco non sia parroco di più chiese (come spesso capita nei piccoli paesi di campagna: non possiamo pensare solo alle metropoli): bisognerebbe comunque regolamentarla a livello diocesano, se non altro per la questione delle binazioni e delle trinazioni, ma ammettiamo pure che si riesca a fare.

            Concordo anch’io col fatto che tutti questi provvedimenti potrebbero essere presi con una certa efficacia nelle aree a più basso rischio, ma devono essere: imposti dall’alto, regolamentati con chiarezza ed essere uguali per tutti, e la loro eventuale infrazione va sanzionata. In una condizione di emergenza improvvisa e di confusione, con i parroci che palesemente non hanno ricevuto indicazioni di alcun tipo (e/o se le hanno ricevute le disattendono), molto meglio un Vescovo che si assume la responsabilità di decidere in prima persona per tutti.

            Però io posso aggiungere le testimonianze di amici cattolici lombardi con cui parlo quasi quotidianamente su twitter, in DM. La stragrande maggioranza di loro era estremamente delusa

            Beh certo, le posizioni sono molto diversificate e non solo riguardo la sospensione delle Messe pubbliche (sentissi quante discussioni riguardo la chiusura delle scuole).
            Io ti potrei anche citare discussioni che ho avuto con amici lombardi, grossomodo su questo tenore:

            “buuuhh, chiudono le scuole e creano disagi alle famiglie per una malattia che non è nemmeno pericolosa per bambini e adulti”
            “scusa: ammesso che non sia pericolosa per voi, tu non avresti paura di attaccarla a chi è nelle fasce di rischio?”
            “eh? no! perché dovrei attaccargliela proprio io?”
            “non so, i tuoi bambini non passano mai del tempo coi nonni anziani?”
            “eh? no, a Milano ci siamo solo noi, le famiglie d’origine stanno al paesello in Calabria, ecco perché mi crea tanti disagi la chiusura della scuola”
            “ah ecco”

            Cioè: se prendiamo le singole storie e le sensibilità individuali, è ovvio che salteranno fuori situazioni completamente diverse. Presi singolarmente, i tuoi amici lombardi fanno testo tanto quanto lo faccio io o tanto quanto lo fanno gli amici lombardi miei che esprimono posizioni diverse da quelle che mi citi tu 😀

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          11. Ubi Deus ibi pax

            “In tutti gli altri anni, però, gli anziani erano vaccinati contro l’influenza stagionale (o comunque avevano liberamente scelto di non vaccinarsi): ad oggi, non esiste vaccino contro questa malattia.”

            E quindi ci si mette in quarantena preventiva se si ha il ragionevole dubbio di essere entrati in contatto con positivi. Fatta salva questa fattispecie, la quarantena coatta la può disporre solo l’autorità competente, che non è certamente quella religiosa.

            “In tutti gli altri anni, la mia famiglia si vaccina in massa contro l’influenza stagionale (ivi compresi i giovani che non sono di per sé a rischio), perché aumentare l’immunità di gruppo è sempre una bella cosa.”

            Non mi sono mai vaccinato per l’influenza, anche se non escludo di farlo in futuro una volta appurato con il mio medico curante che non possano esserci controindicazioni rispetto alla mia malattia cronica, che coinvolge proprio il sistema immunitario.

            Però saprai che l’immunità di gregge ha senso con percentuali di vaccinati elevate, e che per la penultima influenza si è vaccinato il 15,8% della popolazione! Mentre l’anno precedente il 15,3%. Guarda caso il picco di vaccinazioni per l’influenza si è avuto in corrispondenza di quella suina terribile del 2009 (19,6%).

            http://www.salute.gov.it/portale/influenza/dettaglioContenutiInfluenza.jsp?lingua=italiano&id=679&area=influenza&menu=vuoto

            “Io sono da sempre una convinta sostenitrice della teoria per cui andare a scuola/al lavoro/a Messa/a far la spessa quando hai l’influenza non è una cosa di cui vantarsi ma è un gesto irresponsabile (che talvolta ahimè siamo costretti a fare per forza, specie sul lavoro), proprio perché non è carino trascinarsi in giro per la città imbottiti di aspirina e attaccare l’influenza a mezzo mondo, fossero anche solo gli aitanti compagni di classe o i colleghi di lavoro.”

            Concordo pienamente.

            “Riguardo alla gestione delle Messe domenicali nelle zone non ad altissimo rischio, probabilmente una soluzione potrebbe essere indicare con chiarezza (con fogli di carta, libretti dei canti, etc) quali posti possono essere occupati e quali no. L’idea di lasciare in piedi i giovani mi lascia più perplessa perché sarebbe ancor più difficile indicare loro quali punti occupare, e se penso alla mia parrocchia credo che gli assembramenti si verrebbero a creare comunque.”

            Beh ho dato per scontato che un fedele istruito dal proprio parroco dall’ambone che dal giorno dopo dovrà essere rispettata una distanza minima di due metri dagli altri fedeli durante le celebrazioni sia in grado di capire a spanne quanto siano due metri. Ma forse hai ragione: non si può dare per scontato neppure ciò 🙂

            “Aumentare il numero delle Messe potrebbe ovviamente essere una soluzione a patto che il parroco non sia parroco di più chiese (come spesso capita nei piccoli paesi di campagna: non possiamo pensare solo alle metropoli):”

            Per le unità pastorali, di cui parli, il problema dovrebbe porsi di meno visto che si tratta di piccoli centri abitati con un numero di residenti che frequenta assiduamente le celebrazioni assai ridotto, per una mera questione anagrafica (i giovani lasciano i paesini).

            “bisognerebbe comunque regolamentarla a livello diocesano

            Sì, assolutamente, e per le grandi Diocesi non basterebbe neppure una regolamentazione diocesana. Qui a Roma servirebbe l’aiuto di tutti i vescovi di Settore: parliamo di 330 parrocchie per la sola città di Roma… Ma poi ci sono le chiese non parrocchiali, le rettorie, le cappelle ospedaliere o delle cliniche, i santuari, le chiese non diocesane, etc…

            “Concordo anch’io col fatto che tutti questi provvedimenti potrebbero essere presi con una certa efficacia nelle aree a più basso rischio, ma devono essere: imposti dall’alto, regolamentati con chiarezza ed essere uguali per tutti, e la loro eventuale infrazione va sanzionata.”

            Certamente.

            “In una condizione di emergenza improvvisa e di confusione, con i parroci che palesemente non hanno ricevuto indicazioni di alcun tipo (e/o se le hanno ricevute le disattendono), molto meglio un Vescovo che si assume la responsabilità di decidere in prima persona per tutti.”

            Se il vescovo è riuscito a far capire a tutti che le chiese devono restare chiuse spero riesca anche a far capire altre indicazioni… Però come per la distanza spannometrica di 2 metri non si può dare nulla per scontato, purtroppo.

            “Beh certo, le posizioni sono molto diversificate e non solo riguardo la sospensione delle Messe pubbliche (sentissi quante discussioni riguardo la chiusura delle scuole).
            Io ti potrei anche citare discussioni che ho avuto con amici lombardi, grossomodo su questo tenore:

            “Cioè: se prendiamo le singole storie e le sensibilità individuali, è ovvio che salteranno fuori situazioni completamente diverse. Presi singolarmente, i tuoi amici lombardi fanno testo tanto quanto lo faccio io o tanto quanto lo fanno gli amici lombardi miei che esprimono posizioni diverse da quelle che mi citi tu”

            Sì certo, ad ogni modo il problema tra poco non si porrà più, perché stanno per chiudere davvero tutto…

            E mi è appena arrivata comunicazione che quanto finora stabilito solo dal mio capo è ora diventato obbligatorio per tutti i colleghi romani: 2 settimane di SW alternate a 2 settimane in ufficio, a turno per tutti. Si aggiungono alle 2 settimane che ho già fatto in SW, e sono a Roma, dove per ora a parte i due cinesi, l’italiano tornato dalla Cina e la famiglia di Pomezia con il padre di famiglia che lavora alla Questura i casi sono davvero pochi. Posso solo immaginare quanti saranno tra un po’, vista la sottovalutazione iniziale.

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    2. Francesca

      Buongiorno Lucia e buongiorno Sircliges che, se non vado errata, è il marito di Lucia. (spero di non averti resa bigama).

      Avrei una richiesta per questo specifico apprezzatissimo commento (23 febbraio ore 23.07) di Sircliges:
      vorrei riportarlo tal quale, integralmente, sul mio blog. Perciò domando:
      – vostra autorizzazione/gradimento
      – l’indicazione di Sircliges sul come vuole essere citato: col nick?, o con nome&cognome (che non conosco)?, o con più generica definizione tipo “un blogger cattolico”?

      Grazie!!!

      P.s. ovviamente metterò anche il link, come faccio sempre quando cito parzialmente altri blogger o rinvio direttamente i lettori a leggersi altri siti, ma in questo caso volevo incentrare un post su questo commento – cioè proprio farci un post, semplicemente copiaincollando.

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        1. Francesca

          P.s. tra l’altro sono celiaca e purtroppo sul tema ne ho sentite (e subìte) di ogni, nonostante la Chiesa abbia chiarito da molti anni le norme, nonché inviate capillarmente ad ogni ufficio liturgico diocesano. Precedentemente alla definizione delle caratteristiche della particola per celiaci (perché sia materia valida), la soluzione normata dalla Congregazione per il Culto/Sacramenti era far accedere la persona celiaca alla Comunione col vino – osservando le dovute cautele, calice “personale” separato, perché non venisse in contatto col pane.

          Nonostante ciò… Ancora circolano certe idee, tanta ignoranza, perfino a livelli “alti”, o che si ritengono tali.
          Questo, al di là della questione celiachia, denota l’ignoranza più generale sul Sacramento, come hai fatto notare.
          Fare buona informazione, utilizzando parole giuste e comprensibili, è un’opera di misericordia. Grazie 🙂

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        2. Francesca

          Fatto! e grazie ancora.
          Non c’è il Pingback perché io scrivo su Blogger e le due piattaforme “non dialogano”, non c’è quella funzione.
          (WordPress è più “professional”. Blogger è più casalingo)

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    3. Ubi Deus ibi pax

      Partendo dal presupposto che:
      ● è venerabile – neppure beato – il vescovo pavese citato da penna spuntata con le azioni del quale si vorrebbe avvalorare la tesi che la scelta dei nostri presuli sia stata dettata da prudenza e non da pusillanimità, quindi se già chi è beato è degno di venerazione pubblica solo da parte di chi appartiene alla sua stessa Diocesi o comunque è legato in special modo a quel beato (stesso Ordine, Congregazione o altri legami spirituali…), e dunque non c’è stata neppure la proclamazione ecclesiale della sua beatitudine (che non è peraltro neppure infallibile, come ha ricordato più volte penna spuntata, ma è pur sempre certamente vincolante);
      ● quand’anche fosse stato già proclamato beato, ciò non significherebbe che ogni suo atto sia stato santo e giusto, essendo stato un peccatore come tutti in vita, dunque anche la sospensione delle celebrazioni cum populo potrebbe essere stato un atto non gradito a Dio, potendo eventualmente bastare dare indicazioni prudenziali sul come partecipare alle sacre funzioni (magari più restrittive di quelle necessarie per il diciannovesimo corona virus, ma non per questo non tutelanti);

      Mi chiedo cosa ostasse al prendere provvedimenti prudenziali meno drastici (quale ad esempio il richiedere una distanza congrua tra i fedeli nei banchi e nelle code per comunicarsi), del tutto analoghi a quelli adottati nei locali pubblici che non sono stati chiusi (anche quelli meno necessari come i bar).

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      1. Ubi Deus ibi pax

        Il primo punto è incompleto, scusate:

        ● è venerabile – neppure beato – il vescovo pavese citato da penna spuntata con le azioni del quale si vorrebbe avvalorare la tesi che la scelta dei nostri presuli sia stata dettata da prudenza e non da pusillanimità, quindi se già chi è beato è degno di venerazione pubblica solo da parte di chi appartiene alla sua stessa Diocesi o comunque è legato in special modo a quel beato (stesso Ordine, Congregazione o altri legami spirituali…), a maggior ragione per un venerabile non sarà possibile alcun culto pubblico [*], dunque non essendoci stata neppure la proclamazione ecclesiale della sua beatitudine (che non è peraltro neppure infallibile, come ha ricordato più volte penna spuntata, ma è pur sempre certamente vincolante) a che pro rimarcare tale stato canonico, che potrebbe portare ad un nulla di fatto, ossia all’assenza di beatificazione e di canonizzazione?

        [*] http://www.causesanti.va/it/i-passi-del-cammino-verso-la-santita.html qui un riassunto delle varie fasi

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        1. Elisabetta

          Purtroppo questa situazione ci conferma come noi cattolici siamo sempre più ribelli e divisi fra di noi. Non sempre in modo costruttivo, come facevano invece i primi discepoli di Gesù.
          Ricordiamoci alla fine di tutto che la Chiesa non è una democrazia e che dobbiamo obbedienza i nostri vescovi e al Papa. Facciamo quest’atto di affidamento; per tutto il resto, ai posteri l’ardua sentenza.

          Celia: ah finalmente qualcuno che parla di questo terribile ragionamento…muoiono solo gli anziani… io sono esagerata ma uno dei miei timori è che nel futuro quando saremo troppi e non riusciranno a pagarci le pensioni (per chi ne avrà diritto) verrà appunto favorita l’eutanasia. Scusate l’off topic…..

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          1. Celia

            Purtroppo è un processo già in atto, e la base (anche se non ancora gli stadi intermedi) è già predisposta anche da noi.
            Anche se le due questioni sono distinte, dopotutto sono entrambe scelte che derivano da un certo modo di leggere la realtà e considerare la vita umana: non così fuori distanti, dunque…
            … ti posso solo dire che, nel dispiacere per aver perso mia madre l’anno scorso, non è la prima volta che provo sollievo sapendola al sicuro, e non costretta ad affrontare un’altra grossa difficoltà.
            Nella limitatezza di quanto mi è possibile comprendere, personalmente penso che nel disegno di Dio fosse già scritto fin dove avremmo potuto reggere il peso delle fatiche e dei dolori, insieme e ciascuna a suo modo.
            Non so andar oltre, ma questo mi è chiaro.
            Adesso tocca a me fare i conti con i rischi del virus, e dello stato sociale a pezzi, e tutto il resto: un’ennesima opportunità per ricalibrare le priorità su ciò che conta.
            (Non so se ti piace leggere, se ti può interessare, e via dicendo, ma mi permetto di buttarti lì che sto leggendo La peste di Camus, quantomai adatto, e trovo abbia molto da dirci).
            Grazie, e buonanotte ^__^

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        2. Ubi Deus ibi pax

          @ Elisabetta:

          Purtroppo questa situazione ci conferma come noi cattolici siamo sempre più ribelli e divisi fra di noi.

          Questa lamentela mi ricorda il passo di un testo del 1600 che un sacerdote e professore in un’università pontificia, venuto in parrocchia per delle meditazioni quaresimali, ci lesse un giorno… Iniziò a leggerlo ede era tutta una lamentela dei bei tempi andati in cui le chiese erano piene, mentre “ora” l’assenza di fede e la laicizzazione della società ha portato a chiese vuote e a cristiani poco credibili. Lo lesse tutto, poi fece qualche secondo di silenzio, e ci chiese di che epoca pensassimo fosse quel brano. Era appunto del 1600.

          Non sempre in modo costruttivo, come facevano invece i primi discepoli di Gesù.

          Anche quello di una Chiesa primitiva tutta carità e concordia è però una leggenda, e ci mancherebbe altro.

          Ricordiamoci alla fine di tutto che la Chiesa non è una democrazia e che dobbiamo obbedienza i nostri vescovi e al Papa. Facciamo quest’atto di affidamento; per tutto il resto, ai posteri l’ardua sentenza.

          Sicuramente dobbiamo obbedienza, ma dobbiamo anche rispondere alla nostra coscienza (rettamente formata). CI sono vescovi, e non sono neppure pochi, che sostengono ad esempio che anche le unioni omosessuali siano morali: dovremmo obbedienza anche a loro, qualora ci esortino a celebrare un unione (in)civile in qualità di pubblici ufficiali? O vescovi apertamente schierati con forze politiche con programmi zeppi di proposte di legge immorali, o che le hanno già fatte promulgare e ne vanno fieri, e questi vescovi invitano apertamente i loro greggi a votare per costoro. Dobbiamo obbedienza anche a queste berrette paonazze? Come diceva don Milani, che pure tanto piace a questi vescovi: “Se i suoi [NdR: si riferisce all’esercito, visto che parlava di obiezione di coscienza, da lui sostenuta] preti l’avessero educato a guidarsi con la Coscienza invece che con l’Obbedienza «cieca, pronta, assoluta» quanti mali sarebbero stati evitati alla Patria e al mondo”…

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          1. Elisabetta

            Ubi ho appunto detto che anche fra i discepoli di Gesù c’erano critiche, ma costruttive…
            Sono sicura che domenica non avrai problemi a recarti a Messa a Roma coi tuoi cari anche anziani e la tua coscienza sarà tranquilla.
            Dio ti benedica.

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          2. Ubi Deus ibi pax

            Elisabetta pensa a 1Cor 1,10-13:

            “Vi esorto pertanto, fratelli, per il nome del Signore nostro Gesù Cristo, ad essere tutti unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e d’intenti. Mi è stato segnalato infatti a vostro riguardo, fratelli, dalla gente di Cloe, che vi sono discordie tra voi. Mi riferisco al fatto che ciascuno di voi dice: «Io sono di Paolo», «Io invece sono di Apollo», «E io di Cefa», «E io di Cristo!». Cristo è stato forse diviso? Forse Paolo è stato crocifisso per voi, o è nel nome di Paolo che siete stati battezzati?”

            Purtroppo no, non erano sempre costruttive le critiche, e i discepoli si dividevano in fazioni come ora: qui Paolo fa una reprimenda che è la stessa che fai tu.

            Sono persuaso che, qualora la tua chiesa fosse riaperta, anche tu non avresti problemi a partecipare alla Santa Messa usando la virtù della prudenza. Il Signore benedica anche te!

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      2. sircliges

        Ubi pax, io sono una persona decisamente poco clericale. Le scelte prudenziali di un vescovo, fosse pure santo e fosse pure il Papa, si possono tranquillamente criticare, perché la santità non è garanzia di totale inerranza.
        Siccome stiamo parlando di scelte prudenziali, non è facile capire quale sia la misura più adeguata, non è facile evitare tanto i difetti quanto gli eccessi, e probabilmente non è possibile avere certezze assolute. In teoria la sospensione delle Messe con popolo potrebbe essere un atto non gradito a Dio, ma potrebbe anche esserlo. Allora cosa facciamo, ciascuno si regola per conto suo? Ma la Chiesa non è un’anarchia, la Chiesa è un corpo sociale in cui Dio ha dato ad alcune persone l’autorità e la responsabilità di dare ordini (espressione forse antipatica, ma è così) alle altre, SOLO SU CERTI ARGOMENTI ED ENTRO CERTI LIMITI.

        (è lecito disobbedire ai pastori se ordinano di peccare, oppure se danno un ordine fuori dal loro ambito di competenza; per esempio, neppure il Papa potrebbe ordinarmi di commettere adulterio, oppure di diventare tifoso della sua squadra del cuore)

        Ti faccio un esempio. Suor Lucia di Fatima scrive nelle sue memorie che lei avrebbe voluto che il Terzo Segreto fosse rivelato entro una certa data (mi pare fosse il 1960), perché così le aveva detto la Madonna. Giovanni XXIII decise che non era il caso, (n.b. non è obbligatorio per nessuno credere alle rivelazioni private). Sempre stando a quanto riporta Suor Lucia nelle sue memorie, quando lei nel corso di una successiva apparizione disse alla Vergine che il segreto non sarebbe stato rivelato per decisione dei suoi superiori, chiedendole come doveva comportarsi, la Signora le rispose “l’autorità può sbagliare, l’obbedienza no”.

        Avere il concetto di autorità nella Chiesa non significa credere che i pastori siano sempre infallibili. Tutt’altro: essi decidono, e si assumono di fronte a Dio le conseguenze morali dei loro errori.

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  2. zimisce

    Dove avete trovato gli stracciamenti di vesti? Pur girando il web cattolico non ho incontrato questi “indignati”.
    A parte questo, si può forse menzionare il cardinale Borromeo manzoniano che, all’inizio della peste, si oppone alle processioni di reliquie per evitare l’assembramento di folle, contagiate e non.
    Non so però se fu effettivamente la posizione del Borromeo storico o una gentilezza del Manzoni che voleva farlo apparire ‘illuminato’ anche in quel frangente.

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    1. Lucia

      Sarei tentata di rigirarti la domanda: in quale parte del web cattolico sei riuscita a NON trovarli, gli stracciamenti di vesti, Zimisce? Dimmelo, ché così ci vado anch’io 🤣

      Io li ho visti un po’ ovunque, trasversali a vari tipi di cattolicesimo online, e soprattutto nei canali dei cattolici “duri e puri” o “tradizionalisti”. Ho scoperto solo dopo aver pubblicato il questo post che anche Costanza Miriano si è stracciata le vesti con una certa intensità (nella sua bacheca su Facebook).

      Come campionario delle reazioni, suggerisco una lettura dei commenti apparsi sotto al post di Aleteia che rilanciava questo mio articolo: https://www.facebook.com/Aleteiait/posts/3055585261118830. C’è proprio una vasta umanità di scandalizzati, e spesso non per la stessa ragione (si passa dal “siete tutti pazzi, questa è una normale influenza” al “possono toglierci tutto ma non la Messa” al “don Bosco aveva detto di fare diversamente” al “ricevere la comunione in mano è un sacrilegio”).

      🤷‍♀

      Onestamente, non so se davvero il cardinal Borromeo si sia opposto a processioni e funzioni pubbliche, visto che poni il dubbio. E’ probabilissimo, ma effettivamente non saprei dove andare a controllare, così su due piedi. Prendiamo per buona la versione di Manzoni, vah 🤣

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      1. Elisabetta

        Non poter prendere l’eucarestia è un fatto grave, ma giustificato in questo caso. Rileggiamoci cosa diceva Gesù ai farisei. Appoggio il mio Vescovo che ha preso questa decisone, unico in Emilia dopo quello di Piacenza.

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        1. Lucia

          Non poter prendere l’eucarestia in sè non è nemmeno un fatto così grave, se posso permettermi.
          Non vorrei essere fraintesa e non vorrei sminuire il valore immenso dell’Eucarestia e della possibilità di accostarvisi (ci mancherebbe) però è davvero una novità degli ultimi tempi (diciamo, grossomodo dell’ultimo secolo? ma anche meno) questa nostra convinzione che ricevere la Comunione sia qualcosa di “dovuto”.

          Nei secoli passati, non era affatto normale che il comune fedele facesse la Comunione ogni volta che andava a Messa. Molto spesso ci si asteneva (perché non si era confessato di recente, perché non era a digiuno, perché semplicemente non era la norma fare la Comunione tutte le settimane). Ed era una cosa normalissima e comunemente accettata: siamo solo contemporanei che sentiamo di “dover” fare la Comunione tutte le domeniche.

          Non che fosse necessariamente meglio prima, eh (anche se, come scrivevo qui, un po’ invidio quella “fame di ostie” di una volta. Noi, oggi, tendiamo forse a dare “un po’ troppo per scontata” la Comunione – o almeno, io sicuramente sì).

          Tutto ciò per dire: è sicuramente un fatto spiacevolissimo ed estremo, ma non so nemmeno se lo definirei “grave” in sè 🙂

          Anche per quanto riguarda le diocesi di Torino e Susa, è appena arrivata una comunicazione che sospende fino a domenica prossima le Messe “aperte al pubblico”. E meno male, appoggio pieno al vescovo anche da parte mia se queste sono le indicazioni di prudenza ricevute dalla prefettura!

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          1. Elisabetta

            Sono d’accordo, pensavo che mi avreste dato contro se avessi detto che l’eucarestia non è per me così fondamentale come credere e comportarmi di conseguenza.
            Comunque in questi giorni di distanza dalla Messa mi son arrivate bellissime preghiere antiche contro le pestilenze! Credo mi facciano sentire più vicina a chi realmente ha sofferto ed è morto per le malattie del passato. Sarebbe anche bello pregare per le anime morte a causa di queste pestilenze.

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        1. Lucia

          🤣

          Oh mamma, quello non l’avevo proprio visto! Dopo la pubblicazione del post sono stata sommersa di così tanti messaggi sulla pagina personale del mio blog, che certe perle apparse sotto al respot di Aleteia le leggo solo adesso 🤣

          Per continuare sul registro del linguaggio scorretto e dialettale: oh basta là 😐

          (Googlare “Oh basta là” + “Umberto Eco” per ottenere traduzione 😅)

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      2. vogliadichiacchiere

        Ci dovrebbe essere in giro un libretto esaustivo sulla peste a Milano raccontata dal Manzoni
        Rcordo di averlo letti, se non sbaglio spiega bene il punto di vista e gli 8nterventi di clero e Sanitá e del “governo” . . . molto documentato!
        Insomma quasi solo brani di documenti, registri e/o diari! (Quello che, gentilmente, potrei definire “un mattone”)

        Se lo recupero te lo linko!

        Ciao, Fior

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          1. vogliadichiacchiere

            “Il tragico scenario delle epidemie pestilenziali, nella Milano sforzesca e spagnolesca, rinascimentale e barocca, vide giustapporsi e contrapporsi tra loro il “governo medico-politico” e il “governo ecclesiastico” della peste ricorrente. Articolato negli oltre cento anni (1524-1632) di una storia cruciale, il libro indaga il rapporto tra Stato e Chiesa, tra scienza medica e fede religiosa. Tale rapporto mutevole è personificato, emblematicamente, nelle figure dei medici Giovan Pietro Arluno, Ludovico Settata, Alessandro Tadino e dei cardinali Ippolito 11 d’Este, Carlo e Federico Borromeo. I diversi modi dello storico confronto offrono spunti e riflessioni d’attualità.”

            Se lo volesti leggere, sta in Biblioteca a San Benedetto del Tronto, dove l’ho preso appena l’ho visto! 🙂

            Di nuovo saluti, Fior (da una regione che va e viene dalla quarantena a secondo di cosa dice un giudice, non un medico!)

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  5. zimisce

    Capisco (e allibisco). Il fatto è che guardo raramente le “emanazioni” facebookiane dei blog (tra l’altro poi mi aveva stupito che persino il celebre giornalista del “non è Francesco” questa volta non se la prendesse con i vescovi bergogliani, ma solo con il governo ladro).

    Però sì, ad una ricerca solo moderatamente approfondita sono spuntate fuori molte cose.

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  8. scudieroJons

    Ho notato che tra le parole sagge e le raccomandazioni condivisibili del vescovo compare anche la frase: “Già da alcuni anni appaiono segni manifesti della collera del Signore provocata dai nostri peccati.” Ho l’impressione che ci sia una certa contraddizione tra l’attribuire l’origine e la diffusione del morbo a un intento punitivo dell’Onnipotente e la sollecitudine nel diffondere le raccomandazioni spicciole per evitare il contagio, come: “La prudenza cristiana […] ci consigli ad adoperare quelle misure di pulitezza e di igiene che anche dalla vigile autorità vennero prescritte”. Cosa cerca di fare, il vescovo? Vuole insegnare ai fedeli come si elude la collera divina? Sono passati due secoli e si conosce moltissimo nel campo della geofisica, della meteorologia, della biologia, ma ancora oggi c’è qualche cristiano che attribuisce eventi calamitosi, naturali o provocati dall’opera dell’uomo, a una presunta punitiva Volontà Divina. Lo fa per infondere paura? Che rimane il mezzo più efficace per dominare le menti.

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    1. sircliges

      Ciao Scudiero, provo a rispondere alla tua osservazione.

      C’è un concetto nel cristianesimo, oggi un po’ trascurato, senza il quale non si riesce a capire il problema del Male: la differenza tra “volere” e “permettere”. Dio non vuole il male, eppure a volte permette che accada (a volte no, ma in quei casi neanche ci accorgiamo, come dire, del proiettile che ci ha sfiorato). Potrebbe impedirlo, trattenendo la causa immanente che opera nel mondo e “fa” il male, ma non lo impedisce. Perchè?
      Per fare un paragone molto alla lontana, qui Dio fa come il padre o la madre che, vedendo i figli che imparano ad andare in bicicletta, lascia che cadano. I figli si sbucciano le ginocchia e piangono; in teoria, se avessero abbastanza intelletto, potrebbero anche pensare “papà mi ha visto cadere e non ha fatto niente, papà è cattivo”. A mente fredda noi adulti ci rendiamo conto che per imparare ad andare in bicicletta bisogna pure cadere, imparare, fare esperienza (se fossimo perfetti potremmo imparare senza cadere, ma quel genere di perfezione lo abbiamo perduto dopo quello sfortunato evento che i cristiani chiamano peccato originale). A mente fredda ci rendiamo conto che per il bambino è meglio cadere qualche volta e soffrire un po’, piuttosto che non imparare ad andare in bicicletta. Lo capirà anche il bambino, un giorno.
      Questo rende un po’ l’idea, ovviamente da molto lontano. Le nostre immani tragedie, epidemie, cari che muoiono, omicidi e stupri, tutto il vasto campionario di dolori che affliggono questa valle di lacrime, ci appaiono così grandi che è quasi offensivo paragonarle alla sbucciatura di un ginocchio. Ma questa è proprio la differenza che passa tra gli abitanti di quaggiù e quelli di lassù. L’unica soluzione al problema del male consiste in questo, nel credere che esista un mondo oltre questo mondo, in cui i buoni e gli innocenti sono trasformati, e tutto quel dolore del mondo presente è solo un ricordo lontano, di quelli a cui pensi quasi con un sorriso, come se un campione di ciclismo guardasse tutti i trofei che ha vinto e ripensando alle prime sbucciature di ginocchia si dicesse “però, ne valeva la pena”.

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      1. scudieroJons

        Apprezzo il tentativo di conciliare la sempre problematica coesistenza del male nel mondo con l’onniscienza, onnipotenza e bontà di Dio, ma sono anche del parere che un padre amorevole che regala la bicicletta al figlio si preoccupa anche di tenere la mano sotto il sellino per tutto il tempo che servirà ad imparare.
        A me pare che il tono usato dal vescovo Tosi sia più vicino a quello usato da sant’Annibale quando parla del terremoto di Messina come punizione per i peccati della città (figuriamoci quali potevano essere!) o del delirio esternato da Roberto De Mattei quando ha attribuito al disastroso tsunami che ha colpito il Giappone il compito di ammonire noi, forse per il fatto che tolleriamo le unioni civili tra i gay. Questi due personaggi vogliono solo lucrare sugli effetti di due fenomeni naturali per promuovere la loro visione del mondo.
        Tutti i predicatori apocalittici che si trovano sul web, (sorprendentemente, anche quelli che si dedicano principalmente al culto della Madonna, la Consolatrix afflictorum) non sono molto diversi da fra’ Girolamo Savonarola che tuonava: “Io ti ho detto: “gladius Domini super terram cito et velociter”. Credimi che il coltello di Dio verrà, e presto. E non ti fare beffe di questo cito e non dire ch’e’ sia uno cito dell’Apocalisse, che sta centinaia d’anni a venire. Credimi che fia presto. Il credere non ti nuoce niente, anzi ti giova, ché ti fa tornare a penitenza e fatti caminare per la via di Dio. A non credere ti può nuocere, e non giova. […] e però ti dico, e tieni questo per ultima conclusione, che Iddio ha preparato un gran desinare a tutta Italia, ma tutte le vivande sono amare, e ha dato solo la insalata, che è stata un poco di lattuga amara. Intendi bene, Firenze: tutte le altre vivande hanno ancora a venire, e sono amare tutte, e assai vivande, perché è uno gran desinare”.
        Se dovessi scegliere, preferirei il mio vescovo, Monsignor Delpini, al quale un cronista ha domandato: Nel «Pensiero di benedizione» diffuso domenica scorsa, lei ha scritto che Dio è alleato del bene, di chi fa il bene, di chi desidera il bene. Mentre non manca, anche sui social, chi presenta il virus come castigo divino…
        Il vescovo ha risposto: “Noi crediamo nel Dio che ci ha rivelato Gesù. E non in un Dio vago, minaccioso, vendicativo, enigmatico… Chi ha peccato? Lui o i suoi genitori? Ecco, del cieco nato, cosa chiedono i discepoli a Gesù. E Gesù contesta la loro domanda e questa visione del rapporto con Dio. Noi crediamo che Dio è alleato del bene. E che si fa carico del male, e non lo usa come strumento per vendicarsi, o minacciare, o convincere a cambiar vita. L’idea di punizione divina non fa parte della visione cristiana”.

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        1. ago86

          Vedo però che chiami male solo il “male fisico”, e sotto tale etichetta metti solo ciò che in qualche modo fa intoppo ai progetti umani. Alla fine questo è un modo per lagnarsi che le cose non vadano come vogliamo noi, ma come vuole un Altro a cui non ci si vuole affidare per qualche disposizione d’animo contraria. E questa però NON E’ la risposta al problema del male.
          Devo ancora trovare una tematizzazione dell’esistenza del male in una visione del mondo atea che non scada nel prendersela con qualcosa che (ancora) non si è riusciti a piegare ai propri progetti e fini. In quest’ottica un terremoto che spiani una montagna per permetterci di costruire un’autostrada è un bene, mentre lo stesso evento in una metropoli viene visto come male.

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          1. scudieroJons

            Esiste certamente anche un male morale, che ciascuno crede di identificare in qualcosa, spesso in completo disaccordo con altri, ma in questa sede ci stiamo occupando del male fisico e precisamente della malattia e della morte di esseri umani. Siccome non sono interessato al tema della sospensione dei riti religiosi e dei sacramenti, ho inteso solo far notare come il buon vescovo, mentre dispensa consigli di igiene al suo gregge, nello stesso tempo ribadisce che le uniche misure efficaci per sfuggire al contagio sono il pentimento e la conversione. Il vescovo si contraddice. Ma sa anche che non può dire: Venite in chiesa contravvenendo alle disposizioni delle autorità perché la vostra fede vi rende immuni dal contagio.
            Non sono io che mi lamento dell’accadimento di eventi naturali come epidemie e terremoti che provocano morte e distruzione. Perciò non cercare di rigirare la frittata, Sei tu (se non tu personalmente, la Chiesa alla quale appartieni) che cerchi di attribuire la causa di eventi naturali alla volontà di Dio. Lo fate perché la paura è un materiale molto duttile da plasmare al servizio della propria causa. Ma rispetto al passato il vostro compito è diventato più arduo. La tecnica non riesce ancora a padroneggiare questi eventi, ma non siamo così indifesi come eravamo alcuni secoli fa, e la scienza ha ampiamente compreso l’origine di questi fenomeni e sia i terremoti che le epidemie sono spiegati perfettamente senza dover ricorrere all’intervento di quello che tu chiami Altro. Potrei anche disinteressarmi completamente di quello che vai dicendo tu, ma se alle parole deliranti di De Mattei e di quelli come lui seguono episodi di intolleranza e di violenza verso le persone omosessuali e si accentua l’inerzia del legislatore in materia di leggi che regolano i casi di nascita, malattia, morte, allora ritengo doveroso intervenire.

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        2. sircliges

          Ciao Scudiero, esistono diverse scuole di pensiero su cosa sia meglio per i figli. Esistono anche genitori iperprotettivi (spesso madri, ma non solo) che per troppo proteggere i figli, li tengono in una sorta di campana di vetro, sì che quando alla fine la prole è cresciuta e non può non abbandonare il nido, si ritrova completamente smarrita e incapace di reggere l’urto della brutale realtà. Di solito il risultato è un corso accelerato di autosopravvivenza oppure un disastro esistenziale.
          Questo per dire che il padre amorevole del nostro esempio potrebbe anche decidere che il “male minore” per il figlio è qualche ginocchio sbucciato, rispetto al rischio di crescere diventando uno sprovveduto.

          Quanto al problema della punizione. Specifico, forse non era chiaro, che nel mio precedente commento mi riferivo al male che colpisce l’innocente; il dolore terapeutico che colpisce un NON innocente, come una punizione inflitta a un bambino bulletto, in realtà non è un male bensì un bene: esiste anche una giustizia retributiva. D’altra parte una punizione oggi potrebbe, forse, evitare un rapinatore domani.
          Clive Staples Lewis, nelle “lettere di Berlicche” (istruzioni di un diavolo esperto al suo apprendista) osserva che di solito il demonio manda gli errori a coppie di opposti, così se non ti frega con l’uno ti frega con l’altro; anzi, spesso cadi nell’uno proprio per evitare l’altro. Ecco, secondo me i diversi atteggiamenti di De Mattei e Delpini sono entrambi censurabili come errori opposti. De Mattei riconduce con certezza ogni male fisico alla volontà divina; Delpini con altrettanta certezza la esclude. De Mattei dimentica l’episodio evangelico della torre di Siloe; Delpini dimentica l’episodio veterotestamentario di Sodoma.

          Dio punisce davvero, oggi si tende a rimuovere questa sgradevole verità. Ma Dio permette anche il dolore dell’innocente. Allora, quando succede qualcosa di brutto a qualcuno, cosa dobbiamo pensare? Che è un colpevole punito o che è un innocente crocifisso? La verità è che dovremmo prudentemente considerare entrambe le ipotesi, e dovremmo ricordare che in diverse misure siamo tutti un po’ innocenti e un po’ colpevoli.

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          1. scudieroJons

            In tutte le cose che faccio tendo a stare lontano dagli estremi, perciò non approvo né quelli che crescono i figli sotto la campana di vetro né quelli che dopo averli messi al mondo se ne disinteressano. Ritengo che un buon genitore deve educare i figli “con l’esempio e con la parola” come si racconta che facesse Gesù.
            Mi era piaciuto un punto del tuo precedente commento, laddove, parlando di Dio, dici che “Potrebbe impedirlo, trattenendo la causa immanente che opera nel mondo e “fa” il male, ma non lo impedisce”.
            Mi sembra di capire che anche tu credi che quello che avviene nel mondo è prodotto da una causa immanente. Si potrebbe aggiungere che è sempre una causa naturale, anche se la causa scatenante è l’uomo, perché anche l’uomo fa parte della natura. Nel caso dei terremoti sappiamo che il movimento incessante delle placche tettoniche le porta a comprimere le altre, generando una grande forza cinetica che quando supera il limite di resistenza si libera, per trovare un nuovo equilibrio, e scuote la crosta terrestre, facendo crollare le nostre costruzioni più fragili. Da un paio di secoli sappiamo anche che alcune malattie sono provocate da agenti patogeni piccolissimi e da poco tempo abbiamo scoperto che ce ne sono altri che non si riescono neanche a vedere con un microscopio ottico. Sappiamo anche che nel loro interno hanno la capacità di mutare e di diventare improvvisamente aggressivi verso l’organismo umano che non li conosce e non ha avuto il tempo di predisporre difese adatte. Noi oggi di fronte al coronavirus siamo indifesi come lo erano gli indios d’America di fronte alle malattie portate dai conquistatori spagnoli, tranne per il solo particolare che noi sappiamo di che si tratta, e ci attrezziamo. Nell’età del bronzo gli Achei, falcidiati dalla peste sotto le mura di Troia, credevano che a causare quelle morti fossero le frecce scagliate dal dio Apollo, adirato perché Agamennone aveva oltraggiato Crise, sacerdote del suo culto. Noi oggi sappiamo che Apollo non esiste.
            Perciò confido nell’ingegno umano che è stato capace di inventare le costruzioni antisismiche e di scoprire i vaccini, e detesto coloro che approfittano delle sciagure per fare del terrorismo e per cercare di ricacciare il genere umano in quella condizione di minorità in cui è stato per tanti secoli quando non aveva la capacità di spiegare dei comuni fenomeni naturali senza dover ricorrere al soprannaturale.

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          2. sircliges

            Forse la cosa potrebbe sorprenderti, ma il passaggio dalla mentalità antica “c’è il fulmine perché lo manda Zeus” alla mentalità moderna “c’è il fulmine perché l’elettricità nelle nuvole” sarebbe stato impossibile senza il cristianesimo. Cioè senza quell’incrocio tra la religione ebraica e la filosofia greca.
            I filosofi greci furono i primi a indagare i fenomeni naturali senza necessariamente scomodare per ogni cosa l’intervento divino. Gli dei magari esistono pure, ma sono supercreature, non la causa di tutto. Dall’altra parte del Mediterraneo, gli ebrei furono i primi ad avere una religione in cui Dio non è il sole, non è la luna, ma è “oltre”, i fenomeni naturali non sono entità cui inginocchiarsi, sono un giardino creato perché potessimo amministrarlo.
            Atene + Gerusalemme = Roma. I primi cristiani adattano il pensiero greco alla fede ebraica. Agostino, IV secolo d.C., usa Platone per distinguere tra la causa prima e le cause seconde. Il mondo è una concatenazione di cause che l’uomo deve indagare per risalire alla causa prima. Le cause immanenti esistono, sono la maggior parte delle cause che operano nel mondo, i miracoli sono cosa rara.

            Dio non è un tappabuchi che riempie quello che non riusciamo a spiegare. Casomai è il contrario: il fatto che l’universo sia così razionale ci dice che alla base c’è un’Intelligenza.

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          3. scudieroJons

            @ Sircliges. Non ho nessun problema a riconoscere i grandi meriti del Cristianesimo, che, con pochissime eccezioni, ha dato impulso alla nostra civiltà e ci ha tenuti al riparo da altre religioni più invadenti. Sono consapevole che senza il Cristianesimo non sarebbe stato possibile l’Illuminismo e non sarebbero sorti gli ideali di Libertà, Uguaglianza e Fraternità. Sono anche sicuro che alcuni che annunciano punizioni divine o altri che ostentano i Vangeli e agitano la corona del rosario mentre parlano di porti chiusi non sono affatto cristiani.

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          4. ago86

            Chiariamo i termini, sennò non ne usciamo. “Ignorare” significa non conoscere la realtà di una cosa, una carenza di conoscenze e non di giudizio su una qualche realtà. Gli antichi non credevano negli dèi per “ignoranza” dei fenomeni naturali, perché gli eventi che avevano di fronte sono gli stessi che venivano esperiti da chiunque a tutte le latitudini e in tutti i tempi. Il loro giudizio però non permetteva che si cercassero le componenti materiali e le dinamiche naturali di certi eventi perché era del tutto superfluo. Ogni spiegazione si ferma di fronte all’evidenza, cioè appena ciò che non si comprendeva è giunto nel nostro orizzonte di giudizio in base al quale riteniamo di aver compreso. Per gli antichi era “evidente” che certi fenomeni avessero un certo significato al di là delle loro caratteristiche materiali – le quali non interessavano minimamente: un fulmine poteva essere fuoco, elettricità, divinità, un frammento della sfera celeste – non cambiava il fatto che la loro forma mentis aveva già la spiegazione: quell’evento era connesso al loro orizzonte di senso che permetteva di giudicare un qualunque evento in riferimento al volere degli dèi. Non si tratta di “ignoranza”, si tratta di avere già la risposta e in base a tale risposta giudicare del tutto superflua l’indagine naturale e scientifica del mondo. Non era l’ignoranza, ma il loro giudizio di fede il problema. Il cristianesimo ha convertito questo orizzonte di significato magico/pagano nel suo orizzonte dove la realtà è creatura di Dio trascendente, facendo perciò divenire sensata l’indagine del mondo fisico nei termini di una spiegazione delle dinamiche materiali. Cambiando la fede (orizzonte di giudizio) cambiano le spiegazioni e ciò di fronte a cui dici “è chiaro ed evidente”.
            Veniamo alla creazione: essa è la relazione di dipendenza di ogni realtà dall’Essere del creatore. C’è da togliere gli equivoci in cui cadono spesso i non credenti ritenendo l’atto creatore o un fatto avvenuto all’inizio dei tempi e conclusosi lì (“Dio ha creato le condizioni iniziali del cosmo, poi questo si è evoluto in base alle leggi poste in essere da Dio” – il dio orologiaio) oppure una cosa alla Majin Boo: Dio mette il ditino da qualche parte e dal nulla spuntano forme di vita, animali, uomo etc. e si interferisce con la catena determinista degli eventi del mondo che altrimenti sarebbero andati diversamente (il dio dei “creazionisti” evangelici). La creazione è un atto atemporale che pone in essere tutto ciò che esiste nel tempo e nel divenire; perciò dal nostro punto di vista è anche un atto di conservazione nell’esistenza. Ogni evento è posto in essere da Dio, anche la permissione del male morale e fisico.
            Ciò ovviamente non esclude la capacità causale delle cause seconde, anzi le esalta a tal punto che diventano degne di essere indagate dall’uomo perché sono state messe in atto da Dio con le varie potenze causali di tutte le realtà esistenti. Per approfondimenti, segnalo: https://www3.nd.edu/~afreddos/papers/pitfall.htm
            La spiegazione scientifica di un evento non può uscire dal metodo d’indagine proprio di quella scienza e dai suoi limiti esplicativi, per definizione. Per cui un’epidemia avrà una spiegazione differente a seconda della prospettiva di giudizio assunta dalla disciplina scientifica che vuole spiegarla. Un chimico parlerà delle reazioni chimiche di un virus, che interessano solo marginalmente al biologo e praticamente nulla al medico, ma non vuol dire che siano irrilevanti o in sé stesse assurde. In questo modo la spiegazione di una disciplina scientifica non esclude l’esposizione data da un’altra disciplina, perciò la spiegazione scientifica non esclude per nulla l’esistenza divina e non può essere usata per dire “Dio non c’entra con questo evento”, perché tale affermazione ricade nell’ottica o di un dio orologiaio o di quella di alcuni “creazionisti”. In entrambi i casi c’è alla base una visione completamente diversa da quella cattolica di Dio.

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          5. zimisce

            Sono d’accordissimo nel distinguere le coppie di errori opposti (diciamo la fallacia dematteiana e la fallacia delpiniana). Il problema è che tradizionalmente gli uomini di Ciesa, anche attraverso grandi santi, sono caduti molto facilmente nel primo errore. Oggi, probabilmente per compensazione, si cade quasi sempre nell’altra, ed è per questo che poi si crea questo clima di sospetto tra cristiani.
            Siamo pieni di racconti devozionali sull’angelo che rinfodera la spada o sulla Madonna che trattiene il braccio del Figlio (immagine che contiene anche qualche problema teologico: la Madonna è più compassionevole di Gesù?). In tutti questi casi non si faceva la necessaria distinzione tra “volere” e “permettere”. Anche se sono sicuro che già i teologi medievali la facevano.
            Se oggi un vescovo mi dice di vedere il male che ci coplisce come occasione per riflettere sui miei peccati e convertirmi, lo ascolto seriamente. Se invece dicesse che certamente un male ci colpisce come punizione per i nostri peccati, la maggior parte dei fedeli si indignerebbe.
            Sarà una questione di linguaggio (la realtà teologica sottostante non è cambiata), ma questo fa sì che qualcuno, da de Mattei a quelli che scrivono cose strane a Lucia, pensi che la Chiesa abbia tradito la Tradizione e i Santi (che effettivamente si esprimevano spesso in quel modo). Il problema è se si accetta che ci possa essere uno sviluppo storico nell’organismo-Chiesa, con alcuni aspetti che si definiscono meglio e quindi sono perfino riformabili – oppure no.

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          6. sircliges

            Hai centrato il punto con la tua ultima frase. Tolkien diceva “la Tradizione è un albero, non una statua”: qualcosa che cresce e muta, ma in ogni mutamento il successivo non contraddice il precedente bensì lo completa.

            Purtroppo noi adesso ci troviamo sballottati tra questi due errori come tra Scilla e Cariddi: o credere che non possa cambiare niente, o credere che si debba cambiare tutto. Il tradizionalismo e il modernismo sono come la miopia e il presbitismo della Chiesa.

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      2. Elisabetta

        Mi piace molto questo esempio della bicicletta.
        Questo della sofferenza è uno dei temi che mi interessa di più, assieme al mistero dell’iniquità. La mente di Dio non è scrutabile dalla mente umana; un giorno, ma non su questa terra, tutto ci sarà chiaro. Bisogna far un atto di Fede.
        Alcuni mi fanno notare che Dio non ti manda nessuna sofferenza che tu non sia in grado di sopportare. Ovviamente detta così mi pare che il ragionamento non tenga conto che la giustizia non viene amministrata in modo equo nella nostra vita terrena e quindi invece qualcuno è messo alla prova ben oltre le sue capacità. Altrimenti non si spiegherebbe come alcuni hanno un Fede che perdono poi dopo grosse sofferenze, appunto per sfiducia, o come persone di grande fede non vengano turbati da grosse catastrofi. Inoltre non capisco come si possa dire che una persona ha le capacità di conservare la Fede e un’altra no, di nuovo si ricade nel pensare in termini umani su concetti trascendentali. Mi pare chiaro che il ragionamento sia più complesso di così. Io credo piuttosto che il nodo del ragionamento sia questo: molta sofferenza è UMANA deriva dal libero aribitrio di altri uomini…come le guerre, assassinii, stupri ecc. il fatto che alcuni sia no perseguitati è dovuto al libero arbitrio di altri…
        Inotre quello che per uno è un peccato per un altro non potrebbe esserlo. Mi spiego. Un conto è rispondere male , un conto è rispondere male dopo esser stati insultati. Chiaramente il peccato è uguale, ma ha due pesi diversi che solo Dio potrà giudicare.

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        1. Elisabetta

          Oggi il vescovo ha proprio detto questo… Solo dopo la morte verrà sollevato il velo del significato dell’umana sofferenza e tutto ci sarà chiaro. È stato molto di conforto sentire e vedere e la Messa in tv nei luoghi dove fino a qualche settimana fa c’ero anche io, spesso anche distratta e pensierosa per quelle preoccupazioni che oggi mi sembrano sciocchezze. Spero di poter partecipare alla Messa di Pasqua.
          Per il resto, vorrei che questo isolamento fosse come quello del Decameron, ma non è così…
          Ad oggi devo dire che i vescovi dell’Emilia non solo hanno agito assennatamente, ma avevano anche anticipato quel che ormai è sotto gli occhi di tutto. Plauso a chi ci ha protetto.

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          1. Lucia

            Un ENORME plauso a chi ha agito con prudenza, ha capito la gravità di una situazione che fino a qualche giorno fa i buontemponi derubricavano ancora a “psicosi” e “banale influenza” e a chi ha protetto le sue pecorelle beccandosi pure insulti dai greggi altrui che guardavano da lontano.

            🙄

            Pensavo anche io alle Messe di Pasqua! Il blocco finisce proprio a ridosso della Settimana Santa se non ricordo male. Che Quaresima indimenticabile sarà questa!

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          2. Elisabetta

            Lucia: non voglio abbattere il morale di nessuno, ma per quanto riguarda la mia regione, Emilia, mi sa che sarà un miraggio la Messa di Pasqua. Ieri ci speravo oggi non più. Spero di arrivare a Pasqua con i miei cari, cibo e ordine pubblico.
            Stavo persino pensando di far un voto alla Madonna, ma non so bene da dove cominciare in quanto vorrei poi rispettarlo.

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    2. ago86

      Allora, innanzitutto il un qualunque evento è soggetto a diversi tipi di spiegazione, a seconda di quale paradigma è chiamato in causa: un terremoto viene spiegato dalla geologia in un certo modo, dalla fisica in un altro; una epidemia ha una spiegazione biologica, medica e anche sociologica e personale (il comportamento da tenere in queste circostanze ne viene influenzato e influenza il diffondersi o meno dell’epidemia). Tutto questo per dire che a seconda della scienza o del paradigma chiamato a spiegare lo stesso evento, si avranno spiegazioni diverse E TUTTE CONTEMPORANEAMENTE VERE. Ciò vale anche per la prospettiva della visione cristiana sul mondo, che è un paradigma che non esclude per nulla la validità della scienza e delle spiegazioni delle varie discipline su ogni evento della realtà.

      In secondo luogo, nessun evento e nessuna cosa della realtà è un “male in sé” la cui unica azione e risultato è di “aumentare il livello di male nel mondo”. E’ questa una visione del tutto fuorviante e cieca sulle molteplici sfaccettature e conseguenze che ogni evento comporta.

      Quanto alla punizione divina, è possibile che Dio punisca, perché punire il male è un atto di giustizia, e la giustizia è un bene. Dunque non c’è alcuna contraddizione tra la Bontà assoluta e la punizione verso il male – a meno che uno per “bontà assoluta” non abbia in mente uno che lascia correre tutto e il contrario di tutto: il Dio perfetto per gli atei.

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  9. Eleonora

    Ciao Lucia! Mi dispiace tanto. Ho letto i commenti vari sugli articoli di Aleteia, che invece trovo che abbia fatto degli articoli lucidissimi, e anche io rimango basita, veramente. Intanto mi pare che alcuni scambino la fede con la magia. Mentre invece se Dio ci ha fatto dono della scienza , si vede che voleva che la usassimo per vivere meglio e non per rinnegarla in suo nome. Allora se l’ostia sia o meno possibile che sia contagiata, non sono una teologa e non lo so, ma di certo le mani umane del sacerdote possono esserlo, e comunque possono esserlo dei fedeli presenti che, considerando che il virus si diffonde per via aerea, non hanno bisogno nemmeno di toccarsi per contrarlo, perciò anche se ovviamente dispiace, penso che interrompere le Messe sia un atto di buon senso. Magari bisognerebbe organizzarsi per mandare le messe in TV o organizzare piccoli gruppi di preghiera di 4-5 persone nelle singole abitazioni, per chi vuole, ma non tutti hanno queste possibilità ovviamente. Poi é vero anche che una volta, come dici tu, se a Messa ci si andava due volte al mese era già tanto e non credo che ci siano schiere di nostri predecessori mandati all’inferno per questo. Se non erro Gesù parla di altri requisiti nel Vangelo e non certo di frequenza della Messa 5 volte ok, 2 m’ha ci devo pensare…mi paiono discorsi veramente da farisei. Come quelli che si rifiutano di prendere l’ostia nelle mani perché é sacrilego. Mi pare assurdo. Di nuovo, non c’è lo vedo Gesù, almeno da come ho imparato a conoscerlo, a dannare la tua anima perché hai preso l’ostia sulle mani quando poi invece hai accolto i deboli, sfamato gli affamati, sei stato umile, ecc… bho!!! Rimango basita davvero!!! Capisco che dispiace, anche che forse in realtà sia una precauzione esagerata ( questo lo penso ), ma se l’epidemia fosse davvero così grave fanno bene. Anche perché se tu sei così può e santo da voler comunicarti a tutti i costi per non dannare la tua anima, questo però non vuol dire che tu debba farti veicolo dell’infezione per altri che non sono del tuo stesso parere oppure mettere a rischio, come tu hai detto, anziani inconsapevoli che magari preferirebbero star bene. Mica la pensiamo tutti ugualmente! E sarà Dio a giudicare la tiepidezza o meno della nostra fede, non certo i farisei depositari dell’unica vera fede cattolica. Scusate lo sfogo ma le accuse e le stupidaggini antiscientifiche di qualche commento mi hanno davvero sconvolta…-.-‘ a volte il buon senso che Dio ci ha dato non si usa proprio. Poi il sottinteso che tutta la Chiesa che ha preso questa decisione sia fatta di tutti sacerdoti eretici…va bhe!!!

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  10. Lucia

    Copio-incollo dalla mia pagina Facebook:

    “Don Bosco aveva affidato i suoi ragazzi alla Madonna e li aveva mandati a visitare i malati di colera di casa in casa!”.

    Perdonate se riapro la polemica, ma sento di dover fare una precisazione riguardo all’aneddoto che più volte in questi giorni è stato opposto agli articoli sui vescovi e il colera apparsi qui e su Breviarium. In moltissimi hanno ribattuto che – giust’appunto – don Bosco non le prendeva affatto queste precauzioni.

    In effetti no, e questo per un “piccolo” dettaglio: don Bosco stava a TORINO. I vescovi Ramazzotti e Arrigoni stavano rispettivamente a Pavia e Lucca. Stiamo parlando cioè di personaggi che vivevano in tre NAZIONI diverse, con politiche sanitarie diverse.

    Don Bosco non prendeva particolari precauzioni anti-contagio perché il Regno di Sardegna NON credeva che il colera potesse trasmettersi da uomo a uomo. A differenza di quanto accadeva in quasi tutti gli Stati pre-unitari, che miravano a contenere la malattia attraverso quarantene molto rigide, Cavour era un fautore del liberismo sanitario e gestì l’epidemia di colera adottando una politica apertamente anti-contagionista (cioè: contraria alla convinzione che il colera fosse contagioso) senza quasi mai porre in essere quarantene o cordoni di isolamento sanitario.
    Non così fecero gli altri Stati preunitari, dove era tendenzialmente data per buona la contagiosità del colera (la teoria fu dimostrata solo nel 1855 da John Snow – no, non quello di Game of Thrones, un altro).

    Quindi: sì, è vero, don Bosco non aveva paura del contagio: negli Stati Sardi NESSUNO aveva paura del contagio, visto che il governo continuava a ripetere a manetta che il colera non era contagioso.
    Diversa la situazione a Lucca e a Pavia e, di conseguenza, diverse le decisioni dei vescovi Tosi, Arrigoni e Ramazzotti.

    Di questa polemica abbastanza surreale sulle epidemie di colera nell’Ottocento 🤣 mi spiace solo che sia riuscita in un colpo solo a mettere in cattiva luce tutti quanti gli interessanti: i vescovi prudenti (manco fossero dei pavidi irreligiosi) e il povero don Bosco (che sembra un incosciente riottoso pronto a sfidare le autorità).

    A questo indirizzo ho caricato lo screen di alcune pagine di un saggio di storico che spero possano aiutare un minimo a contestualizzare.

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  11. Emilia

    Sappi che mi sono permessa di far leggere il tuo articolo al responsabile dell’Ufficio Storico del Pontificio Istituto Missioni Estere (che annovera monsignor Ramazzotti come fondatore), il quale l’ha trovato «interessante e ben fatto», aggiungendo che «è stata una lettura accattivante». Tanto di cappello!

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  12. Luca Pignataro

    A proposito del Tosi che nega la Comunione: mai sentito parlare di giansenismo?
    Ad ogni modo, tanto meglio: dopo mesi e anni in cui ci si stracciava le vesti per i “poveri” divorziati risposati che non potevano fare la Comunione, adesso ci ricordiamo che non è poi così necessario farla. Complimenti per l’autogol.

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  13. Ubi Deus ibi pax

    @ Lucia:

    Curiosità terminologica: perché lo chiami diciannovesimo coronavirus? 😶

    Nel senso: son curiosa di sapere da quand’è che fai partire il conto e perché: è il diciannovesimo che è stato sequenziato tra i coronavirus accomunati dalla caratteristica tal tei tali? Mi incuriosisce perché mi dà il senso di una progressione cronologica nel corso della Storia :-D)

    Perché sbagliavo! Pensavo che il 19 stesse per un progressivo di individuazione, e invece è solo l’anno di primo sequenziamento. Allora semmai corona virus del 2019 🙂

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  14. scudieroJons

    A me non pare credibile che gli uomini dell’antichità rinunciassero a indagare sui fenomeni naturali perché si sentivano appagati dalla risposta di carattere religioso. Molte letture mi confermano che la realtà potrebbe essere stata diversa. Per esempio, leggo su un’enciclopedia edita nel 2006: “Tutte le invenzioni che connotano gli inizi del Neolitico mostrano che lo spirito di osservazione si approfondì e si affinò. L’uomo inizia a porsi delle domande, molte delle quali non sono immediatamente utilitarie, circa i fenomeni a cui assiste. S’interroga sulle cause dei cambiamenti misteriosi che osserva intorno a sé: perché è necessario seminare in una certa stagione piuttosto che in un’altra? Perché il seme germina? Perché l’argilla indurisce a contatto con il fuoco? Perché la Luna e le stelle attraversano il cielo? Quali sono i rapporti tra la posizione delle stelle e il momento propizio per questa o quella attività agricola? Se la posizione delle stelle nel cielo influisce sulla vita delle piante, influirà anche su quella degli uomini? Questi interrogativi, e le risposte ancora il più delle volte irrazionali che l’uomo si dà, contengono i primi germi di una mentalità scientifica”. Sono convinto perciò che la sete di conoscenza che hanno per natura tutti gli gli uomini sia stata a lungo frenata da una parte dalla mancanza di istruzione, che per tempi lunghissimi è stata monopolio esclusivo delle caste sacerdotali di tutti i tempi e di tutti i paesi, e dall’altra parte dai divieti severissimi esistenti in epoche in cui l’accusa di empietà equivaleva a una condanna a morte.
    Per quanto riguarda la creazione, mi sembra di capire che anche tu sei dell’opinione che il racconto biblico non deve essere inteso in senso letterale e che il processo creativo si stia ancora svolgendo davanti ai nostri occhi. Se tu dovessi spingerti fino ad ammettere che Adamo ed Eva non sono personaggi storici ma una semplice allegoria dell’umanità, allora saremmo d’accordo su quasi tutto, tranne, temo, sulla natura di Dio.
    Ma mi accorgo che siamo usciti fuori tema e vorrei ritornarci, a conclusione, con le parole di mons. Pennacchio, vescovo di Fermo: “Ci dissociamo, perciò, da quanti alimentano un clima di paura con atteggiamenti discriminatori verso fratelli e sorelle sospettati di essere ‘untori’. Assicuro tutta la nostra solidarietà con il popolo cinese innanzitutto e, in generale, con quanti, a causa delle farneticazioni di alcuni, patiscono ulteriori sofferenze. Anche per questo motivo non sono per nulla condivisibili messaggi attribuibili a gruppi e personalità che si dicono animati dalla fede cristiana e che collegano il contagio ad una punizione divina e la ragione della sua diffusone alla mancanza di preghiera corale della Chiesa: tali semplificazioni non sono accettabili. La comunità cristiana conferma la sua disponibilità a collaborare con tutte le istituzioni nell’adottare ulteriori misure che, eventualmente, in futuro si ritenessero necessarie per tutelare la salute pubblica”.

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    1. ago86

      Ovviamente dipende dalla cultura. Una cultura indagherà di più una questione, un’altra di meno e con mezzi diversi; dipende appunto dall’orizzonte culturale il determinare il momento in cui ci si sente convinti di aver capito. Ciò varia da cultura a cultura, e non ha senso paragonare la cultura dei neolitico con quella dell’età romana. O con quella sumera.
      Per il resto noto che non hai compreso ciò che ho scritto, investendolo di preconcetti e bias. Discuti, discuti, ma in realtà hai già deciso dove è la “verità” e questo ti permette di non fare la fatica di capire.

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      1. scudieroJons

        Forse non ho capito quello che hai scritto, ma certamente tu non hai risposto a una domanda chiarissima. Tra noi due, sei tu il professionista delle fumisterie e delle distorsioni e non ti esprimi chiaramente perché la tua bimillenaria dottrina fa acqua da tutte le parti.

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  15. Pingback: Quante epidemie influenzali ci sono state nella Storia? – Una penna spuntata

  16. Pingback: Di nuovo a Messa: una proposta alla CEI per i test sierologici

    1. Lucia

      Sulla sospensione del precetto sono veramente molto perplessa, nel senso che mi sarei assolutamente aspettata una maggiore chiarezza da parte della CEI e/o delle singole diocesi. (Ma, francamente, anche proprio da parte della CEI…).

      In alcuni comunicati diocesani, quantomeno è stato ribadito con fermezza che il precetto resta sospeso “per motivi di salute”, anche se non è carino che debba essere il singolo fedele a stabilire se dare una interpretazione estensiva al concetto. Ma nel comunicato della diocesi di Torino, ad esempio, non si richiama nemmeno a questa “normale” sospensione, non se ne fa proprio cenno.

      E’ davvero molto confusionario, ammetto.
      Uno: chi decidesse di restare ancora a casa, non capisce se sta facendo peccato o no.
      Due: se io esco per andare in chiesa, ma trovo tutti i posti occupati, e devo ottemperare al precetto domenicale, teoricamente dovrei vagare come l’ebreo errante per tutte le parrocchie della zona fino a trovare un buco libero? 😐

      Davvero non è chiaro per nulla, sono stupita di come è stata gestita questa cosa.
      Nel mio caso specifico, a rassicurare i parrocchiani ci ha pensato il mio parroco, che in un video ha ribadito con molta forza e fermezza che la sospensione del precetto vale per tutti finché durerà questa situazione emergenziale e che stare a casa per ragioni di prudenza non è assolutamente peccato, anzi potrebbe essere in certi casi un gesto di responsabilità.
      Messaggio chiaro e concetto passato, ma ho amiche che abitano a pochi isolati da me, in una parrocchia diversa dalla mia, che non hanno (almeno per il momento) ricevuto indicazioni di alcun tipo e si sentono un po’ spaesate. Non è nemmeno bello decidere sullo stato della propria anima in base a quello che dice Famiglia Cristiana o il prete influencer su Internet, voglio dire.

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      1. Elisabetta

        Grazie Lucia. Infatti non ho trovato nulla di ufficiale e ho chiesto qui…anche a me sembra strana questa incertezza. Il mio parroco addirittura consiglia di non andare il 24, se partecipare fosse vissuto solo come obbligo e anche fonte di inquietudine e paura, pregiudicando l’incontro con Gesù: ha ribadito la sospensione del precetto e in tal caso consiglia di aspettare un po’.

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        1. Elisabetta

          Preciso per i polemici: non è che consiglia di non andare, dice che se uno dovesse vivere il ritorno in chiesa come angoscioso, sarebbe meglio aspettare qualche domenica e magare andar alla messa feriale meno frequentata.

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        2. Lucia

          No, ma poi è anche una questione di aritmetica, banalmente.
          In una chiesa che in condizioni normali si riempie, va da sé che c’è qualcuno che rimane fuori, se tu togli dei posti a sedere. Quel qualcuno, cosa dovrebbe fare?
          In teoria, se vige l’obbligo stringente del precetto, dovrebbe presentarsi in chiesa un’ora prima per accaparrarsi il posto o fare il giro delle sette chiese alla ricerca di un buco libero. Fosse anche solo per quello, c’è comunque un problema di poca chiarezza.

          Meno male che i singoli parroci stanno intervenendo per dare indicazioni chiare… però comunque mi stupisce davvero, la cosa 👀

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          1. Elisabetta

            Esatto, la questione numerica è la prima cosa a cui ho pensato: ci sobo più Messe ma la gente tende ad andare sempre a quelle, inoltre potrebbero crearsi degli assembramenti fuori. Anche più avanti, mi sa che dovrò modificare l’orario in cui vado a Messa o la chiesa (prevedo levatacce) se voglio esser tranquilla. A Reggio Emilia si stanno organizzando così:
            https://www.iovadoamessa.it/

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          2. Francesca

            Sottoscrivo tutto quello che hai/avete scritto, compresa la perplessità per la confusione. Dal comunicato del mio vescovo (Treviso) si può dedurre la sospensione del precetto in modo “certo” per ragioni di età e salute, mentre si deduce (diciamo che si può dedurre) che il precetto è sospeso se uno non trova posto, ma non è chiaro… perché invita anche le parrocchie a pubblicizzare gli orari delle altre chiese nelle Collaborazioni Pastorali… e invita (il termine usato è proprio “invitare”) i fedeli a partecipare eventualmente alle Messe durante la settimana.

            Personalmente ipotizzo che CEI e/o le conferenze regionali e/o i singoli vescovi siano consapevoli che oggi il 90% dei cattolici – sia nella teoria che nei fatti – non considera precetto la messa domenicale (per questioni di mera ignoranza). E per tale motivo i vescovi non nominano neanche il precetto… rimanendo su una linea “sanitaria” e organizzativa, ed evitando la questione canonica normativa. Che però purtroppo significa confusione sul piano morale…

            Nel mio caso: vuole forse dire il vescovo che si dovrebbe fare il giro delle chiese delle parrocchie della propria Collaborazione? (e nel mio caso specifico che, prima della pandemia, ero legata per vari motivi a più Collaborazioni in territori diversi e già frequentavo le messe in chiese diverse… Dovrei fare il giro di quelle, magari già dalla messa vespertina del sabato? …effettivamente non si capisce).

            Mi pare di ricordare che all’inizio della crisi epidemica sulla sospensione del precetto era stata abbastanza chiara l’arcidiocesi di Bologna. Per caso hai dato un’occhiata a quella?

            Torno più tardi a leggere se avete altre informazioni.
            Eh, niente, … Condivido i vostri stessi sentimenti.

            P.s. sull’età: anche qui comunque non c’è chiarezza perché se guardiamo alle linee sanitarie del Governo (alle quali la Cei ha sempre dichiarato di rifarsi) si diceva a volte 60, a volte 65, a volte 70/75, e così via.
            Sui motivi di salute: il tema è veramente ampio… ma proprio tanto ampio, compreso anche il fatto che non c’è solo la propria salute da considerare ma anche quella dei propri familiari. E allora, cosa dovrebbe significare “ragioni di salute” nel contesto della sospensione del precetto?
            ….

            C’è anche da dire che forse si dovrebbe differenziare tra regioni più colpite (Nord + Marche) e altre quasi esenti dal contagio… Ma già in una passata dichiarazione il Card. Bassetti (Presidente Cei) aveva dichiarato che si doveva procedere insieme, tutti uguali in tutta Italia… E già lì iniziai ad essere un po’ perplessa.

            Lucia, non è che avendo tu qualche contatto con Avvenire… puoi fare in modo che si muovano alcuni giornalisti a chiedere chiarimenti alla CEI ?

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  17. Elisabetta

    Francesca, il fatto di avere persone fragili a casa è anche una queatione di salute, ma non solo la Chiesa, ma nemmeno il governo la stanno tenendo in considerazione ( e chiudo qui vena polemica). A Modena il vescovo oggi ha detto che proseguirà lo streaming dal Duomo ancora per un paio di settimane, e che il ritorno alla normalità in Chiesa sarà graduale. Questa cosa mi conforta molto… dopo questa lunga quarantena davanti alla tv vorrei evitare un ritorno in full immertion….

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    1. Francesca

      Ciao, grazie 🙂
      Sì, è come dici tu… E se anche tutti i nostri vescovi fossero un po’ più chiari sull’argomento, non sarebbe male. Comunque non dispero anzi confido che lo facciano nei prossimi giorni 🙂
      … forse finora (e qui c’è la mia di vena polemica) hanno puntato un po’ troppo sulle questioni strettamente politiche.

      Ho appena fatto una ricerchina in rete sulle varie posizioni e pensieri sul [i]precetto sì[/i] – [i]precetto no[/i]. E così adesso sono ancora più perplessa di prima…
      Ve le metto qua di seguito, così se qualche altro commentatore/commentatrice vuole aiutare a capirci qualcosa, ben venga!

      (io continuo a sperare su Lucia che scriva ad Avvenire… sperando che non rispondano coi “massimi sistemi”)

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  18. Francesca

    Riassumendo la ricerchina:

    La CEI dice semplicemente, senza altre specifiche:
    “Si ricorda la dispensa dal precetto festivo per motivi di età o di salute”.

    Dalle disposizioni ufficiali del Patriarca di Venezia (Moraglia) :
    “I fedeli, per gravi motivi di età o di salute, sono dispensati dall’adempimento del precetto festivo. I sacerdoti indichino loro modi adeguati di vivere comunque il Giorno del Signore, anche ma non solo valorizzando la teletrasmissione e diffusione “in streaming” delle celebrazioni, invitandoli a partecipare, se le loro condizioni lo consentono, almeno alla Messa feriale, e di tornare appena possibile a quella festiva.

    Dalle disposizioni ufficiali del Vescovo di Treviso (Tomasi) :
    “Si invitano quanti non potessero partecipare alla celebrazione domenicale per i limiti imposti, a partecipare ad una messa durante la settimana. Per motivi di età e di salute, rimane in vigore la possibilità di sostituire l’adempimento del precetto festivo dedicando un tempo conveniente alla preghiera e alla meditazione, eventualmente anche aiutandosi con le celebrazioni trasmesse tramite radio e televisione.”

    Il vicario del vescovo di Treviso lo ripete e lo ri-carica nelle sue dichiarazioni al settimanale diocesano:
    “Ricordo che chi non potesse partecipare alla messa domenicale per i limiti imposti, può soddisfare in questo periodo il precetto festivo con la partecipazione ad una messa durante la settimana”.

    Nota mia: i “limiti imposti” sono i limiti che impongono i numeri massimi contingentati nelle singole chiese, cioè se un fedele non riesce ad entrare a Messa.

    L’Arcivescovo di Bologna (Zuppi) :
    “Ove possibile si assicurerà la diffusione via streaming della celebrazione della Messa,
    alimentando anche così la fede e il legame comunitario per quanti non possano o non
    ritengano ancora prudente partecipare alla Messa”.

    Da Famiglia Cristiana
    (che pubblica le domande frequenti in questo periodo)

    Domanda: Se non riesco ad andare a messa la domenica sono in peccato mortale?

    Risposta di FC: No, il precetto è sospeso finché non sarà possibile accedere normalmente alle celebrazioni.

    Avvenire (autore Riccardo Maccioni) afferma che un vademecum tra i più particolareggiati è quello del Patriarca di Venezia.
    Osservo che forse Maccioni non ha ancora letto Mons. Zuppi (e la sua grande accuratezza), ma soprattutto osservo che Avvenire conferma la versione di Mons. Moraglia sull’obbligatorietà del precetto domenicale salvo i “gravi motivi di età e di salute
    (praticamente il precetto è come sempre, anche se non ci fosse epidemia in corso).
    https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/regole-messe-18-maggio

    Perciò Avvenire (cosiddetto “quotidiano dei vescovi” – lo è ancora? Lo si può ancora definire tale? Se sì, sarà più autorevole di altre testate…?)
    Avvenire, confermando il Patriarca Moraglia sui “gravi motivi”, dice il contrario di Famiglia Cristiana.

    Non so cosa pensare… 😑

    Don Mauro Leonardi su
    https://it.aleteia.org/2020/05/16/18-maggio-riapertura-messa-obbligo/
    afferma che non c’è alcun obbligo, neanche per la Confessione (quella che eventualmente fosse stata promessa nella contrizione perfetta durante il lockdown totale, come da dottrina cattolica che conosciamo: cioè lui dice che al momento l’emergenza epidemica è ancora tale che una persona può benissimo ritenere inopportuna anche la confessione).
    Però… devo dire, per onestà intellettuale, che io solitamente non faccio affidamento sui preti “televisivi”… e in particolare questo, seppur simpatico, troppe volte ho udito e letto troppe inesattezze o vaghezze (eufemismo) quando parlava di fede cattolica… se così mi posso esprimere…
    È per dire che preferirei che l’opinione di don Leonardi fosse confermata dalla CEI, o dal Papa direttamente. Fatico a fidarmi della sua interpretazione tout-court.

    😶
    ….
    Effettivamente, mettere il precetto festivo e poi lasciare alla coscienza soggettiva se la domenica uno debba girare 2 ore (o più?) in auto alla ricerca di un posto a Messa, oppure se uno possa omettere il giro in macchina e dare per scontato che andrà ad una Messa feriale (per “sostituire” il precetto festivo), oppure se sia molto meglio restare a casa se si hanno familiari fragili che si potrebbero contagiare…
    Sembra anche a me un peso troppo grande da caricare sui singoli fedeli in questo momento, in questa fase dell’epidemia.
    …Ma a ‘sto punto il grande peso è caricato anche sui singoli parroci che a quanto pare in questo periodo devono dare risposte a fedeli… E si rischia veramente la “chiesa-fai-da-te”: per qualcuno c’è il precetto, per altri no.

    Comunque, da parte mia, grande apprezzamento per quella semplice disposizione del vescovo Zuppi:
    “Ove possibile si assicurerà la diffusione via streaming della celebrazione della Messa,
    alimentando anche così la fede e il legame comunitario per quanti non possano o non
    ritengano ancora prudente partecipare alla Messa”.

    Questo per me significa saper parlare alla gente e rispettare ogni spiritualità personale – che non può essere tagliata con l’accetta… ma neanche lasciare i fedeli col dubbio di come porsi di fronte al precetto festivo.

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    1. Lucia

      …vista la (graditissima!) insistenza io ho anche provato a portare questa discussione all’attenzione del redattore di WikiChiesa, che ogni tanto mi grazia della sua attenzione, ma non è che io abbia contatti particolarmente alti dentro Avvenire, eh 🤣

      Peraltro, io ho come l’impressione che i vescovi non siano stati chiari sulla questione del precetto perché semplicemente non vogliono esserlo. Voglio dire: non ci va tanto a dire “sì” o “no” in termini chiari, qui è davvero tutto molto aleatorio. Giusto Zuppi, parlando di “quanti non ritengano ancora prudente partecipare alla Messa” sembra legittimare la scelta anche se motivata “solo” da ragioni di prudenza, visto che non aggiunge “ma essi bruceranno all’inferno” 😆
      Ma in tutti gli altri casi, concordo PIENAMENTE sul fatto che è davvero bizzarro caricare sui singoli fedeli (e forse peggio ancora sui singoli parroci, poveretti!) il peso di una scelta così seria. E’ proprio vero che si rischia una Chiesa-fai-da-te nella quale, oltretutto, come giustamente rilevi, i fedeli corrono il rischio di affidarsi all’interpretazione di questo o quell’altro sito web o prete social… che insomma, è una cosa davvero peculiare 😅

      Figuratevi poi la situazione qui a Torino.
      La Diocesi di Torino riapre le Messe con popolo da oggi.
      La Diocesi di Pinerolo (in cui Pinerolo è un piccolo comune a 36 km da Torino, nel quale la maggior parte della popolazione gravita su Torino con un pendolarismo quotidiano per ragioni di studio e di lavoro) decide prudenzialmente di tenerle sospese fino a lunedì 25 (quindi, celebrando la prima Messa domenicale addirittura il 31 maggio). Inoltre, prega i parroci di privilegiare quanto più possibile le celebrazioni all’aperto.
      L’unica differenza tra la diocesi di Torino è quella di Pinerolo è che – come ben sappiamo – il vescovo di Pinerolo è stato tre giorni tra la vita e la morte in terapia intensiva a causa del coronavirus, il che lo porta evidentemente a guardare alla questione con molta prudenza.
      Ma posso assicurare che per noi Torinesi è stato piuttosto destabilizzante leggere sui giornali che a Pinerolo il vescovo ha sospeso le Messe con popolo fino a fine maggio. Veramente Pinerolo è un comune della cintura metropolitana di Torino, con scambi quotidiani con la città di Torino. Stiamo parlando veramente della stessa zona. Tra Pinerolo e Torino c’è la stessa distanza che c’è tra Milano e Busto Arsizio, per dire.

      Ecco, capirete che quando uno legge queste notizie, un po’ di confusione viene. Tipo “perché loro no e noi sì? Chi è che ha ragione?” 🤣

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      1. Lucia

        (NB un altro vescovo piemontese che ha sospeso le Messe con popolo per un’altra settimana è il vescovo di Mondovì. Lui non ha rischiato la vita per il coronavirus. Lo specifico, per dire che non è che il vescovo di Pinerolo abbia preso decisioni folli perché era in balia dello shock post-traumatico 😅 non è stato l’unico a decidere in quel modo. Ma Mondovì è da tutt’altra parte del Piemonte, quindi non ho avvertito così stridente il confronto con la mia specifica realtà diocesana…)

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        1. Francesca

          “ma non è che io abbia contatti particolarmente alti dentro Avvenire, eh”

          No, vabbè, mi era capitato di buttare l’occhio sulla tua finestra Twitter (io non ho twitter né fb) e sul fatto che ti avevano citata per il post dei “comandamenti”, perciò ho pensato – credo a ragione – che la tua presente possibilità di contatto abbia almeno… una possibilità, appunto 😁 .
          Se invio io una mail si perderebbe in mezzo a centinaia…

          Però, uhm, se la tua tesi è giusta (cioè se intenzionalmente si mantiene la vaghezza) chissà se uscirà una qualche risposta chiara.
          Noto anche che – solo considerando l’aspetto della semplice comunicazione (sia Chiesa- ai fedeli osservanti che Chiesa- alla società laica) – purtroppo ci sono così tante occasioni perse in questo periodo 😑
          (oltre al fatto già citato dell’incoraggiamento al fai-da-te. Come se già non ci fosse abbastanza fai-da-te nelle nostre parrocchie 😁 … Come nel caso che riferisci… Per dire: se un cristiano avesse la residenza in diocesi di Torino, ma per motivi di lavoro (o di associazionismo cattolico) si trovasse praticamente sempre a Pinerolo, che fa? Ci ha il precetto o non ci ha il precetto? 😆 😁😂 … Anche perché l’ordine del vescovo Olivero (l’ho letto) invita ad essere molto prudenti… e perciò la questione potrebbe pure diventare: qualunque cosa faccia il povero fedele potrebbe essere un “cattivo” cattolico per l’uno o per l’altro vescovo.
          Nota: lo so bene che le cose non sono così drammatiche ma insomma… un tantino imbarazzanti sì.

          In generale comunque io come fedele laica qualunque tendo a dar ragione al vescovo Olivero.
          Da mesi sto seguendo tutti i “numeri della pandemia” e come funzionano le curve epidemiche … Secondo me ha ragionissima Pinerolo, Mondovì, e Mons. Zuppi.
          (Eh, niente … in questo momento mi fregio del mio governatore Zaia e della squadra politica/sanitaria veneta, e un po’ meno della squadra vescovile 😁. Nel senso che a quanto pare ultimamente sto leggendo “i vescovi degli altri” per trovare delle guide che mi facciano capire qualcosa…
          Continuo comunque a fregiarmi dell’appartenenza alla Chiesa, quella sempre 😇 … e continuo imperterrita ad aver fiducia che le cose, gli atteggiamenti e le pratiche miglioreranno nei prossimi giorni. Sì, sì, proprio nei prossimi giorni! Non mesi, non anni)

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          1. Elisabetta

            Io ho anche il dilemma sulle rose di santa Rita…andare o no far benedire rose? Rose comprate da far benedire nelle fasce orarie o prendere rose già benedette dentro la chiesa?

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          2. Lucia

            A Torino, dove esiste un santuario dedicato a santa Rita nel quale ogni anno si crea il pienone, i sacerdoti che lo reggono hanno avuto il buonsenso di rendersi conto che c’era il rischio molto concreto di generare assembramenti. Sicché hanno che oggi le Messe non saranno celebrate col popolo, si potrà accedere al santuario solo dietro prenotazione anticipata e, dentro alla chiesa, si sarà accompagnati in un percorso guidato che porterà direttamente davanti alla statua di santa Rita per una breve preghiera personale, e poi via per lasciare spazio al fedele successivo.
            Ovviamente sono precauzioni che valgono solo per il giorno di oggi, da domani l’accesso ritorna libero e ripartono le Messe con popolo.
            La distribuzione di rose è tassativamente sospesa, chi desiderasse acquistare una rosa stabilizzata può ordinarla al santuario tramite un modulo online, effettuare un bonifico con l’offerta consigliata e se la vedrà recapitare con corriere, direttamente a domicilio, nel mese di giugno.

            L’ho trovata una scelta singolarmente responsabile, soprattutto tenendo conto del fatto che in teoria la legge avrebbe consentito di fare diversamente.

            Io non ho mai avuto l’abitudine di andare a prendere le rose benedette (a meno di non capitare davanti alla chiesa nel giorno giusto, ma diciamo che non ci andavo apposta), ma quest’anno sarei tentata di farmi arrivare a casa la rosa stabilizzata. Lo ammetto: più che per devozione, per una questione di memoria storica. Rose benedette distribuite a mezzo posta, chi l’avrebbe mai pensato 😆

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  19. Francesca

    @Elisabetta

    Anche il vescovo di Treviso, ha parlato oggi a voce, ed è molto centrato sulla cautela, sulla gradualità, e sulle regole sanitarie da rispettare come amore verso il prossimo, con molta calma e attenzione.
    Tutto bene, ma dai comunicati diocesani si deducono cose un po’ più rigide…
    Se domani Tomasi aggiungesse il chiarimento di Zuppi, … là ci vedrei la Chiesa che si pone come una vera guida, con le mani in pasta, con la vicinanza e la cura della persona in tutti i suoi aspetti.
    Le situazioni sono veramente tante…
    E certamente la *prudenza* in molti casi personali e in parecchie zone d’Italia è un fattore molto importante da sottolineare.

    Vediamone un’altro: finora non ho letto nessun vescovo (eccetto Zuppi) specificare quanto segue:
    “I fedeli indosseranno sempre le mascherine, senza filtro, così come prevede la normativa per i luoghi aperti al pubblico.”

    (Nota per chi ancora non lo sapesse: le mascherine con filtro non proteggono il prossimo dall’eventuale contagio perché il filtro funziona solo in entrata.
    Vanno usate solo dai medici nei reparti infetti, per ovvi e sacrosanti motivi).

    Che dire? Rispetto autentico per tutti i nostri vescovi, e nostra fiducia assicurata in quello che faranno in questa difficile situazione, ma un apprezzamento particolare per la capacità umana e pastorale dimostrata in questo momento da mons. Zuppi.
    Magari altri vescovi sono rimasti ancora un po’ “confusi” dalla crisi epidemica, ancora non hanno chiaro come si procede nel bel mezzo di un cambiamento nella Chiesa. (questa mia conclusione non è ironica né dispregiativa. È proprio quello che penso della situazione confusionata).

    😶

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    1. Lucia

      …e qui rido moltissimo.

      Per non sembrare polemica, premetto che ho apprezzato molto anche io il lungo e dettagliato vademecum di Zuppi, soprattutto (deformazione professionale… 😅) perché fino ad oggi mi sembra l’unico vescovo ad aver recepito e inserito nelle istruzioni ai parroci le indicazioni molto dettagliate fornite dall’Ufficio Beni Culturali della CEI per la tutela delle opere d’arte nel corso della igienizzazione. Ho letto di parrocchie che, in buona fede, facevano cose aberranti, usando su arredi storici sostanza che sicuramente igienizzano benissimo ma possono anche nuocere ai materiali pregiudicandone la conservazione nel tempo.

      Vabbeh. In tutto ciò, rido moltissimo per gli elogi che ti ha suscitato l’inciso sulle mascherine perché, LOL, alla faccia della chiarezza: tu l’hai inteso in un modo e io nel senso completamente opposto 🤣 Non so chi di noi due abbia ragione, ma già il fatto che ci siano due interpretazioni completamente opposte mi fa prevedere che sarà IL CAOS 🤣

      Nel mio universo mentale e nella mia terminologia, le mascherine che proteggono solo in entrata e non in uscita sono le mascherine con valvola.
      Le mascherine con filtro, io le associo alle cosiddette “mascherine di cortesia” di cui l’ISS ha consentito l’uso alla popolazione civile, in alternativa alle mascherine chirurgiche. Per me, le mascherine con filtro sono le migliori tra le mascherine di cortesia, cioè sono quelle fatte di stoffa che hanno all’interno una tasca nella quale inserire un filtro monouso in TNT che ne aumenta l’efficacia, rendendola pari o simile a quella di una mascherina chirurgica (è il tipo di mascherine che uso io, tra parentesi).

      Quindi, personalmente dall’inciso di Zuppi io capisco che non è necessario avere a tutti i costi una mascherina con filtro per entrare in chiesa, vanno bene anche le semplici mascherine di cortesia ad uso civile fatte di cotone.

      Una prospettiva che personalmente mi angoscia e non poco, perché io ho l’impressione che ci sia stata pochissima comunicazione sulle mascherine, tanto che io e te non ci capiamo nemmeno sulla terminologia base perché evidentemente non ne esiste una condivisa 😅 e ho l’impressione che sia pieno di gente che va in giro con mascherine di cotone leggero, pressoché inutili, che oltretutto danno una falsa sicurezza facendo credere (erroneamente) di avere indosso una roba con la stessa efficacia di una mascherina chirurgica.

      Insomma, stiam messi bene 🤣
      E comunque concordo moltissimo sul fatto che, nella confusione generalizzata data dalla crisi, molti vescovi sembrano non poco spaesati (così come del resto molte autorità civili/locali).

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      1. Elisabetta

        Credo che nel comunicato Zuppi intendesse con “filtro” la valvola e quindi invitasse ad andare con le mascherine che proteggono gli altri.
        Io ho delle ffp2 senza valvola. Il filtro è connaurato , per così dire, allo stesso tessuto della mascherina.

        Se Zuppi dice ciò mi sento molto tranquilla , è la stessa linea di Castellucci a Modena credo.

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        1. Lucia

          …eh: a logica, lo credo anche io, ma se ha scritto “senza filtro” per indicare “senza valvola” si è oggettivamente espresso in un modo a dir poco fraintendibile 😅 che teoricamente legittima anche l’interpretazione che gli ho dato io: una mascherina di cotone senza filtro, non chirurgica, va ugualmente bene per entrare.

          Non è una critica al povero Zuppi, eh! E’ che mi fa ridere, perché, nella confusione generalizzata, persino il vescovo che sembra essere quello con le idee più chiare finisce a sua volta per aumentare la confusione 🤣😅

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  20. Francesca

    No, dai, l’interpretazione è filtro-valvola! Nonostante la Laudato Sì io non credo che i vescovi italiani siano già così eco-biologici inside da arrivare addirittura a sottintendere in automatico alle mascherine di cotone lavabile col foglietto filtrante usa-e-getta.

    Anche secondo me Zuppi, proprio in base alla sua accuratezza su tutto il resto delle questioni, vuole proprio dire: ehi voi, non vi azzardate a venire in chiesa col filtro-valvola che ci appestate tutti!
    Poi… mi pare che nel linguaggio popolare generico (ma anche forse in quello tecnico legislativo sanitario) si usi il termine “filtro” per intendere la valvola filtrante delle ffp2 e delle ffp3.

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