I teloni del digiuno: una quaresima passata a fissare un telo

Quando monsignor Nosiglia ha annunciato pochi giorni fa l’ostensione straordinaria della Sindone per questo strano Sabato Santo, a me è salita l’ansia. In quanto blogger, cattolica, torinese, storica della Chiesa, mi sentivo in dovere di scrivere due righe sul tema – ma dicendo cosa? Non avevo niente di pronto. Oh povera me.

Ho aperto la mia libreria e mi sono buttata sul primo libro che mi è venuto in mano: una raccolta di saggi di diversi autori edita da Effatà sotto il titolo di Guardare la Sindone. Cinquecento anni di liturgia sindonica.
Sfoglia e risfoglia, mi sono imbattuta in un contributo di Volker Dudeck: I teloni quaresimali di Zittau come esempio di una forma speciale della devozione quaresimale nei paesi germanofoni.
Evidentemente, non c’è nessuna Sindone a Zittau, cittadina del sud-est della Sassonia: lo studio, di conseguenza, c’entra relativamente poco con la devozione sindonica in sé. Però, mi è parso che si sposasse bene con la nostra Quaresima in lockdown e quindi ho deciso che vi beccate questa storia.

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Tanto per cominciare: cosa diamine è un telone quaresimale? L’autore ci spiega che

le notizie più antiche sulla loro usanza risalgono all’inizio del XI secolo. L’abate Aelfric di Winchester riferisce che durante la quaresima si dovevano velare le reliquie e le croci

…e fin lì, sono scene che molti di noi avranno negli occhi: con qualche lieve modifica (tipo, la data di inizio) si sono conservate in molte zone.

E che tra il presbiterio e la navata doveva essere steso un telone.

E qui già le cose si fanno più strane.
In che senso, telone?

Eh, nel senso di un telone. Un letterale telone che impedisse di vedere l’altar maggiore a chi stava seduto sui banchi:

i teloni quaresimali impedivano così alla comunità di assistere ai riti celebrati sull’altare. Al digiuno del ventre si aggiungeva il digiuno della vista

tant’è vero che in Germania – un’area nella quale questa usanza godette di particolare diffusione – i teloni quaresimali sono ricordati ancor oggi con il nome di Fastentücher o Hungertücher, letteralmente “teloni da digiuno” o “della fame”. Se qualcuno di voi parla la lingua di Goethe mi potrà forse confermare che, quando i Tedeschi stanno a stecchetto per una dieta, ancor oggi sospirano d’essersi ridotti am Hungertuch nagen – letteralmente, costretti a rosicchiare il telone quaresimale.

Sì: c’era un legame strettissimo tra il digiuno della carne e il digiuno dello spirito, nella logica dei teloni quaresimali. Allo stesso modo in cui il fedele rinunciava al cibo, così gli veniva chiesto di rinunciare alla visione di quanto accadeva sull’altare.

Velké postní plátno
Tipo, così

Il sito Brauchtum von A-Z mi informa che l’usanza, particolarmente diffusa nei paesi della zona alpina, nacque e si sviluppò probabilmente in ambiente monastico, godendo di eguale successo nelle comunità maschili e femminili. Presumibilmente, aveva lo scopo di “sottolineare l’indegnità dei credenti a guardare Gesù Cristo nella sofferenza della Passione”, al tempo stesso ammantando di particolare pathos la celebrazione liturgica della Pasqua. Come sottolinea il sito Vivat!, “la rimozione del telone nella notte di Pasqua sottolineava ai fedeli che davvero Gesù era tornato, nella sua divinità, e aveva spalancato le porte del cielo”.

Alcuni usi liturgici suggeriscono che all’epoca fosse inoltre stato tracciato un legame tra i teloni quaresimali e il velo del tempio di Gerusalemme, che si spezzò nel momento della morte di Cristo. Sappiamo infatti che in alcune zone il telone non era rimosso poco prima della liturgia pasquale, ma al contrario il Venerdì Santo, durante la lettura della Passione. In quel caso, il telone veniva fatto cadere di botto nel bel mezzo della celebrazione, proprio mentre il lettore arrivava al passo incriminato. Il fragore (volutamente ricercato e amplificato), la confusione conseguente, la stoffa che si accatastava per terra: tutto aveva lo scopo di indurre nel fedele quel senso di smarrimento che – immaginiamo – dovettero provare i discepoli che se ne stavano ai piedi della croce, nel momento in cui il sole si eclissò e la terra cominciò a tremare.

Dal lato artistico – ci spiega Volker Dudeck –

l’antico dissidio, ben noto alla storia della religiosità, tra fautori e avversatori delle immagini sacre non risparmiò […] nemmeno i teloni quaresimali: lasciati originariamente del colore della tela grezza, o tinti al massimo di nero o di viola, presto si cominciò a ricamarli e a dipingerli. […] In questo modo nacquero gigantesche Bibbie tessili, illustranti per sommi capi la storia del rapporto tra Dio e gli uomini dalla creazione del mondo al giudizio universale.

Ma si sono conservati anche dei teloni – i cosiddetti teloni delle arma Christi – che

rinunciano risolutamente a ricorrere a queste immagini, mostrando al loro posto soltanto gli instrumenta passionis, detti appunto anche arma Christi.

Per la cronaca, a Zittau (la cittadina che è oggetto dello studio di Dudeck) sono conservati due distinti teloni quaresimali. Uno, detto telone maggiore con le sue dimensioni di 8,20 x 6,80 metri, ripercorre a vignette l’intera storia della Salvezza.

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Telone maggiore di Zittau, 1472, artista ignoto

L’altro, detto telone minore a causa delle sue ridotte dimensioni (è largo “solamente” 4,30 x 3,50 metri) raffigura la scena della Passione, con annessa illustrazione delle arma Christi.

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Telone minore di Zittau, 1573, opera di Lambert Lombard

Che strana Chiesa, la Chiesa di una volta. Se dovessimo finire in un vortice spazio-temporale e capitare per sbaglio in una chiesa medievale, rischieremmo di non raccapezzarci: tra preti cabarettisti, ballerini che piroettano di fronte all’altare e figuranti che menano duro, immagino che ci scandalizzeremmo mica poco di fronte alla “Messa di una volta”.

Questa cosa del telone quaresimale, poi, la trovo veramente esotica. Davvero balzana l’idea di passare tutta la Quaresima andando a Messa, ma senza poter vedere cosa succede durante la Messa (e faticando anche a sentire: immagino che la voce del sacerdote suonasse molto attutita, da dietro a quel telone enorme). Senz’altro, l’elemento era destabilizzante; con molta durezza, sottolineava l’alterità e la penitenzialità di quel tempo.

Qualcuno dirà che i teloni quaresimali hanno ben poca attinenza con la strana quaresima che ci siamo trovati a vivere in questo strano 2020. I nostri antenati erano a Messa, anche se non potevano vederla a causa di un telo; noi possiamo vedere la Messa grazie a uno schermo, anche se non siamo veramente in chiesa. Un’obiezione molto vera, ovviamente. Paradossalmente, ci troviamo oggi a vivere una situazione esattamente opposta e, al tempo stesso, singolarmente simile. Che strani scherzi giocano, ogni tanto, i corsi e i ricorsi della Storia.

 

5 risposte a "I teloni del digiuno: una quaresima passata a fissare un telo"

  1. Dolcezze

    Dalle mie parti i teloni non coprivano la vista dell’altare, ma delle statue o dei quadri posti sugli altari e venivano fatti cadere a Pasqua. Così raccontava mia nonna, ma io ho visto solo una volta il telone, in un paesino, mai in città. Credo, comunque, che fosse una tradizione preconciliare.

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  2. blogdibarbara

    A proposito di ambientazione germanica, mi sono tornati in mente parecchi crocefissi visti sia in Alto Adige che in Germania. Ecco, mentre noi abbiamo i Cristi con le gocce di sangue sulla fronte, sul costato e su mani e piedi, lì ho visto degli autentici Cristi macellati, pareva che li avessero squarciati con la roncola, squarci di una spanna grondanti di sangue che dal costato scendeva a coprire tutto il busto, secchiate di sangue, roba da genere pulp. E lì ti viene da farti qualche domanda.

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  3. zimisce

    Uhm, qualcosa mi confonde. C’è l’usanza quaresimale di coprire reliquie e crocifissi. E allo stesso l’usanza di coprire l’intero presbiterio con il telone. Solo che poi sul telone si dipinge… Una crocifissione?
    Scherzi a parte, forse c’era anche un’influenza della chiesa orientale in questa scelta di nascondere l’altare? In fondo è lo stesso secolo in cui si intensificano i pellegrinaggi e i commerci (e poi le spedizioni militari) verso il Mediterraneo orientale.

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  4. Gianluca di Castri

    Sempre a proposito della Sindone, che non costituisce verità di fede (la Chiesa ha sempre parlato di “Uomo della Sindone” non ho mai capito perché essa sia oggetto di un dibattito ideologico e non scientifico: i credenti debbono per forza sostenere che l’Uomo della Sindonesia Gesù, i non credenti debbono per forza sostenere che si tratti di un telo medievale, di un falso o peggio ancora di un esperimento di Leonardo da Vinci (peccato che le date non siano compatibili). Segnalo a tale proposito lo studio, su basi scientifiche e non ideologiche, del prof. Bajma Bollone

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