La Frontiera: il baluardo asburgico contro la Morte Nera

L’Europa era riuscita in una impresa straordinaria.

E non è una mia opinione: concordano tutti gli esperti (storici e medici) che studiano le politiche sanitarie nei secoli. Al di là di ogni ragionevole aspettativa, l’Europa era riuscita a sconfiggere la peste bubbonica (dico: la peste bubbonica) senza alcun tipo di vaccino, farmaco o terapia.
E dico: stiamo parlano della peste bubbonica, ‘na roba che al suo primo exploit aveva fatto fuori il 50% della popolazione europea.

C’è da strabuzzare gli occhi, nel guardare grafici come questo: da un momento all’altro, i focolai di peste scompaiono quasi del tutto (rimanendo circoscritti perlopiù alle città portuali). Così, de botto, senza causa apparente.
Ché uno potrebbe facilmente dire: “ambeh, si vede che la malattia era scomparsa di suo”, ma in realtà no: continuava a flagellare terre non lontane, portando morte e distruzione nell’Impero Ottomano.
In Europa, invece, situazione di calma piatta.

Come erano riusciti i governi europei a ottenere un risultato così strabiliante?
Poracci: attaccandosi con le unghie e con i denti agli unici strumenti che avevano a disposizione. Quarantene, cordoni sanitari, confinamento degli infetti, e ancora quarantene, cordoni sanitari e confinamento degli infetti.

Di come Venezia e le altre grandi città italiane inventarono, nel Quattrocento, il concetto di “quarantena”, ho già raccontato in questo post. Oggi invece vorrei parlare di un altro strumento per il controllo delle epidemie. Una roba imponente e assurda che sembra uscita dalle pagine di George Martin: tipo, avete presente la Barriera?

Ecco: nella monarchia asburgica, avevano la Frontiera.

E avevano anche un sacco di problemi, i nostri amici della monarchia asburgica. Se ne accorsero quando, a inizio Settecento, qualche ministro della sanità cominciò a collegare i report che gli arrivavano dalle varie ambasciate e si rese conto che – come si suol dire – c’erano una notizia buona e una cattiva.

Quella buona è che (come appunto dicevo) la peste bubbonica sembrava sconfitta, in Europa. Isolati focolai scoppiavano di tanto in tanto nelle città portuali, quando qualcosa non funzionava bene con le quarantene imposte ai mercantili. Ma, per il resto, l’Europa sembrava esserne uscita.
La notizia cattiva è che (come appunto dicevo) l’Impero Ottomano non sembrava esserne uscito affatto.  E focolai incontrollati scoppiavano qua e là anche in quelle aree della penisola balcanica non controllate dagli Asburgo.

Il che poneva ai nostri amici un problema assai concreto. Stante che l’Impero Ottomano era letteralmente dietro l’angolo e che un singolo ottomano infetto avrebbe potuto mandare a schifio la salubrità che l’Europa sembrava invece aver conquistato, come procedere per tutelarsi?
Fra l’altro, era anche una questione di immagine: non è carino trasformarsi nella porta dalla quale tornano in Europa epidemie faticosamente sconfitte.

I nostri amici erano tipi molto tranchant e quindi decisero di usare le maniere forti. Ergo: sfruttarono la linea di confine, già militarizzata, che separava a Sud il loro regno dalle zone dove ancora circolava la malattia e la adibirono a cordone sanitario. Ovverosia, la costellarono di posti di blocco, torrette di avvistamento e casotti per le sentinelle e identificarono (relativamente pochi) punti di varco autorizzati, che corredarono di ampi locali in cui sottoporre a rigida quarantena ogni animale, cosa o persona che avesse voluto varcare il confine.

Dalle coste dell’Adriatico fino alle montagne della Transilvania, la Frontiera si estendeva per circa 1900 (!) chilometri, affidata alle cure di un corpo paramilitare dedicato in modo esclusivo a questa colossale operazione.
Curiosità (e grande punto di forza): lungo la Frontiera, prestavano servizio anche numerosi medici. Incaricati, ça va sans dire, di esaminare quotidianamente tutti i viaggiatori sottoposti a quarantena, pronti a intervenire con la massima durezza alle prime avvisaglie di ogni sintomo sospetto.

Le sentinelle vere e proprie? Quelle, erano arruolate tra tutti i maschi abili alle armi che vivevano nelle zone limitrofe alla frontiera. Dispiegare l’esercito “vero e proprio” sarebbe stato poco pratico e costoso – inoltre, va da sé che la migliore sentinella è quella che conosce bene la morfologia del territorio in cui vive da sempre.

***

Mi direte: ma concretamente, come funzionava ‘sta Frontiera?
Curiosamente, anche in quel caso il meccanismo si basava su tre livelli di rischio.

Se (livello di rischio basso) tutto andava bene e non c’era notizia di focolai di peste, il personale addetto alla sorveglianza della Frontiera era pari a 4000 uomini, quasi tutti occupati a controllare i varchi attraverso i quali era consentito il transito di uomini e merci. Qualsiasi mercante, turista o viaggiatore avesse voluto varcare il confine avrebbe dovuto sottoporsi ex officio a una quarantena di ventun giorni, ché la prudenza non è mai troppa.

Se (livello di rischio intermedio), giungevano notizie incerte di focolai o di focolai sospetti, gli uomini di guardia salivano a 7000 e a ventotto giorni saliva il periodo di quarantena imposto.

Se (livello di rischio: panico) una pestilenza scoppiava conclamata, le 11.000 sentinelle incaricate di proteggere la Frontiera avevano tre incarichi:

  1. imporre una quarantena di ottantaquattro (!!) giorni (in un secondo momento, abbassati a cinquantasei) a tutti coloro i quali si presentavano al confine;
  2. sparare a vista (se necessario) o consegnare a un plotone di esecuzione (se possibile) tutti coloro i quali fossero stati sorpresi a violare la quarantena;
  3. pattugliare costantemente la linea di confine, braccando e fucilando ogni creatura che avesse provato a varcare illegalmente il confine. E badate: con “ogni creatura”, intendo “ogni creatura umana e animale”: nei periodi di massima allerta, si organizzavano delle letterali battute di caccia volte a sopprimere tutti quegli animali selvaggi che, poco inclini alla burocrazia, pensavano di poter sconfinare impuniti.

Nel 1785, Adam Chenot, consulente medico che poteva vantare una notevole esperienza nello studio delle epidemie di peste, convinse il governo ad alleggerire tutto l’ambaradan che ho appena descritto. Per il bene del commercio e della libera circolazione delle merci, ottenne di far cambiare le norme quarantenarie: in condizioni di normalità, il transito veniva consentito senza necessità di isolamento, dopo un controllo di routine. In condizioni di pre-allerta (se giungevano cioè voci di possibili focolai lontani), il periodo di quarantena si abbassava a dieci giorni. In caso di pestilenza conclamata, erano ventuno i giorni che i viaggiatori avrebbero dovuto trascorrere in isolamento.

Attivata nel 1710 ed energicamente potenziata nel 1763, la Frontiera rimase in funzione fino al 1871. E, va detto, funzionò decisamente bene: nonostante la peste continuasse a circolare nell’Impero Ottomano, solo in un’occasione riuscì a penetrare in Ungheria e Croazia, nel 1739. Dopo quell’episodio, furono introdotti quelli che qualcuno definirebbe “metodi educativi e pedagogici di diversa efficacia”, istituendo appunto l’ordine di sparare a vista a ogni trasgressore.

Espressione perfetta di quell’assolutismo illuminato che metteva gli interessi dello Stato al di sopra di ogni altro bisogno, il cordone sanitario della monarchia asburgico cominciò presto a essere preso di mira dalle proteste dei liberali, che lo ritenevano deleterio per l’economia (ed eccessivamente impattante sulle libertà personali). Va detto che, per buona parte dell’Ottocento, gli Asburgo restarono saldamente attaccati al loro cordone senza curarsi più di tanto delle critiche liberali. Si convinsero a smantellarlo solo nel 1871, e del resto insistere sarebbe stata follia: era da anni e anni e anni, ormai, che la peste era sparita anche dalle zone di confine.

***

Per chi volesse approfondire:

The Austrian success of controlling plague in the 18Th century: maritime quarantine methods applied to continental circumstances, articolo di Péter Balázs, e Kristie L. Foley apparso sul Journal of History of Culture, Science and Medicine (2010, 1, 1)
Austrian Measures for Prevention and Control of the Plague Epidemic Along the Border With the Ottoman Empire During the 18th Century, articolo di Boro Bronza apparso su Scripta Medica (2019, 50, 4)
Epidemics and Society. From the Black Death to the Present, libro di Frank M. Snowden edito dalla Yale University Press
– L’immagine di copertina arriva a noi grazie al sito Capodopere, che la contestualizza pure.

11 risposte a "La Frontiera: il baluardo asburgico contro la Morte Nera"

        1. Lucia

          Ah, all’epoca lo era di sicuro.
          Non avevano cure, non avevano nemmeno capito il meccanismo di trasmissione della malattia, non avevano assolutamente alcun modo di debellarla. E’ davvero notevole, al di là di tutto, che nell’arco di trecento anni (relativamente poco tempo!) siano riusciti a liberarsi di una malattia che, nella sua prima ondata, aveva fatto fuori il 50% della popolazione.
          E’ stato uno sforzo collettivo mastodontico, altroché!

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      1. ilnoire

        C’erano state avvisaglie, è vero, e comunque, visto che c’era stata già la versione 2003 e la 2007 (se non sbaglio) della SARS\MERS, ci dovevano essere già i protocolli per gestirla… ma direi che questo esula dall’articolo.

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        1. Lucia

          Ah, guarda. L’ho raccontato più volte in questi mesi: io (che non sono nessuno, non sono nemmeno un medico, sono una mentecatta che studia la storia delle epidemie, zero competenze in campo sanitario) ho in casa un grazioso libretto a cura di Mauro Bologna e Aldo Lepidi (rispettivamente, un patologo e un microbiologo) che si intitola Pandemie (pandemie influenzali, per la precisione).
          Il libro, pubblicato nel 2010, ha in parte un approccio storico, cioè analizza le grandi pandemie influenzali passate (per meglio capire come gestire quelle future, dal punto di visita dei due medici).

          Ambeh. Rilevo, proprio come dato di fatto, che a pagina 301 del libro c’è un grazioso capitoletto che s’intitola Come prepararsi alla prossima pandemia e che elenca una serie di linee guida che vanno seguire a tre livelli (singolo cittadino / amministrazioni locali / organi governativi).
          Ora: io avevo questo libretto davanti mentre scoppiava la pandemia e febbraio. I suggerimenti indirizzati a governi e amministrazioni locali, non mi sembra siano stati messi in pratica (più che altro, presupponevano che ci fosse una preparazione a monte che evidentemente è mancata, un po’ ovunque).
          I suggerimenti indirizzati ai singoli cittadini spesso erano l’esatto opposto dei suggerimenti che noi cittadini ricevevamo a febbrai/marzo.

          Ad esempio, il libro suggeriva di fare ampie scorte di mascherine ffp2 mentre a noi dicevano che non era necessaria nemmeno la chirurgica; il libro suggeriva di fare ampie scorte di cibo per poi limitare il più possibile le uscite nella fase di picco massimo, mentre a noi raccomandavano di non prendere d’assalto i supermercati perché tanto sarebbero comunque rimasti aperti.

          Ora: è ovvio che ci dicevano queste cose perché in quel momento non si poteva far diversamente, i supermercati erano presi d’assalto in maniera disordinata e le mascherine non bastavano nemmeno per il personale medico.

          Però sì, diciamo che delle linee-guida c’erano, in teoria, e diciamo che evidentemente nessuno le ha seguite alla regola (mica solo l’Italia, direi!).

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          1. ilnoire

            Be, c’è sempre imparare dalla storia, ma appunto, c’è sempre da imparare, è evidente!
            Come a dire: dovremmo imparare, ma non impariamo mai.
            ^_^
            Meno male avevo reso non pubblico il mio blog in tempi non sospetti.

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  1. Francesca

    Forse qualcuno ha preso spunto dal tuo articolo… 🙂
    Questo sindaco (che è anche medico) l’avevo visto in tivù, e diceva che la “barriera” aveva funzionato bene in questo paesino con stragrande maggioranza di anziani. Zero contagiati. Adesso l’ho cercato per linkarlo e vedo che ha provocato tante polemiche…
    In effetti… La cosa non è di facilissima applicazione…
    https://torino.repubblica.it/cronaca/2020/11/07/news/alessandria_barriere_di_cemento_ai_confini_con_la_provincia_di_piacenza_scoppia_la_polemica-273481715/

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    1. Lucia

      Oh mamma! 🤣
      La notizia mi era completamente sfuggita: mamma mia, sembra l’incipit di un qualche romanzo ambientato durante una epidemia del passato!

      Alla fine, mi sembra un po’ quello che avevano fatto a Wuhan all’inizio della pandemia, credo di ricordare che anche in quel caso fossero state fisicamente bloccate le vie di comunicazione con l’esterno. Certo che… un conto è farlo su un territorio ampio e attrezzato, un conto è farlo in un paesino. Penso anche solo al caso banale di un’ambulanza che deve passare per soccorrere l’anziano a cui è preso un colpo…

      Ci vorrebbero, come ai bei tempi passati, dei posti di blocco con addetto incaricato di controllare quanti sono, dove vanno, perché ci vanno, un fiorino! 😆

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