Il maialino portafortuna che dona prosperità per l’anno nuovo

“Scusi, per curiosità: ma cosa sono tutti ‘sti maiali?”, ho chiesto qualche anno fa alla panettiera da cui mi servo sempre quando vado in vacanza al mare, osservando con perplessità una distesa di porcelli in marzapane che stavano ammonticchiati tra i pandolci e i panettoni.
“Ah boh?”, ha detto lei soffocando una risata. “Non mi chieda la ragione, ma i turisti tedeschi li considerano un dolce di Natale e me ne comprano a chili ogni anno”.

In effetti, la Liguria ponentina è particolarmente amata dai Tedeschi, che spesso in inverno riaprono le seconde case per trascorrere un Natale al mare e godere del clima mite. E fu così che, qualche anno fa, nel modo più inaspettato venni per la prima volta in contatto con una tradizione natalizia tutta tedesca: quella di mangiare, a Capodanno, piccoli maialini rosei fatti di marzapane.

Lo spirito con cui i Tedeschi si sottopongono a questo rito è lo stesso con cui noi Italiani ci ingozziamo di lenticchie allo scoccare della mezzanotte: si crede che consumare al momento giusto quello specifico alimento possa assicurare prosperità e buona sorte per tutta la durata dell’anno entrante.
Ma perché proprio il maiale?, si potrebbe chiedere un Italiano. Ogni lenticchia ingurgitata a Capodanno rappresenta una monetina in più destinata ad accumularsi sul conto in banca – ma il maiale?

Pastoreau, che ha dedicato un intero saggio alle simbologie che questo animale ha assunto nella storia, fa notare che a ben vedere “il maiale ha sempre intrattenuto stretti rapporti col denaro: simbolo di prosperità, scelto a volte come amuleto o immagine monetaria nell’antica Roma, in Inghilterra ha le proprie sembianze ai primi salvadanai a forma di animale fin dalla seconda metà del XVIII secolo”. Un’associazione marcatissima con la prosperità, che deriva a quanto pare da un’idea assai diffusa nel mondo contadino: chi possiede un maiale non sarà mai povero.

Si tratta d’una convinzione relativamente recente. Nel Medioevo, per esempio, i suini non erano particolarmente gettonati come animali da fattoria: c’era chi li allevava, sì, ma la maggior parte dei maiali viveva nei boschi nutrendosi di faggine e ghiande e, prima di finire in tavola, doveva essere cacciato, un po’ come si fa oggi col cinghiale.
Certo: esistevano anche individui che possedevano animali da allevamento (e gli Antoniani sono un caso eclatante); ma, parlando in termini generali, i porci non erano considerati un grande investimento, a causa degli altissimi costi di mantenimento dati dalla grande quantità di mangime di cui abbisognavano. Il grande punto di svolta avvenne nel Settecento, quando la patata cominciò a essere coltivata estensivamente. Si scoprì che i maiali ne erano ghiotti e che la buona resa del prodotto faceva sì che un piccolo campo di patate bastasse per sfamare senza troppi sforzi un buon numero di porci. Anche le famiglie contadine meno abbienti presero così l’abitudine di tenere in cortile almeno un paio di maiali da far figliare e poi macellare alla bisogna: li si vedeva come un investimento, una cambiale per il futuro. Una scrofa prolifica mette al mondo tanti porcelli, facilmente vendibili smerciabili sul mercato: puntare sui maiali significava – agli occhi dei contadini – ottenere nell’arco di pochi anni un sicuro ritorno economico, a fronte di un ragionevole investimento iniziale.

A cementare questa idea v’era pure stata – a inizio Settecento – una curiosa pubblicazione a cura di Sébastien Le Prestre, ingegnere militare vissuto ai tempi del Re Sole e successivamente divenuto marchese di Vauban. Nel 1707, componendo un trattatello noto come La Cochhonnerie, monsieur Vauban cercava di sensibilizzare i contadini circa l’opportunità di investire sull’allevamento suino offrendo loro una Stima della capacità riproduttiva di una scrofa nell’arco di dieci anni.

Divenuto ingegnere, ma proveniente da una semplice famiglia di campagna, monsieur Vauban vedeva nell’allevamento dei maiali un modo concreto per dare alla popolazione contadina un “piano B” grazie a cui fronteggiare le carestie sempre più frequenti. A vantaggio di quelle persone dal semplice intelletto, Vauban offrì una comoda proiezione matematica per determinare il numero di discendenti che una scrofa ben sfruttata avrebbe potuto mettere al mondo nell’arco di dieci generazioni:

Si supponga che una scrofa, nel secondo anno di vita, abbia una figliata di sei maialini maschi e femmine: tra questi terremo conto soltanto delle femmine, poiché ai fini della nostra ricerca i maschi non ci interessano. Pertanto: 3 femmine.
Il terzo anno che conteremo per la seconda generazione, la scrofa avrà due figliate: 2 figl. Le tre figlie della seconda generazione, una ciascuna, faranno 3 figl. Totale delle figliate 5 figl. Che, per 3 femmine ciascuna, danno come totale della seconda generazione 15 femm.
Il quarto anno, terzo della generazione, la scrofa madre diventa nonna e partorisce due volte, dando quindi 2 figl. Le tre figlie della prima generazione diventano madri e ognuna di esse figlia due volte, il che dà 6 figl. Ognuna delle quindi figlie partorisce una volta, dunque 15 femm. Totale 23 fil. Che stimando tre femmine ognuna danno come totale per la terza generazione 69 femm.
Il quinto anno, quarto della generazione, la scrofa madre diventa bisnonna e partorisce due volte, ovvero ha due figliate 2 figl. Le tre madri diventano nonne e hanno due figliate ciascuna, dando 6 figl. Le quindici figlie della seconda generazione diventano madri e hanno due figliate ciascuna, il che dà 30 figl. Le sessantanove figlie della terza generazione hanno una figliata ciascuna: 69 figl. Totale 107 figl. Che, per tre femmine ciascuna, danno come totale della quarta generazione 321 femm.

E così via andando fino alla decima generazione: secondo i calcoli di Vauban, a partire da una singola scrofa ben alimentata e regolarmente fatta figliare, i contadini sarebbero stati potenzialmente in grado di ottenere nell’arco di undici anni l’esorbitante cifra di 1.072.479 maiali. Un bel capitale!

In un periodo di undici anni, facendo cifra tonda e levando 434.874 maiali per incidenti, malattie e animali in pasto ai lupi, si arriverà a 6.000.000 maiali. Tutto ciò corrisponde a quanti ve ne possono essere in Francia. Se si spingesse il calcolo fino alla dodicesima generazione, ve ne sarebbero tanti quanti l’Europa intera ne possa nutrire, e se solo si continuasse fino alla sedicesima è certo che ve ne sarebbe di che popolare in abbondanza tutta la terra.

Se qualcuno se lo stesse domandando: il calcolo di Vauban era un tantinello utopista, soprattutto se applicato alla reale quotidianità di una famiglia contadina di inizio Settecento, per la quale gli imprevisti erano dietro l’angolo: bastava una banalissima malattia del bestiame per mandare all’aria questo accattivante, eppur rischioso, piano di accumulo. Eppure, da quel momento in poi, la sorprendente fecondità della scrofa (del resto, già nota fin dai tempi di Aristotele) divenne proverbiale, contribuendo a fare del maiale un simbolo di ricchezza e di abbondanza.

“L’associazione fra il maiale e i soldi permane ai nostri giorni”, commenta Pastoreau, facendo notare per esempio che “la maggioranza dei salvadanai ha conservato la forma del maiale” e che “su molti manifesti pubblicitari compare l’animale per promuovere le banche, il risparmio e gli investimenti finanziari”. A questo punto non stupisce che in molte tradizioni “l’idea del maiale portafortuna si [sia] manutenuta sotto forma di dolci o dolcetti”, come quelli che appunto vengono consumati in Germania nel giorno di Capodanno e di cui oggi Mani di pasta frolla vi propone la ricetta. Leggenda vuole che questi dolcetti abbiano il potere di portare ricchezza e fortune su chi li consuma a ridosso della mezzanotte – e qualcuno direbbe forse che fare scorte di buona sorte non potrà poi fare male, sperando che questo 2022 possa rivelarsi davvero un “felice anno nuovo!”.

17 risposte a "Il maialino portafortuna che dona prosperità per l’anno nuovo"

  1. NeuroFaithy - Cervello e Fede

    Partiamo dall’immagine di copertina… è stupenda!
    Per non parlare dell’introduzione… 😀 😀 😀
    … io di maiali non ne so niente, ma mi hai convinta… con un bel sughetto dovrebbe essere un ottimo investimento! (Purtroppo non amo il marzapane, troppo dolce)
    😀

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  2. Umberta Mesina

    Buon Natale! (C’è l’ottava, posso fare auguri ogni giorno)
    Non sapevo che ci fossero maialini dolci, ma ora capisco come mai il salvadanaio abbia quella forma.
    Quanto a Vauban, direi che l’ingegnere era proprio il Signore dell’Utopia, considerando che mio padre, quando una scrofa figliava, stava su tutta la notte per impedire che schiacciasse inavvertitamente i porcellini.
    Meno male che con le fortificazioni se la cavava meglio che coi maiali, sennò sai che crolli!

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    1. Lucia

      Eh la miseria 😐 Ma capitava di frequente, che la scrofa schiacciasse i porcellini dormendo?
      Verrebbe da pensare che gli animali siano un po’ meno imbranati di così. D’accordo la madre che uccide i più deboli della cucciolata perché valuta che non abbia senso investire energie su di loro, ma addirittura ammazzarli per sbaglio mentre dorme rotolandoci sopra… 😂

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      1. Umberta Mesina

        No, non mentre dormiva, solo mentre partoriva. Ci vogliono ore perché escano tutti, quindi ogni tanto la povera bestia ha voglia di girarsi. Forse è un problema solo con le scrofe tanto grosse che fanno tanti porcelli; comunque mio padre stava su delle ore, prendeva i porcellini man mano che nascevano, li asciugava con la paglia e poi li rimetteva vicino alla madre, ma facendo attenzione che non li schiacciasse.

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        1. Lucia

          Aaaahh, capito. Allora ha senso: avevo pensato che fosse una cosa che andava fatta di default finché i maialini erano molto piccoli, notte dopo notte per un bel po’ di giorni o settimane, e mi sembrava in effetti allarmante 😂

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  3. Elisabetta

    Mangiare maiale di marzapane anziché zampone o costolette o braciole 🤔
    Contenti loro!

    Purtoppo il maiale va nutrito, e molto, e, a differenza degli ovini o dei conigli che in tempi di magra si arrangiano, quando c’erano le carestie era una scelta campale fra nutrire sé o nutrire il maiale… quindi anche tutti i calcoli di popolamento suino dell’Europa lasciano un po’ a desiderare…

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    1. Lucia

      Devo dire che io amo moltissimo la carne di maiale, ma sono anche una fan sfegata del marzapane. Tra braciole e marzapane, sai che forse forse sceglierei il secondo, se è buono?
      La vera lotta sarebbe tra marzapane e salumi affettati. In quel caso credo che il marzapane non avrebbe scampo 😂

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  4. franconich

    Il carattere cinese per casa e anche per famiglia, 家 jia primo tono, e` formato dal carattere di maiale adulto 豕 shi terzo tono, e dal radicale di tetto, 宀 messo sopra, e rappresenta un maiale dentro la casa, come per dire che senza un maiale la casa non e` completa.

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  5. paolino

    Lo chef rustico Giorgio Barchiesi, in arte “Giorgione”, sostiene sempre che

    il porco è una gran bestia

    Anch’io preferisco zampone o cotechino (più il secondo) piuttosto che marzapane o cioccolato, non amo le cose dolci: se mangio della cioccolata, mi resta una sensazione di dolciastro così sgradevole che per spegnerla devo tirar dentro più acqua di una centrale idroelettrica. Rimanendo sul porco, sempre per la mia avversione al dolce e per mitigarlo, nel pandoro metto speck, salame o mortadella, prendendomi io del tedesco!

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    1. Lucia

      😂
      Ma veramente?! Mi fai venire in mente un articolo che avevo visto su FB, e che adesso purtroppo non riesco più a recuperare, di uno chef statunitense (o inglese?) che dopo Natale aveva tostato delle fette di panettone usandole appunto come base per un toast, con tanto di formaggi, affettati, salsine etc. Essendo uno chef di una certa fama penso che puntasse a creare contrasti agrodolci (o semplicemente a guadagnarsi titoloni).

      Comunque dichiarava nell’articolo “scusatemi, amici italiani” 😂

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  6. Carmela Ciancitto

    Rispondo soltanto adesso, a Trieste e credo in tutto il Friuli Venezia Giulia, le teste di maialino di marzapane con una moneta di cioccolato in bocca sono i segnaposto della tavola di Capodanno.
    Evidentemente la tradizione viene dal periodo in cui la Venezia Giulia era sotto il dominio austriaco.
    Se a te piace sia il maiale che il marzapane ti consiglio di fare un giro dalle mie parti durante le feste. Potrai abbuffarti di tutti e due

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