Sono numerosi i documenti a testimoniarci questa strana usanza, che tende a lasciare piuttosto spiazzati noi moderni e che tuttavia doveva essere abbastanza diffusa nel Medioevo, a giudicare dalla mole di fonti d’epoca che la menzionano. Sto parlando della bizzarra consuetudine di “fare la comunione” (le virgolette sono d’obbligo) ingoiando fili d’erba o piccoli pugni di terra nel momento in cui si era prossimi alla morte e non era materialmente possibile ricevere la comunione sacramentale.
Va da sé: queste circostanze si verificavano soprattutto sul campo di battaglia, nel momento in cui l’esercito sconfitto ordinava la ritirata e restavano sdraiati a terra tutti quei soldati che non avevano speranza di sopravvivere ma non erano ancora tornati al creatore (ché spesso si moriva malamente e con lentezza, quando si veniva feriti da un’arma medievale).
Come è lecito aspettarsi, in quei frangenti, i sacerdoti che viaggiavano al seguito dell’esercito si avvicinavano ai moribondi per impartire loro l’estrema unzione e distribuire il viatico: ma se la battaglia era stata particolarmente sanguinosa, e il numero dei feriti era particolarmente alto, è chiaro che non v’era alcuna garanzia che il sacerdote potesse fare in tempo a occuparsi di ognuno di loro individualmente.
E così, a partire dal XII secolo, cominciò a diffondersi sui campi di battaglia la strana usanza di cogliere, in punto di morte, qualche filo d’erba o un piccolo pugno di terreno: i soldati feriti provvedevano a benedirli nel nome della santa Trinità e poi li ingoiavano devotamente. E così morivano nel convincimento di aver fatto la comunione per un’ultima volta, a giudicare da quanto testimoniano, con vago allarme, diversi ecclesiastici del tempo.
Chiaramente, quello dei soldati era un convincimento confortante ma totalmente erroneo; e la Chiesa dell’epoca ci tenne a ribadirlo con chiarezza. E tuttavia, questo non impedì all’usanza di diffondersi a macchia d’olio, tra le file di eserciti appartenenti a più d’una nazione. Sappiamo ad esempio che, in quel celebre giorno di san Crispino che precedette, nel 1415, la battaglia di Azincourt, l’esercito inglese, non avendo la possibilità di far celebrare una vera Messa prima di scendere sul campo di battaglia, volle riunirsi per un momento di preghiera durante il quale i soldati si inginocchiarono, presero un pugnetto di terra, la benedissero tracciando il segno della croce e se la misero in bocca. Circa un secolo prima, nel giorno della “battaglia degli speroni d’oro” combattuta a Courtrai nel 1302, fu l’esercito francese a ripetere lo stesso rito, e lo fece addirittura alla presenza di un sacerdote (!): nel momento in cui le milizie si ritirarono dal campo di battaglia, un religioso camminò tra i soldati in agonia mostrando loro l’ostia consacrata (quella vera). Ma, poiché ai militi restava poco da vivere, il sacerdote non tentò nemmeno di comunicarli ad uno ad uno: confortati dalla vista del santissimo sacramento, i fanti presero allora un pugnetto di terra che ingoiarono con religiosa devozione, recitando le loro ultime preghiere.
Va da sé: in condizioni di emergenza, ognuno si arrangia come può. E se sei un soldato agonizzante che sta morendo sul campo di battaglia, è chiaro che ogni creatività liturgica si scontra con l’evidenza per cui non hai molta altra roba a portata di mano, all’infuori della terra che si sta lentamente bagnando del tuo sangue.
Però, agli occhi di noi moderni, risulta in ogni caso assai curiosa la convinzione di potersi comunicare ingoiando una zolla di terra: al di là del fatto che questa affermazione ha un contenuto vagamente ereticale, penso che nessun cattolico di oggi si farebbe accarezzare dall’idea. La sensibilità moderna lo porterebbe probabilmente a prediligere la pratica della comunione spirituale (“non ingoio niente ma recito una preghiera: Dio capirà”), o forse darebbe un ruolo di prim’ordine a un oggetto benedetto da portare sempre indosso (come capitava, per esempio, negli anni della Grande Guerra, quando i soldati in agonia portavano la mano al petto per stringere tra le dita lo scapolare del Sacro Cuore di Gesù nella convinzione che tanto sarebbe bastato per assicurare loro la morte più santa che fosse possibile compatibilmente con le circostanze).
E invece, questi medievali agonizzanti avevano l’abitudine di mangiarsi terra ed erba. Strana gente. “Le ragioni di quest’uso, diffuso in tutta Europa, sono sconosciute” ammette Anselm Shubert nel suo Pasto divino. Storia culinaria dell’eucaristia. “Probabilmente la terra e l’erba rappresentavano metonimicamente i cereali che dalla terra nascevano” – o quantomeno, questa è l’ipotesi che è stata avanzata da numerosi studiosi. Ma se anche volessimo evitare di tirare in ballo associazioni e simbolismi, verrebbe da osservare che, per l’appunto: se sei in agonia sopra un campo sterrato e vuoi compiere un gesto che renda evidente il tuo desiderio di ricevere la comunione, non è che ci sia molto altro a tua disposizione.
Ovviamente, le gerarchie ecclesiastiche non incoraggiarono mai una tale pratica (come avrebbero potuto?). Verrebbe da far notare, però, che non si affannarono neppure per combatterla: vale a dire, precisarono in più occasioni che la “comunione” fatta coi fili d’erba non era in alcun modo assimilabile all’eucarestia… ma, a parte quello, non presero mai iniziative per contrastare questa pratica, la cui popolarità scemò gradualmente a partire dalla Controriforma.
In fin dei conti, “fare la comunione” con la terra non era in alcun modo un sacramento valido, e fin lì non ci piove, ma persino i teologi vedevano di buon occhio l’atteggiamento devoto che questa pratica esprimeva, ancorché confusamente. Le buone intenzioni erano evidenti… e probabilmente non solo agli occhi umani, aggiungerebbe qualcheduno.
Umberta Mesina
Hai ragione, se quella era la sola cosa che avevano a portata di mano… che altro usare?
Quanto al motivo, potrebbe essere un radicamento nella concretezza delle cose create. A quel tempo non avrebbero compreso la comunione “spirituale”, forse.
(Neanche noi, oggi, ma facciamo finta di sì ^^)
Che bello scoprire tanti strani aspetti. A volte abbiamo la tendenza a pensare che tempi o luoghi lontani siano o fossero uniformi e piatti come una tavola, invece non è mai del tutto vero.
Grazie.
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zimisce
Sull’origine dell’usanza, oltre alla possibile metonimia con i cereali, non avrà pensato anche l’idea del sangue che Gesù ha versato durante la Passione? E in particolare quell’idea medievale che il sangue sarebbe colato nelle viscere della terra fino a bagnare le ossa di Adamo?
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Gianluca di Castri
Nel cristianesimo medievale vi erano ancora residui di paganesimo (fra l’altro, ce ne sono anche oggi): il gesto considerato si potrebbe collegare al culto ancestrale della Grande Madre, divinità femminile identificata con vari nomi (Ishtar, Cibele, etc.) e che oggi ricompare con forme e nomi diversi
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