“Non può non funzionare! Non può tecnicamente non funzionare!” ripete ossessivamente Andrea, fissando, con sguardo a metà fra il depresso e l’omicida, la lampadina ostinatamente spenta. “A sette anni io l’avevo fatta, una roba simile: avevo fatto la pila col limone, l’avevo trovata sul Manuale delle Giovani Marmotte, pensa un po’ te. E funzionava!”.
Lucia stringe le spalle, con un sospiro desolato.
“Ma funzionava, ripeto!” rincara Andrea, mentre lo studente di Filosofia solleva lo sguardo dal suo fogli, lancia una occhiata al ragazzo, e scuote il capo con aria critica. “Funzionava! Com’è che non riesco più a fare una cosa che a sette anni mi era venuta benissimo?”
“La vecchiaia fa brutti scherzi…” sospira Lucia.
“Ma non è possibile! Non posso esser diventato cretino tutto d’un colpo: se a sette anni mi veniva la pila col limone…! Avevo preso un limone” gesticola, “e ci avevo messo dentro un pezzo di rame ed uno di zinco. Collegati a un filo. E la lampadina si accendeva! Non può non funzionare, così!”
“Non so che dirti…” sospira nuovamente Lucia.
“Tutto sta nel Limone!” urla, in tono esaltato, Andrea. “L’acqua salata non conduce bene, evidentemente: dobbiamo usare un limone! Il limone funziona, e lo so per esperienza!”.
“Già”. Lucia lo fissa per un istante, annuendo, convinta. “Hai un limone a portata di mano, immagino… Io in effetti i limoni me li porto a scuola tutti i giorni, proprio stamattina mi sono dimenticata, guarda un po’…”
“No, io non ho limoni” risponde il ragazzo, serissimo. “Ma i professori sì”.
Il professore di Filosofia sgrana gli occhi e scuote energicamente il capo, mentre lo studente di Filosofia mormora qualcosa che suona molto come un “ma questi son scemi?”.
“I professori… vuoi dire…?” e Lucia soffoca una vaga risata, sotto lo sguardo perplesso del docente di Filosofia. “No! Andrea, non possiamo… ce li tirano dietro, i limoni, se glieli chiediamo così!”
“Va benissimo anche se ce li tirano dietro, basta ottenerli in qualche modo…”. E Andrea sorride serio e calmissimo, mentre professore e studente di Filosofia si scambiano una occhiata sconcertata.
Eppure, a voler essere oggettivi, una buona parte dei professori – quella parte costituita da religiosi – vive e lavora all’interno del Collegio. E per viverci deve pur mangiare. E per mangiare avrà pur bisogno di limoni. Molti limoni. Abbondanti e succosissimi limoni.
“Andrea… ma non possiamo andare da un Fratello e chiedergli un limone, ci prende per cretini… sei sicuro? Dobbiamo proprio?”
A sciogliere i dubbi provvede, con provvidenziale tempismo, quello che è senza dubbio un segno divino. Lucia non ha nemmeno finito di parlare, che suona la campanella di fine lezioni. E fuori dalle aule si riversano gli studenti dei corsi di ripetizione, accompagnati da… i professori.
E’ un attimo: i due ragazzi sfrecciano fuori dalla loro classe, appena in tempo per bloccare, già in procinto di salire sull’ascensore, il docente di Inglese del Ginnasio.
Il quale sicuramente ricorderà, fra le tante gioie del suo mestiere, anche la vista di due ragazzi col fiato grosso per la corsa, che lo bloccano e, serissimi, esclamano “buon pomeriggio professore! Scusi il disturbo: non è che ha un limone da prestarci?”.
“Ecce pomum!” esclama Lucia dopo una decina di minuti, reduce da una affannosa ricerca nelle cucine dei Fratelli, mentre rientra in classe stringendo, vittoriosa, in mano, un grosso e promettente limone.
Lo studente di Filosofia accoglie con un modesto entusiasmo l’arrivo del giallo agrume. Più divertito pare il professore di Filosofia, che scuote il capo e mormora “non ci credo… voi siete matti…”. Vagamente atterrita sembra la bidella, che ripassa davanti alla classe, fissa con orrore una cattedra piena di cavi elettrici, tenaglie, bicchieri, sale, coltelli, limoni, e velocemente si allontana. Il più entusiasta in assoluto è sicuramente Andrea, che letteralmente assale l’inerme limone per conficcare al suo interno un coltello. “E adesso a noi, stupida pila!” esclama minaccioso, facendo colare dal foro del limone qualche goccia di succo.
La preparazione del terzo esperimento avviene ormai piuttosto rapidamente. Rame, scottex, alluminio, rame, scottex, alluminio.
E il momento di chiudere il circuito, è di nuovo un momento di grande tensione.
Lo studente di Filosofia torna ad alzarsi dal suo banco, per avvicinarsi alla cattedra sulla quale grandi prodigi si stanno per manifestare.
Il professore di Filosofia occhieggia da una moderata distanza, senza nascondere tuttavia la sua curiosità.
Le mani giunte di Lucia ora gocciolano sulla cattedra profumato succo di limone, mentre Andrea, col fiato sospeso, torna a chiudere il circuito.
Guai a quanti trasformano le tenebre in luce, recita Isaia: la lampadina aveva ormai a cuore la sorte dei suoi due piccoli Fisici, e, per evitare loro un futuro di certa dannazione, decise, ostinatamente, di restare spenta.
“Ma non è che c’è un problema coi fili elettrici, a questo punto?” domanda debolmente Lucia, la voce appiattita dal nuovo fallimento. “Lo so che ieri sera funzionava, ma magari nel trasporto da casa a qui si è rovinato…”.
“Proviamo” scrolla le spalle Andrea: rapidamente l’orologio della classe viene privato della sua pila – pila che viene poi collegata ai fili elettrici del circuito.
Ovviamente le pile non hanno anima, e di conseguenza la lampadina non vide nessun motivo per il quale preoccuparsi della dannazione eterna della batteria. Per cui si accese inondando la classe della sua luce, tanto per dimostrare di essere una lampadina attiva e vitale.
“Ma siamo sicuri che l’alluminio funzioni proprio come lo zinco?” chiede, vagamente depresso, Andrea. “Volta aveva usato lo zinco…”
“Sì, è lo stesso. Praticamente lo stesso, insomma: non può essere per quello che non funziona…”
“E siamo sicuro che questo sia alluminio, allora?”
“Beh, sì… è la teglia del cuki…”
“Magari il cuki non è di alluminio. Magari non conduce”
E allora si procede anche con questo test: filo elettrico, pila, filo elettrico, alluminio, filo elettrico, lampadina, filo elettrico, chiusi in circuito. Ovviamente anche in questo caso la lampadina decise di accendersi.
Nel momento della più nera disperazione, si sa, si cercano certezze. E mentre Andrea impazzisce fra cerchi, pile, cavi, e maledizioni, Lucia si affida a quella che è l’auctoritas del manuale di Fisica. “Effetto Volta” legge, ad alta voce, la ragazza. “Fra due metalli posti a contatto, caratterizzati da differenti valori del potenziale di estrazione, si stabilisce una differenza di potenziale”.
“Qui però io non ce la vedo proprio, tutta ‘sta differenza…” borbotta Andrea, lo sguardo fisso sui suoi cavi.
“Tale differenza di potenziale dipende solo e unicamente dalla natura dei metalli e dalle loro condizioni fisiche”, prosegue, attenta, Lucia, “e non dalle dimensioni dei due metalli. Saranno le monete che son troppo ossidate?”
“Sì, come no… adesso le puliamo col Cillit Bang…”.
Il professore di Filosofia porta una mano alla bocca a soffocare quella che ha tutta l’aria di essere una risata.
“E se quest’acqua facesse resistenza?” rincara Andrea, fissando il bicchiere di acqua e sale. “Non è che voi usate del sale iodato, o quelle robe lì?”
“Ehm… e se anche fosse sale iodato?” domanda, incerta, Lucia.
“Non so, magari fa resistenza alla corrente. Proviamo…” borbotta Andrea, sollevando il suo circuito di fili, pila e lampadina e avvicinandolo al bicchiere d’acqua. E la lampadina non si accende.
“Qui c’è qualcosa che non mi torna” mormora perplessa Lucia. “A te non raccontavano la storiella della signora morta nella vasca da bagno perché le era caduto il phon dentro?”
“Sì…”
“Ed era per il fatto che l’acqua conduce la corrente, vero?”
“Sì…”
“E allora perché caspita quest’acqua non la conduce?”.
“Domani andremo dalla professoressa di Fisica e le mostreremo che tutte le storie sull’acqua buona conduttrice sono infondate, a questo punto…” constata Lucia.
Il professore di Filosofia lancia una occhiata al bicchiere, con un laconico “sì, è proprio strano…”.
“Mio padre ha un libro” rincara Andrea “Si intitola: Tutto quello che sai è falso”
“Raccontalo alla signora morta nella vasca da bagno…”
“Secondo me stiamo sognando” constata il ragazzo. “Tutto quello che stiamo vivendo va contro le più basilari leggi della natura: è un sogno, sto sognando”
“Ammazza che bei sogni vai a fare” ride Lucia. “Chiuso in classe con me a fare pile di Volta che non funzionano, mentre un ragazzino di Prima fa un test sulla Maieutica…”
“Maieutica!” si illumina il ragazzino di Prima Liceo, battendosi una mano sulla fronte. “Ecco come si chiamava!”.
“C’è una unica spiegazione” prosegue Lucia, facendosi piccola piccola sotto l’occhiataccia del professore di Filosofia. “L’acqua che esce dai rubinetti del Collegio è acqua distillata. Vedi dove vanno a finire i soldi della retta? Terranno pure spenti i termosifoni, ma ci laviamo le mani con acqua distillata… è l’unica spiegazione”.
E, in effetti, nel momento in cui Andrea, in un attacco di disperazione, sostituisce l’acqua del rubinetto con quella della sua bottiglia di acqua naturale del supermercato, la lampadina alimentata dalla batteria riprende ad accendersi con decisione.
Ovviamente l’acqua minerale del supermercato mista a sale non consente tuttavia alla pila di Volta di funzionare.
“E se fosse davvero per lo stato di ossidazione delle monete, a questo punto?” domanda Andrea, lo sguardo sul cumulo di cinque centesimi sparsi per la cattedra. “Effettivamente pulite non sono…”
“Potrebbe. Ma di sicuro non possiamo metterci a lucidarle, hai ragione tu” sospira Lucia.
“E perché no? Magari la bidella è ancora in giro… magari ha qualcosa tipo Cillit Bang per davvero”
“Ma… stai scherzando, sì?”, ed è con uno sguardo vagamente disperato che Lucia fissa il suo compagno di classe.
No, Andrea non stava scherzando.
Al punto tale che, precipitatosi fuori dalla classe, rientra pochi minuti dopo portando con sé, trionfalmente, una confezione di ottimo Sgrassatore Chanteclair al Profumo di Marsiglia.
“Forza forza, abbiamo un centinaio di monete da lucidare!” intima con un tono che non lascia spazio a repliche, lanciando verso Lucia un paio di straccetti.
“Sì, forse questo è davvero un sogno” conviene Lucia, a bassa voce, dopo una decina di minuti, strofinando delicatamente lo straccio su una monetina da cinque cent. “Hai ragione: non può essere reale”.
“In effetti” si intromette il professore, divertito, “sembrate un po’ degli scemi. Senza offesa, eh…”
“Hai presente le storie di Zio Paperone?” lo ignora Lucia, posando sulla cattedra la sua monetina sgrassata, e passando ad un altro Cent. “Quando c’è Paperino che lucida ad una ad una tutte le monete del deposito dello Zio? Ecco… sto iniziando a capirlo”.
Andrea annuisce gravemente, spruzzando del nuovo sgrassatore sul centesimo che sta lucidando. “Sì… almeno però, a Paperino, poi Zio Paperone riduceva la lista dei debiti…”.
Lo studente di Filosofia della Prima Liceo perde il controllo di se stesso. Si abbandona ad una violenta crisi di risatine isteriche, che accompagneranno Lucia e Andrea per tutto il processo di pulizia delle monete.