Sabato sera. Ore ventidue e trenta. In coda per l’ascensore panoramico, al Museo del Cinema.
Chiacchiero spensieratamente con le persone che mi circondano, ma… mi sento osservata. Mi congedo dai miei accompagnatori, mi guardo intorno, e lì la vedo: una signora della parrocchia torinese, che mi fissa con moderata insistenza.
“Ciao!”, esclama quando il mio sguardo incrocia il suo.
“Buonasera!”, rispondo con un largo sorriso, sventolando una mano in sua direzione.
La signora esita, mi guarda, e poi non riesce più a trattenere la sua domanda: “scusa, ma… tu non eri a Pavia per studiare?”.
“Sì…”.
La signora inarca le sopracciglia. “E che ci fai di sera tardi a Torino in periodo d’esami?”.
Chiacchiero spensieratamente con le persone che mi circondano, ma… mi sento osservata. Mi congedo dai miei accompagnatori, mi guardo intorno, e lì la vedo: una signora della parrocchia torinese, che mi fissa con moderata insistenza.
“Ciao!”, esclama quando il mio sguardo incrocia il suo.
“Buonasera!”, rispondo con un largo sorriso, sventolando una mano in sua direzione.
La signora esita, mi guarda, e poi non riesce più a trattenere la sua domanda: “scusa, ma… tu non eri a Pavia per studiare?”.
“Sì…”.
La signora inarca le sopracciglia. “E che ci fai di sera tardi a Torino in periodo d’esami?”.
Sorrido, e indico con un cenno i due anziani in abito talare che mi circondano: “è per un Convegno”, rispondo calma, “non è che mi stia divertendo…”.
La signora annuisce.
Un anziano in abito talare, invece, mi guarda malissimo. E mi tira uno scappellotto. “Come sarebbe a dire, che non ti stai divertendo? AHOOOO’, FOTIDEEEE!”.
Urlato, in mezzo al Museo del Cinema.
Ho definitivamente perso quel poco di dignità che mi restava.