L’amicizia di Nonno e Pelagia

Quando la prostituta attraversò la strada, fu praticamente impossibile non notarla.

Occielo: forse “prostituta” è un po’ eccessivo. Alcuni l’avrebbero definita una semplice attrice.
Di sicuro, bastava solo uno sguardo per capire che Pelagia era una donna che, minimo minimo, si muoveva agevolmente lungo quella sottile linea di confine che divide chi lavora col proprio corpo da chi di quel corpo fa commercio.
In particolar modo, ci dice l’agiografo, Pelagia “venne avanti con molta appariscenza, adornata a tal punto che nulla si vedeva su di lei se non oro, perle e pietre preziose. Persino il collo dei suoi piedi era ricoperto di oro e perle”. Lasciava dietro di sé una scia di profumi preziosi e la sua bellezza era tale da far girare la testa ad ogni uomo.

Sì, insomma: quando Pelagia attraversò la strada, fu praticamente impossibile non notarla.
Fu impossibile persino per l’assemblea di vescovi che si era radunata davanti alla basilica di Giuliano per una conferenza episcopale.
Ci fu chi abbassò pudicamente lo sguardo. Ci fu chi mormorò maledizioni a quella svergognata. Ci fu chi avvertì un improvviso interesse per i mattoni della facciata del tempio. Ma nessuno rimase indifferente al passaggio di quella femme fatale.

Proprio nessuno, nemmeno Nonno. (Ehm, sì. Si chiamava così).
Con l’unica differenza che, al contrario dei suoi confratelli, Nonno si beò di guardare da testa ai piedi quella bellezza. Anzi: come ci dettaglia l’agiografo, “rivolse lo sguardo verso di lei intensissimamente e a lungo, e dopo che ella fu passata, egli ancora la fissava”. Cioè: s’era letteralmente girato a guardare ‘na donna per strada, standosene nel bel mezzo di una assemblea di vescovi. Peccato che nell’Antiochia del III secolo d.C. non ci fossero ancora i social, perché un filmino di ‘sta scena sarebbe stato ottimo materiale per flame nell’Internet cattolico.

Ma il peggio deve ancora venire. Quando la bellona fu ormai troppo lontana per farsi guardare, Nonno esclamò a voce alta, giulivo: “fratelli! Non vi rallegra una così grande bellezza?”.
I vescovi sollevarono lentamente lo sguardo. Alcuni di loro si scambiarono lunghe occhiate imbarazzate. Altri si allontanarono discretamente di qualche passo, come si fa quanto ti rendi conto di essere vicino a un pazzo.
Nonno (che, a questo punto, forse un po’ pazzo lo era) sottolineo con tranquillità: “beh, io mi sono rallegrato molto”.
Per carità, non era l’unico, ma gli altri non lo avrebbero ammesso manco sotto tortura.
Fu solo quando si rese conto che l’assemblea episcopale si stava discretamente ma rapidamente allontanando da lui lanciandogli occhiate tra lo scandalizzato e l’impaurito, che Nonno ebbe finalmente la saggia idea di aggiungere qualche postilla al suo pensiero.

E infatti disse: “ci pensate, carissimi, a quante ore ha passato questa donna nella sua camera per lavarsi e prepararsi e ornarsi con tutte le attenzioni, perché non mancasse nulla al suo vestire? E tutta questa fatica, al solo scopo di piacere ai suoi amanti. Tizi che oggi ci sono e domani chissà, e che comunque non provano verso di lei il minimo sentimento”.
Qualche vescovo cominciò a tossicchiare. La situazione non stava un granché migliorando.
“E noi, invece?”, domandò nonno. “Noi, che dovremmo preoccuparci di piacere al nostro sposo immortale, che dona ricchezze celesti e premi eterni a coloro che meritano il suo amore? Per ripulire le nostre anime dalle sozzure che le inzaccherano, non mettiamo nemmeno un decimo dell’impegno che quella donna ha profuso per adornare il suo corpo”.
Adesso quantomeno s’era capito dove il vecchio pazzo volesse andare a parare, ma la cosa non suscitò chissà quale entusiasmo. Anzi: nonostante la deplorevole assenza di social nel III secolo d.C., la notizia di un vescovo che guarda donna e diceva cose strane fece rapidamente il giro di Antiochia. L’indomani mattina, la chiesa in cui Nonno avrebbe officiato era insolitamente piena di gente – anche gente che normalmente non varcava mai le porte del tempio.

Tra di loro c’era anche Pelagia.
E… vabbeh: lo sapete anche voi, come funzionano, queste cose delle conversioni-lampo nelle agiografie.
Nonno, ancora scosso dal pensiero che aveva avuto il giorno prima, tenne una predica particolarmente ispirata, e qualcosa cominciò a infiammarsi e muoversi nel cuore della ragazza.
Entro la fine della Messa, lei aveva deciso di cambiare vita. E dopo un rapido percorso di catecumenato, vestì la bianca veste battesimale.

Quando, all’ottavo giorno dal momento della sua iniziazione, se la sfilò dal corpo come da tradizione, Pelagia non aveva più niente da mettersi. Tutti i suoi abiti, i suoi gioielli, i suoi ori e i suoi profumi: tutto ‘sto ben di Dio, lei lo aveva donato a Nonno, affinché il vescovo potesse distribuirlo ai bisognosi.
E così, per sdebitarsi (e per non farla andare in giro nuda come una barbona), Nonno le donò la sua cotta episcopale. E fu vestendo le insegne del suo amico vescovo, che Pelagia prese congedo dal mondo per espiare i suoi peccati nell’eremitaggio.

***

Storia dolce, quella dell’amicizia di Pelagia e Nonno. Storia che ruota, curiosamente, attorno a due vestiti.
Le vesti lussuose e femminee di una donna, che diedero al vescovo qualche spunto in più grazie al quale progredire nel suo cammino di santità.
E poi, le vesti episcopali che il religioso volle donare alla pentente dopo che ella ebbe ripudiato i suoi lussi e le sue sete preziose per provare a vivere – letteralmente – nei panni di un sacerdote.

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Passarono tre o quattro anni.
Il diacono Giacomo, fedele servitore di Nonno (e anche noto, in questa sede, come “l’agiografo di questa storia”) decise di fare un viaggio a Gerusalemme. Chiesto al suo vescovo il permesso di partire, se lo vide accordare senza indugio… ma a patto che, una volta giunto a Gerusalemme, svolgesse una commissione. “Quando arriverai in città”, gli disse Nonno, “cerca un certo frate Pelagio. È un monaco, un eunuco, che da anni abita lì rinchiuso in solitudine. Scambiaci qualche parola, potrai trarne giovamento”.

E il diacono ubbidì.
Chiedendo in giro notizie su ‘sto Pelagio, l’agiografo fu indirizzato verso una minuscola casetta situata sul cucuzzolo del Monte degli Ulivi. Ci andò; bussò; vide aprirsi una finestrella e comparire dall’altro lato della grata un volto delicatissimo, smagrito e segnato da due profonde occhiaie.

Un po’ incerto sul da farsi, Giacomo annunciò di essere venuto lì su invito del vescovo Nonno, dal lontano Egitto. Al sentire quel nome, il monaco si illuminò d’immenso, come se fosse stato illuminato da un raggio della più pura luce solare. “Grazie!” replicò, con un sorriso a trentadue denti. “Ditegli di pregare per me. Egli è un vero santo di Dio!”.
E furono queste le sue uniche parole. Subito dopo, richiuse la finestrella e cominciò a salmodiare con voce soave.

vabbeh. ‘sto tipo era strano, si disse il diacono. Come un po’ tutti gli eremiti, del resto. Il giovane lo lasciò dunque ai suoi salmi e tornò in città a fare le sue cose.
Passarono alcuni giorni; il nostro agiografo era già in procinto di ripartire per far ritorno a casa, quando fu colto come da un presentimento. Tornò sul Monte degli Ulivi e bussò alla casetta di Pelagio: una, due, tre volte, senza risposta. A quel punto, vagamente allarmato, scostò il battente della finestra e non riuscì a trattenere un “mapporca la miseria!”, quando vide Pelagio sdraiato per terra, indubitabilmente morto stecchito.

Mica si poteva lasciarlo lì. E poi, il vescovo Nonno aveva mostrato di tenere in tanta considerazione ‘sto eremita: toccava come minimo dargli degna sepoltura.
L’agiografo prese un profondo respiro e cominciò a ricomporre il cadavere. E fu solo in quel frangente che si rese conto che il monaco Pelagio non era affatto un maschio. Era una donna vestita da uomo, ancora avvolta a distanza di anni da quelle vesti che le erano state donate. Era, prevedibilmente, proprio lei: Pelagia.

***

Storia dolce, quella dell’amicizia tra Pelagia e Nonno. Storia strana, che coi tempi che corrono potrebbe anche far storcere il naso a qualche mio lettore; ma una volta la gente non si turbava per così poco.

In questa storia, dapprima fu il religioso a imparare qualcosa di nuovo di se stesso, osservando la cura con cui una donna sceglie i suoi abiti: grazie all’involontario esempio di lei, il vescovo imparò ad abbandonarsi a Dio con lo stesso sentimento di amore volenteroso con cui una donna cerca l’abbraccio dell’amante.
E poi, fu la donna a innamorarsi del modello di vita religiosa che il vescovo incarnava. Non le bastava imitarlo di lontano: vestì l’abito religioso, scelse di vivere come un monaco; tutti, attorno a lei, la chiamavano ormai “fratello”.

Non è infrequente, nelle agiografie più antiche, imbattersi nel topos della mulier virilis: la donna che raggiunge la perfezione facendo sue la tempra e la fortezza, pregi tipicamente maschili (o così almeno li si considerava all’epoca), che vanno ad aggiungersi alle naturali qualità muliebri, esaltandole. In questo caso però la storia è particolare perché la trasformazione non è a senso unico: anche l’anziano religioso impara qualcosa di nuovo dalla vezzosa femminilità della ragazza; e, grazie a questa esperienza, anche lui diventerà un uomo migliore.

Se penso ai casi di amicizie tra uomo e donna nella letteratura cristiana, non me ne vengono in mente molti altri che siano più belli e più dolci di questo.

4 risposte a "L’amicizia di Nonno e Pelagia"

  1. Murasaki Shikibu

    Bellissima storia, davvero. Molto bello l’atteggiamento mentale di Nonno che gli permette di guardare al di là delle apparenze e delle convenzioni: dove gli altri vedevano solo il fascino tentatore della peccatrice lui andò al nocciolo e vide la cura che la donna metteva in quel che faceva, ed è molto bello anche che l’abbia convertita senza volerlo, semplicemente essendo sé stesso. La classica storia dove tutti abbiamo qualcosa da imparare 😃

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  2. Paola

    Mi è piaciuta soprattutto la prima parte di questa storia, quando il vescovo guarda Pelagia senza giudicare. Mi pare una storia quasi unica e oggi andrebbe riproposta a molti cosiddetti religiosy 😉

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    1. Lucia

      😜
      Ma più che altro io direi che la chiave della conversione è il fatto che la guardi senza essere respingente, toh. Perché io posso ben immaginare che un giudizio morale, interiormente, ci sia anche stato (cioè l’agiografia non lascia mai intendere che tutto sommato, per Nonno, suora o prostituta erano intercambiabili e “non giudichiamo senza conoscere”: no, Pelagia di per sé viene chiaramente dipinta come una peccatrice poi redenta. Ma che peccasse non c’era dubbio alcuno).

      Più che altro, io direi la grande differenza tra Nonno è gli altri vescovi è la volontà di non essere respingente nel formulare un giudizio e anche la capacità di vedere cosa c’è di buono in un comportamento globalmente di per sé sbagliato, traendone comunque una lezione.

      Sì, una storia bella 😉

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