La terribile storia dei denti che esplodono

“Lucia, io credo che dovresti smettere di leggere questa roba, ti fa male” ha detto mio marito cercando di togliermi il libro di mano. In effetti, era da cinque minuti che andavo avanti a ripetere a manetta “ommioddio, ma ti rendi conto, a questi esplodevano i denti!”.
Non ho smesso di leggere. Anzi: dopo aver finito il libro (che si intitola, vi giuro non sto scherzando, The Mystery of the Exploding Teeth and Other Curiosities from the History of Medicine) ho fatto ciò che farebbe una qualsiasi donna degli anni ’20 alle prese con un potenziale problema di salute. Cioè mi sono attaccata a Google e ho iniziato a digitare istericamente cose tipo “denti che esplodono”.

A mia discolpa, sia messo agli atti che non sono andata a cercar risposte su Yahoo Answers. Sono andata a cercare sul sito di Nature. E, come dire, ho provato un certo qual disorientamento quando ho scoperto che nel 2015 il British Dental Journal scriveva:

Sembra qualcosa che un bambino comprerebbe in un negozio di articoli per scherzi con l’idea di spaventare i genitori, ma una ricerca nei nostri archivi ha portato alla luce un certo numero di casi di denti esplosivi.

Oh boia.
Più andavo avanti a leggere, più sprofondavo nell’orrore e più maturava in me la convinzione che questa storia avrebbe quantomeno generato un articolo per questi schermi (…e, probabilmente, svariati incubi notturni).

***

Nella redazione del British Dental Journal, tutto inizia nel settembre 1965, quando qualcuno apre una lettera che un dentista londinese di nome Cyril Tomes aveva indirizzato alla prestigiosa rivista medica. Qualche tempo prima, il dottor Tomes era stato interpellato da una sua paziente circa un curioso caso di denti da latte auto-detonanti: le figlie della signora, due bambine di cinque e sette anni, avevano perso a distanza di poco tempo tre dentini da latte. Tutto era successo in modo normale, e normalissimi erano parsi i denti alla madre quando lei li aveva presi per metterli da parte; li aveva posati sulla mensola sopra il caminetto (“che si scalda, ma non eccessivamente”): eppure, nell’arco di poche ore, uno dei denti era esploso “disseminando frammenti in tutta la stanza”. La detonazione degli altri due era stata meno vistosa per l’unica ragione che i dentini erano stati chiusi in una tabacchiera: solo a distanza di qualche settimana, quando le capitò di riaprire la scatola, la padrona di casa si rese conto che anche loro erano esplosi.

“Si tratta di un evento così inusuale”, scriveva con understatement tutto britannico il dottor Tomes, indirizzando la sua lettera alla redazione, “che mi sono sentito obbligato a farvene avere un resoconto, domandandomi se ci sia qualche collega con esperienza di casi simili”.

Sorpresa: la risposta era sì. A stretto giro di posta, il British Dental Journal ricevette e pubblicò una lettera di un certo B. Eady, il quale ricordava di aver ascoltato aneddoti simili nella prima metà degli anni Venti, per bocca di un dentista canadese. Il collega d’oltreoceano ricordava di aver curato un trapper che viveva nei boschi e che, colpito improvvisamente da un dolore lancinante alla bocca, si era messo in viaggio verso il centro medico più vicino, che a ogni buon conto distava 100 miglia. Nel corso del viaggio, la situazione del povero boscaiolo era peggiorata progressivamente fino a quando, “con un senso di esplosione all’interno del dente”, il dolore era sparito completamente. Il paziente decise comunque di farsi visitare; a quel punto il medico scoprì che il dente in questione, un molare inferiore, si era effettivamente aperto in due. Tecnicamente, non una detonazione nel senso pieno del termine, visto che il dente spezzato era comunque rimasto al suo posto… ma non demordiamo: la Storia ci tramanda aneddoti ben più esplosivi. Vogliamo parlare, ad esempio, dell’inquietante storia descritta dal dottor J. Phelps Hibler nel suo Pathology and Therapeutics of Dentistry dato alle stampe nel 1874?

Una donna senza alcun problema di salute pregresso aveva improvvisamente accusato un lancinante dolore a un dente, così forte da causare persino alterazioni nel suo stato mentale. “Improvvisamente, senza alcun sintomo a esclusione del forte dolore, il dente, un primo molare inferiore destro, detonò con un colpo secco” che per poco non fece cadere in terra la donna, la quale si ritrovò crivellata dall’interno da una gragnuola di frammenti di dente che le si conficcarono in bocca e nella lingua, provocandole anche danni considerevoli. Come se non bastasse, il botto prodotto dalla detonazione fu così forte da assordarla (!), lasciandola in quella condizione “per un considerevole lasso di tempo”.

Poco confortante anche il caso riportato nel 1860 su uno dei primi numeri del Dental Cosmos, che a dispetto del titolo da magazine era una rivista medica di tutto rispetto poi confluita nel Journal of the American Dental Association. Ebbene: uno dei primi numeri della rivista riportava le testimonianze di un certo W. H. Atkinson, un dentista della Pennsylvania che aveva evidentemente in cura un sacco di pazienti con grossi problemi di esplosioni dentali.

Il primo caso che il dottor Atkinson volle portare all’attenzione della comunità medica era quello di un certo reverendo D.A. che, improvvisamente, alle nove del mattino del 31 agosto 1817, aveva avvertito un dolore lancinante al canino superiore destro. Nell’arco delle ore successive, il dolore era cresciuto a livelli tali da far perdere lucidità al poveretto, che nel vano tentativo di ottenere un po’ di sollievo fu visto buttarsi sotto il getto di acqua fredda della fontana, correre senza meta, strusciare la testa contro le assi del recinto del giardino e persino strofinarla a terra come fanno i tori infuriati. “Nulla riuscì a dargli sollievo fino alle 9 del mattino seguente”, scrive il dottor Atkinson: “il paziente stava camminando avanti e indietro in preda al delirio quando improvvisamente si udì un forte crack, simile a un colpo di pistola, che fece esplodere il suo dente in numerosi piccoli frammenti. A quel punto l’uomo si girò verso la moglie e le disse ‘il dolore è completamente sparito!’. Andò a letto, dormì per tutto il giorno e per buona parte della notte successiva; quando si risvegliò, era tornato come nuovo”.

Tredici anni più tardi, a esplodere nelle stesse modalità fu un molare superiore di una certa Letizia D., a sua volta paziente del dottor Atkinson. Nel 1855, la stessa sorte toccò a tal Anna P.A., paziente di Atkinson a sua volta, che era stata tormentata da un dolore lancinante al canino superiore sinistro fino a quando anche questo dente non era esploso in mille pezzi.

Ironizza Thomas Morris, autore del saggio The Mystery of the Exploding Teeth che ho citato in apertura:

Si direbbe che il report del dr. Atkinson abbia preannunciato una mini-epidemia di detonazioni dentali, giacché nei vent’anni successivi vennero alla luce un buon numero di casi simili

…tutti quanti analizzati con la massima serietà dalle riviste mediche più autorevoli dell’epoca, va sottolineato. A riportare notizie di denti esplosivi erano professionisti di tutto rispetto, non ciarlatani; il che costringe lo storico a guardare alla cosa con un minimo di serietà. Ma se quanto riportato da questi dentisti corrisponde al vero (insomma: se questi benedetti denti esplodevano sul serio), lo storico deve necessariamente porsi una domanda: che cosa poteva essere a causar questo fenomeno?

Nel corso dei secoli, sono state avanzate le ipotesi più svariate. Tipo:

UN ACCUMULO DI FLUIDO CALORICO. Che di sicuro non può causare esplosioni in bocca per il semplice fatto che non esiste: eppure, fino al XIX secolo, molti scienziati credevano che a determinare la temperatura di un corpo fosse appunto il calorico. Lo si riteneva un fluido invisibile e privo di peso capace di penetrare la materia: più calorico era presente in un corpo, più si alzava la sua temperatura. Molti dei medici ottocenteschi che riportarono esplosioni dentali le attribuirono con sicurezza a un aumento improvviso del fluido calorico, accumulatosi all’interno del dente in quantità tali da far crescere a dismisura la pressione interna.
Spiegazione in effetti plausibile, se non fosse che oggi sappiamo che il fluido calorico non esiste affatto. Quindi, scartiamo questa teoria e passiamo alla seconda spiegazione più gettonata tra quelle in voga nell’Ottocento:

NIENTE DI STRANO, PUÒ CAPITARE A TUTTI, È IL NORMALE EFFETTO DI UNA CARIE! In questo caso, si partiva dal presupposto che, nel corso del processo carioso, si accumulassero all’interno del dente gas in quantità tali da causare un aumento di pressione con esiti esplosivi. Intervistato sul tema dalla BBC, Hugh Devlin, professore alla University of Manchester’s School of Dentistry, definisce “altamente improbabile” questo scenario (…grazie al cielo), sottolineando che i dentisti ottocenteschi non avevano le idee molto chiare riguardo alla carie.
Loro erano convinti che si trattasse di una patologia che nasceva all’interno del dente e poi pian piano si espandeva fino a rendersi visibile anche all’esterno. Ma oggigiorno sappiamo benissimo che succede esattamente il contrario – quindi, ha poco senso ipotizzare un aumento di pressione interna causato da una carie che “non riesce a sfogarsi all’esterno”.  

OTTURAZIONI MALFATTE. Eppure, mi par di capire che dei gas possano formarsi per davvero, se c’è una carie in corso, per effetto del catabolismo microbico (e qui non ci capisco niente, quindi adotto la solita tecnica del: metto le mani avanti, copia-incollo, mi fido e tiro dritto). Agli occhi di molti dentisti d’oggi, questo dato di fatto potrebbe fornire una spiegazione plausibile a questa epidemia di esplosioni dentali. Mettiamo caso che, per imperizia, un dentista ottocentesco non riuscisse a eliminare del tutto una carie ma non riuscisse neppure ad accorgersi dell’errore. E mettiamo caso che, subito dopo, il dente venisse richiuso con una otturazione malfatta…
Questa potrebbe essere una spiegazione possibile, a detta del professor Sella dello University College di Londra, a sua volta interpellato dalla BBC. Sella ci tiene a sottolineare che, nelle prime decadi dell’Ottocento, un dentista poteva utilizzare per le otturazioni i metalli più svariati, eventualmente anche decidendo di ricorrere a più di un materiale in contemporanea. A detta del professor Sella, questo miscuglio di metalli diversi avrebbe potenzialmente potuto trasformare il dente in una mini cella elettrochimica… dentro la quale intanto si accumulavano gas a causa della carie non ben curata.
Personalmente ci ho capito molto poco, ma comunque una cosa mi è chiara: non è noto se questo scenario possa realmente degenerare in una letterale esplosione. Nel dubbio, io comunque non mi offrirei come cavia.

TUTTA COLPA DI PERCY HOWE. Si chiamava così il dentista che nel 1917 introdusse l’uso del nitrato d’argento ammoniacale, un composto che veniva principalmente utilizzato per bloccare le carie allo stadio iniziale. Il problema è che questa sostanza, a certe condizioni, poteva facilmente diventare esplosiva: lo stesso Howe ammise con candore di aver accidentalmente provocato alcune esplosioni nella bocca dei pazienti che aveva in cura, nella prima fase della sperimentazione di questa sostanza.
Assodato che l’Inferno dev’essere un posto molto simile allo studio di quel dentista, resta un dato di fatto: le sperimentazioni di Howe non spiegano comunque le esplosioni dentali che erano state registrate qua e là nel mondo da almeno un secolo a quella parte. Tutt’al più, l’aneddoto può costituire un indizio: se a Howe era capitato di provocare esplosioni usando composti chimici instabili, è plausibile che qualcosa di simile sia accaduto anche ad altri dentisti che si lanciavano in altre cure sperimentali.  

DENTI DI CELLULOIDE. Voi ve lo fareste impiantare, un dente fatto di celluloide? A fine Ottocento, molta gente avrebbe risposto di sì a cuor leggero: nei pressi di New York, la Albany Dental Plate Company aveva investito proprio in questo materiale, utilizzandolo per produrre su larga scala denti finti, dentiere e ponti dentali. Tutto sommato, la sostanza rendeva bene, sembrava resistente e poteva essere colorata piacevolmente in modo da uniformarsi al resto della dentatura.
…peccato per quel piccolo problema residuo: la celluloide è un materiale altamente infiammabile; se prende fuoco, brucia violentemente. Utilizzata non solo nella pratica medica, ma anche in molti altri settori della vita quotidiana, la sostanza mostrò ben presto questo risvolto negativo. Fermagli per capelli fatti di celluloide prendevano fuoco se la malcapitata donna che li indossava si avvicinava un po’ troppo alla fiamma della candela; in un salone, una palla da biliardo fatta di quel materiale esplose improvvisamente dopo esser stata lanciata sulla pista, causando un certo allarme tra i presenti che pensarono che qualcuno avesse dato il via a una sparatoria.
Immaginate solo le conseguenze di avere in bocca una dentiera fatta con questo materiale… magari, mentre vi state gustando un bel sigaro incandescente. Che i denti di celluloide tendessero a fare una brutta fine, è cosa che sappiamo per certo, giacché nel 1875 un articolo del New York Times denunciava la pericolosità dei materiali utilizzati dalla Albany Dental Plate Company citando diversi casi di gente che per colpa della sua dentiera se l’era vista brutta.

Resta però allo storico una grande domanda: sì, ma i casi di esplosione dentale citati sulle riviste mediche riguardavano davvero denti finti e/o trattati?
Il dubbio è lecito, perché – nel portarli all’attenzione dei colleghi – nessuno dei medici sentì il bisogno di specificare questo non trascurabile dettaglio, pur dilungandosi in accurati resoconti dello stato clinico del paziente prima, durante e dopo l’episodio. In teoria, e in assenza di informazioni che ci facciano supporre il contrario, dovremmo pensare a rigor di logica che a esplodere nella bocca di quei poveracci fossero denti normalissimi, che fino a quel momento erano sempre stati perfettamente sani e non erano mai stati sottoposti a trattamenti particolari. Alternativamente, dovremmo prendere per scemi tutti i dentisti che nei secoli hanno sprecato inchiostro per descrivere questi episodi omettendo il dettaglio più importante: ma è mai possibile uno scenario simile?

Il British Dental Journal alza le mani: più di così, ragionevolmente non si può dire altro. Tutti questi episodi “rimangono un mistero. E forse esistono altri casi che ad oggi restano senza spiegazione”.

4 risposte a "La terribile storia dei denti che esplodono"

  1. mariluf

    E a tutt’oggi non se ne sa di più? Oltre a tutto, i denti citati in apertura dell’articolo erano dentini da latte, quindi un po’ diversi dagli altri casi citati, che si riferiscono a persone adulte….Molto interessante (ed inquietante)….

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    1. Lucia

      FERMI TUTTI! 😱
      A tutt’oggi non se ne sa di più, nel senso che non ho trovato una spiegazione ufficiale nonostante le ricerche, MA un mio amico dentista, dopo aver letto questa storia, ritiene di aver fatto una diagnosi dietro ‘sta inquietante serie di esplosioni dentali: secondo lui era gangrena gassosa del nervo.

      Mi scrive:

      “E’ una necrosi della polpa del dente dovuta a batteri che producono gas. Il gas con il calore espande, ed essendo la camera pulpare un ambiente chiuso, diventa una minibomba 😛
      Ci ho pensato subito con il caso dei dentini sul camino e poi quel tale che si è buttato nella fontana per avere sollievo.
      La caratteristica di questa patologia pulpare è che, a differenza della necrosi del nervo classica in cui il freddo ti fa vedere le stelle e il caldo ti da conforto, in questo caso il freddo da conforto e il caldo dolore perché il calore produce espansione del gas e il gas comprime il nervo moribondo.
      Probabilmente in passato questi casi succedevano più di frequente perché le persone non andavano dal dentista per paura, per un discorso economico o perché il dentista non c’era, e allora la cosa andava avanti. Adesso se hai male vai dal dentista che ti apre il dente e fine del discorso”
      .

      Può capitare, dice lui, o per una carie

      “che arriva in prossimità del nervo, oppure carie che resta sotto una precedente otturazione o che arriva da un’infiltrazione dell’otturazione (carie secondaria). Altro caso, meno frequente, contaminazione del nervo da infezione radicolare presente su dente vicino oppure da tasca parodontale”.

      😱😱

      QUINDI POTREBBE SUCCEDERE ANCORA! 😱

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