Dal Regno Unito: se la “festa della mamma” cade in Quaresima

Fra pochi giorni è la festa della mamma e mia mamma non verrà festeggiata manco per niente, ché noi abbiamo sempre trovato sciocchine e un po’ ridicole queste feste senza radici tipo festa della mamma, festa della donna, festa dei nonni, anniversarii vari.
E badate: non ne faccio nemmeno una questione di “festa commerciale”, ma proprio di “festa senza radici”: festicciole senza arte né parte che ci son piovute addosso negli ultimi venti o trent’anni, ma che non hanno niente a che vedere con la nostra cultura. O con culture in generale.
In molti casi, son festicciole create ad hoc che non hanno né Storia né passato, e questo basta per rendermele del tutto indifferenti.

Ecco: se proprio volessi trovare un giorno in cui festeggiare la mia mamma, penso che lo farei alla maniera inglese. Ebbene sì: perché se il 90% del globo terracqueo festeggia le mamme durante il mese di maggio, per quegli adorabili bastian contrari che sono i sudditi di Sua Maestà la festa della mamma cade suppergiù a… marzo.
È una festa mobile – e pare che nemmeno gli Inglesi abbiano ben capito il meccanismo in base a cui, di anno in anno, vien fissata la data di questa festa. (A quanto mi dicono amici inglesi), pare che siano in effetti molto pochi quelli che hanno fatto due più due e che conoscono le vere origini di questa festa: perché la festa della mamma, nel Regno Unito, cade sempre nella quarta domenica di Quaresima. La cosiddetta Domenica Laetare, per noi cattolici – quella in cui i preti smettono i paramenti viola e si vestono di rosaceo, per capirci.

Della bellezza infinita di questa domenica (forse una delle più belle dell’anno, per i miei gusti) avevo già parlato altrove ; a questo punto, varrebbe però la pena di soffermarsi un po’ di più sul modo in cui la Domenica Laetare veniva celebrata in passato. E, soprattutto: sul modo in cui la Domenica Laetare veniva celebrata in passato, nelle isole britanniche.

Innanzi tutto: perché la Domenica Laetare si chiama così?
Come di certo già saprete, questa domenica “prende il nome” dalle prime parole dell’introito che veniva anticamente cantato all’inizio della Messa. Per essere precisi, l’introito iniziava così:

Laetare Jerusalem: et conventum facite omnes qui diligitis eam: gaudete cum laetitia, qui in tristitia fuistis

ovverosia, diceva “rallegrati, Gerusalemme!”, e poi chiamava a raccolta tutti i fedeli che la amavano, perché era giunto il momento di rallegrarsi. È la domenica di mezza Quaresima, la Pasqua si avvicina: bisogna gioire perché il rigore Quaresimale non è stato senza scopo, e perché presto tutti quanti torneremo a cantare l’Alleluja.
Sì, insomma: l’introito suggeriva di rallegrarsi in compagnia e di radunarsi tutti a Gerusalemme, perché è il tempo di gioire.

Ma siccome, ehm, un viaggio a Gerusalemme non è proprio-proprio una cosa che organizzi dall’oggi al domani, i fedeli degli scorsi secoli avevano cominciato a gioire in compagnia… radunandosi da un’altra parte. Nello specifico, nella chiesa parrocchiale.

"At  St. Lawrence, Rode" dipinto di W. W. Wheatley (ca. 1885)

“At St. Lawrence, Rode” dipinto di W. W. Wheatley (ca. 1885)

E d’accordo che nella chiesa parrocchiale ci andavano comunque tutte le domeniche, per prender Messa; ma nella domenica laetare, ci andavano con un surplus di entusiasmo e di riconoscenza. Pare che ancora oggi, in alcuni paeselli del Regno Unito, si ripeta, la quarta domenica di Quaresima, quell’antica tradizione del clypping the church, in cui “clypping” è un antico vocabolo di origine anglosassone con il significato di “abbracciare per rendere omaggio”, “abbracciare per onorare”. In buona sostanza, i parrocchiani si pongono sul sagrato e poi, tenendosi per mano, formano una specie di grande catena umana che “abbraccia” la chiesa, circondandola. Poi si canta un qualche inno, si prega per la chiesa (e anche per la chiesa con la “C” maiuscola), e infine si entra dentro l’edificio per iniziare la Messa vera e propria.
Sembrava in effetti un buon modo per ottemperare all’invito dell’introito: “radunatevi a Gerusalemme, voi che la amate, e gioite nella letizia”.
La Domenica Laetare, nel Regno Unito, era lentamente diventata una specie di festa “della chiesa”, in cui la comunità dei fedeli si riuniva attorno alla sua parrocchia e ribadiva il suo senso di appartenenza a quella chiesa, a quella comunità parrocchiale, a quella grande “famiglia” di fratelli che faceva capo a “Santa Madre Chiesa”. E, nello specifico, a Santa Madre Chiesa concretizzatasi in quella chiesa lì: nella tua chiesa di appartenenza, nella parrocchia cui appartieni, nella diocesi di cui fai parte.

Riconoscersi come parte di una certa comunità era un momento molto importante; molto sentito nella società dell’epoca. Tant’è vero che nell’800, quando la crescente industrializzazione aveva portato molti paesani a lasciare le campagne per trasferirsi nella città vicina, era consuetudine fra i datori di lavoro lasciare un giorno libero ai loro dipendenti, la quarta domenica di Quaresima, proprio per permettere loro di tornare a far visita a quella chiesa parrocchiale in cui erano stati cresciuti. Era l’occasione per ritornare al paesello natio, per “abbracciare” la propria  chiesa… e magari anche per riabbracciare i vecchi parenti che, a differenza tua, erano rimasti a vivere in campagna.

…cominciate a vedere il nesso?
Beh, sì.
Siamo nell’800 inglese, cioè in una società che muta rapidamente e che “stravolge” in un certo senso l’idea di famiglia, fino a farla diventare la famiglia moderna come la intendiamo oggi (cioè piccoli nuclei separati, che vivono divisi, spesso a una certa distanza l’uno dall’altro). In questo contesto, i tradizionali festeggiamenti della Domenica Laetare diventavano appunto l’occasione per fare ritorno nel paesello natio, cioè a casa, cioè da mamma e papà. La quarta domenica di Quaresima non era mai stata concepita, tecnicamente, come “festa della mamma”, ma pian piano lo era di fatto diventato. Era una specie di “festa della comunità ecclesiastica locale”, cioè “festa del paesello natio”, cioè – in ultima analisi – “festa della tua famiglia”.

***

Poi, a un certo punto del ‘900, scoppiò la seconda guerra mondiale, il Regno Unito si trovò ad essere campo di battaglia fra bombardamenti nemici e aiuti militari da parte degli alleati, e numerosi soldati originari degli States vennero mandati in Inghilterra per operazioni di guerra.
Negli Stati Uniti, già da tempo era in voga l’usanza di celebrare (in maggio) una “festa della mamma”, e i ragazzi americani sentivano forte l’esigenza di trovare una giornata in cui dire “grazie” alle loro madri. Cominciando gradualmente a conoscere gli usi e costumi degli Europei (e stupendosi che “da noi” non ci fosse niente di simile a un Mother’s Day come negli USA), intravidero però una certa somiglianza fra la loro “festa della mamma” e la Domenica Laetare britannica, da passare rigorosamente in famiglia tutti assieme.
“Sai?”, disse un giorno un soldato americano a un suo collega nativo di Londra, con cui aveva fatto amicizia. “Noi, in America, approfittiamo di occasioni simili a questa, per festeggiare la nostra mamma: per omaggiarla con un mazzo di fiori o con una torta fatta apposta per lei. Potreste provare anche voi, non trovate?”.

E fu così che, nel Regno Unito, prese piede l’usanza di festeggiare la “festa della mamma” nella quarta domenica di Quaresima.
Lo sapevate?

8 risposte a "Dal Regno Unito: se la “festa della mamma” cade in Quaresima"

  1. marinz

    non lo sapevo e pensavo che il mese di maggio fosse il mese della mamma essendo il mese delle rose… e che si riferisse alla “Mamma” di tutte le mamme: Maria… e forse anche l’abbracciare la “Madre” chiesa ha influito con il dare questa giornata alla festa.

    PS ma si dice introito? Io l’ho sempre chiamata “introduzione” :oP

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    1. Lucyette

      In realtà, stando a Wikipedia inglese, pare che “la festa della mamma” negli Stati Uniti sia stata molto propagandata da una certa Anna Jarvis, che nei primissimi anni del ‘900 ha fatto gran campagne pubblicitarie per far sì che l’abitudine di festeggiare la festa della mamma (già presente in alcuni ambienti americani) si estendesse a tutti gli States. Pare che la data sia stata fissata nel mese di maggio per la semplice ragione che bisognava fissare una data, e la mamma di Anna Jarvis era morta il 9 maggio.
      :-S

      Non so quanto sia credibile questa storia, però in effetti a naso mi verrebbe da dire che il mese mariano non c’entra un granché: la festa è nata negli USA, e lì i protestanti non è che facciano grandi feste per la Madonna…

      (Occielo, io ho sempre detto “introito”: voi come dite? :-O )

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      1. foederisarca

        Anche a me era stato detto che la festa della mamma si festeggia a maggio in onore della Vergine Maria.
        E in fondo, a pensarci bene, una delle grandi forze della nostra fede è stata da sempre quella del sincretismo.
        L’esempio più famoso è ovviamente il 25 dicembre, originariamente festa romana del “Sol invictus”, divenuta poi del Natale di Cristo (partendo dal famoso passo del “Benedictus”: “Ci visiterà un sole che nasce dall’alto”).
        Quindi, in fondo, il trucco sta in una parola: “sincretizzare”! 🙂

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  2. rosenuovomondo

    A me piace la festa della mamma. E’ un giorno speciale in cui ricordarsi in modo speciale della propria mamma o per essere ricordati. Perchè ci si da sempre per scontati… L’anno scorso l’ho portata al cinema e quest’anno le regalerò un libro e un pomeriggio insieme. Perchè il tempo è il regalo più bello e certo, in un mondo perfetto bisognerebbe sempre ricordarsi delle proprie mamme, ogni giorno dedicare loro del tempo ma il mondo è quello che è…
    Io però col mese di maggio cerco di festeggiare anche la mamma per antonomasia e ho tirato fuori dal cassetto un rosario per me molto prezioso perchè mi ricorda un affetto

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    1. Lucyette

      No, io queste feste le trovo abbastanza sciocchine (per i miei gusti). Sembra retorico dire “eh ma una persona devi ricordartela tutto l’anno, mica solo un giorno ogni 365”, ma oggettivamente andare da mio padre il 19 marzo e dirgli “oh papà, auguri e grazie per quello che fai per me!” è una cosa che mi sembra rasentare il ridicolo, a dirla tutta.
      (Una volta in effetti avevo telefonato a mio padre per fargli gli auguri il 19 marzo, mi ero detta ‘beh, magari gli fa piacere’; lui in tutta risposta mi ha detto “Lucia, ma sei diventata scema?” :-D)
      E’ un po’ lo stesso discorso che faccio per S. Valentino o per gli anniversari di “fidanzamento”, in quel caso sono anche parte in causa visto che teoricamente dovrei essere io a esser festeggiata e a beccarmi il regalo: niente da fare, continuano a sembrarmi festicciole senza Storia e senza arte né parte, che su di me proprio non fanno presa.

      Però, per carità, ovvio questa non è in alcun modo una critica a quelli che invece le festeggiano! 🙂
      (Che libro, per la tua mamma? Curiosissima, sono! 😀 )

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      1. rosenuovomondo

        per me non è affatto ridicola… nemmeno il mazzo di fiori per l’anniversario di matrimonio mi sembra ridicolo! Anzi.
        Ma io sono vecchia e convenzionale e non faccio testo.
        Mi piacciono anche queste feste, sono contenta domani sera di festeggiare a casa della mia mamma che farà come ogni anno una bella torta a forma di cuore.
        Il libro non so ancora… domani vado a vedere… si accettano suggerimenti

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      2. Lucyette

        Sai, secondo me il problema è che (in senso figurato ovviamente) io sono “ancor più vecchia”, nel senso che sono figlia di due genitori anzianotti entrambi allevati da due tipiche famiglie “piemontesi old style”, molto molto riservate e parche e chiuse, e sospettose verso le nuove mode e infastidite dalle manifestazioni d’affetto plateali, e così via dicendo. Quando ha cominciato a diffondersi in Italia la moda di festeggiare [anniversari / festa della mamma / S. Valentino / ecc.], credo che i miei genitori e i miei nonni l’abbiano percepita come una estrosa bizzarria rivolta a persone caratterialmente molto diverse da loro. Penso che i miei nonni abbiano fatto tanto d’occhi dicendo “ma guarda te che roba, bah!”, e penso che i miei genitori si siano uniformati al loro giudizio. Sicuramente, io mi sono uniformata al giudizio dei miei genitori.

        Nel mio caso non è questione di giovinezza o di anticonformismo ma anzi è questione di “essere all’antica” 😀 Lo vedo anche per cose assolutamente stupide, tipo: i miei genitori hanno sempre storto il naso vedendo coppiette innamorate camminare mano nella mano; ovviamente non c’è niente di male nel tenersi per mano, ma mio padre ha sempre giudicato ridicolo e infantile il fatto che due adulti vaghino per il mondo tenendosi per la manina, come bambinetti delle elementari. A forza di respirare quest’aria, son cresciuta trovandolo ridicolo e infantile anch’io, e infatti mi vergognerei come una matta a dover andare in giro mano nella mano con qualcuno. Ma come vedi il mio problema è che son più vecchia e più convenzionale di te: mi uniformo alle convenzioni in voga circa negli anni ’20 :-DD

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