Chi mi legge da un po’ di tempo, già lo sa: ho una passione per bambole, orsacchiotti e giocattoli in generale. Se poi i giocattoli hanno anche una Storia dietro: beh, mi hanno già conquistata sulla fiducia.
E dunque: come potrei non raccontarvi la storia (anzi, la Storia con la S maiuscola) di France e Marianne, le due bambole appartenute alla regina di Elisabetta di Inghilterra, e che al suo fianco lottarono contro il nazismo?

Tutto inizia nel 1938, quando re Giorgio VI d’Inghilterra (il papà della regina Elisabetta, giusto per capirci) è salito al trono dopo l’abdicazione di suo fratello.
Il 1938 è un pessimo periodo per essere un re, e la famiglia reale ne è consapevole. Che stia per scoppiare una guerra è ormai cosa chiara a tutti; rinsaldare i rapporti diplomatici tra gli Stati sta diventando un’urgentissima priorità. E così, ecco la famiglia reale inglese accettare l’invito della Francia per un royal tour Oltremanica: i sovrani ebbero modo di passeggiare sotto la Tour Eiffel, incontrare a tu per tu il Presidente e salutare e incantare il popolo di Parigi.
Mancava però qualcuno all’appello. Le due principessine inglesi non parteciparono al viaggio: Elizabeth e Margaret, come si confaceva a quei tempi a due bambine d’alto rango di quei tempi, rimasero educatamente nel loro palazzo a Londra, sotto la custodia della loro tata.
Ma la diplomazia è un’arte complicata, si sa; e di certo la Francia non voleva far mancare il suo omaggio alle due principessine in terra lontana. E fu così che il Presidente della Repubblica Francese decise di consegnare al re di Inghilterra un piccolo souvenir di viaggio da far avere alle due bambine.
Gli consegnò due bambole, per la precisione.
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Ma non immaginatevi due bambole normali, comprate in un normale negozio di giocattoli.
A parte il fatto che (ovviamente) si trattava di bambole di gran pregio, prodotti dalla maison Jumeau, quei due balocchi avevano una storia. Erano il regalo che tutti i bambini di Francia avevano (spontaneamente!) scelto di fare alle due principessine inglesi, partecipando a una colletta nazionale volta a tal scopo.
Ebbene sì: mentre il corpo diplomatico definiva i dettagli del royal tour ormai imminente, il principale quotidiano parigino, Le Journal, lanciava una notizia tutto sommato irrilevante – la Francia aveva deciso di regalare due bambole alle due principesse inglesi.
E qualcuno avrebbe potuto legittimamente commentare “ecchissene…?”, se non fosse che il dettaglio delle bambole divenne in poco tempo la notizia di punta, grazie alla martellante copertura che le riservava Le Journal. Le due principessine – leggevano ogni santo giorno i Parigini – avrebbero ricevuto in dono due bambole straordinarie (significativamente battezzate France e Marianne) accompagnate da una ancor più straordinaria collezione di accessori: i più grandi stilisti stavano già lavorando ai bozzetti per creare un guardaroba fornitissimo; le grandi firme dell’industria francese si erano già messe al lavoro per arredare la “casa delle bambole” con accessori di ogni tipo, dalla mini-cabriolet realmente funzionante, giù giù fino alle penne stilografiche in miniatura.
Insomma, immaginate una specie di gigantesca casa di Barbie… ma di lusso, e composta da centinaia di piccoli oggetti di design che volevano pubblicizzare all’estero la manifattura francese. C’era – obiettivamente – di che compiacere gli adulti, raccontando sul quotidiano tutti i dettagli di questa innovativa iniziativa pubblicitaria. E c’era – ovviamente – di che incantare i bambini, calcando la mano sugli aspetti fiabeschi della vicenda.

Dalle colonne di Le Journal, le due bambole venivano scherzosamente presentate come due piccole ambasciatrici che stavano preparando il loro corredo prima di trasferirsi alla corte d’Inghilterra, ove avrebbero fatto da dame di compagnia alla bambina destinata, un giorno, a diventar regina. Le Journal prese addirittura l’iniziativa di organizzare una colletta, in cui chiedeva a tutti i bambini di Francia di contribuire coi loro spiccioli alla preparazione del corredino. Incredibile a dirsi, la redazione del giornale fu travolta dalle offerte, la cui reale destinazione fu svelata solo molte settimane più tardi: come spiegarono gli articolisti di Le Journale, France e Marianne, sorprese dall’immensa quantità di denaro ricevuto, di cui in realtà non avevano bisogno, avevano deciso di donare quel gruzzoletto alla rete di ambulatori gestiti dalla Società di Mutuo Soccorso delle Donne di Francia.

Ma nel frattempo la storia di queste due bambole, rilanciata con così tanta lena dal quotidiano di punta parigino, era diventato un caso mediatico. Per la precisione, era diventato un caso mediatico internazionale: perché si cominciava a parlare di France e Marianne anche nei giornali inglesi e, da lì, la notizia si diffondeva per tutto il Commonwealth. E qualche trafiletto riusciva a ritagliarselo persino sui quotidiani di Paesi esteri che, tutto sommato, non c’entravano un bel niente. Obiettivamente, la notizia era spassosa: tutte le più grandi firme parigine (da Cartier alla Citroen) si stavano affannando per allestire una enorme casa delle bambole destinata alla giovane principessa Elisabetta.

Poco prima di essere consegnate ai due sovrani in visita, le bambole vennero esposte per qualche tempo in una mostra organizzata a Parigi. Incredibile ma vero, la gente faceva la coda per visitare l’esposizione (per accedere alla quale, fra parentesi, si pagava il biglietto): i bambini spasimavano per vedere quelle bambole così speciali e gli adulti erano curiosi di vedere che tipo di stile avesse voluto da Vuitton alla sua collezione di vestiti per bambole, o con quali dettagli la maison Cartier avesse impreziosito delle mini-automobili realmente funzionanti.
E, dall’altro lato della Manica, la curiosità non era da meno. Elisabetta e Margaret ebbero ben poco tempo per giocare coi loro balocchi, tenuto conto del fatto che, concomitanza con le feste di natale del 1938, St. James Palace decise di allestire nei saloni una mostra analoga a quella parigina. Proprio come era successo in Francia, anche in questo caso tutti i proventi sarebbero stati destinati a un’opera di beneficienza: in particolare, avrebbero pagato la ristrutturazione dell’ospedale pediatrico di East London, di cui la principessa Elisabetta aveva recentemente assunto il patronaggio.

L’esposizione londinese fu una notizia da prima pagina, e così accadde anche per la replica che, pochi mesi più tardi, fu organizzata in Scozia. Mentre si chiudevano i battenti sulla mostra organizzata a Glasgow, sembrava ormai evidente a tutti che France e Marianne erano due galline dalle uova d’oro: e dunque, quale modo migliore di valorizzare tanta popolarità, se non mettendola a frutto… per uno scopo alto (anzi, altissimo)?

Eravamo ormai nell’autunno 1939. La seconda guerra mondiale era scoppiata, con l’inevitabile flusso di profughi che abbandonavano la loro patria in cerca di rifugio dando origine a un flusso migratorio imponente, che portava con sé anche costi non indifferenti. Furono in particolar modo gli stati d’Oltreoceano a diventare la meta dei rifugiati; e gli Stati Uniti dovettero essere autonomi nel trovare il modo per alloggiare quella massa di rifugiati, il Canada ebbe maggior fortuna. Perché il Canada era (e ancor oggi è) parte del Commonwealth, e conseguentemente poté contare sul sostegno, anche economico, della corona inglese.
E delle sue piccole dame di compagnia formato giocattolo.

Nell’estate del 1940, France e Marianne, portandosi appresso il loro sterminato guardaroba, attraversarono l’oceano per poi sbarcare nel Golfo di San Lorenzo.
In un glorioso tour durato più di un anno le bambole visitarono venti diverse città canadesi. Più di 153.000 persone – stimano i giornali – visitarono i vari allestimenti organizzati in questa grandiosa mostra itinerante; sono invece innumerevoli tutti quei cittadini che decisero di investire qualche soldo nell’acquisto nei gadget a tema. Sì, perché in questo caso France e Marianne erano diventate le protagoniste di una vera e propria operazione di merchandising, il cui ricavato era interamente destinato alle iniziative volte all’accoglienza dei rifugiati (e, soprattutto, dei rifugiati bambini). Si stima che oltre 30.000 dollari siano stati raccolti nel corso di questa iniziativa (e 30.000 dollari non sono pochissimi neanche adesso, pensate a quanto fossero nel 1941!)
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Le due bambole al servizio di Sua Maestà (pur conducendo vita ritirata, dopo le fatiche di quell’anno di lavoro interrotto) soggiornarono in Canada fino al 1946, probabilmente ben felici di starsene lontane da una Londra sventrata dalle bombe. Al loro ritorno a Londra, nel primo dopoguerra, furono forse un po’ stupite nel rivedere le loro padroncine: quelle due bambine che avrebbero dovuto intrattenere erano ormai diventate donne adulte; la più grande stava addirittura organizzando il suo matrimonio.
E ciò nonostante, rimasero al suo fianco. France e Marianne sono ancor oggi in mostra al Castello di Windsor, assieme ad altri giocattoli appartenuti a vari reali inglesi. La loro storia è raccontata in Doll for the Princesses, un delizioso catalogo a cura di Faith Eaton.
senm_webmrs
Bello! Però – tanto per essere pignoli 😉 – la douce France aveva ripreso un’idea britannica. Prima della “Operazione France & Marianne” c’era stata quella della “Queen’s Dolls house”
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senm_webmrs
Completa di libreria eh… https://www.theguardian.com/childrens-books-site/gallery/2014/nov/16/sherlock-holmes-book-queen-marys-dolls-house
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