Oddio ma che razza di cretina cosa m’è saltato in testa di iscrivermi a questa scuola si conoscono già tutti hanno fatto assieme elementari medie asilo sarò estromessa dalla classe mi ignoreranno mi odieranno mi derideranno resterò da sola facevo meglio a andare al liceo dove si è iscritta la mia compagna di classe delle medie che mi odiava e d’accordo che mi odiava ma almeno mi conosceva e qui dentro non conosco nessuno non conosco nessuno non conosco nessuno sono sola la sto già odiando questa scuola voglio andare a casa sarà orribile non voglio stare qui voglio tornare a…
“Ciao, Lucia!”.
Ovviamente, non considero neanche di striscio l’idea di girarmi. È il mio primo giorno di scuola nel mio primo anno di ginnasio in un liceo grande, grosso, e sconosciuto: non trovo la mia classe, non conosco i professori, non conosco i miei compagni, non conosco la mia scuola, e insomma, sono sola e spaventata. Avrei voglia di chiudermi in un bagno e poi scoppiare a piangere, ma ovviamente non so dove sia il bagno.
Ma quantomeno non mi coprirò certo di ridicolo, rispondendo al saluto di uno che ovviamente non sta chiamando me, ma senz’altro una mia omonima.
“Lucia!”.
Eccaspita: però, ‘sto tizio insiste. Mi giro lentamente – metti mai che voglia me – e mi trovo davanti il preside. Sì, lo guardo meglio: è lui, è decisamente il preside. L’ho visto una volta sola, nove mesi prima, per una mezza mattinata, ma mi ricordo la sua faccia – è proprio lui, il preside.
Il preside mi sorride, allegro.
Io lo guardo strano, un po’ interdetta: ma sta parlando con me? Lui? Ma che davvero?
Lui smette di sorridermi; assume un’aria inorridita. “Ossantocielo, scusami: ho sbagliato il nome? Scusa-scusa-scusa, devi scusarmi: è che quest’anno siete tanti, voi ragazzi che arrivate da altre scuole; forse ho confuso i nomi! Scusascusascusa, volevo solo…”.
“No”, lo interrompo, a bassa voce. “Cioè, il nome è giusto, sono Lucia, ma come…?”.
“Ah!”. Il preside si illumina: mi sorride ancora, ed è raggiante. “Grazie al cielo: stavo già pensando di aver fatto una figuraccia atroce, eppure ero convinto!”. E mi sorride ancora, fraternamente, facendomi cenno di seguirlo mentre si incammina verso la mia classe: “volevo solo darti il benvenuto; se hai bisogno di qualcosa, sai dove trovarmi. Ti auguro di tutto cuore un buon anno scolastico, anzi, un buon liceo… e ancora benvenuta qui tra noi, Lucia!”.
Eravamo a metà settembre.
Io mi ero iscritta al mio liceo all’inizio di gennaio, e da quel momento in poi non avevo più avuto contatti di alcun genere con la mia futura scuola.
Il mio preside mi aveva vista una sola volta, nove mesi prima, per non più di un paio d’ore, e si ricordava di me, e persino del mio nome.
A chi, in questi giorni, sta tornando a scuola, il mio augurio di essere, (o di incontrare), (o di trovare, per i propri figli) un’insegnante come quelli che io ho avuto.
marinz
"Ma che davvero?" Ma quando sei sopraffatta ed emozionata parli romano (anche se sarebbe con una sola v)? :o)Cmq un auguri a tutti i nuovi alunni e che sappiano trovare nei prof un vero riferimento per questi anni di cambiamento della loro vitaUn sorriso 🙂
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ClaudioLXXXI
PS maledetto splinder… nella scrittura del commento ero riuscito a barrare le parole "spaventosa" e "terrorizzato", ma poi a quanto pare l'editor ci ha ripensato.Io odio l'editor di splinder. Lo odio.
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ClaudioLXXXI
PS maledetto splinder… nella scrittura del commento ero riuscito a barrare le parole "spaventosa" e "terrorizzato", ma poi a quanto pare l'editor ci ha ripensato.Io odio l'editor di splinder. Lo odio.
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Lucyette
Marinz, penso in romano (= mi chiedo "ma che davvero?") da quando leggo il blog di Wonderland, a dirla tutta :-PClaudio, ben ti sta: Splinder ti ha punito per le tue basse insinuazioni!Terrorizzato il pover'uomo? Io? Ma se ero una dolce bambinetta con tanta voglia di studiare!!
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Lucyette
Marinz, penso in romano (= mi chiedo "ma che davvero?") da quando leggo il blog di Wonderland, a dirla tutta :-PClaudio, ben ti sta: Splinder ti ha punito per le tue basse insinuazioni!Terrorizzato il pover'uomo? Io? Ma se ero una dolce bambinetta con tanta voglia di studiare!!
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utente anonimo
Che bello quest'augurio!!In effetti, non è semplice trovare dei buoni (in tutti i sensi) insegnanti.^_^Aerie
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altarf
Dirigenti di una volta !Ho lavorato per molti anni con un Direttore Diadttico che ricordava nome e cognome, da nubile e coniugata ( allora usava : " Vianello Maria in Casagrande" ) , non solo di tutte le insegnati di ruolo , ma delle supplenti. Categoria, quella delle supplenti, oramai in via di estinzione , ma allora molto numerosa. L'ultima direttrice che ho avuto , in compenso , non ricordava nemmeno in quale classe mi aveva cacciato, e con chi !Anch'io auguro a tutti, studenti , insegnanti , genitori un anno scolastico tranquillo e operoso. Speriamo bene !Ornella
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altarf
Dirigenti di una volta !Ho lavorato per molti anni con un Direttore Diadttico che ricordava nome e cognome, da nubile e coniugata ( allora usava : " Vianello Maria in Casagrande" ) , non solo di tutte le insegnati di ruolo , ma delle supplenti. Categoria, quella delle supplenti, oramai in via di estinzione , ma allora molto numerosa. L'ultima direttrice che ho avuto , in compenso , non ricordava nemmeno in quale classe mi aveva cacciato, e con chi !Anch'io auguro a tutti, studenti , insegnanti , genitori un anno scolastico tranquillo e operoso. Speriamo bene !Ornella
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utente anonimo
Auguri a tutti gli studenti delle scuole :PIl tuo preside però è un caso umano O_ODaniele
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utente anonimo
Auguri a tutti gli studenti delle scuole :PIl tuo preside però è un caso umano O_ODaniele
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Lucyette
Aerie: ma quando li trovi, incidono davvero :-)Ornella, ma questo è allucinante: mi stai dicendo che ci sono presidi che non si ricordano nemmeno quale docente insegni in quale classe??Ma quante sezioni aveva, 'sta scuola? Come minimo una cinquantina, mi auguro… :-|Daniele, in realtà no: non è un caso unico. (Quasi) tutti i magnifici e fantastici professori che ho avuto la fortuna di incontrare nel mio magnifico e fantastico liceo, sono così. Magnifici e fantastici, per l'appunto.:-)
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Lucyette
Aerie: ma quando li trovi, incidono davvero :-)Ornella, ma questo è allucinante: mi stai dicendo che ci sono presidi che non si ricordano nemmeno quale docente insegni in quale classe??Ma quante sezioni aveva, 'sta scuola? Come minimo una cinquantina, mi auguro… :-|Daniele, in realtà no: non è un caso unico. (Quasi) tutti i magnifici e fantastici professori che ho avuto la fortuna di incontrare nel mio magnifico e fantastico liceo, sono così. Magnifici e fantastici, per l'appunto.:-)
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flalia
Anch'io ho avuto molta fortuna con i professori del liceo (classico anch'io!), ma un preside così… non credevo nemmeno che esistesse! Anch'io il primo giorno di ginnasio ero nella tua stessa identica situazione!
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flalia
Anch'io ho avuto molta fortuna con i professori del liceo (classico anch'io!), ma un preside così… non credevo nemmeno che esistesse! Anch'io il primo giorno di ginnasio ero nella tua stessa identica situazione!
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flalia
Sì è capito "anch'io"? L'ho scritto tre volte in tre righe!
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utente anonimo
la nostra preside invece era un'arpia e dopo due settimane di ginnasio sapeva già come mi chiamavo e dove abitavo, ma usava queste info solo per farmi il culo quando arrivavo in ritardo la mattina 😉
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utente anonimo
la nostra preside invece era un'arpia e dopo due settimane di ginnasio sapeva già come mi chiamavo e dove abitavo, ma usava queste info solo per farmi il culo quando arrivavo in ritardo la mattina 😉
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altarf
Ebbene sì, cara Lucyette!Nelle scuole oramai si trova di tutto!Se fossi brava come te a scrivere, potrei raccontarne delle belle!Un saluto,Ornella
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StellaSenna
Costava un sacco di soldi quella scuola, immagino 😛
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Lucyette
Flalia, ti ringrazio per la tua notevole partecipazione emotiva Pane e Rose: ebbeh, anche giustamente… ;-)Ornella, in effetti ho presente alcuni casi di professoresse-blogger che sono diventate famose dopo aver scritto un libro sulle loro disavventure scolastiche… chissà perché, ma la cosa non mi stupisce affatto… :-SStella: ma no, non costava nemmeno tanto in realtà – una retta nella media, devo dire, molto onesta. Se ci fossero più buoni scuola per le famiglie, e più aiuti alle scuole parificate da parte dello Stato, sarebbe costata ancor di meno 🙂
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StellaSenna
Se ci fossero più buoni scuola per le famiglie, e più aiuti alle scuole parificate da parte dello Stato, sarebbe costata ancor di menoSu questo non sono daccordo.Aiuti alle scuole parificate dello Stato? E perchè mai?Puoi scegliere, c'è la scuola pubblica, nessuno ti obbliga a scegliere la privata.Che poi io alla privata ho fatto le elementari e la prima media… poi ho voluto cambiare (e i miei non erano molto dell'idea), preferivo la pubblica…
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StellaSenna
Se ci fossero più buoni scuola per le famiglie, e più aiuti alle scuole parificate da parte dello Stato, sarebbe costata ancor di menoSu questo non sono daccordo.Aiuti alle scuole parificate dello Stato? E perchè mai?Puoi scegliere, c'è la scuola pubblica, nessuno ti obbliga a scegliere la privata.Che poi io alla privata ho fatto le elementari e la prima media… poi ho voluto cambiare (e i miei non erano molto dell'idea), preferivo la pubblica…
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Lucyette
(Lol, volevo scrivere paritaria, non parificata! Scusate! :-D)Beh… ad esempio, Stella, anche solo per il fatto che la Repubblica Italiana risparmia una barcata di soldi per ogni singolo studente che viene educato a spese altrui. Fosse anche solo per una questione di economia, dovrebbe incentivare quegli istituti che formano "a costo zero" decine e decine di ottimi studenti; ma anche solo per una questione di logica! In un articolo di Luigi Illiano su Sole 24 Ore del 7/06/08, giusto a titolo di esempio, (e in altri articoli dello stesso autore), si scriveva che lo Stato spende oltre 6.500 euro all'anno per alunno, dalle elementari alle superiori, mentre per ogni studente delle paritarie la cifra statale erogata è di 500 euro. "Un'intera scuola paritaria finisce per costare al ministero dell'Istruzione meno di quanto spende per un solo alunno della statale". Un conto fatto circolare tra le paritarie quantificava il risparmio dello Stato in:- € 5.532 per ogni alunno della Scuola dell’Infanzia;- € 6.500 per un alunno della Scuola Primaria;- € 7.582 per ogni alunno della Scuola Sec. di I grado;- € 8.057 per ogni alunno della Sc. Sec. di II gr.Non mi sembra affatto poco; e ripeto: foss'anche solo per una questione di pura logica…(Tutto ciò, al di là del sacrosanto diritto della famiglia di scegliere in quale istituto far studiare i propri figli; diritto che mi risulta proprio essere riconosciuto dalla legge, peraltro, anche se questo non è il mio campo. Ma ripeto: al di là della scelta educativa, fosse anche solo per una questione pratica…).(N.B. Metto le mani avanti: ogni discussione sulle scuole statali e paritarie per me è interessantissimo; purtroppo in questi giorni sono oberata dallo studio e quindi può darsi che intervenga un po' lentamente, in una eventuale discussione a tema che si dovesse sviluppare, però intervengo, eh! Portate solo un po' di pazienza :-P)
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Lucyette
(Lol, volevo scrivere paritaria, non parificata! Scusate! :-D)Beh… ad esempio, Stella, anche solo per il fatto che la Repubblica Italiana risparmia una barcata di soldi per ogni singolo studente che viene educato a spese altrui. Fosse anche solo per una questione di economia, dovrebbe incentivare quegli istituti che formano "a costo zero" decine e decine di ottimi studenti; ma anche solo per una questione di logica! In un articolo di Luigi Illiano su Sole 24 Ore del 7/06/08, giusto a titolo di esempio, (e in altri articoli dello stesso autore), si scriveva che lo Stato spende oltre 6.500 euro all'anno per alunno, dalle elementari alle superiori, mentre per ogni studente delle paritarie la cifra statale erogata è di 500 euro. "Un'intera scuola paritaria finisce per costare al ministero dell'Istruzione meno di quanto spende per un solo alunno della statale". Un conto fatto circolare tra le paritarie quantificava il risparmio dello Stato in:- € 5.532 per ogni alunno della Scuola dell’Infanzia;- € 6.500 per un alunno della Scuola Primaria;- € 7.582 per ogni alunno della Scuola Sec. di I grado;- € 8.057 per ogni alunno della Sc. Sec. di II gr.Non mi sembra affatto poco; e ripeto: foss'anche solo per una questione di pura logica…(Tutto ciò, al di là del sacrosanto diritto della famiglia di scegliere in quale istituto far studiare i propri figli; diritto che mi risulta proprio essere riconosciuto dalla legge, peraltro, anche se questo non è il mio campo. Ma ripeto: al di là della scelta educativa, fosse anche solo per una questione pratica…).(N.B. Metto le mani avanti: ogni discussione sulle scuole statali e paritarie per me è interessantissimo; purtroppo in questi giorni sono oberata dallo studio e quindi può darsi che intervenga un po' lentamente, in una eventuale discussione a tema che si dovesse sviluppare, però intervengo, eh! Portate solo un po' di pazienza :-P)
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Nacochan
Tu sei circondata da troppi gentleman (tornando al nostro link su FB): persino il preside! Il mio già è tanto se sapeva il nome dei propri colleghi! O_O
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Nacochan
Tu sei circondata da troppi gentleman (tornando al nostro link su FB): persino il preside! Il mio già è tanto se sapeva il nome dei propri colleghi! O_O
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utente anonimo
Guarda, io sarei contrario al finanziamento dello Stato per le scuole private. In molti Paesi esteri è così e non vedo perchè in Italia si debba fare diversamente. Una persona decide liberamente di rivolgersi al privato anzichè al pubblico, in qualsiasi campo. Il settore pubblico sarebbe costato meno perchè è finanziato dallo stato (cioè dalle tasse) ma per diversi motivi opta per il privato. Perchè lo stato dovrebbe sentirsi in debito verso il privato per il fatto che gli ha fatto risparmiare dei soldi? Allora in pratica ogni volta che uno si rivolge al privato, siccome ha fatto risparmiare il settore pubblico, fosse pure per un pranzo al bar piuttosto che alla sua mensa universitaria, lo Stato dovrebbe pagarlo o pagare quel privato perchè ha speso meno? Così praticamente ogni cosa che tu faresti al di fuori del settore pubblico o quasi dovrebbe essere in qualche modo indennizzata dallo stato O__O cioè dal cittadino, cioè anche da te, cioè anche da me (e a questo punto ti direi: vai dal pubblico e nn mi fa spende così tanto di tasse! 😛 ). Secondo me il sistema non funziona 😛 Se ti avvali del privato, rinunci a qualsiasi beneficio (e anche ai problemi) che ti potrebbe venir fuori rivolgendoti al pubblico.Daniele
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StellaSenna
Anche solo per il fatto che la Repubblica Italiana risparmia una barcata di soldi per ogni singolo studente che viene educato a spese altruiLa repubblica italiana offre il servizio pubblico, se tu decidi di avvalerti del privato è una decisione TUA e paghi. Nessuno ti costringe al privato, è una libera scelta.Fosse anche solo per una questione di economia, dovrebbe incentivare quegli istituti che formano "a costo zero" decine e decine di ottimi studentCosi però non è piu a costo zeroNon mi sembra affatto poco; e ripeto: foss'anche solo per una questione di pura logica…E' no, non ce la vedo proprio la logica io. ripeto, lo stato ti mette a disposizione un servizio e lo paga lui. se tu non ne vuoi usufruire e vuoi rivolgerti ad altri son fatti tuoi…mica dello stato che, in questo caso, dovrebbe pagare comunque… ???Tutto ciò, al di là del sacrosanto diritto della famiglia di scegliere in quale istituto far studiare i propri figli; diritto che mi risulta proprio essere riconosciuto dalla legge, Alt!Certo che hai diritto di scegliere… puoi scegliere tra la scuola pubblica X o la scuola pubblica Y, se vuoi altro, son fatti tuoi, e paghi…E' un po' come quando fai una visita, puoi scegliere se aspettare la mutua oppure rivolgerti al privato, e pagare.Io personalmente opto per la seconda e pago, ma poi non è che vado dallo stato a rompere le palle perchè non ho usufruito del suo servizio e quindi dovrebbe darmi dei soldi… (ok, rompo all'assicurazione, ma indovina un po' chi la paga, l'assicurazione??)
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StellaSenna
Anche solo per il fatto che la Repubblica Italiana risparmia una barcata di soldi per ogni singolo studente che viene educato a spese altruiLa repubblica italiana offre il servizio pubblico, se tu decidi di avvalerti del privato è una decisione TUA e paghi. Nessuno ti costringe al privato, è una libera scelta.Fosse anche solo per una questione di economia, dovrebbe incentivare quegli istituti che formano "a costo zero" decine e decine di ottimi studentCosi però non è piu a costo zeroNon mi sembra affatto poco; e ripeto: foss'anche solo per una questione di pura logica…E' no, non ce la vedo proprio la logica io. ripeto, lo stato ti mette a disposizione un servizio e lo paga lui. se tu non ne vuoi usufruire e vuoi rivolgerti ad altri son fatti tuoi…mica dello stato che, in questo caso, dovrebbe pagare comunque… ???Tutto ciò, al di là del sacrosanto diritto della famiglia di scegliere in quale istituto far studiare i propri figli; diritto che mi risulta proprio essere riconosciuto dalla legge, Alt!Certo che hai diritto di scegliere… puoi scegliere tra la scuola pubblica X o la scuola pubblica Y, se vuoi altro, son fatti tuoi, e paghi…E' un po' come quando fai una visita, puoi scegliere se aspettare la mutua oppure rivolgerti al privato, e pagare.Io personalmente opto per la seconda e pago, ma poi non è che vado dallo stato a rompere le palle perchè non ho usufruito del suo servizio e quindi dovrebbe darmi dei soldi… (ok, rompo all'assicurazione, ma indovina un po' chi la paga, l'assicurazione??)
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StellaSenna
Ah, un'altra cosa: lo stato italiano non ha un cent.La scuola men che meno (e credo basti aprire un giornale qualsiasi per rendersene conto), adesso spiegami anche perchè dovrebbe contribuire all'istruzione di ALTRI quando non riesce a provvedere alla propria…
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StellaSenna
Ah, un'altra cosa: lo stato italiano non ha un cent.La scuola men che meno (e credo basti aprire un giornale qualsiasi per rendersene conto), adesso spiegami anche perchè dovrebbe contribuire all'istruzione di ALTRI quando non riesce a provvedere alla propria…
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ClaudioLXXXI
Vediamo se ho capito: lo Stato paga ovviamente il 100% delle spese delle scuole pubbliche (principalmente gli stipendi e le pensioni dei docenti). Può anche decidere di pagare un x % delle spese delle scuole private, mentre la restante spesa delle scuole private è pagata dalle scuole stesse (che si sostengono tramite rette, donazioni e altro).Se le scuole private diminuiscono, quegli studenti devono andare alle scuole pubbliche, dunque cresce il bisogno di scuola pubblica, dunque crescono i costi per la scuola pubblica.Se le scuole private aumentano, viceversa, diminuiscono gli studenti che vanno alla scuola pubblica, –> meno spesa per lo Stato.A questo punto un matematico potrebbe anche scoprire che incentivare le famiglie a scegliere le scuole private, perfino tramite buoni scuola, conviene allo Stato. Perchè quello che lo Stato spende come partecipazione alle spese delle scuole private (x %) è comunque minore di quello che spenderebbe per la scuola pubblica (100%).Matematica.Poi se si vuole fare un altro discorso di tipo politico e ideologico, sulle scuole private che sono diplomifici (ce ne sono), sull'educazione che viene impartita in certe scuole (madrase eccetera)… si può fare. Certo si potrebbero fare anche considerazioni sull'egemonia culturale di un certo tipo dominante nelle scuole, sull'inquinamento sindacale, la scuola come distributore di lavoro per le clientele politiche, l'inefficienza sprecona eccetera… se ne può parlare. Ci si potrebbe fare un bel discorso, veramente.Però sarebbe un discorso di tipo ideologico, non economico. Matematicamente ed economicamente il problema è già risolto e quel 6500 VS 500, se è vero, taglia la testa al toro. Il resto sono chiacchiere (ideologia, cioè appunto chiacchiere).Tutto questo scritto da uno che ha sempre fatto la scuola pubblica e sa di cosa parla.
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StellaSenna
Se le scuole private aumentano, viceversa, diminuiscono gli studenti che vanno alla scuola pubblica, –> meno spesa per lo Stato.…e chi l'ha detto?In ogni caso io di ideologico non ci ho messo nulla.Almeno, non mi pare
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StellaSenna
Se le scuole private aumentano, viceversa, diminuiscono gli studenti che vanno alla scuola pubblica, –> meno spesa per lo Stato.…e chi l'ha detto?In ogni caso io di ideologico non ci ho messo nulla.Almeno, non mi pare
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ClaudioLXXXI
meno studenti per la scuola pubblica –> meno bisogno di scuola pubblica –> meno soldi da spendere per la scuola pubblica.
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ClaudioLXXXI
meno studenti per la scuola pubblica –> meno bisogno di scuola pubblica –> meno soldi da spendere per la scuola pubblica.
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StellaSenna
No scusa, chi l'ha detto era per la prima parte della frase:Se le scuole private aumentano, viceversa, diminuiscono gli studenti che vanno alla scuola pubblicaChi ha detto che se le scuole private aumentano, aumentano anche gli studenti che le frequentano?
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StellaSenna
No scusa, chi l'ha detto era per la prima parte della frase:Se le scuole private aumentano, viceversa, diminuiscono gli studenti che vanno alla scuola pubblicaChi ha detto che se le scuole private aumentano, aumentano anche gli studenti che le frequentano?
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ClaudioLXXXI
Sì beh, qualcuno potrebbe anche decidere di costruire scuole vuote per studenti inesistenti, ma mi pare ipotesi poco realistica.Riproviamo.Supponiamo di avere nello Stato Y 1000 studenti. 900 vanno alla scuola pubblica e 100 in scuole private.Lo Stato spende 100 € per ogni studente di scuola pubblica, tra docenti e riscaldamento e ristrutturazione edifici e tutto quanto. Le famiglie pagano 0.Lo Stato spende in buoni scuola 10 € per ogni studente di scuola privata, perchè il resto se lo pagano loro. Perciò ci sono scuole che fanno pagare più, uguale o meno a 90 € per studente, a seconda della qualità del loro servizio.Lo Stato spende in totale (900*100) + (100*10)=90.000+1.000= 91.000 €.Lo Stato decide di incentivare la scuola privata. Decide perciò di aumentare il buono scuola a 20 €. In conseguenza di ciò, le scuole possono permettersi di far scendere la retta per famiglia a 80 €, oppure possono lasciare la retta intatta ma aumentare la qualità del servizio. Supponiamo allora che altre 100 famiglie decidano che 90 erano troppi, ma 80 se li possono permettere, oppure che per un aumentato servizio vale la pena fare quella spesa, e trasferiscano i loro figli dalla scuola pubblica a quella privata.Perciò ora lo Stato spende in totale (800*100) + (200*20) = 80.000 + 4.000 =84.000 €.Matematica.Se non è ancora chiaro posso fare i disegnini, splinder permettendo.
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ClaudioLXXXI
Naturalmente l'ipotesi è semplificata e non tiene conto di vari fattori: le variazioni di studenti da un anno all'altro, la diversa spesa per elementari/medie/superiori (come si chiamavano quando ero studente io che sono classe '81), eccetera.La difficoltà maggiore in effetti è dire agli insegnanti di scuola pubblica che non c'è più tanto bisogno di loro e che lo Stato non può permettersi di pagare per niente.E far capire ai sindacati che la scuola esiste innanzitutto per tutelare gli interessi di chi impara, non di chi insegna.
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ClaudioLXXXI
Naturalmente l'ipotesi è semplificata e non tiene conto di vari fattori: le variazioni di studenti da un anno all'altro, la diversa spesa per elementari/medie/superiori (come si chiamavano quando ero studente io che sono classe '81), eccetera.La difficoltà maggiore in effetti è dire agli insegnanti di scuola pubblica che non c'è più tanto bisogno di loro e che lo Stato non può permettersi di pagare per niente.E far capire ai sindacati che la scuola esiste innanzitutto per tutelare gli interessi di chi impara, non di chi insegna.
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StellaSenna
Il tuo discorso (matematico) è chiarissimo, non ho bisogno di disegnini…………….. te pensa che ho preso anche una laurea, per evitare di farmi far disegnini…Quello che intendevo io, con l'ultimo commento, era che non è detto che aumentando il numero di scuole private aumenti anche il numero di studenti che le vogliano/possano frequentare… E' solo una supposizione, mi pare…
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StellaSenna
Il tuo discorso (matematico) è chiarissimo, non ho bisogno di disegnini…………….. te pensa che ho preso anche una laurea, per evitare di farmi far disegnini…Quello che intendevo io, con l'ultimo commento, era che non è detto che aumentando il numero di scuole private aumenti anche il numero di studenti che le vogliano/possano frequentare… E' solo una supposizione, mi pare…
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ClaudioLXXXI
Proseguendo nell'ipotesi, e ipotizzando un trasferimento di 100 studenti dal pubblico al privato per ogni aumento di 10 € di buoni scuola, la progressione è:700*100 + 300*30 = 70.000+ 9.000 = 79.000600*100 + 400*40 = 60.000+16.000 = 76.000500*100 + 500*50 = 50.000+25.000 = 75.000400*100 + 600*60 = 40.000+36.000 = 76.000300*100 + 700*70 = 30.000+49.000 = 79.000200*100 + 800*80 = 20.000+64.000 = 84.000100*100 + 900*90 = 1.000+81.000 = 82.000Perciò per lo Stato Y la soluzione ideale è pagare metà della retta delle scuole private.Naturalmente Y potrebbe ottenere vantaggi ulteriori se differenziasse i buoni scuola per fasce (mica deve per forza pagare a tutte le famiglie, abbienti o non abbienti, lo stesso buono scuola), o se incentivasse le scuole private in modi anche non economici, eccetera.
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ClaudioLXXXI
Proseguendo nell'ipotesi, e ipotizzando un trasferimento di 100 studenti dal pubblico al privato per ogni aumento di 10 € di buoni scuola, la progressione è:700*100 + 300*30 = 70.000+ 9.000 = 79.000600*100 + 400*40 = 60.000+16.000 = 76.000500*100 + 500*50 = 50.000+25.000 = 75.000400*100 + 600*60 = 40.000+36.000 = 76.000300*100 + 700*70 = 30.000+49.000 = 79.000200*100 + 800*80 = 20.000+64.000 = 84.000100*100 + 900*90 = 1.000+81.000 = 82.000Perciò per lo Stato Y la soluzione ideale è pagare metà della retta delle scuole private.Naturalmente Y potrebbe ottenere vantaggi ulteriori se differenziasse i buoni scuola per fasce (mica deve per forza pagare a tutte le famiglie, abbienti o non abbienti, lo stesso buono scuola), o se incentivasse le scuole private in modi anche non economici, eccetera.
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Lucyette
A parte che concordo pienamente con Claudio (cioè, più che altro mi sembra oggettivamente difficile non concordare…), un commento al volo ché come dicevo ieri son sommersa dallo studio.Stella: "non è detto che aumentando il numero di scuole private aumenti anche il numero di studenti che le vogliano/possano frequentare".Se aumenti le scuole, in effetti non è detto; se aumenti gli aiuti economici alle famiglie potenzialmente interessate, stai precisamente aumentando il numero di studenti che le possono frequentare, a dire il vero :-D(Peraltro, giusto per la cronaca, le scuole paritarie hanno bisogno di un quantitativo minimo di studenti per avviare ogni classe(non mi ricordo più se 6 o 8): se non arrivano a quella cifra, non possono avviare la classe; se per due anni consecutivi non avviano una classe, perdono la parificazione; se perdono la parificazione, ovviamente lo Stato smette di considerarle. Quindi, a parte il fatto che lo Stato ci risparmierebbe comunque anche se dovesse sostenere economicamente istituti con solo pochissimi studenti… a parte quello, dicevo, se il tuo problema era il proliferare di scuole non-statali con pochi studenti iscritti, beh, sappi che il problema non si pone proprio :-P)
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Lucyette
A parte che concordo pienamente con Claudio (cioè, più che altro mi sembra oggettivamente difficile non concordare…), un commento al volo ché come dicevo ieri son sommersa dallo studio.Stella: "non è detto che aumentando il numero di scuole private aumenti anche il numero di studenti che le vogliano/possano frequentare".Se aumenti le scuole, in effetti non è detto; se aumenti gli aiuti economici alle famiglie potenzialmente interessate, stai precisamente aumentando il numero di studenti che le possono frequentare, a dire il vero :-D(Peraltro, giusto per la cronaca, le scuole paritarie hanno bisogno di un quantitativo minimo di studenti per avviare ogni classe(non mi ricordo più se 6 o 8): se non arrivano a quella cifra, non possono avviare la classe; se per due anni consecutivi non avviano una classe, perdono la parificazione; se perdono la parificazione, ovviamente lo Stato smette di considerarle. Quindi, a parte il fatto che lo Stato ci risparmierebbe comunque anche se dovesse sostenere economicamente istituti con solo pochissimi studenti… a parte quello, dicevo, se il tuo problema era il proliferare di scuole non-statali con pochi studenti iscritti, beh, sappi che il problema non si pone proprio :-P)
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altarf
Secondo me sarebbe meglio spostare la discussione dal puro dato economico e passare a considerazioni di valore pedagogico e didattico. Perché un genitore sceglie la scuola privata? Secondo me i motivi possono essere diversi, anche se non tutti condivisibili. Spesso la prima motivazione è legata al fatto che la scuola privata prevede un orario più lungo, a volte oltre le otto ore giornaliere del tempo pieno; gli edifici e gli spazi sono piacevoli e generalmente più curati (potrei dire puliti), rispetto a quelli della scuola pubblica; nella scuola privata, si presume, la provenienza sociale è più omogenea (brutalmente, non ci sono alunni diversamente abili e/o stranieri); spesso l'offerta di attività extrascolastiche, come uscite didattiche, settimane bianche è garantita; Infine , ma non meno importante, la scuola privata si ispira molto a valori che, condivisi dalla famiglia, offrono la garanzia di obiettivi educativi, chiari e riconosciuti.Soprattutto questo ultimo punto, secondo me, nella scuola pubblica non è più così chiaramente definito come era qualche decennio fa, quando, tanto per dirne una, il dirigente non era un manager, ma si chiamava Direttore Didattico e "vigilava" infatti anche sull'operato degli insegnanti. Il genitore, oggi più che mai, deve confidare nella buona sorte e sperare che suo figlio capiti in una classe non troppo numerosa, dove non siano presenti troppi compagni stranieri o diversamente abili (cerchiamo di non essere ipocriti: nessuno iscrive alla prima classe il suo pargoletto di sei anni nella speranza che il suo compagno di banco sia un diversamente abile , caratteriale o straniero), che le insegnanti abbiano un minimo di esperienza e una anzianità di servizio tale da garantire la continuità didattica. Obiettivi educativi, malgrado le roboanti programmazioni : educazione al suono e alla musica , educazione all'immagine , educazione alla cittadinanza, educazione motoria…. non ce ne sono , a meno che non vogliamo parlare della generica socializzazione, che forse i bambini conquisterebbero meglio da soli, giocando al parco pubblico. Non voglio parlare del momento "educativo" della mensa scolastica, che spesso si trasforma in una grandissima bagarre, dove tutti urlano e non mangiano ( si riempiono bidoni di rifiuti organici) , degli zainetti dove i ragazzi devono riporre piatti e stoviglie usati e che , lasciati a fermentare nei corridoi nei caldi pomeriggi di maggio, spargono per scuola l'inconfondibile profumo da discarica. In conclusione: o si trova il modo di far funzionare una scuola pubblica decente, o, scusate, ma è perfettamente comprensibile che chi ha i mezzi finanziari iscriva i suoi figli a una scuola privata. E' perfettamente comprensibile che , anche nel settore pubblico, si creino scuole di serie A e altre che tutti , potendolo fare , evitano…. La tanto voluta e auspicata autonomia didattica questo ha provocato. E non ho detto nulla degli insegnanti. Stendiamo un velo pietoso.Scusate se vi ho annoiatoOrnella
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altarf
Secondo me sarebbe meglio spostare la discussione dal puro dato economico e passare a considerazioni di valore pedagogico e didattico. Perché un genitore sceglie la scuola privata? Secondo me i motivi possono essere diversi, anche se non tutti condivisibili. Spesso la prima motivazione è legata al fatto che la scuola privata prevede un orario più lungo, a volte oltre le otto ore giornaliere del tempo pieno; gli edifici e gli spazi sono piacevoli e generalmente più curati (potrei dire puliti), rispetto a quelli della scuola pubblica; nella scuola privata, si presume, la provenienza sociale è più omogenea (brutalmente, non ci sono alunni diversamente abili e/o stranieri); spesso l'offerta di attività extrascolastiche, come uscite didattiche, settimane bianche è garantita; Infine , ma non meno importante, la scuola privata si ispira molto a valori che, condivisi dalla famiglia, offrono la garanzia di obiettivi educativi, chiari e riconosciuti.Soprattutto questo ultimo punto, secondo me, nella scuola pubblica non è più così chiaramente definito come era qualche decennio fa, quando, tanto per dirne una, il dirigente non era un manager, ma si chiamava Direttore Didattico e "vigilava" infatti anche sull'operato degli insegnanti. Il genitore, oggi più che mai, deve confidare nella buona sorte e sperare che suo figlio capiti in una classe non troppo numerosa, dove non siano presenti troppi compagni stranieri o diversamente abili (cerchiamo di non essere ipocriti: nessuno iscrive alla prima classe il suo pargoletto di sei anni nella speranza che il suo compagno di banco sia un diversamente abile , caratteriale o straniero), che le insegnanti abbiano un minimo di esperienza e una anzianità di servizio tale da garantire la continuità didattica. Obiettivi educativi, malgrado le roboanti programmazioni : educazione al suono e alla musica , educazione all'immagine , educazione alla cittadinanza, educazione motoria…. non ce ne sono , a meno che non vogliamo parlare della generica socializzazione, che forse i bambini conquisterebbero meglio da soli, giocando al parco pubblico. Non voglio parlare del momento "educativo" della mensa scolastica, che spesso si trasforma in una grandissima bagarre, dove tutti urlano e non mangiano ( si riempiono bidoni di rifiuti organici) , degli zainetti dove i ragazzi devono riporre piatti e stoviglie usati e che , lasciati a fermentare nei corridoi nei caldi pomeriggi di maggio, spargono per scuola l'inconfondibile profumo da discarica. In conclusione: o si trova il modo di far funzionare una scuola pubblica decente, o, scusate, ma è perfettamente comprensibile che chi ha i mezzi finanziari iscriva i suoi figli a una scuola privata. E' perfettamente comprensibile che , anche nel settore pubblico, si creino scuole di serie A e altre che tutti , potendolo fare , evitano…. La tanto voluta e auspicata autonomia didattica questo ha provocato. E non ho detto nulla degli insegnanti. Stendiamo un velo pietoso.Scusate se vi ho annoiatoOrnella
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altarf
Chiedo scusa, trattasi di autonomia scolastica , non didattica.Un sistema che ha portato le scuole elementari a dover chiedere ai genitori soldi per la carta igienica, il sapone , i gessi per la lavagna ( sono sempre le stesse, le vecchie lavagne dei vostri nonni, le lavagne multimediali le ha viste solo la Gelmini alla televisione ) , la carta per le fotocopie ( queste sarebbero da abolire, ma tant'è, senza una fotocopia da incollare e colorare pare che il fanciullo non si convinca a usare il ben dell'intelletto), e, naturalmente, il contributo per i famosi "progetti".Alla faccia dell'istruzione pubblica obbligatoria e gratuita…
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altarf
Chiedo scusa, trattasi di autonomia scolastica , non didattica.Un sistema che ha portato le scuole elementari a dover chiedere ai genitori soldi per la carta igienica, il sapone , i gessi per la lavagna ( sono sempre le stesse, le vecchie lavagne dei vostri nonni, le lavagne multimediali le ha viste solo la Gelmini alla televisione ) , la carta per le fotocopie ( queste sarebbero da abolire, ma tant'è, senza una fotocopia da incollare e colorare pare che il fanciullo non si convinca a usare il ben dell'intelletto), e, naturalmente, il contributo per i famosi "progetti".Alla faccia dell'istruzione pubblica obbligatoria e gratuita…
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nihilalieno
Non ho letto i commenti, ma il tuo post mi ha uccisa. Io non azzecco il nome di un mio studente neanche dopo otto anni di scuola (medie+liceo). Vado a suicidarmi.
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nihilalieno
Non ho letto i commenti, ma il tuo post mi ha uccisa. Io non azzecco il nome di un mio studente neanche dopo otto anni di scuola (medie+liceo). Vado a suicidarmi.
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Lucyette
LOL
Beh, ti capisco benissimo, in realtà: io faccio una fatica tremenda a ricordare i nomi della gente; penso che come insegnante collezionerei una figuraccia dopo l'altra!
Ma non disperare: se non ci ricordiamo i nomi, possiamo sempre metterci a scambiare convenevoli. Anche questa cosa mi piace(va) un sacco, nel mio preside u_u
(Ma come diavolo fa la gente a ricordarsi i nomi di una intera classe di ragazzi dopo pochissimi giorni?? Io non ci riuscirei mai: continuerei a sbagliare, i ragazzi mi deriderebbero, perderebbero la già poca stima che hanno in me, mi prenderebbero in giro, AAAARGH!!!).
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Lucyette
LOL
Beh, ti capisco benissimo, in realtà: io faccio una fatica tremenda a ricordare i nomi della gente; penso che come insegnante collezionerei una figuraccia dopo l'altra!
Ma non disperare: se non ci ricordiamo i nomi, possiamo sempre metterci a scambiare convenevoli. Anche questa cosa mi piace(va) un sacco, nel mio preside u_u
(Ma come diavolo fa la gente a ricordarsi i nomi di una intera classe di ragazzi dopo pochissimi giorni?? Io non ci riuscirei mai: continuerei a sbagliare, i ragazzi mi deriderebbero, perderebbero la già poca stima che hanno in me, mi prenderebbero in giro, AAAARGH!!!).
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Lucyette
Riesumo questo post e relativi commenti perché giusto stamattina ho letto su La voce del popolo, che è il settimanale diocesano di Torino, un articolo molto interessante sulla parità scolastica, che corona (l’articolo, non la parità scolastica :-P) tutto il discorso di Claudio.
Ornella, tu hai perfettamente ragione e io non mi sono dimenticata dell’aspetto puramente didattico/pedagogico: anzi. Avrei tantissime cose da dire in materia e le dirò senz’altro, ma purtroppo rimando a un altro momento perché:
a) adesso non ho più tempo di scrivere :-P,
b) e già abbastanza lungo l’articolo che vi copio.
L’articolo è per l’appunto tratto da La voce del popolo di questa settimana, con minimi tagli miei e qualche aggiunta.
______________________________________
Lungo il complesso percorso per la realizzazione della parità, anche economica, della scuola non statale, che fa parte, ai sensi della Legge n. 62 del 2000, del sistema nazionale d’istruzione.
[Nota di Lucyette: okay, su questo punto son pignola, ma lo scrivo. In base alla legge 62/2000 (peraltro emanata da un governo di centrosinistra, per la cronaca) le scuole private che siano in possesso di determinati requisiti possono richiedere la parità, ed entrare a far parte a tutti gli effetti del sistema scolastico nazionale, in una posizione di parità (appunto) rispetto alla scuola statale. Quindi non ha più senso parlare di scuola “pubblica” e di scuola “privata”, siccome anche le scuole paritarie sono effettivamente pubbliche: ha più senso, semmai, parlare di “scuola (pubblica) statale” e “scuola (pubblica) non statale”. Mi rendo perfettamente conto che la “scuola privata” è stata tale per decenni, e quindi siamo portati a usare quel termine per definirla… però, tecnicamente, è un termine sbagliato, che rischia perdipiù di far passare un concetto sbagliatissimo. La scuola privata non esiste più (se non in casi rarissimi di scuole che non hanno richiesto la parificazione) (esiste semmai una scuola che è “privata” in quanto non di proprietà dello Stato, ma che contemporaneamente è “pubblica” in quanto fornisce un servizio pubblico). Ma dal punto di vista pratico esiste solo una scuola pubblica, che fornisce un servizio pubblico; e questo servizio può essere fornito dallo Stato o da privati, indifferentemente, con pari risultati e pari valore legale dei titoli conseguiti.
Mi correggano, se sbaglio, gli uomini di legge; ma il concetto dovrebbe essere questo, in soldoni].
Si continuano ad incontrare parecchi ostacoli ed obiezioni, per lo più di ordine politico e ideologico, ma anche basati su motivazioni di carattere organizzativo-strutturale e/o economico.
La prima obiezione consiste nella previsione/timore che i genitori, nel momento di scegliere tra scuola statale e scuola paritaria senza più le presenti disparità economiche, finirebbero con lo scegliere massicciamente le scuole non statali, lasciando così le statali prive di un numero di studenti adeguato all’organico del personale docente e delle stesse strutture scolastiche.
La seconda obiezione è di ordine economico. Per garantire a tutti o alla maggior parte dei genitori di scuola paritaria un trattamento equo pari a quello garantito ai genitori di scuola statale, lo Stato e/o gli enti locali dovrebbero sopportare un sensibile aggravio della spesa pubblica. E questo timore ha bloccato anche politici favorevoli in linea di principio alla parità scolastica.
È da tempo che le organizzazioni delle scuole paritarie sostengono che queste riserve di ordine organizzativo ed economico non hanno fondamento, ma servono solo a giustificare o mascherare pregiudizi politici e ideologici. Per dimostrare con dati oggettivi l’infondatezza delle due obiezioni, le principali associazioni di scuola cattolica (Fism, Fidae, Foe, Agesc, ecc.) hanno promosso una specifica ricerca coordinata da due docenti dell’Università di Genova e del Politecnico di Milano: la sociologa Luisa Ribolzi e l’economista Rommaso Agasisti.
I risultati della ricerca, condotta su un campione di genitori i cui figli frequentano l’ultimo anno delle scuole statali dell’infanzia, primaria, o secondaria di primo grado [asilo elementari e medie, Nota di Lucyette], sono stati presentati mercoledì 13 ottobre a Roma presso la sede del senato.
Dalle risposte a un apposito questionario date dai genitori i cui figli frequentano la scuola statale, emerge che:
a. Il 75% è orientato a continuare a scegliere la scuola statale, a prescindere dal dato economico;
b. Il 3,3% dopo un’esperienza nella scuola statale sceglie la scuola paritaria, indipendentemente dal costo [io sono uno di questo 3%, Nota di Lucyette];
c. Le rimanenti famiglie (circa il 20%), pur desiderando mandare i propri figli in una scuola paritaria, non lo possono fare a causa degli ostacoli economici o strutturali (per esempio non esiste nel loro territorio una scuola paritaria).
Questi dati empirici dimostrano l’infondatezza del timore di una “fuga dalla scuola statale” nel caso si attivassero meccanismi di sostegno economico alle famiglie. Infatti solo una famiglia su cinque abbandonerebbe la scuola statale per quella paritaria, senza così provocare quegli sconquassi paventati da sindacati e da alcuni politici. [Ma questo vuol anche dire, aggiunge Lucyette che è piuttosto scandalizzata dalla notizia, che UN ITALIANO SU CINQUE (1 su 5!!!) VORREBBE poter iscrivere suo figlio in una scuola parificata (pari – ficata, resa pari a quella statale), ma NON PUO’. Uno su cinque!!!].
Infine questo passaggio dalla scuola statale a quella paritaria, a seguito di un incremento del contributo dello Stato e/o delle regioni a favore delle famiglie o delle scuole paritarie, non comporterebbe un aggravio per la spesa pubblica, ma addirittura determinerebbe alcuni sensibili risparmi, che la ricerca ha quantificato nell’ordine del 20%.
Infatti, lo Stato che già oggi risparmia grazie alla presenza della scuola non statale, vedrebbe alleggerito il suo carico finanziario di fronte ad un sistema statale meno congestionato, e lo otterrebbe con un impegno di spesa non eccessivo nei confronti del settore paritario. Impegno di spesa che è stato quantificato in 1500 euro per studente. Quanto speso in più per la scuola paritaria verrebbe recuperato con i risparmi realizzati nel comparto statale, e addirittura con un saldo attivo di 130 milioni l’anno.
A questi risultati, già di per sé significativi, si devono doverosamente aggiungere alcune precisazioni. La ricerca ha riguardato solo genitori di scuola statale. Pertanto il campione rappresenta solo una parte, seppur maggioritaria, delle famiglie; e quindi, i dati finali di una indagine rivolta a tutte le famiglie, sia di scuola statale sia di scuola paritaria, rivelerebbero che l’utenza potenziale della scuola paritaria sarebbe molto più alta, ma che oggi è limitata dalla disparità di trattamento economico.
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Lucyette
Riesumo questo post e relativi commenti perché giusto stamattina ho letto su La voce del popolo, che è il settimanale diocesano di Torino, un articolo molto interessante sulla parità scolastica, che corona (l’articolo, non la parità scolastica :-P) tutto il discorso di Claudio.
Ornella, tu hai perfettamente ragione e io non mi sono dimenticata dell’aspetto puramente didattico/pedagogico: anzi. Avrei tantissime cose da dire in materia e le dirò senz’altro, ma purtroppo rimando a un altro momento perché:
a) adesso non ho più tempo di scrivere :-P,
b) e già abbastanza lungo l’articolo che vi copio.
L’articolo è per l’appunto tratto da La voce del popolo di questa settimana, con minimi tagli miei e qualche aggiunta.
______________________________________
Lungo il complesso percorso per la realizzazione della parità, anche economica, della scuola non statale, che fa parte, ai sensi della Legge n. 62 del 2000, del sistema nazionale d’istruzione.
[Nota di Lucyette: okay, su questo punto son pignola, ma lo scrivo. In base alla legge 62/2000 (peraltro emanata da un governo di centrosinistra, per la cronaca) le scuole private che siano in possesso di determinati requisiti possono richiedere la parità, ed entrare a far parte a tutti gli effetti del sistema scolastico nazionale, in una posizione di parità (appunto) rispetto alla scuola statale. Quindi non ha più senso parlare di scuola “pubblica” e di scuola “privata”, siccome anche le scuole paritarie sono effettivamente pubbliche: ha più senso, semmai, parlare di “scuola (pubblica) statale” e “scuola (pubblica) non statale”. Mi rendo perfettamente conto che la “scuola privata” è stata tale per decenni, e quindi siamo portati a usare quel termine per definirla… però, tecnicamente, è un termine sbagliato, che rischia perdipiù di far passare un concetto sbagliatissimo. La scuola privata non esiste più (se non in casi rarissimi di scuole che non hanno richiesto la parificazione) (esiste semmai una scuola che è “privata” in quanto non di proprietà dello Stato, ma che contemporaneamente è “pubblica” in quanto fornisce un servizio pubblico). Ma dal punto di vista pratico esiste solo una scuola pubblica, che fornisce un servizio pubblico; e questo servizio può essere fornito dallo Stato o da privati, indifferentemente, con pari risultati e pari valore legale dei titoli conseguiti.
Mi correggano, se sbaglio, gli uomini di legge; ma il concetto dovrebbe essere questo, in soldoni].
Si continuano ad incontrare parecchi ostacoli ed obiezioni, per lo più di ordine politico e ideologico, ma anche basati su motivazioni di carattere organizzativo-strutturale e/o economico.
La prima obiezione consiste nella previsione/timore che i genitori, nel momento di scegliere tra scuola statale e scuola paritaria senza più le presenti disparità economiche, finirebbero con lo scegliere massicciamente le scuole non statali, lasciando così le statali prive di un numero di studenti adeguato all’organico del personale docente e delle stesse strutture scolastiche.
La seconda obiezione è di ordine economico. Per garantire a tutti o alla maggior parte dei genitori di scuola paritaria un trattamento equo pari a quello garantito ai genitori di scuola statale, lo Stato e/o gli enti locali dovrebbero sopportare un sensibile aggravio della spesa pubblica. E questo timore ha bloccato anche politici favorevoli in linea di principio alla parità scolastica.
È da tempo che le organizzazioni delle scuole paritarie sostengono che queste riserve di ordine organizzativo ed economico non hanno fondamento, ma servono solo a giustificare o mascherare pregiudizi politici e ideologici. Per dimostrare con dati oggettivi l’infondatezza delle due obiezioni, le principali associazioni di scuola cattolica (Fism, Fidae, Foe, Agesc, ecc.) hanno promosso una specifica ricerca coordinata da due docenti dell’Università di Genova e del Politecnico di Milano: la sociologa Luisa Ribolzi e l’economista Rommaso Agasisti.
I risultati della ricerca, condotta su un campione di genitori i cui figli frequentano l’ultimo anno delle scuole statali dell’infanzia, primaria, o secondaria di primo grado [asilo elementari e medie, Nota di Lucyette], sono stati presentati mercoledì 13 ottobre a Roma presso la sede del senato.
Dalle risposte a un apposito questionario date dai genitori i cui figli frequentano la scuola statale, emerge che:
a. Il 75% è orientato a continuare a scegliere la scuola statale, a prescindere dal dato economico;
b. Il 3,3% dopo un’esperienza nella scuola statale sceglie la scuola paritaria, indipendentemente dal costo [io sono uno di questo 3%, Nota di Lucyette];
c. Le rimanenti famiglie (circa il 20%), pur desiderando mandare i propri figli in una scuola paritaria, non lo possono fare a causa degli ostacoli economici o strutturali (per esempio non esiste nel loro territorio una scuola paritaria).
Questi dati empirici dimostrano l’infondatezza del timore di una “fuga dalla scuola statale” nel caso si attivassero meccanismi di sostegno economico alle famiglie. Infatti solo una famiglia su cinque abbandonerebbe la scuola statale per quella paritaria, senza così provocare quegli sconquassi paventati da sindacati e da alcuni politici. [Ma questo vuol anche dire, aggiunge Lucyette che è piuttosto scandalizzata dalla notizia, che UN ITALIANO SU CINQUE (1 su 5!!!) VORREBBE poter iscrivere suo figlio in una scuola parificata (pari – ficata, resa pari a quella statale), ma NON PUO’. Uno su cinque!!!].
Infine questo passaggio dalla scuola statale a quella paritaria, a seguito di un incremento del contributo dello Stato e/o delle regioni a favore delle famiglie o delle scuole paritarie, non comporterebbe un aggravio per la spesa pubblica, ma addirittura determinerebbe alcuni sensibili risparmi, che la ricerca ha quantificato nell’ordine del 20%.
Infatti, lo Stato che già oggi risparmia grazie alla presenza della scuola non statale, vedrebbe alleggerito il suo carico finanziario di fronte ad un sistema statale meno congestionato, e lo otterrebbe con un impegno di spesa non eccessivo nei confronti del settore paritario. Impegno di spesa che è stato quantificato in 1500 euro per studente. Quanto speso in più per la scuola paritaria verrebbe recuperato con i risparmi realizzati nel comparto statale, e addirittura con un saldo attivo di 130 milioni l’anno.
A questi risultati, già di per sé significativi, si devono doverosamente aggiungere alcune precisazioni. La ricerca ha riguardato solo genitori di scuola statale. Pertanto il campione rappresenta solo una parte, seppur maggioritaria, delle famiglie; e quindi, i dati finali di una indagine rivolta a tutte le famiglie, sia di scuola statale sia di scuola paritaria, rivelerebbero che l’utenza potenziale della scuola paritaria sarebbe molto più alta, ma che oggi è limitata dalla disparità di trattamento economico.
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