I brezel: dolci amori di Quaresima

A proposito di smancerie e romanticherie da fidanzati: c’è un’altra tradizione che potrebbe fare al caso vostro, se in questi giorni volete fare una sorpresa – quaresimale, naturalmente – alla vostra bella.
Avete presente i brezel?

I brezel, sì. Quei panini diffusi in Svizzera, Austria, Germania, e in tutte le altre zone di area tedesca. Forse non lo immaginereste, ma i brezel hanno la fama di essere tra le merendine più antiche della Storia: è certo che esistessero in Francia fino a partire dal secolo VII dopo Cristo (!). Si racconta che siano stati inventati dai monaci benedettini, all’interno di chissà quale monastero. Secondo la tradizione, la forma del brezel, così particolare, aveva addirittura un significato simbolico: le due estremità che si incrociano in una specie di abbraccio stavano a indicare le braccia di un monaco che si è raccolto in preghiera, a mani giunte (mah). I tre buchi che si formavano all’interno del brezel, invece, volevano rappresentare simbolicamente la Trinità (…rimah).

Insomma: il brezel, in origine, era un cibo da monaci, in buona sostanza.
Ed era un cibo quaresimale, grazie alla semplicità della preparazione e alla povertà degli ingredienti: farina, malto, lievito di birra, sale, un poco d’acqua… insomma: un cibo di magro perfetto anche nelle epoche più antiche, quando il digiuno era molto più rigido di adesso e prevedeva l’esclusione, oltre che della carne, anche di tutti gli altri alimenti di origine animale.
Per intenderci: uova, formaggi, e latte. Veganesimo ante litteram, per così dire.

Bene: questa è la vera storia del brezel; e se in questi giorni ne mangiucchiate uno, sappiate che state facendo esattamente come i monaci benedettini di millecinquecento anni fa.
Ma – mi sembra di sentirvi – io avevo esordito promettendovi una storia di innamorati, una romanticheria da fidanzatini. E che c’entra il brezel, mi chiederete a questo punto?

***

C’entra: oh se centra!

Avete presente la domenica Laetare? Durante la quarta domenica di Quaresima, la cristianità accoglie l’invito e incomincia a rallegrarsi, pensando alla Pasqua che non è poi così lontana.
È un momento di gioia, di speranza, e di contenuti festeggiamenti…
… e, complici i tepori primaverili, magari è anche il tempo dei primi amori. O no?

Non so per voi, ma per i Lussemburghesi la risposta è senza dubbio un “sì”. La quarta domenica di Quaresima, in quelle zone, è una specie di festa degli innamorati in versione casereccia: ed è proprio a questo proposito che i brezel tornano in scena.

Sarà per la loro forma, che ricorda due braccia che si incrociano. Sarà per il loro sapore (in Lussemburgo, i brezel sono dolci). Sarà per il fatto che venivano tradizionalmente consumati in Quaresima, e dunque in Primavera, e dunque nella stagione che è dedicata per eccellenza ai fidanzamenti…
… sarà quel che sarà, insomma, ma in Lussemburgo c’è una vecchia usanza.

Tradizione vuole che, nella quarta domenica di Quaresima, il ragazzo che ha “adocchiato” una ragazza le regali un brezel.
Niente di troppo impegnativo, eh. Non so voi, ma io non ho mai sentito dire cose tipo “una pagnotta è per sempre”.
E infatti, sarà proprio la ragazza a decidere se accettare o meno il corteggiamento. E potrà anche prendersi il suo sacrosanto tempo di riflessione, il che è cosa buona e giusta: tanto per cominciare, si metterà il saccoccia il brezel e se lo mangerà tranquillamente (mica sceme le ragazze, oh!). In secondo luogo, avrà qualche settimana di tempo per pensare sul da farsi: e se dovesse decidere che quel ragazzotto le pare un tipo ammodo – uno che val la pena di conoscere meglio, insomma – … beh: a quel punto, provvederà a regalargli un uovo a Pasqua. Un tacito messaggio per dire “okay, ci sto”. E se, per disgrazia, invece, l’uovo non arriva… beh: allora, amici come prima.

A questo punto, qualche maschio potrebbe anche protestare: ma è mai possibile che, a qualsiasi latitudine, debba sempre essere il maschio a farsi avanti, e a rischiare un due di picche?!
Beh: in Lussemburgo, a quanto pare, la parità dei sessi ha fatto passi da gigante. Infatti, una volta ogni quattro anni, si invertiranno finalmente i ruoli: se l’hanno è bisestile, sarà la ragazza a dover regalare il brezel al ragazzo che le piace. E il maschio, una volta tanto, potrà finalmente accettare o rifiutare il corteggiamento, senza il rischio di dover fare il primo passo.

I brezel non stanno cuore solo agli spasimanti: in Lussemburgo, sono simbolo d’amore anche quando il sentimento si è già concretizzato. Un’altra vecchia tradizione vuole che gli sposi novelli, durante la quarta domenica di Quaresima, regalino un brezel a tutti coloro i quali erano stati invitati al loro matrimonio, profittando dell’occasione per accoglierli nella nuova casa.

E qui in Italia?
Magari non lo sapete… o forse sì, chissà. Ma anche in Italia, qualche tempo addietro, c’era una tradizione veramente molto simile.
Anche in Italia (a Roma, nello specifico) c’era un dolcetto particolare che i fidanzati romani regalavano alle loro belle una volta giunti a metà Quaresima (anche se in quel caso la bella era già stata conquistata, appunto; senza l’ausilio di pagnotte varie).

Dai. Avete capito di che dolce si tratta?
È un dolce laziale: se c’è qualche romano in linea…

 

21 risposte a "I brezel: dolci amori di Quaresima"

  1. fiordicactus

    Dolce tipico di Roma e Lazio
    I Maritozzi sono un tipico dolce laziale di origini molto antiche.
    Al tempo dei Romani, esistevano delle pagnotte dolci fatte con miele e uvetta passita; da questo pane dolce, probabilmente, derivano i Maritozzi.
    Il Maritozzo, infatti, in origine, era più grande di quello attuale; era una specie di pagnotta fatta con uova, farina, miele e burro che le donne preparavano per i propri figli e mariti che facevano i braccianti ed erano costretti a stare lontano da casa per l’intera giornata.

    Nel Medioevo queste pagnottelle, che si preparavano soprattutto nel periodo della Quaresima, divennero più piccole, di colore un po’ più scuro e arricchite con canditi e uvetta. Il Maritozzo Quaresimale era uno dei pochi "peccati di gola" concessi in quel lungo periodo spirituale di digiuno.

    Sembra che in seguito, il Maritozzo romano fu protagonista anche di un’altra tradizione: Il fidanzato lo regalava alla promessa sposa, il primo venerdì di Marzo, che oggi corrisponde alla festa di S.Valentino, e aveva in superficie delle decorazioni fatte con lo zucchero, a forma di cuore.

    Il nome deriva dalla parola marito (letteralmente piccoli mariti) e si dice anche che in tempi passati, le ragazze in età da marito, preparavano queste pagnottine per portarle in piazza dentro dei cesti e chi li faceva più buoni e più belli riceveva le attenzioni dei migliori giovanotti del paese.

    Ai nostri giorni, il maritozzo è un dolce che si trova principalmente nelle caffetterie e nelle pasticcerie romane e laziali e il più richiesto è quello farcito con panna montata.

    È la risposta giusta?????
     

    Ciao, R

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  2. fiordicactus

    Dolce tipico di Roma e Lazio
    I Maritozzi sono un tipico dolce laziale di origini molto antiche.
    Al tempo dei Romani, esistevano delle pagnotte dolci fatte con miele e uvetta passita; da questo pane dolce, probabilmente, derivano i Maritozzi.
    Il Maritozzo, infatti, in origine, era più grande di quello attuale; era una specie di pagnotta fatta con uova, farina, miele e burro che le donne preparavano per i propri figli e mariti che facevano i braccianti ed erano costretti a stare lontano da casa per l’intera giornata.

    Nel Medioevo queste pagnottelle, che si preparavano soprattutto nel periodo della Quaresima, divennero più piccole, di colore un po’ più scuro e arricchite con canditi e uvetta. Il Maritozzo Quaresimale era uno dei pochi "peccati di gola" concessi in quel lungo periodo spirituale di digiuno.

    Sembra che in seguito, il Maritozzo romano fu protagonista anche di un’altra tradizione: Il fidanzato lo regalava alla promessa sposa, il primo venerdì di Marzo, che oggi corrisponde alla festa di S.Valentino, e aveva in superficie delle decorazioni fatte con lo zucchero, a forma di cuore.

    Il nome deriva dalla parola marito (letteralmente piccoli mariti) e si dice anche che in tempi passati, le ragazze in età da marito, preparavano queste pagnottine per portarle in piazza dentro dei cesti e chi li faceva più buoni e più belli riceveva le attenzioni dei migliori giovanotti del paese.

    Ai nostri giorni, il maritozzo è un dolce che si trova principalmente nelle caffetterie e nelle pasticcerie romane e laziali e il più richiesto è quello farcito con panna montata.

    È la risposta giusta?????
     

    Ciao, R

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  3. fiordicactus

    Ecco dell'altro . . .

    Il maritozzo, nella tradizione, era molto più grande di quello che si mangia adesso, una specie di torta delle dimensioni di una pagnotta, spesso guarnita di ricami di zucchero raffiguranti cuori trafitti da una freccia, che il primo venerdì di marzo veniva donata alle fidanzate, talvolta contenente all'interno un piccolo oggettino d'oro o persino un anello.
        Durante la Quaresima, per alleviare le sofferenze del digiuno (che era rigorosissimo), fu consentito il consumo dei maritozzi "Quaresimali", quasi per compensare l'astinenza penitenziale dalle delizie alimentari. I "Quaresimali" erano più ricchi dei maritozzi normali perché completati da canditi, ed erano lievemente più piccoli e più cotti cioè più scuri in superficie.
        Scrive Giggi Zanazzo, lo studioso di tradizioni romane: "In Quaresima, per devozione, si mangiano i maritozzi; anzi c'è qualcuno che è così devoto da mangiarsene chissà quanti al giorno. Meno male che lo fa per devozione!".
        Su questa ghiotta interruzione del digiuno quaresimale, sulla bontà e sul consumo dei "Quaresimali" circolava la seguente innocente strofetta:

    Er primo è pe' li presciolosi;

    Er siconno pe' li sposi;

    Er terzo pe' I'innammorati;

    Er quarto pe' li disperati.

    Ciao, R

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  4. fiordicactus

    Ecco dell'altro . . .

    Il maritozzo, nella tradizione, era molto più grande di quello che si mangia adesso, una specie di torta delle dimensioni di una pagnotta, spesso guarnita di ricami di zucchero raffiguranti cuori trafitti da una freccia, che il primo venerdì di marzo veniva donata alle fidanzate, talvolta contenente all'interno un piccolo oggettino d'oro o persino un anello.
        Durante la Quaresima, per alleviare le sofferenze del digiuno (che era rigorosissimo), fu consentito il consumo dei maritozzi "Quaresimali", quasi per compensare l'astinenza penitenziale dalle delizie alimentari. I "Quaresimali" erano più ricchi dei maritozzi normali perché completati da canditi, ed erano lievemente più piccoli e più cotti cioè più scuri in superficie.
        Scrive Giggi Zanazzo, lo studioso di tradizioni romane: "In Quaresima, per devozione, si mangiano i maritozzi; anzi c'è qualcuno che è così devoto da mangiarsene chissà quanti al giorno. Meno male che lo fa per devozione!".
        Su questa ghiotta interruzione del digiuno quaresimale, sulla bontà e sul consumo dei "Quaresimali" circolava la seguente innocente strofetta:

    Er primo è pe' li presciolosi;

    Er siconno pe' li sposi;

    Er terzo pe' I'innammorati;

    Er quarto pe' li disperati.

    Ciao, R

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  5. utente anonimo

    Non vorrei rompere l'incanto ma… ho come l'impressione che qualcuno, forse per tenere la consistenza del brezel… vi aggiunga strutto! Altro che Quaresima 😛

    Daniele

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  6. utente anonimo

    Non vorrei rompere l'incanto ma… ho come l'impressione che qualcuno, forse per tenere la consistenza del brezel… vi aggiunga strutto! Altro che Quaresima 😛

    Daniele

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