Dracula piangeva lacrime di sangue? In effetti forse sì

Quando sei un’archivista paleografa che adesso dedica buona parte della sua vita professionale allo studio del folklore attraverso i secoli, certe notiziole sembrano esser fatte apposta per solleticare la tua attenzione. E infatti, nel mio piccolo microcosmo, è da qualche giorno che non si parla d’altro: ma quindi è vero? Un team di ricercatori dell’Università di Catania ha scoperto che Dracula colava sangue dagli occhi?

La risposta, apparentemente, è sì, e neppure si può dire che i titoloni caldi lanciati dai giornali siano frutto di semplificazione: gli studiosi dell’Università di Catania ritengono davvero di poter affermare con ragionevole approssimazione che “Dracula” soffrisse di emolacria (ovverosia, la produzione di lacrime miste a sangue); e lo fanno basandosi sull’analisi di tre lettere che furono composte nella seconda metà del XV secolo da Vlad III di Valacchia (che, come ben sappiamo, è comunemente ritenuto essere il personaggio storico che ispirò la figura del vampiro letterario). Eppure, nonostante i giornali abbiano fatto globalmente un buon lavoro nel riportare la notizia per come effettivamente è, mi sembra che lo studio condotto a Catania non possa essere liquidato con un articoletto di poche righe: non sul blog di un’archivista paleografa che scrive abitualmente di folklore, quantomeno. E quindi, se qualcuno dovesse gradire qualche approfondimento sulla notizia vampiresca dell’estate: eccolo a voi. Mettetevi comodi.

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Rifiuto di scendere in dettagli eccessivamente tecnici, anche perché c’ho 37 gradi in casa e penso che nessuno di noi profani arda dal desiderio di sentire conferenze sui peptidi proteici in mezzo all’afa del pieno agosto. Quindi: se siete interessati ad approfondire nel dettaglio il check-up medico del nostro amico Dracula, io vi proporrei di risalire direttamente alla fonte, ovverosia l’articolo Count Dracula Resurrected: Proteomic Analysis of Vlad III the Impaler’s Documents by EVA Technology and Mass Spectrometry, uscito sull’ultimo numero della rivista scientifica Analytical Chemistry. Qui, cercherò di fare un riassuntino dettagliato for dummies (tipo me).

Partiamo col dire che il titolo dell’articolo è senza dubbio di per sé eloquente: i ricercatori hanno sottoposto a vari tipi di analisi un trio di lettere a firma di Vlad III: si tratta di documenti redatti su carta di cotone e su base paleografica considerati autografi (vale a dire, personalmente scritti da Vlad III e non dettati a uno scriba). Per la precisione, stiamo parlando di tre lettere che il vovoida della Valacchia aveva indirizzato a Tommaso Altemberg, governante della città romena di Sibiu: una città che ha custodito fino a oggi quei documenti, tra le scansie protette del suo archivio storico.

Due delle lettere (numero d’inventario II 365 e II 32 N 484) datano al 1475, si trovano in ottime condizioni di conservazione e non hanno mai avuto necessità d’essere restaurate; il terzo documento (numero d’inventario V 1658) è decisamente anteriore (data al 1457) ed è stato sottoposto a restauro nel corso del XX secolo, dunque reca inevitabilmente le tracce di passaggi di mano e di interventi invasivi. Il team di ricercatori ci informa che l’archivio storico di Sibiu custodisce le lettere con tutte le cautele conservative che vengono normalmente applicate ai documenti d’un valore storico così importante, e che il suo regolamento interno ha introdotto il (discutibilissimo) obbligo di indossare guanti di cotone quando le si maneggia (una pratica che tutte le scuole d’archivistica dell’Europa occidentale considerano in realtà fortemente deleteria e che i Romeni devono aver assorbito dagli ambienti anglofoni, dove invece la consuetudine è ancora assai diffusa… ma lasciamo perdere lo sfogo da paleografa e andiamo avanti. In effetti, ai fini della specifica ricerca che sto per descrivere, l’utilizzo obbligatorio di guanti di cotone è stato sicuramente positivo, riducendo almeno in parte la presenza di contaminanti sugli esemplari che sono stati sottoposti ad analisi).

Insomma: alla luce di tutte le considerazioni di cui sopra, il team di ricerca dell’Università di Catania ha ritenuto che queste tre lettere (e in particolar modo quelle che datano al 1475 e che si trovano in un miglior stato di conservazione) potessero essere un tesoro da esplorare alla ricerca di maggiori informazioni su chi le ha redatte (e, redigendole, ha necessariamente avuto contatti fisici prolungati con quei pezzetti di carta). E qui, in tutta onestà, siamo arrivati al punto in cui l’archivista che è in me inarca garbatamente le sopracciglia: perché, pensando alla mia attività professionale, riuscirei facilmente a indicare centinaia di documenti archivistici coi quali ho avuto contatti fisici sicuramente più prolungati, e versamenti di fluidi corporei sicuramente più intensi, rispetto a qualsiasi cosa abbia potuto sperimentare l’omino che, qualche secolo prima, li ha redatti in quattro e quattr’otto su un foglio volante che ha provveduto a sigillare subito dopo. Chissà quante volte ho starnutito per il pulviscolo, aprendo un registro pieno di polvere secolare. Chissà quante volte, in estate, ho sfiorato con polpastrelli sudati le carte che stavo trascrivendo.

Ma, naturalmente, all’università di Catania non sono idioti, e dunque sono perfettamente consci del fatto che, «molto probabilmente, i documenti presi in esame sono stati toccati da più di una persona». Ciò non di meno, i ricercatori ritengono di poter presumere «che le tracce proteiche presenti in maniera prominente possano ragionevolmente essere ricollegate al principe Vlad l’Impalatore», e evidentemente hanno posto in essere delle strategie che hanno permesso loro di mettere alla prova la plausibilità di questa affermazione, che è quella su cui si basa l’intero impianto del loro studio.

E allora vediamole assieme, queste strategie.

Applicando sui tre documenti una pellicola di etilene-vinil-acetato, i ricercatori sono stati in grado di estrarre tutti i residui di natura organica che erano presenti sui tre fogli di carta. Esaminati attraverso la tecnica della spettrometria di massa, i campioni prelevati hanno permesso al team di identificare migliaia di peptidi (ovverosia i piccoli tasselli che, legandosi tra di loro, vanno a formare le proteine). In particolar modo, i ricercatori hanno individuato 575 peptidi riconducibili agli esseri umani, 692 che provenivano da batteri, 389 che rimandavano a virus, 436 che sono caratteristici dei funghi, 301 che provenivano dagli insetti e 394 che rimandavano alle Viridiplantae. Naturalmente, l’attenzione del team di ricerca si è concentrata sui peptidi di provenienza umana, che sono stati sottoposti a due ulteriori tipi di indagine attraverso il attraverso il tool per la Tryptic Peptide Analysis a marchio UNIPEPT e attraverso il BLASTp (Basic Local Alignment Search Tool for proteins) rilasciato dal National Center for Biotechnology Information negli Stati Uniti. Allo stesso tipo di indagini è stato sottoposto, per confronto, anche un documento moderno che sicuramente non ha mai avuto legami con Vlad III (e che credo ragionevolmente di poter immaginare provenisse a sua volta dall’archivio storico di Sibiu, anche se l’articolo non specifica questo punto).

Queste analisi incrociate hanno permesso in primo luogo di accantonare tutti quei peptidi che erano stati rinvenuti anche sul campione di controllo, e che quindi sono stati considerati alla stregua di contaminanti che, banalmente, dovevano essere presenti nell’ambiente. Ma le medesime indagini hanno permesso di risalire a 16 peptidi o proteine che si trovano solo sulle tre lettere medievali, su ognuna delle tre lettere medievali, e che presentano uno stato di degrado tale da suggerire che fossero effettivamente lì da parecchio tempo (anche se non è stato possibile stabilire esattamente quanto). A questo punto, i ricercatori erano ragionevolmente certi di essere di fronte a residui organici che si erano depositati sul foglio di carta nel momento in cui Vlad III l’aveva preso in mano per scrivere la lettera; resta sempre l’ipotesi residuale che quelle proteine umane arrivino dal corpo di qualcun altro che ha avuto modo di avere contatti fisici prolungati con ognuno di quei tre fogli, ma diciamo pure che il campo è stato ristretto notevolmente.

Sottoposti a ulteriore indagine attraverso lo Human Proteine ATLAS, i sedici peptidi o proteine isolati dai ricercatori sono stati identificati come segue. La stragrande maggioranza era (prevedibilmente) riconducibile alle cellule epiteliali (sono state isolati in particolar modo TTN, DCD, AHNAK, GOLGA4, WDR74, ZNF572, KTN1 e MDN1, casomai ci fosse qualche appassionato). Ce n’era poi un paio riconducibili al sangue umano (KTN1, DNAH5), accompagnati da altri due (TRANK1 e DNAH11) che sono da ricollegarsi all’apparato respiratorio, trovandosi all’interno delle cellule epiteliali delle vie aeree.

In tutto questo mare di peptidi, tre in particolar modo hanno sollecitato l’attenzione degli studiosi. Il primo è stato DCD, ovverosia la dermicidina, un anti-microbico che viene secreto dalle ghiandole sudoripare nel momento in cui l’organismo sta combattendo contro una colonizzazione da escherichia coli, enterococcus faecalis e/o candida albicans. Che gran brutta fine, per il vovoida di Valacchia, vedersi appioppare molto pubblicamente queste diagnosi a posteriori, ma la situazione può ancora peggiorare: se Dracula con la candida ci strappa un sorriso, Dracula con una mutazione genetica diventa improvvisamente un qualcosa di più intrigante. E, infatti, i ricercatori dell’Università di Catania hanno sgranato gli occhi quando si sono resi conto di aver isolato sulle lettere di Vlad Dracul le proteine DNAH5 e DNAH11: di enorme interesse, perché sono prodotte in presenza di quelle mutazioni genetiche che stanno alla base di alcune malattie congenite note come ciliopatie. In particolar modo, DNAH5 e DNAH11 sono associate a una specifica forma di ciliopatia nota come discinesia ciliale primaria: la fondazione Telethon ce la presenta come una malattia rara caratterizzata da «alterazioni della struttura e della funzione delle ciglia e dei flagelli, protrusioni microscopiche della superficie cellulare che sono in continuo movimento». I sintomi più evidenti sono a carico dell’apparato respiratorio, perché una delle principali funzioni delle ciglia presenti nel corpo umano è quella di sospingere verso l’alto (e cioè, naso e gola) il muco che si viene a formare nei bronchi. Di conseguenza, i pazienti affetti da discinesia ciliare primaria sono frequentemente colpiti da bronchiti, polmoniti e altre brutte robe di quel genere; ma non è questo il loro unico problema. Poiché la discinesia ciliare primaria impatta in maniera negativa anche sui flagelli degli spermatozoi, la stragrande maggioranza dei pazienti maschi accusa gravi difficoltà al momento di concepire un figlio (quando non è completamente sterile); curiosamente, una buona parte dei malati presenta anche il situs viscerum inversus, cioè «una condizione congenita caratterizzata dall’inversione degli organi interni, che si trovano in una posizione speculare rispetto a quella solita (il cuore, per esempio, è a destra)» e che tuttavia, ci spiega Telethon, «in genere non comporta problemi di salute». Almeno una gioia.

A onor del vero, qui ci sarebbe da sottolineare che i pazienti affetti da discinesia ciliare dovrebbero avere notevolissime difficoltà a concepire, ma il nostro amico Vlad è comunque riuscito a mettere al mondo un certo numero di figli (per carità: come dice la canzone, magari vale il detto per cui “uno su mille ce la fa”). Quel che è certo è che la discinesia ciliare primaria è una malattia rara (leggo stime secondo sui colpisce all’incirca 1 su ogni 16.000 nati vivi), dunque è senza dubbio intrigante averne trovato traccia su ben tre fogli di carta che sono passati tra le mani di Vlad Dracul, a distanza di vent’anni l’un dall’altro.

Ma c’è un dettaglio in particolare che ha sollecitato ancor più la curiosità dei ricercatori. Su ognuno dei tre pezzi di carta sono state rinvenute delle proteine direttamente riconducibili al sangue umano, che in effetti non è esattamente quel tipo di ritrovamento che t’aspetteresti di fare sopra una lettera di lavoro (va bene soffrire d’epistassi e avere taglietti sulle dita, ma ‘nsomma chi è che sistematicamente si siede allo scrittoio mentre cola sangue?). Ebbene: a quanto pare, tra i tanti disturbi che possono essere causati dalla discinesia ciliare primaria esiste anche la discinesia ciliare primitiva – retinite pigmentosa, una condizione particolarmente rara che provoca disturbi oculari come degenerazione della retina e lieve cecità notturna. E (molto, molto raramente) emolacria, ovverosia la produzione di lacrime parzialmente composte di sangue: il che è un dato interessante, considerato il fatto che alcuni contemporanei di Vlad Dracul diedero esattamente la stessa testimonianza. Ci dissero cioè che il vovoida di Valachia piangeva lacrime di sangue.

Per citare direttamente le conclusioni dei ricercatori, «peptidi collegati alle proteine del sangue o provenienti da proteine del tratto respiratorio sono state identificati su ognuno dei tre documenti presi in esame. Inoltre, su ognuna delle tre lettere analizzate sono stati indentificati peptidi collegati a proteine coinvolte nella ciliopatia, in malattie della retina oppure provenienti da proteine associate a processi infiammatori. Tre specifici peptidi associati a proteine presenti nella retina e nelle lacrime sono stati identificati nei due documenti che datano al 1475. Sebbene i dati ottenuti dall’analisi proteomica non possano essere considerati esaustivi di per sé, il complesso di queste identificazioni potrebbe indicare che Dracula ‘piangesse lacrime di sangue’, vale a dire che soffrisse di emolacria, come riportato da alcune storie».

A onor del vero, la storica che è in me si sentirebbe in dovere di chiosare che gli autori medievali amavano usare un linguaggio simbolico, specie quando si trovavano a dover descrivere il mondo delle emozioni, e che persino noi ci troviamo ancora a piangere «lacrime amare», o «salatissime» senza che questi aggettivi facciano riferimento a particolari condizioni organolettiche. In passato, le «lacrime di sangue» andavano molto di moda anche perché sembravano richiamare il sudore misto a sangue che Gesù aveva versato nell’orto degli ulivi, il che era evidentemente un termine di paragone molto lusinghiero. Quindi sì: alcuni cronisti descrissero Vlad III nell’atto di piangere lacrime di sangue, ma va anche ammesso che siamo di fronte a un topos letterario non rarissimo.

Ciò detto, adesso abbiamo evidenze scientifiche che ci permettono di affermare che c’è qualcuno che, nel Medioevo, ha avuto contatti fisici prolungati con tre diverse lettere composte da Vlad III, e che questo qualcuno piangeva davvero lacrime di sangue. E questo, ovviamente, è un dettaglio che sposta di molto i termini della questione.

…anche se, secondo me, la parte più interessante di questa storia è un’altra (e lo scrivo col sorriso sulle labbra, perché sto chiaramente per dire una boiata. Che – giusto per esser chiari – dico io per comic relief alla fine di ‘sto papiello, ma non troverete sullo studio dell’Università di Catania, ci mancherebbe altro).

A quanto ho appreso leggendo qualche pagina su questa malattia, la discinesia ciliare si accompagna spesso alla sindrome di Joubert, un disturbo che è caratterizzato dalle malformazioni o dal sottosviluppo di alcune aree del cervelletto. È facilissimo identificarlo con una risonanza magnetica, perché le immagini evidenziano una malformazione del mesencefalo/romboencefalo che ha un aspetto assolutamente caratteristico: è quello che, per ottime ragioni, i medici chiamano «segno del dente molare».

Insomma, se davvero “Dracula” era affetto da discinesia ciliare primaria, è possibile che avesse letteralmente una cosa sola in testa: un gigantesco “dente fantasma” dove non avrebbe dovuto esserci. Perdipiù, ci sono ottime probabilità che soffrisse di situs viscerum inversus, ovverosia avesse il cuore nella parte destra del torace.

E hai voglia, a conficcargli un paletto di frassino nel cuore se quello c’ha il cuore in un posto diverso rispetto a quello in cui lo stavamo cercando tutti. Sta a vedere che le scoperte dell’Università di Catania ci permetteranno di esplorare nuove tecniche per debellare una volta per tutte quelle brutte bestiacce dei vampiri: questo sì che mi sembrerebbe essere un filone di ricerca da non trascurare.

11 risposte a "Dracula piangeva lacrime di sangue? In effetti forse sì"

    1. Avatar di Lucia Graziano

      Lucia Graziano

      La cosa dei guanti di cotone ha suscitato molta curiosità anche su Facebook 😀

      Sostanzialmente, la risposta è che: in Italia (e in realtà un po’ in tutta l’Europa occidentale, a quanto so, con la notevole eccezione del Regno Unito) si è valutato che il gioco non valga la candela.

      I guanti di cotone (anche i migliori) riducono TANTISSIMO la tattilità (inevitabilmente). Anche se indossi i più sottili, comunque ti si riduce moltissimo la sensibilità dei polpastrelli, il che intuibilmente è un grosso problema se stai maneggiando dei fogli di carta sottilissimi, e magari molto fragili. Indossare guanti di cotone ti costringe a fare movimenti molto più bruschi e prese molto più salde rispetto a quelli che faresti se fossi a mani nude, il che ovviamente aumenta di molto il rischio di apportare involontariamente danni meccanici. Sicuramente proteggono il foglio dalle secrezioni corporee dell’archivista (che comunque, voglio dire, non è che stia lì a sversarci sopra chissà quale lerciume), ma qui in Europa si è valutato che il gioco non valga la candela, visto l’aumentato rischio per altre tipologie di danno. In altre zone del mondo, evidentemente, sono state fatte altre considerazioni, che onestamente gli archivisti europei tendono sempre a guardare un po’ con questa espressione: 👀

      (Anche perché – opinione mia – se dobbiamo proteggere a tutti i costi le sacre carte dalle schifosissime secrezioni organiche degli archivisti, a ‘sto punto imponiamo anche l’uso obbligatorio della mascherina. Quando trascrivi una carta, tendi a tenertela molto vicina al viso, sicché ci respiri sopra per un periodo di tempo molto più lungo rispetto a quello in cui la tocchi con le mani. A ‘sto punto, se la priorità è proteggere la carta, schermiamo anche naso e bocca: il sudore delle dita non ci va bene, e invece abbiamo deciso che i droplets su pergamena ci piacciono? 👀)

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  1. Avatar di Sconosciuto

    Anonimo

    Mi permetto di aggiungere alcune scemenze, così, per divertire l’uditorio.
    Autorizzo in anticipo Lucyette a cancellare se tutto se lo ritiene opportuno.
    A. “ resta sempre l’ipotesi residuale che quelle proteine umane arrivino dal corpo di qualcun altro che ha avuto modo di avere contatti fisici prolungati con ognuno di quei tre fogli”.
    E se Vlad III, nottetempo, avesse fatto una visitina in archivio per verificare se aveva dimenticato qualcosa nelle famose tre lettere?
    B. Sempre per fare la maestrina, anzi, la dottoressina, sono descritte forme di emoftoe inapparenti, in cui gocce di sangue minuscole, commiste a saliva, vengono espulse senza che il paziente se ne renda conto.
    Annalisa Neviani

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    1. Avatar di Lucia Graziano

      Lucia Graziano

      Uh, grazie mille per la precisazione B, in effetti mi ero posta il problema e l’articolo non era PER NIENTE chiaro su questo punto (anche comprensibile visto che parlava a specialisti, per carità), adesso il tutto ha molto più senso 😀

      Per la chiosa A: meh, in realtà l’ipotesi non mi convince molto. Non c’era motivo per cui Vlad dovesse mettersi a rileggere lettere di questo tipo (fra l’altro dal contenuto molto banale: quella di cui ho messo la foto in copertina è una quietanza di pagamento per confermare che il governatore della città ha già pagato direttamente a lui le tasse dovute, e gli esattori non hanno diritto di chiedergli altro). Sicuramente si tratta di lettere scritte al volo e fatte spedire subito dopo. O è stato Vlad a sputazzarci sopra in quel momento, o è stato qualcuno che le hai poi consultate a Sibiu in un periodo storico non molto posteriore.

      In teoria, penso che sarebbe bello fare qualche test di controllo anche su altri documenti coevi che non sono mai passati dalle mani di Vlad ma che invece sono stati maneggiati dai funzionari della cancelleria di Sibiu: per quanto mi riguarda, sono i miei secondi sospettati. Anche un funzionario di cancelleria maneggiava a lungo la posta in entrata… 😉

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    1. Avatar di Lucia Graziano

      Lucia Graziano

      Ma un cadavere che non respira, non ha circolazione sanguigna e non si decompone non può mica perdere sostanze organiche così a caso! O no?
      In effetti non ne ho la più pallida idea (eh beh 😂) ma secondo me un vampiro non perde mica pezzi in giro. La scienza medica si è espressa sulla questione? 😂😂😂

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      1. Avatar di Elena

        Elena

        Io non ne sarei così certa…d’altra parte si tratta di non-morti o morti viventi per cui proprio morti-morti non sono…io non scarterei a priori l’ipotesi di verifiche successive dei documenti 🤨

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  2. Avatar di Sconosciuto

    Anonimo

    Ahimè!
    I cadaveri hanno la pessima abitudine di rilasciare liquidi organici in abbondanza.
    Non vado oltre per decenza.
    Annalisa Neviani ( medico, ma, soprattutto, moglie di un collega della Polizia mortuaria). 🤣🤣🤣😂😂😂😅😅😅

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    1. Avatar di Lucia Graziano

      Lucia Graziano

      Ma quelli sono cadaveri che fanno i cadaveri!! Io non ho mai sentito di un vampiro che perda pezzi per strada o rilasci liquidi in giro, non me lo immagino mica il vampiro seduttore che si decompone addosso alla sua bella!

      No, non riuscirete a convincermi: secondo me i vampiri non rilasciano liquidi, sono come le bamboline di porcellana 😂

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