E mo’ che è ‘sta storia dell’orco in Vaticano?

Quando scrivi un articolo in cui ironizzi sulle bizzarrie magico-mistiche di questo frizzante 2023 e, in reazione al suddetto articolo, i tuoi lettori iniziano a lasciarti messaggi simili

la tua prima reazione è ‘e mo’ cos’è successo ancora? Hanno catturato vivo uno gnomo da giardino?’.

Poi vai a leggere e scopri che, no: gli gnomi da giardino continuano a farsi i fatti loro, ma in compenso adesso c’è il problema che c’è un orco in Vaticano. Ed è quello il momento in cui vai a farti un caffè doppio, con l’impressione che ad attenderti sarà una lunga giornata.

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Ebbene sì, c’è un orco in Vaticano: non in carne e ossa (si sa mai eh, a ‘sto punto meglio specificare) bensì sottoforma d’una statuina brutta come la morte che, qualche giorno fa, Cindy McCain ha regalato a papa Francesco. Nel corso della sua udienza col pontefice, la donna, che è direttrice del World Food Programme delle Nazioni Unite, ha discusso di come il cibo possa portare pace, speranza e stabilità in un contesto in cui le guerre e i cambiamenti climatici sconvolgono la vita d’un crescente numero di persone; e questo è un dettaglio che dovremo tenere a mente, perché (come vedremo più avanti) lo ritengo fondamentale per tentare un’ermeneutica dell’orco pontificio.

Come sempre capita in queste occasioni, il papa e la sua ospite si sono scambiati doni di rappresentanza: il video diffuso da Vatican News mostra che Bergoglio ha regalato a McCain un bassorilievo e ha ricevuto una statuina di legno con un mostro nero che regge in mano un coltellaccio insanguinato.

Io spero che prima o poi qualcuno prenda la decisione di musealizzare i regali ricevuti da papa Francesco negli ultimi anni. Io penserei a un percorso espositivo sulle linee di “regali inopportuni e dove trovarli”, perché ogni giorno ce n’è una: se mai mi capiterà di andare in udienza da papa Francesco penso che provvederò a regalargli l’amuchina brandizzata satanista (sì, esiste davvero) – così, per lo sfizio di vedere l’effetto che fa.

Perché, naturalmente, in questi casi, l’effetto che fa è grossomodo simile a quello di una detonazione: per quei miei lettori che non avessero dimestichezza con la bagarre ecclesiale di questi tempi, in seno al cosiddetto cattolicesimo tradizionalista v’è un gran numero di fedeli che vede papa Francesco come il fumo negli occhi nutre grosse riserve sul papa regnante, che viene periodicamente accusato (tra le molte altre cose) di avere simpatie sincretico-paganeggianti-filo-esoteriche. Sicché, inevitabilmente, l’improvvisa comparsa nelle stanze vaticane di ‘sto mostro brutto col coltellaccio insanguinato ha generato sui social reazioni di questo tipo

che a loro volta hanno generato tra i miei lettori la pia speranza di poter leggere su questi schermi un commento informato sui fatti, perché evidentemente ho l’aria di essere di essere quel tipo di persona che vanta una conoscenza intima e circostanziata di tutti gli orchi in giro per il vasto mondo.

Non lo sono.
Vale a dire: non voglio millantare competenze approfondite sulla cultura hopi: fino a due giorni fa, non sapevo nemmeno che queste statuette esistessero e la mia conoscenza in materia è limitata a ciò che ho potuto leggere su di loro su tre o quattro testi accademici, dedicando circa trentasei ore allo studio della materia. Mi pare comunque che sia molto più di quello che possono offrire altri commentatori, quindi facciamoci andar bene la mia preparazione approssimativa e cerchiamo di rispondere alla domanda: ma che è ‘sto mostro brutto che han rifilato al papa???

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Il mostro è un katsintithu (mi si dice che è importante utilizzare la minuscola), ovverosia una rappresentazione artistica dei Katsinam (mi si dice che è importante utilizzare la maiuscola), i quali rappresentano la classe sacerdotale degli Hopi, il popolo di nativi americani che oggi vive in Arizona. In determinati periodi dell’anno, i Katsinam indossano maschere rituali attraverso le quali si mettono in contatto con gli spiriti Katsina, le principali entità del loro pantheon. La maggior parte di queste cerimonie religiose si tengono nei kiva, templi sotterranei aperti solo agli iniziati; più raramente, alcune di esse vengono celebrate in luogo pubblico, a vantaggio dell’intera popolazione. Gli Hopi ritengono che, nel corso di queste cerimonie, gli spiriti dei Katsina prendano contatto con i Katsinam che li stanno impersonando, diventando un tutt’uno con loro: di questi momenti di estasi e possessione, i katsintithu (ovverosia, le statuette in legno come quella del papa) sono al tempo stesso testimonianza artistica e promemoria, per ricordare alle famiglie hopi la reale presenza degli spiriti anche nei periodi dell’anno in cui essi sono lontani e più non si manifestano ai loro fedeli.

E ok: ma chi sono ‘sti spiriti Katsina?, diranno subito i miei piccoli lettori.

Sono esseri legati ai vari elementi del mondo naturale. Vivono per sei mesi all’anno nella città sacra di Nuvatukaya’ovi, una sorta di Al-di-là ipogeo che si sviluppa sotto alla catena montuosa dei San Francisco Peaks (e nella quale vengono sospinte anche le anime dei defunti hopi, dopo aver terminato la loro vita mortale). Per i restanti sei mesi dell’anno, gli spiriti Katsina vanno a vivere nel mondo degli umani, graziandoli con la loro presenza benefica e generatrice. E non solo con quella: in casi rarissimi e preziosi, è possibile che s’instauri una parvenza di relazione affettiva tra i Katsina e una ristretta cerchia di fortunati eletti. Si mormora infatti che tutti i sacerdoti hopi siano gli eredi di quei pargoli benedetti nati dall’unione tra un umano e una Katsina: a questi eroi archetipi, le divine mamme insegnarono in tempi lontani quelle tecniche che permettono ai mortali di mettersi in contatto con gli spiriti e di agire come intermediari tra i due mondi – quelle stesse che, ancor oggi, i religiosi si tramandano segretamente di generazione in generazione. Ed essere in grado di far giungere a Nuvatukaya’ovi le proprie preghiere è, intuibilmente, prerogativa non da poco: perché nulla del mondo naturale potrebbe esistere se non per tramite dei Katsina, che con la loro presenza vivificano l’ambiente, permettendogli di prosperare, germogliare, portare frutto.

S’è detto che, per sei mesi all’anno, questi spiriti risiedono nel mondo degli umani. E la differenza si nota, mettiamola così: questi spiriti buoni calano sulla terra ogni 21 dicembre, nel giorno del solstizio d’inverno, per poi andarsene a luglio inoltrato; diciamo pure che sono loro a spazzar via il freddo fintantoché vivono in questo mondo, inondandolo di quel sole e di quella pioggia fertile che permetterà alla terra di fruttificare.

Se volessimo censire a uno a uno tutti questi enti, il totale supererebbe le quattro centinaia. Ve ne sono alcuni che ormai non godono più di venerazione e di cui a malapena si ricorda il nome, e ve ne sono altri che sono comparsi in epoche relativamente recenti per rispondere ai bisogni nuovi della popolazione. Ma i Katsina più importanti ricevono le preghiere dei fedeli hopi fin dal pieno medioevo (e probabilmente anche da prima; ma risalgono al XIV secolo le prime evidenze archeologiche a testimoniarci la presenza d’un culto diffuso e standardizzato). Ed è proprio attorno a questi Katsina che ruotano le più importanti cerimonie pubbliche, strettissimamente legate al ciclo delle stagioni e al calendario agrario: la prima (o ultima) dell’anno (a seconda di come la si vuol guardare) è la grande festa di Soyalangw, che ogni 21 dicembre riscalda i cuori assicurando che, , il sole tornerà a crescere, davvero.

Ma la festa più amata e più sentita è probabilmente quella di Powamuya, che si tiene dal 17 al 21 febbraio – e cioè, in quel periodo dell’anno in cui la promessa di cui sopra comincia concretamente a prender corpo. Ed è qui che entra in gioco l’orco vaticano: perché, durante la festa di Powamuya, i Katsina si manifestano ‘in carne e ossa’ ai loro fedeli per tramite dei Katsinam (cioè appunto i sacerdoti). Il risultato è una grandiosa cerimonia pubblica che mescola sapientemente la religione e la mascherata (lo dico in riferimento ai costumi variopinti che vengono indossati dai celebranti, nello stesso periodo in cui noi ci mascheriamo da Arlecchino) – e non senza una spolverata di spirito natalizio che fa sempre bene. Sì, perché la festa di Powamuya è quella in cui, per antichissima tradizione, i bambini e le bambine hopi ricevono piccoli regali: a distribuirglieli sono i Katsina stessi, per mano dei Katsinam; e naturalmente, v’è il comune consenso che nessun dono sia casuale e che ogni spirito faccia arrivare quello giusto proprio al bambino che più ne aveva bisogno in quel momento.

Verrebbe da dire che i giovanotti hopi abbiano bisogni abbastanza monotematici. Gira e rigira, ai maschietti vengono regalati sempre gli stessi balocchi: archi giocattolo con set di freccette (esortazione a iniziare a esercitarsi, perché presto verrà il momento in cui dovranno essere loro ad andare a caccia per sostentare la famiglia) e, immancabilmente, piccole saette intagliate nel legno (promessa di quelle piogge benefiche e abbondanti che arriveranno presto a vivificare la natura).

Un po’ più variegata sembra essere la vita interiore delle bambine, cui i Katsina hanno l’abitudine di donare un emblema di se stessi. Stiamo parlando per l’appunto dei katsintithu, le statuine in legno come quella che è stata donata al papa (sì: tecnicamente, a papa Francesco hanno appena regalato un bambolotto da femminucce. Probabilmente qualcosa di simile all’omologo hopi di Cicciobello). Parlo di “bambolotto” non perché abbia intenzione di ridimensionare ad arte il significato del dono che è stato fatto al papa, ma perché davvero mi pare di capire che ‘sti katsintithu siano considerati alla stregua di un giocattolo: nel 1957, lo storico dell’arte Walter Ben Hunt scriveva negli annali del museo di Milwaukee che questi oggetti «vengono utilizzati come una normale bambola, spesso portati in giro dalle bambine in piccole culle in miniatura», anche se in realtà è più frequente vederli in casa, a svolgere una funzione decorativa. «Il loro scopo è quello di permettere ai bambini hopi di familiarizzare con i nomi, le tipologie, il folklore religioso e l’iconografia dei Katsina; potremmo definirli la versione hopi dei giocattoli educativi per l’infanzia. Queste bambole non sono oggetto di venerazione e non sono considerate idoli, ma hanno piuttosto la funzione d’essere un ricordo costante dei Katsina».

E del messaggio che i Katsina hanno voluto mandare alla giovane destinataria dell’oggetto, per l’appunto: perché si ritiene che ogni statuetta porti con sé un insegnamento sul quale la bambina dovrà riflettere nell’anno entrante, per diventare una persona migliore. E poiché ogni Katsina ha peculiarità diverse (un po’ come Venere che era la dea dell’amore e si disinteressava della caccia, appannaggio di Diana), lo specifico katsintithu che finisce nelle mani della bimba ha il valore d’un messaggio spirituale pensato proprio per lei.

Ed è questo il momento in cui mi piglia la ridarola nel notare che non solo papa Francesco s’è visto recapitare un regalo da bambina, ma se n’è pure visto recapitare uno da bambina cattivella: quella che fa bella mostra di sé nelle stanze vaticane è una di quelle statuette che la museologia statunitense ha ribattezzato disciplinary kachina doll. Rappresenta al di là di ogni ragionevole dubbio Soyoko Mana, che apprendo essere molto facilmente riconoscibile nel vasto pantheon degli Hopi in virtù della caratteristica acconciatura con codini ‘a farfalla’, che denotano la sua giovane età e il suo essere ancora nubile.

A quanto mi sembra d’aver capito, Soyoko Mana non è tecnicamente un Katsina bensì uno dei loro aiutanti: questa orchessa sta alle divinità hopi nello stesso identico modo in cui il Krampus sta a san Nicola, se vogliamo fare un paragone col folklore europeo. Vale a dire, la funzione di Soyoko Mana (e dei suoi paurosi compagni di brigata) è prettamente pedagogica: mentre i benevoli Katsina distribuiscono i loro doni, questi orchi tentano di rapire i bambini indisciplinati (e, eventualmente, anche gli adulti che fossero venuti meno ai loro doveri familiari). Specificamente, Soyoko Mana minaccia di infilare i discoli in una gerla che porta sulle spalle e di farli a pezzi con un coltellaccio insanguinato. Come da copione, i bambini si salveranno grazie all’intercessione dei loro genitori, che interverranno in loro difesa assicurando che, da quel momento in poi, sicuramente i pargoletti inizieranno a comportarsi meglio: e allora, gli orchi se ne andranno con la coda tra le gambe, pronti a dare il tormento a un altro malcapitato. E poi arriveranno le Katsina con i loro benevoli doni: e sarà il momento di ridere e festeggiare tutti assieme, dimentichi del pericolo scampato.

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A onor del vero, (opinione personale) ho l’impressione che quella che è stata regalata a papa Francesco sia una reinterpretazione artistica di Soyoko Mana, che si prende qualche libertà rispetto all’iconografia ‘standard’: oggigiorno queste statuette intagliate nel legno sono molto amate dai turisti, i quali se le comprano a caro prezzo (il costo, negli e-shop, varia dai 190 ai 3000 dollari) e spesso prediligono prodotti esteticamente gradevoli, a discapito della loro rispondenza con la tradizione. A farmi parlare di reinterpretazione è un dettaglio specifico: a quanto leggo, mi consta che Soyoko Mana sia sempre rappresentata nell’atto di portare sulle spalle una gerla vuota, pronta ad accogliere i bambini fatti a pezzi: nella versione che è stata regalata a papa Francesco, la vediamo utilizzare la gerla per trasportare un pallone da baseball e altri giocattoli. Insomma, ho il sospetto che quella che gli è stata data sia una Soyoko Mana per il pubblico occidentale, liberamente interpretata per assomigliare un po’ di più a Santa Claus (e forse, in virtù di questo, vieppiù lontana dalla religione tradizionale hopi? Boh). Ma accantoniamo questa inezia e domandiamoci piuttosto: ma perché Cindy McCain ha dovuto regalare a papa Francesco una bamboletta a forma di orco sanguinario per bambine dispettose???

Escludendo la denegata ipotesi che il messaggio sotteso fosse “eh, biricchino cattivello! Guarda che se non ti comporti bene poi l’orco cattivo ti viene a prendere!” io mi sentirei di poter tentare una personalissima chiave di interpretazione basandomi su quello che Cindy McCain ha dichiarato esser stato l’oggetto della sua conversazione con il papa: vale a dire, la necessità di trovare soluzioni per gestire il problema della fame del mondo, sempre più diffuso a causa del cambiamento climatico e delle guerre.

Stante che i Katsina sono enti spirituali legati al mondo della natura e dell’agricoltura, e che l’orco Soyoko Mana minaccia di fare cose inenarrabili a chi – adulto o bambino – non si comporta come si deve, forse Cindy McCain ha inteso esprimere con quel regalo la necessità di compiere un forte cambio di rotta per una maggior tutela dell’ambiente?

Non so, eh: questa è l’unica spiegazione plausibile che riesco a farmi venire in mente dietro alla scelta peculiare di omaggiare un papa con la statuina di un orco, che brandisce un coltello insanguinato, nel corso di una visita diplomatica, per conto delle Nazioni Unite. Poi magari mi sto facendo un gigantesco film mentale e Cindy McCain s’è limitata a rifilare a papa Francesco quel coso inguardabile che le stava da anni sulla mensola del camino e che non vedeva l’ora di poter spedire nel posto più lontano possibile dall’altra parte del mondo.

Poco ma sicuro, di certo non s’è mai sognata di regalargli la statua di un Katsina noto per essere uno sterminatore di preti (!): un’assurdità che con indicibile sconcerto ho avuto modo di leggere online, su spazi anche molto popolari, e che in tutta onestà mi lascia francamente stupefatta. Perché, regà, mo’ non è che io sia la massima esperta di mitologia hopi (anzi, fino all’altroieri ne sapevo meno di zero), ma davvero basterebbero cinque minuti su Google per rendersi conto che, nell’iconografia classica dei Katsina, non ne esiste nemmeno uno ritratto nell’atto di ammazzare i preti. A scolpire Katsina che sgozzano missionari francescani è, provocatoriamente, Aaron Honyumptewa, un attivista politico di origine hopi che, qualche anno fa, ha intrapreso questa strada artistica in segno di protesta contro l’occidentalizzazione e la cristianizzazione forzata subite dal suo popolo ai tempi del colonialismo. Ma è solo lui che si diverte a scolpire orchi che sgozzano preti: pare (condizionale d’obbligo perché la mia unica fonte è Wikipedia) che in effetti la mitologia locale narri davvero l’episodio in cui uno di questi orchi (specificamente, tal Chaveyo) avrebbe ucciso un frate francescano che si era comportato veramente male, ma diciamo che l’ha fatto en passant, nell’ambito di qualche altro migliaio di sgozzamenti ai danni di gente indisciplinata. Di norma, i Katsina se ne infischiano degli emissari delle altre religioni. Non è che ammazzare missionari sia il loro passatempo preferito: quelli vengono per far piovere e per portare il sole (e per far menare agli orchi la gente indisciplinata). Altri interessi non ne hanno.

In compenso, casomai il vostro interesse fosse quello di approfondire l’argomento su fonti un po’ più sensate di un tweet non documentato, ecco qui quella che sono riuscita a consultare al volo:

  • Helga Teiwes, Kachina Dolls. The Art of Hopi Carvers (University of Arizona Press, 2022)
  • Rory O’ Neill Schmitt, Navajo and Hopi Art in Arizona. Continuing Traditions (Arcadia Publishing, 2016)
  • Walter Ben Hunt, Katchina Dolls (Milwaukee Public Museum, 1957)
  • J. Walter Fewkes, The Katchina Altars in Hopi Worship (Smithsonian Institute, 1926)
  • Clayton Porter, Aaron Honyumptewa (Southwest Contemporary, 2018)

Immagine di copertina tratta da The Kachinas Are Coming (The Indian Trader Newspaper, October 2019)

15 risposte a "E mo’ che è ‘sta storia dell’orco in Vaticano?"

        1. Avatar di Lucia Graziano

          Lucia Graziano

          Beh, sicuramente non ha fatto un gran favore al papa, oltretutto in un momento particolarmente delicato in seno all’istituzione che lui rappresenta (sinodo etc). Dal punto di vista diplomatico, oggettivamente direi che è stato un regalo di rappresentanza singolarmente malriuscito (anche se magari nella testa di McCain c’era davvero un significato simbolico importante e meraviglioso dietro questo gesto. Solo che nessuno l’ha spiegato per bene al grande pubblico 😅)

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  1. Avatar di Sconosciuto

    Anonimo

    Grazie per questo interessante articolo che purtroppo conferma come il timone della Chiesa sia nelle mani sbaglate. Non so se sia peggio pensare che chi governa la Chiesa agisca stoltamente o deliberatamente a favore del nemico. Credo sia valida la prima ipotesi, il che rende ancora più pericolosa la situazione. Di certo dobbiamo far emergere queste cose per creare consapevolezza e la ringrazio per questa sua divulgazione. Non credo che il soggetto in questione sia l’antichità, ma di sicuro sta minando dall’interno la Chiesa. Non è un caso che se prendiamo lettere che compongono il suo cognome e andiamo a vedere nella tabella dei codici ASCII a che numero corrispondono per poi sommare tra loro tali numeri otteniamo 666.

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    1. Avatar di Lucia Graziano

      Lucia Graziano

      😯😯😯
      La numerologia applicata ai codici ASCII mi mancava, è un’evoluzione contemporanea interessantissima! Sono andata su Google e mi si è aperto un mondo, grazie! Ma che tu sappia (se lo sai, eh), è stato Cionci il primo a applicarla (faccio il suo nome perché da Google mi sembra che tutti gli articoli rimandino al suo blog), oppure c’è una tradizione dietro? Curiosa però la scelta di basarsi sul solo cognome, in un’ottica storico-magica l’elemento più importante sarebbe stato considerato il nome di battesimo completo, corredato da eventuali secondi e terzi nomi (di gente con lo stesso cognome ce n’è tanta, voglio dire).

      Comunque mo’ ho provato pure io, eh: “GRAZIANO” in codice ASCII mi dà come risultato 603, quindi facciamo 6+3 uguale 9. Numero con un bel simbolismo, ho deciso che lo prenderò come un complimento 😎😂

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    2. Avatar di Lucia Graziano

      Lucia Graziano

      Ok, mi rispondo da sola: no, c’è effettivamente una tradizione dietro. La più antica attestazione che sono riuscita a trovare (così al volo, eh) risale al 1995 e si basava sulla traslitterazione in codice ASCII del nome BILL GATES 3 (il nome completo di Gates è William Henry Gates III): anche in quel caso usciva 666.

      Chissà se costituisce effettivamente il primo tentativo che è stato fatto (nel 1995 non è che il codice ASCII lo conoscessero in molti, e sicuramente poteva aver senso provare ad applicarlo al nome di Bill Gates visto che ovviamente aveva un legame forte coi computer).

      Però sì, è una tradizione relativamente “antica” 😁

      (Di fronte alla quale generazioni di maghi si stanno rivoltando nella tomba: il nome di battesimo completo bisogna usare! Il nome di battesimo completooooo! 😂😂😂)

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      1. Avatar di Sconosciuto

        Anonimo

        Ma infatti, nessun incantesimo o magia può funzionare se non si identifica alla perfezione il destinatario – da qui la tradizione dei nomi “segreti” per proteggere i bambini dal malocchio, per esempio. Che poi la magia non funzioni in generale è tutta un’altra storia…

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        1. Avatar di Lucia Graziano

          Lucia Graziano

          Eh, infatti. Ho presente alcuni testi rinascimentali secondo cui bisognerebbe anche aggiungere al nome completo altri elementi identificativi come la data di nascita, o il nome completo della madre, giusto per esser sicuri di star mirando sulla persona giusta.
          Col cognome da solo te ne fai poco 😅

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    1. Avatar di Lucia Graziano

      Lucia Graziano

      Beh, diciamo che “bello” è un’altra cosa, eh 😅

      Eh, “orco” è il termine utilizzato per indicare questi creaturi minacciosi anche dalle fonti museali statunitensi, quindi immagino che possa legittimamente essere riproposto anche in Italiano. Però anche io mi sono incuriosita, in effetti: l’idea di orco dei nativi americani sarà perfettamente sovrapponibile alla nostra? Probabilmente sì, visto la decisione di chiamarli proprio “orchi” e non genericamente “mostri” 🤔

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  2. Avatar di Sconosciuto

    Anonimo

    Da laico puoi scientistamente (usato volutamente al posto di scientificamente) trovare tutte le giustificazioni per un gesto del genere, fatto dalla moglie del senatore più guerrafondaio che gli usa abbiano mai avuto. Da un punto di vista cattolico e spirituale non è così semplicistica la spiegazione. Ma è troppo lunga per metterla in un commento. Mi limiterò a una battuta : consiglio al prossimo ospite del “papa” di regalargli il pupazzetto della trilogia del terrore, sicuramente avrà tutta la sua stima.

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    1. Avatar di Lucia Graziano

      Lucia Graziano

      Ma infatti scrivevo su Instagram – se ricordo bene – che io aspetto al varco qualche ospite di rilievo che gli regali un peluche del bafometto, così facciamo l’en plein 😂
      Secondo me il regalo era stato fatto con le intenzioni che ipotizzavo sopra (fra l’altro ho poi scoperto che i McCain amano moltissimo questo tipo di bambole: ne hanno una intera collezione a casa), ma palesemente non è stata una buona scelta per un dono di rappresentanza, viste tutte le rogne che ha creato.

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  3. Avatar di ac-comandante

    ac-comandante

    Letta solo ora. Ho letto (distrattamente) di quelle polemiche, che mi sono passate sopra come acqua, e ho visto tanto distrattamente la foto del “orco” che mi pareva una libera interpretazione dell’emblema del 25th Aero Squadron del US Army Air Service.
    Sarà che mi interesso [anche] di aviazione, sarà che sono uno di “quelli dei cinque sola”, ma ho pensato solo a quello… 😳

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