Sembra il ripetersi di un copione già visto, che quasi par essere una costante dei Natali d’età vittoriana. Una maggiore facilità di trasporto, resa possibile dall’espansione della rete ferroviaria, permise un po’ ovunque ai servizi postali di abbattere i loro costi, e dunque i costi a carico del cliente.
Il Regno Unito fece strada, introducendo per primo nel 1840 una tariffa che permetteva di spedire al costo d’un penny buste leggere e di piccolo formato. Nel 1869, fu l’Impero austro-ungarico a riformare il suo sistema postale adottando tariffe altrettanto economiche; la qual cosa, prevedibilmente, ebbe sul mercato locale le stesse conseguenze che si erano già viste Oltremanica. Divenuta improvvisamente in grado di usufruire dei servizi postali senza doversi svenare ogni volta, la brava gente cominciò a sfruttarli anche per trasmettere informazioni piuttosto futili. Tra le più futili, ma indubbiamente più gradite, vi erano quelle che suonavano come: “siamo lontani, ma sappiate che vi penso e che vi voglio augurare buon Natale!”.
Come era già accaduto in Inghilterra, i negozi si riempirono in breve tempo di deliziose cartoline illustrate, fatte apposta per accompagnare questo scambio di auguri. Insomma: davvero è il ripetersi di una storia nota. Sennonché, le cartoline d’auguri che cominciarono a far bella mostra di sé nelle vetrine dei negozi di Vienna avevano una particolarità che le rendeva significativamente bizzarre: erano robe di questo tenore.
In fin dei conti, quelli erano gli anni del Romanticismo e dei fratelli Grimm. In un’Europa che scopriva un’improvvisa fascinazione per il folklore e le usanze popolari, i produttori di biglietti augurali pensarono di fare cosa gradita nel proporre ai loro clienti qualcosa di diverso dal classico repertorio di paesaggi innevati e di beatifici presepi. Da tempo immemorabile, nel folklore delle vallate alpine che si trovavano ai confini meridionali dell’Impero esisteva la figura del Krampus, un personaggio piuttosto misterioso ma variamente collegato alla figura di san Nicola. Con sfumature che potevano variare (e significativamente!) da vallata a vallata e da zona a zona, il Krampus era un essere mostruoso che camminava al fianco di Nicola ogni volta che il pio vescovo tornava sulla terra per dispensare doni ai bimbi, in occasione della sua festa.
Creatura intrigante e avvolta nel mistero, il Krampus parve il personaggio perfetto per decorare i biglietti di auguri di chi voleva stupire con un pensiero diverso dal solito. Entro gli anni ’80 dell’Ottocento, le Krampuskarten (cioè le cartoline d’auguri dedicate a questo personaggio) erano amatissime, diffusissime e richiestissime dalla popolazione. Tanta popolarità aveva finito col rendere famoso il Krampus anche in zone dove fino a poco prima nessuno aveva mai sentito nominare questo personaggio – il che sarebbe anche stata una cosa molto bella, se non avesse avuto conseguenze molto brutte per la reputazione di quel povero mostro.
Come fa notare Al Ridenour nel saggio che ha dedicato a The Krampus, i disegni per illustrare questo tipo di cartoline venivano quasi sempre commissionati ad artisti “che vivevano in aree metropolitane, ben lontane da quelle isolate valli montane che erano la madrepatria del bestione. In quelle zone, gli abitanti dei villaggi impersonavano il Krampus indossando costumi fatti di corna e pellicce animali; ma alle loro sfilate non c’era nessun antropologo a scattare fotografie da usare come referenza”. E così, quei poveri illustratori che si sentivano commissionare tavole dedicate a un mostro strano di cui non avevano mai sentito parlare in vita loro, non avendo la più pallida idea di come ritrarlo “si ispirarono all’immaginario cattolico relativo alla figura di Satana, oppure alle rappresentazioni classiche del dio Pan”. Due personaggi che, tuttavia, non avevano la minima attinenza con il Krampus della tradizione (nonostante vi siano siti Internet che ancora oggi portano avanti il fraintendimento).
E di “fraintendimento” davvero si può parlare: perché il successo delle Krampuskarten finì, alla lunga, con lo snaturare l’identità di questa povera bestia. Cerchiamo dunque di ridare un po’ di onore al caro Krampus, facendo un paio di precisazioni sul suo conto:
1) Non è il diavolo
Santo cielo, perché dovrebbe?
Nonostante molte cartoline lo raffigurino come un diavolo maligno, talvolta addirittura colto nell’atto di trascinare nella bocca dell’Inferno (!) i pargoletti che non sono stati bimbi buoni, il Krampus non rappresentava, originariamente, il diavolo.
E, voglio dire: perché mai san Nicola avrebbe dovuto scegliersi come aiutante un demone, o peggio ancora starsene lì a pensare ai dolci di Natale mentre il demonio trascinava all’Inferno anime della cui salvezza nessuno si curava?
Salvo rarissime eccezioni, il vero Krampus del folklore alpino non aveva connotati luciferini.
Nella maggior parte dei casi, si presentava come un Waldmandl, cioè un Wild Man appena uscito dai boschi, sporco e peloso come una bestia selvatica. Brusco nei modi e abbrutito dalla vita grama, il personaggio poteva sì apparire minaccioso… ma non era certo Satana incarnato. Nella maggior parte dei casi, se ne stava educatamente al servizio del santo vescovo, portando sulle spalle una gerla carica di doni con cui premiare i bimbi che san Nicola avrebbe giudicato sufficientemente buoni. Per quelli che invece il santo vescovo avrebbe ritenuto troppo dispettosi, l’unico dono sarebbe stata una scudisciata… che sì, non fa piacere, ma – come dire – non equivale nemmeno a una condanna alla dannazione eterna.
Al Ridenour fa notare che, in numerose vallate alpine, esisteva la consuetudine di onorare la festa di san Nicola tenendo spettacoli teatrali a tema sacro, dedicati alla vita del santo vescovo. In queste performance, di cui ci rimangono i copioni e persino alcune testimonianze fotografiche, compariva effettivamente il diavolo, acerrimo nemico del santo. Fra l’altro, in alcuni casi, il demone ormai sconfitto finiva con l’essere fisicamente incatenato da san Nicola – un tema, questo, che ricorre spesso nelle raffigurazioni ottocentesche del Krampus.
Ma il diavolo che appariva in questi drammi sacri era un personaggio completamente diverso rispetto al Krampus, che anzi entrava in scena al termine della rappresentazione per aiutare san Nicola a distribuire doni ai bambini che avevano assistito allo spettacolo. ‘nsomma, non c’entrava proprio niente.
2) Non ha niente a che vedere col dio Pan
Santo cielo, perché dovrebbe?
Fra l’altro, sarei genuinamente curiosa di sapere quanto fosse diffuso il culto del dio Pan nelle sperdute vallate alpine in cui nasce la figura del Krampus.
Diciamola tutta: i veri fan del dio Pan erano gli artisti del tardo ottocento, che provavano una profonda fascinazione per questo personaggio edonista e indipendente, simbolo di quella presunta libertà perduta che aveva caratterizzato, ai loro occhi, la vita in età classica. Era davvero una mania: addirittura, era dedicata a Pan una celebre rivista d’arte che fu pubblicata a Berlino tra il 1895 e il 1915. Visto il grande interesse sorto attorno a questo personaggio, non stupisce che gli artisti si siano lasciati ispirare dall’iconografia del dio caprino per dare un volto a quel mostro strano di cui non sapevano un bel niente. Ma, in realtà, non v’è il minimo legame tra il Krampus e quella specifica divinità classica (e, in questo caso, davvero sbagliano gli storici amatoriali che ritengono di poter tracciare legami tra il mostro invernale e antichi culti dedicati a Pan).
3) Poveretto, non è un marpione!
A essere marpione era appunto dio Pan, caratterizzato da una sessualità sfrenata e incline agli eccessi orgiastici.
Brutte abitudini che, in età vittoriana, furono attribuite anche al Krampus, che cominciò ad essere rappresentato nell’atto di circuire (o corteggiare) donne più o meno consenzienti (o di spiare, a mo’ di voyeur, le coppiette intente in effusioni in luogo pubblico).
Scontato dire che il Krampus del folklore non s’era mai sognato di far nulla del genere. Per quanto potessero essere irresistibilmente comiche (‘nsomma) delle cartoline di Natale in cui un mostro faceva gli occhi dolci alle signore, si trattava di rappresentazioni completamente out of character, come si suol dire.
4) Non rapisce i bambini cattivi portandoseli via in una gerla
A farlo, in realtà, era un altro personaggio del folklore: il Kinderfresser, un orco malvagio che rapiva i bambini (senza curarsi particolarmente della loro condotta) e poi li divorava a uno a uno, come certe streghe delle fiabe. Inizialmente collegato al periodo di Carnevale (festa nella quale alcuni buontemponi si travestivano da orco per fare scherzi ai bambinetti), cominciò ad essere associato al Natale solo verso la fine del XIX, quando gli illustratori di cartoline fecero una crasi tra il Kinderfresser e il Krampus… creando uno spaventoso mostro mangiabimbi.
Ma il vero Krampus non aveva mai preso la brutta abitudine di rapire i bambini cattivi – men che meno di mangiarli. Si limitava a prenderli a frustate, su indicazione del santo, punendoli per le passate malefatte e sperando di favorire una futura “conversione”.
5) A dire il vero… non si chiama nemmeno Krampus
Una precisazione che può anche far ridere… ma tant’è. Si potrebbe dire che “Krampus” è, in un certo senso, il “nome commerciale” del personaggio, cioè quello con cui il mostro del Natale cominciò a essere indicato sulle cartoline che lo rappresentavano. Nella realtà dei fatti, non esisteva, nel folklore alpino, un unico personaggio che accompagnava san Nicola: di valle in valle, di zona in zona, esistevano numerosi mostriciattoli con caratteristiche simili al Krampus, che tuttavia avevano nomi, atteggiamenti e sfumature sempre diversi. In alcuni paesi potevano assumere connotati più minacciosi; in altri, potevano indossare abiti umani al di sopra della maschera pelosa e assumere comportamenti ben più civilizzati. In alcune zone sembravano alludere a vaghi legami col mondo dei morti; in altre, assumevano la forma di mostri benevoli e pucciosi. E, ovviamente, ognuna di queste varianti era indicata con nome diverso: quando parliamo di “Krampus”, a onor del vero, ci stiamo riferendo a un’entità che esiste quasi esclusivamente nell’immaginario d’età vittoriana… ma che in realtà non rappresenta a dovere la molteplicità di uno scenario ben più sfaccettato.
***
Strana epoca per davvero, quella vittoriana, in cui la gente voleva vedere il Male anche là dove non c’era e trasformava in dèmoni inquietanti anche personaggi che avevano avuto, fino a quel momento, valenze ben diverse e molto più benevole. Ma in fin dei conti, che vuoi aspettarti da una società che impazzisce per le ghost stories, crea mostri come Frankenstein e trova divertente portate in tavola, nel giorno di Natale, degli antipasti fatti a forma di diavolo?
Oggi ve ne parla Mani di Pasta Frolla proponendovi la ricetta dei demoni a cavallo, uno stuzzichino natalizio divenuto celebre nelle ultime decadi dell’Ottocento. Se qualcuno di voi dovesse decidere di replicarlo in occasione di queste feste, ci faccia sapere la reazione dei commensali non appena rivela loro il nome di questo antipasto così tanto natalizio.
phileasfogg2020
è sempre curioso notare l’influsso della tecnologia sulla cultura, tra l’altro nelle direzioni più impensate
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Austin Dove
Molto interessante
Non conoscevo le origini di questa tradizione e di come sia stato manomesso il significato originale.
Belle le cartoline
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Elena
Sono stata anni fa mio malgrado ad una sfilata di krampus che venivano da tanti paesi diversi e in effetti i costumi erano i più disparati, dai più carini ai più spaventosi. Mi avevano spiegato che in qualche zona dell’Alto Adige non c’è il krampus ma c’è Schwarzenpeter, Pietro il Nero ad accompagnare San Nicola.
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