Le Libertates Decembris e l’episcopello: quando la Chiesa sorrideva di se stessa

Come dato di fatto: il clero intransigente che guarda tutti di traverso e sventaglia lo spauracchio della dannazione eterna anche per sanzionare comportamenti tra i più innocenti è uno stereotipo che, salvo rare eccezioni, non appartiene più di tanto al Medioevo.
Se dovessi scegliere un periodo storico in cui collocare preti dal siffatto atteggiamento, penserei perlopiù ad alcuni secoli dell’età moderna. In quel caso, di fronte alla percezione di star perdendo terreno (a vantaggio dei protestanti, degli Stati laici, della modernità…), alcuni prelati mostrarono effettivamente la tendenza a ripiegare su forme di intransigenza assai marcata, che criticava i costumi tra i più innocenti manco fossero un segno dell’Apocalisse dietro l’angolo.

Ma nel Medioevo, tendenzialmente, i preti non passavano le loro giornate a fare i flagellatori di costumi. Magari organizzavano crociate contro gli eretici; ma nei confronti delle pecorelle disciplinate del loro gregge, mostravano d’essere pastori assai benevoli (per non dire condiscendenti). Ci si può ben rilassare un po’, quando sembra che lo status quo non possa essere insidiato da niente e da nessuno; e, se è il caso, si può persino indulgere in un po’ di sana autoironia, che è sempre divertente e non fa mai male.

Credo che questo cappello introduttivo possa essere di qualche utilità per contestualizzare alcune pratiche del passato che se fossero portate avanti adesso causerebbero lo stracciarsi delle vesti di mille benpensanti e che invece, nel Medioevo, erano normalissime e comunemente accettate dalla popolazione.

Ho già parlato del risus paschalis, la bizzarra usanza di raccontare barzellette grevi durante la Messa di Pasqua, e della Representatio Herodis in nocte Epyphania, durante la quale la celebrazione si interrompeva per permettere a sacerdoti e figuranti di sferrare botte da orbi alla brava gente seduta nei banchi, per aiutarli a immaginare il panico vissuto dalle donne di Betlemme durante la strage degli innocenti. Assodato insomma che nel Medioevo i preti avevano un marcato (e assai bizzarro) senso dell’umorismo, addentriamoci alla scoperta di un’altra folle tradizione di quei tempi.

Signore e signori, vi presento l’episcopello.

Se a qualcuno di voi dovesse balzare all’occhio che questo vescovo è assai bassino, chiariamo subito che, no: non state guardando un prelato affetto da nanismo e non state nemmeno assistendo a un caso di nepotismo sulle linee “han fatto vescovo un ragazzino solo perché era il nipote del cardinale”.
No: l’episcopello era un bambino come tanti che assumeva temporaneamente le funzioni vescovili in una festa dal sapore carnascialesco che era osservata in buona parte delle diocesi d’Europa.

La culla di questa bizzarra tradizione sembra essere la Germania del X secolo – o, quantomeno, risale al 911 il primo documento scritto a fare menzione di questa pratica, laddove Corrado I di Franconia firma un diploma con cui autorizza gli studenti di Costanza a portare avanti quelle che vengono definite le Libertates Decembris.

Entro il XII secolo, questa festa era già arrivata in Francia, ove aveva preso il nome di “Festa dei Folli” o dei “Suddiaconi”. Era, appunto, una ricorrenza dal sapore carnascialesco nella quale si poteva assistere al capovolgersi delle tradizionali gerarchie ecclesiastiche. Nei giorni immediatamente seguenti al Natale, il clero minore riceveva l’onore di tenere processioni e di “prendere il controllo” della chiesa cattedrale: i diaconi “salivano al potere” nel giorno di santo Stefano, i sacerdoti potevano dare ordini al vescovo nel giorno di san Giovanni; infine, i chierichetti e i seminaristi potevano farla da padrone nel giorno dei santi Innocenti. Era proprio rivolto ai piccolini il momento più ludico di queste Libertates: entro il XII secolo, s’era già diffusa la consuetudine di eleggere, tra gli scolaretti della scuola cattedrale, un episcopus puerorum (o innocentium, o stultorum) che, per breve lasso di tempo, avrebbe fatto le veci del vescovo.

E quando dico che “avrebbe fatto le veci”, intendo che davvero ne avrebbe fatto le veci.
Per l’intera durata del suo mandato, l’episcopello si sarebbe fatto carico di tutte le funzioni che erano normalmente appannaggio del vescovo. Per ovvie ragioni, faceva eccezione la celebrazione della Messa… per quanto, nel corso della liturgia, il vescovo-bambino avesse il permesso di salire sul pulpito per proclamare la sua omelia (ovviamente infantile, spesso ironica, talvolta sarcastica e al vetriolo).

Per essere una carnevalata, veniva presa molto sul serio. Nel 1222, l’inventario dei beni della cattedrale di Salisbury annovera un anello vescovile di formato mignon da far indossare al vescovo bambino; nel 1225, la cattedrale londinese di san Paolo si dotava di una mini-mitria e di una serie di mini-paramenti da mettere a disposizione del suo episcopello. E che tutta la popolazione fosse ben disposta a stare al gioco è cosa testimoniata da un dettaglio esilarante che si legge nella biografia di Edoardo I, re di Inghilterra: quando il monarca, trovandosi a viaggiare verso la Scozia nel periodo di Natale, volle sostare per qualche tempo nella chiesa della città di Hedon, fu accolto in pompa magna dal vescovo che in quel momento era a capo della diocesi… cioè un bambino, che recitò i vespri di fronte al sovrano mentre i suoi compagnucci si occupavano dell’animazione.

Come fa notare Ronald Hutton, questi riti non erano solamente intesi come un divertente momento di svago per chi “saliva al potere” grazie a queste carnevalate. In realtà, all’epoca, essi erano percepiti anche (e soprattutto) come una prova di umiltà per le alte gerarchie ecclesiastiche. Se sei un potente vescovo medievale, ci va già una certa bendisposizione d’animo per accettare di dover rendere omaggio a un bamboccio che per qualche giorno andrà in giro a farti il verso, probabilmente approfittando dell’occasione per stigmatizzare caricaturalmente tutte le tue piccole idiosincrasie.
Una persona con poco senso dell’umorismo avrebbe probabilmente considerato questa usanza fortemente offensiva e irrispettosa, o quantomeno si sarebbe rifiutato di prender parte a quella carnevalata. E invece no: nel Medioevo, le gerarchie ecclesiastiche stavano al gioco.

Ce ne forniscono un esempio eclatante gli archivi della cattedrale di Salisbury, che ancor oggi conservano traccia delle modalità di quei festeggiamenti antichi. Nella cittadina del Wilthshire, l’episcopello prendeva il potere il 28 dicembre, quasi a voler vendicare con quel golpe i santi innocenti ricordati quel giorno, vittime incolpevoli della crudeltà degli adulti. Nel pomeriggio del 27 dicembre, dopo la recita dei vespri, l’episcopello usciva dalla sacrestia rivestito delle più sontuose mini-insegne vescovili e accompagnato dai suoi compagni di scuola, tutti quanti impomatati in mini-abiti sacerdotali. A chiudere la processione erano il vescovo e i membri del capitolo della cattedrale, portando il turibolo, le candele e l’evangeliario (insomma, svolgendo tutte quelle funzioni che normalmente erano riservate ai chierichetti). Giunto al termine della navata, l’episcopello incensava l’altare e le immagini sacre e poi prendeva formalmente posto a sedere: era l’inizio del suo mandato, che sarebbe durato per un periodo variabile di giorni.

Quali? Quanti?
In effetti, non c’era una regola definita: la durata di queste feste variava di zona in zona. Originariamente, l’episcopello saliva al potere il 28 dicembre e restava in carica fino a fine mese; e tuttavia, pian piano, la data della sua elezione si spostò all’indietro donando al vescovo bambino un mandato assai più lungo.
Nel XII secolo, la festa dell’episcopus puerorum cominciò a mescolarsi con la festa di san Nicola, che proprio in quel periodo cominciava a essere associato all’infanzia nella (fino ad allora inedita) veste di patrono dei bambini. Entro la fine di quel secolo, era diventata abitudine comune eleggere l’episcopello proprio in occasione della festa di san Nicola. (In)degno erede del vescovo di Myra, l’episcopello sarebbe rimasto in carica fino al 28 dicembre: in questo caso, il mini-prelato non si sarebbe occupato di tutte le cerimonie del periodo, ma avrebbe donato la sua dissacrante presenza a un buon numero di funzioni sparpagliate qua e là durante il periodo dell’Avvento.

Non sorprendentemente, queste feste carnascialesche suscitarono forti opposizioni. Se già da parte cattolica vi furono, nel Medioevo, occasionali levate di sopracciglia, i protestanti ebbero gioco facile nel dirsi scandalizzati da queste carnevalate che, a detta loro, dissacravano il luogo sacro, offendendo Dio con quegli scherzi da bambini.
Se, nei Paesi retti da un monarca protestante, feste di questo tipo furono vietate per legge, nei Paesi a maggioranza cattolica fu la Chiesa stessa a comprendere che, in effetti, forse forse non era il caso di ostinarsi a portare avanti usanze così bizzarre.

L’episcopello non scomparve da un momento all’altro e non scomparve in ogni luogo (esistono casi isolati di diocesi europee che continuarono a portare avanti questa usanza o che recentemente l’hanno ripresa a scopi di folklore: guardate questo o quest’altro delizioso esempio); ma, parlando in termini generali, entro i primi secoli dell’età moderna era diventato un ricordo di un tempo passato.

Un ricordo che, se vogliamo, ha lasciato traccia in alcune usanze gastronomiche che esistono in Francia, in Inghilterra e persino in Piemonte. Oggi, Mani di pasta frolla vi presenta la focaccia della Befana, un dolce sabaudo che (intuibilmente) si taglia il 6 gennaio e che è la versione rustica della gallette de rois, l’elaborato dolce d’Oltralpe che si porta in tavola nella stessa giornata. La particolarità dell’una e dell’altra torta è che, nell’impasto, è nascosta una fava (o altra piccola sorpresa): chi avrà la ventura di trovarla nella sua fetta sarà nominato “il re del giorno” e, per ventiquattr’ore, avrà il diritto di dare ordini a tutti i suoi familiari (genitori inclusi, se bambino).

Una rivisitazione laicizzata e familiare dell’antica usanza che ho appena descritto: accantonato il parallelismo tra l’episcopello e il vescovo Nicola, si preferiva una nomina a re (forse meno dissacrante?) in omaggio ai tre magi venuti dall’oriente… ma poco cambiava, nella dinamica di fondo. Diverso il nome e diversa la data in cui la cerimonia aveva luogo, ma il ribaltamento dei ruoli restava immutato. In fin dei conti è bene ridere, soprattutto a Natale!


Per approfondire:

The Boy Bishop (Episcopus Puerorum) of Mediæval England di C.H. Evelyn-White, che riporta anche una delle omelie recitate anticamente dal vescovo bambino
The Stations of the Sun. A History of the Ritual Year in Britain di Ronald Hutton
Teatro e spettacolo nel Medioevo di Luigi Allegri

7 risposte a "Le Libertates Decembris e l’episcopello: quando la Chiesa sorrideva di se stessa"

    1. Lucia

      Grazie!
      Sì, la cosa comica è che se qualcuno provasse a rispolverare oggi queste tradizioni antiche, che pure erano normalissime all’epoca, riceverebbe probabilmente occhiate scandalizzate e stracciamenti di vesti 😂

      (Cioè, in realtà qualcuno li ha rispolverati per davvero, nell’articolo citavo due esempi degli ultimi anni. Sarei però davvero curiosa di sapere se le parrocchie del luogo non hanno ricevuto nemmeno una critica…)

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  1. phileasfogg2020

    Ma pensa che mi chiedevo più o meno le stesse cose, avendo recentemente visitato una chiesa con gli affreschi ricoperti di incisioni (preghiere o semplici testimonianze di fatti dell’epoca). Oggi lo stesso gesto sarebbe un grave reato, oltre che un atto sacrilego. Leggendo qualcosa su questo tema poi ho appreso che esisteva pure il rito di punizione dei Santi, se non rispondevano alle preghiere, per esempio gettando a terra le statue

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  4. Murasaki Shikibu

    Non so se esiste la categoria delle “feste dell’inversione”, quando i ruoli sociali si cambiano, e mi sembra vagamente di ricordare che nell’antichità c’erano i Sarìturnali dove appunto i servi prendevano il posto dei padroni, o qualcosa del genere.
    Mio padre e mia madre (che all’epoca non si conoscevano) raccontano che un anno ci fu una settimana in cui gli studenti della Goliardia presero letteralmente il comando di Firenze per qualche giorno, dirigendo il traffico e simili. Ne ho sentito parlare solo da loro quindi non so come si sia svolta la cosa.
    Sarebbe una vera ganzata fare qualcosa del genere a scuola, ma non credo che troverei mai il coraggio di suggerirla, e quand’anche lo trovassi temo che finirei presa pubblicamente a sassate.
    Però sarebbe DAVVERO una ganzata, meglio delle occupazioni, e si potrebbe fare anche a elementari e medie (cioè no, non si potrebbe fare perché nessuno lo autorizzerebbe mai e tutti si scandalizzerebbero in sommo grado).
    Anche perché invertire per un breve tempo l’ordine sociale lo rinforza il che era la causa e l’effetto delle libertatis dicembris che tu descrivi – un po’ come si fa nella commedia e nell’opera buffa, dove comandano le donne.

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