Capitava, di tanto in tanto, che il diavolo lo abbracciasse cullandolo piano e rispingendolo nel regno dei sonni, mentre cantava alle sue orecchie ninnananne d’infinita armonia. E capitava allora che l’eremita si svegliasse a giorno inoltrato, quando il sole era già alto nel cielo: un’inezia, in sé, ma un piccolo dramma per un religioso che aveva fatto della regolarità stessa la sua regola di vita e non riusciva a capacitarsi d’aver saltato per l’ennesima volta quelle preci del mattino che aveva preso l’impegno di recitare.
“Forse dovresti comprarti un gallo”, gli disse un giorno il suo padre spirituale, presso la cui grotta l’eremita s’era recato per confidare la sua frustrazione.
Il religioso esitò: “ma la nostra regola di vita… ci eravamo ripromessi di non possedere alcun bene di questo mondo e di vivere unicamente delle elemosine che ci sarebbero giunte dalla brava gente…”.
La sua guida si strinse nelle spalle: “d’accordo, ma qui stiamo parlando di un singolo gallo. Che non ti darebbe né carne né uova, né in alcun modo potrebbe arricchirti: si tratterebbe solo di tenerlo con te, in modo tale che il tuo canto ti dia la sveglia nel giusto orario”.
Il religioso esitò ancora: “non so, non sono convinto”. Ma il sorriso confortante dell’uomo di cui si fidava lo fece giungere alla conclusione per cui, dopo tutto, non poteva esserci niente di male in un piccolo gallo da compagnia: sicché, fece ritorno nel mondo per comprarsene uno al mercato. E gioì, l’indomani, quando di buon mattino il gallo lo risvegliò dal torpore con un chicchiricchì roboante che riempiva d’allegria il cuore.
Ma l’idillio durò poco, giacché il perfido diavolo cominciò presto a tessere la sua tela attorno a quel povero galletto. Pian piano gli chiuse la bocca dello stomaco facendogli passare la voglia di mangiare: neppure le granaglie che l’eremita gli comprava riuscivano a tenere in forze quel polletto, che deperiva sempre più a vista d’occhio. Nell’arco di qualche mese, la povera bestia era così debole e malandata da non riuscire neppure a far sentir la sua voce al mattino.
“Sono preoccupato”, ammise il religioso sedendo di fronte al suo padre spirituale, presso cui si era recato per uno dei loro consueti incontri periodici. “Quella bestia sta male, e me ne sento in colpa: cerco di non fargli mancare nulla, ma gli sono bastati pochi mesi al mio fianco per diventare l’ombra di se stesso. Mi sembra di star maltrattando un animale”.
Il padre spirituale lo studiò in silenzio, a occhi socchiusi: “in effetti, stai facendo vivere come un eremita un pollo che non aveva mai acconsentito a condividere il tuo stile di vita. Forse dovresti comprargli una gallina. Sai, magari aiuterebbe”.
“Una gallina?”, gli rise in faccia il religioso. “Quello non ha manco più la forza per camminare”.
“Eh ma sai, forse è per quello. E del resto, se ci pensi, ritengo che né io né te avremmo la forza per combattere in battaglia o per trasportare carichi al mercato. Certe funzioni corporali sono necessarie per mantenere il corretto andamento dell’organismo: e se un uomo santo può legittimamente decidere rinunciarvi in nome dell’ascesi, forse è eccessivo prendere un gallo e imporre anche a lui una vita di castità senza che lui si ammali nel corpo o nello spirito. Dai retta a me, prova con una gallina. Mal che vada, la rivendi. O te la tieni e mangi le uova”.
Seppur dubbioso, il religioso decise di non lasciare nulla d’intentato e andò al mercato a comprare una bella pollastrella. Incredibile a dirsi (e spaventoso al sol pensarci), ma nell’arco di tre giorni il pollo era rinato: becchettava di gusto le granaglie e se ne andava in giro tutto trionfo, con un piumaggio che sprizzava vitalità e salute.
Ma il diavolo, che artatamente aveva alleggerito la morsa in cui aveva stretto il pennuto, cominciò adesso a serrare le sue spire attorno al monaco inconsapevole. Gli stessi disturbi con cui prima aveva fiaccato il gallo, adesso li scaraventò sull’umano: nell’arco di poche settimane, l’eremita era divenuto così debole da non riuscire più ad alzarsi dal letto, sicché fu il suo padre spirituale a mettersi in viaggio per raggiungerlo, preoccupato da quell’anomalo silenzio prolungato.
“Ti prego, padre, dammi la tua benedizione perché sento che per me l’ora è ormai vicina”, disse debolmente il religioso non appena il suo confidente sedette al suo capezzale.
Quell’altro lanciò un’occhiata stupefatta a quel viso emaciato e a quel corpo così magro da far intravvedere le ossa al di sotto d’uno strato di pelle che sembrava esser fragile tanto quanto un velo di polvere. “Ma non diciamo stupidaggini”, balbettò, a occhi sgranati. “Sei ancora giovane. Sei nel fiore degli anni. Come è potuto succedere tutto questo, e in così poco tempo?”.
Il malato scosse il capo sul guanciale, come a dire che proprio non riusciva a darsene una spiegazione. Ma ecco, saltò fuori che il suo interlocutore ne aveva una: “e se avessi anche tu… lo stesso problema di salute che aveva accusato il suo gallo?”.
“Ma sì, pensaci”, insistette a bassa voce quando il suo amico gli lanciò un’occhiata sconcertata, mentre gli occhi gli si velavano di dolore nel dover comunicare una così spaventosa diagnosi. “Credi forse d’esser l’unico fra di noi a essersi trovato in questa situazione? Quanto ti dicevo la volta scorsa, lo dicevo purtroppo per esperienza. Iddio, nella sua sapienza, ha predisposto certe funzioni per permettere al corpo dell’uomo di purgarsi di tutto quel putridume che s’accumula nelle sue parti intime: e se questo non ha luogo nel corso di un atto coniugale… beh: purtroppo, è talora necessario intervenire in modo netto. Sapessi quante volte capita, a chi fa la nostra vita. Consideralo alla stregua di un salasso, cui ti sottoponi controvoglia per motivi di salute”.
E così, mentre il povero eremita languiva, confusissimo, nel suo letto di dolore, la sua guida spirituale si addentrò in un quartiere malfamato e adescò una ragazza che chiedeva l’elemosina lungo la strada, conducendola con sé e promettendole un facile guadagno: ci sono clienti peggiori con cui dormire, e nulla di così brutto le sarebbe stato fatto da quel giovane inesperto, timido e impacciato.
Quello che seguì fu un incontro di infinita dolcezza e di passione struggente e sfrenata: incredibile a dirsi, l’eremita si sentì rinascere non appena le sue dita sfiorarono il corpo femminile, e gli parve quasi che ogni respiro della donna fosse per lui un alito vitale. Il diavolo, naturalmente, aveva avuto l’accortezza di liberare tutto d’un tratto il religioso dalla malattia con cui l’aveva oppresso; e anzi, per farsi perdonare dell’incomodo gli aveva anche usato la cortesia d’investirlo per l’occasione di tanta energia da far invidia a un toro.
Immersa a sua volta in quell’estasi beata cui cede il passo il piacere dei sensi, la ragazza riposava sul giaciglio col suo visino reclinato da un lato quando, con rara inopportunità, il direttore spirituale fece irruzione nella grotta del suo amico, gridando tutto affannato “presto! Ricomponiti! Fai sparire le prove! Ho commesso un grave errore nello scegliere per te questa ragazza: non era una prostituta ma solo una mendicante, povera ma di ottimi costumi; e quando suo padre è venuto a sapere che qualcuno l’aveva convinta a vedere il suo corpo, s’è infuriato come poche altre persone al mondo! Uccidi la donna, ora: non abbiamo scelta!”.
“Che cosa?!”, fece sconvolto l’eremita cercando freneticamente un qualche straccio con cui coprirsi. “Sei impazzito? Non posso…”.
“Sì che puoi! Anzi, devi! Perché questa ragazza parlerà di certo, e farà il mio e il tuo nome: riesci a immaginare lo scandalo che ne deriverebbe se si venisse a sapere che i santi padri del deserto se ne vanno a prostitute, anzi ancor peggio, adescano per libidine le ragazze di buona famiglia?”.
“Mi prenderò la responsabilità delle mie azioni”, mormorò smarrito l’eremita, lanciando uno sguardo alla fanciulla che dormiva, con un sorriso lieve sulle labbra. “Non posso…”.
“No, tu non capisci!”, lo interruppe il religioso anziano. “Queste azioni non riguardano solamente te: la loro infamia ricadrà su tutti i padri del deserto, su tutti i cristiani; infangherà la Chiesa stessa, proprio in un momento in cui gli uomini stanno lentamente cominciando ad abbracciare la vera fede. Non riesci a immaginare quanti danni causeresti se questa storia scandalosa iniziasse a girare? E non riesci a vedere quanto bene faresti invece se tacitassi lo scandalo con un singolo sacrificio? Una vita perduta in cambio di mille anime battezzate, salvate e consegnate a Dio: coraggio, prendi questo coltello, e assumiti la responsabilità delle tue azioni nell’unico modo che veramente possa risolvere qualcosa”.
E così, con mano tremante, pressato dall’insistenza di quell’uomo in cui aveva sempre riposto la massima fiducia, il giovane eremita prese in mano il coltello e lo affondò nel collo della ragazza. L’istante successivo, un denso odore di zolfo invase la grotta e il diavolo si strappò finalmente di dosso la veste religiosa sotto cui s’era celato per tanti anni; guardò il suo figlio spirituale con occhi pieni di vittoria: “dopo tutto, nessuno è davvero immune dalle tentazioni”. L’istante dopo, era sparito, avvolgendo il corpo del giovanotto con una vampata di fiamme infernali.
Narra l’agiografo che, riguadagnata in un lampo la sua lucidità, l’eremita pianse lacrime cariche di disperazione sul corpo esanime della ragazza che aveva amato e ucciso: e, proprio come nelle fiabe, le stille salate che gli sgorgavano dagli occhi mondarono il corpo di lei, si insinuarono nelle sue ferite, corsero fino alle sue vene e lì cominciarono a gorgogliare, donando alla giovane una nuova linfa di vita. D’un tratto la ragazza cominciò a respirare e schiuse le palpebre, per puntare uno sguardo confuso e angosciato negli occhi del suo assassino. Che la rivestì, si prostrò ai suoi piedi, la supplicò di perdonare tutte le offese che aveva recato al suo corpo; e poi la ricondusse fino alla sua casa, fronteggiando da uomo a uomo il padre adirato e domandandogli scusa, occhi negli occhi.
Non volle insabbiare né tacere questa storia; e anzi, ritornato alla vita religiosa ebbe cura di raccontarla in ogni dove per permetterle di essere tramandata attraverso i secoli. Ed eccola ora giungere a noi, monito per tutte le generazioni: questa è la storia che ci narra come la stella caduta di Lucifero, per sempre maledetta, sarebbe riuscita a condurre a una fine miserabile un uomo santo e retto di giudizio, se il nostro signore Gesù Cristo, per sempre benedetto, non fosse sceso in suo aiuto, mosso da misericordia.
Per approfondire: la storia è riadattata (molto fedelmente, nel senso che mi sono limitata a sviluppare il canovaccio per predicatori) dai Sermones feriales et communes di Jacques de Vitry (ca. 1165 – 1229)
Austin Dove
oddio in un certo senso è parecchio inquietante perke descrive l’omicidio di una donna che è stata la sua amante; non lontano dai giorni nostri
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Lucia Graziano
Beh oh cielo, qui più che altro mi sembra l’omicidio di una povera prostituta di cui probabilmente il nostro amico non conosceva nemmeno il nome 😅 però sì, posso vedere un certo legame con l’attualità ora che me lo fai notare!
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Anonimo
Ma non aveva un minimo di consapevolezza, quel bravo eremita,? doveva sempre affidarsi sl padre spirituale?
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Lucia Graziano
Ahimè: non solo nel forzato mondo delle leggende, ma anche nella vita vera di oggigiorno, conosco gente che si affida fin troppo alla direzione spirituale, anche per cose banalissime (o, peggio ancora, per cose talmente ingarbugliate che più che un sacerdote servirebbe uno psicoterapeuta, se proprio hai bisogno di aiuto esterno). Ovviamente non voglio dire che tutti facciano così e che la direzione spirituale sia un male di per sé, sia chiaro, ma assieme alle tante persone che se ne giovano con equilibrio posso assicurare di aver visto anche un certo numero di pericolose esagerazioni.
Quindi no, questo dettaglio ahimè non mi pare inverosimile :-\
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