[Ma che sant'uomo!] Il santo, il giudice, e il mago

Il giudice gridò il suo ordine, e i flagelli dei soldati si abbatterono fulminei sulla schiena del Santo Martire.
Il Santo Martire sospirò con spirito di rassegnazione e lanciò al giudice un’occhiata sulle linee di “io-te-l’avevo-detto”, mentre gli uncini acuminati scivolavano via sulla sua pelle senza neanche sfiorarla.
Non è possibile! NON È POSSIBILE!!”. Il giudice scattò in piedi e tirò un pugno sul tavolo, cominciando definitivamente a perdere le staffe. Prese un respiro profondo per calmarsi, e poi si passò sconsolato una mano fra i capelli; con i denti digrignati lanciò un’occhiata di odio puro al Santo Martire.
Il Santo Martire, dal canto suo, ricambiò lo sguardo con una cortese alzata di sopracciglia. “Il Signore mio Dio mi protegge dalle tue torture”, scandì molto lentamente per la quindicesima volta, dopo che il giudice romano aveva inutilmente provato a: frustare, scuoiare, lapidare, bastonare, sventrare, maciullare, strangolare, trafiggere, affogare, impiccare, squartare, soffocare, scorticare, e infine bollire viva la sua umile persona.

Il giudice smarrì quel poco di calma che ancora gli era rimasta in corpo e ruggì in faccia a San Teopompo, coraggioso vescovo di Nicomedia. “Sta’ zitto! STA’ ZITTO! Il tuo dio non esiste!! La colpa è dei miei soldati”, e ruggì per una seconda volta: “dei miei stupidi, inetti, INCAPACI soldati, che usano flagelli che non tagliano!”.
San Teopompo lanciò un’occhiata al flagello del soldato che gli stava affianco, e inarcò educatamente le sopracciglia.
“ACCECATELO!”, urlò il giudice tutto sudato, strabuzzando gli occhi.
San Teopompo sollevò impercettibilmente lo sguardo al cielo, per evocare un po’ di pazienza.
E poi arrivarono due soldati, che stringevano fra le mani una lunga trave acuminata: immobilizzarono Teopompo a una parete e gliela conficcarono negli occhi, ma il legno appuntito rimbalzò via sulle palpebre del Santo.
AVVELENATELO!”, sbraitò rabbioso il giudice, che ormai aveva raggiunto una colorazione assimilabile al fucsia.
San Teopompo sorseggiò educatamente una orrenda sbobba mortifera che i soldati gli avevano portato, e passò i successivi tre quarti d’ora a passeggiare tranquillamente nel cortile del palazzo del giudice, contando le colonne per ingannare il tempo.
Perché non muore? PERCHÉ NON MUORE??” gridò il giudice nella disperazione, quando ormai apparve chiaro ai presenti che nemmeno il veleno aveva sortito l’effetto desiderato.
“Te l’ho detto”, cantilenò Teopompo con molta pazienza. “Il Signore mio Dio mi proteg…”.
STA’ ZITTO!”, lo interruppe con un bercio il giudice, che ormai era del tutto fuori di sé e sputacchiava saliva mentre parlava. “BRUCIATELO VIVO!”.
San Teopompo brontolò qualcosa sullo spreco di legname ed aspettò educatamente che i soldati approntassero il rogo; dopo di che si fece legare a un palo di legno, attese con tutta calma l’arrivo delle fiamme, e si girò i pollici per qualche minuto mentre le fiamme si espandevano in qualsiasi direzione tranne che verso la sua persona.
Tossicchiò un pochino per il fumo: quello sì.

Come ti ho già detto”, ripeté pacato dieci minuti più tardi, togliendosi un po’ di cenere dai vestiti mentre scendeva dal rogo, “il Signore mio Dio mi protegge dalle tue…”.
“NON DIRLO!”, gridò il giudice romano al colmo dell’esasperazione. “Io ho capito chi sei tu! TU SEI UN MAGO!”. (Teopompo scosse la testa sconsolato, sospirando). “Ti dimostrerò che il tuo dio non esiste, e che anche i nostri maghi possono battere i tuoi prodigi!”. E poi, rivolgendosi ai soldati, urlò: “portate qui il mago Teonas!”.

Il mago Teonas, che fino a quel momento si era fatto i fatti suoi seduto tranquillamente in un angolino, rischiò seriamente di soffocarsi con il vino che gli era andato di traverso.
“Ma veramente…”, balbettò in un timido tentativo di squagliarsela. Il giudice, purtroppo, non ammetteva repliche.
Niente storie! Teonas! Tu adesso vieni qui e mostri a questo impostore chi si è messo contro!”.
“Ah. ”, balbettò Teonas, affatto convinto. “Il problema, ehm… è che io adesso avrei, ecco, un impegno, quindi se potessi andare via e poi tornare in un secondo momento…”.
Non azzardarti a muoverti”, gli ruggì in faccia l’ormai esasperato giudice. “Tu adesso vieni qui”, e indicò furiosamente lo spiazzo di cortile davanti alle sue gambe, “e salti in mezzo al fuoco”, e accennò con lo sguardo all’immenso rogo che scoppiettava a poca distanza, “e mostri a questo cristiano che anche tu sai fare un incantesimo”.
Teonas tentò disperatamente di ricordare se il suo maestro gli avesse mai insegnato un trucco per sparire nel nulla e ricomparire d’incanto in un altro luogo, ma purtroppo fallì nel suo tentativo di teletrasporto.
“Magari puoi recitare una formula e spegnerlo” suggerì il giudice, incoraggiante. “Il fuoco, dico”.
“Ah. Ehm. Certo”, balbettò Teonas francamente orripilato. “In realtà, mio signore, prima di compiere i miei prodigi io ho bisogno di giorni di preparazione, e onestamente non credo…”.
“NIENTE STORIE!”. Il giudice mosse nervosamente la mano destra e un paio di soldati presero Teonas per le ascelle e lo sollevarono di peso, buttandolo in malo modo sulla pira ardente.
Ci furono un paio di secondi di silenzio completo, in cui tutti – giudice, soldati, e San Teopompo – fissarono con interesse l’immenso rogo; dopodiché, la sagoma urlante del mago Teonas fu vista schizzar via dalle fiamme, dimenandosi convulsamente mentre il suo vestito aveva preso fuoco.

Persino San Teopompo diede una mano a soffocare l’incendio.
I due soldati erano sgomenti; il giudice furioso; quanto a Teonas, stava piagnucolando.
“Portategli il veleno!”, gridò il giudice nella rabbia. “Il mago sarà in grado di sconfiggerlo!”.
Teonas smise improvvisamente di piagnucolare e perse quel poco di colore che ancora gli era rimasto. “Ma veramente, mio signore, io preferirei dichiararmi sconfitt…”, iniziò frettolosamente.
“TACI!”, urlò il giudice, e rimase seduto a braccia incrociate mentre Teonas, pallido e tremante, ingurgitava un micro-sorso di veleno.
Pochi secondi d’attesa, e il povero mago cominciò a vomitare furiosamente. San Teopompo sbuffò in maniera plateale, e lanciò un’ennesima occhiata al giudice rabbioso: “lascia in pace questo poveretto”, tentò per l’ennesima volta. “Ti ho già spiegato che è il Signore mio Dio che mi proteg…”.
Il giudice non diede segno d’aver sentito. Nei dieci minuti che seguirono, il mago Teonas fu percosso, flagellato, marcato a fuoco e amputato d’un mignolo: più l’incantatore alzava il tono della voce, dichiarandosi completamente, platealmente e profondamente sconfitto, più il giudice si incaponiva, e pretendeva di vederlo vincere i prodigi del cristiano.
Fu solo molto tempo più tardi, quando al povero Teonas venne conficcato un palo in un occhio, che il funzionario romano scese a più miti consigli. Squadrando con disgusto il povero mago (ustionato, sanguinante, spellato vivo, scosso dai tremiti, e adesso anche guercio), il giudice, che fino a quel momento era stato cautamente possibilista, si rese conto che, ormai, ostinarsi su quella strada lo avrebbe solo coperto di ridicolo.
Non sapendo più che pesci pigliare, con un urlo belluino ordinò ai suoi soldati di riportare in prigione in vescovo cristiano, e anche il mago che non aveva saputo far fruttare la sua arte.
E così, i due poveretti finirono dritti in galera: Teonas, trascinato esanime dai soldati; Teopompo, trotterellando educatamente dietro alla comitiva.

“Tu adesso mi spieghi come diamine hai fatto…”, sussurrò esausto Teonas alcune ore più tardi, mentre, raggomitolato in posizione fetale in un angolino della cella, cercava di riprendersi da quel terribile pomeriggio.
San Teopompo smise di pregare, e gli lanciò un’occhiata paternamente dispiaciuta. “È l’unico Dio, il mio Signore, che ha compiuto prodigi per proteggermi dalla furia del giudice”.
Teonas, che aveva una gran voglia di piangere, si massaggiò esausto l’occhio buono. “Ah sì? Il tuo dio può fare questo?”. E sospirò sconsolato, prima di aggiungere: “e allora presentamelo!”.

Se alla data di oggi, sfogliando il calendario, vedete segnato, accanto al nome di San Teopompo, anche quello di San Senesio… beh: allora non stupitevi.
“Senesio”, in effetti, è il nome che assunse Teonas, di lì a qualche giorno.
Dopo il suo Battesimo.

5 risposte a "[Ma che sant'uomo!] Il santo, il giudice, e il mago"

  1. Lucyette

    Decapitato Teopompo; sepolto vivo Teonas.
    In effetti, mi sembrano dei metodi abbastanza efficaci

    (A parte la decapitazione, ecco. Di Santi decapitati che continuano a predicare portandosi sottobraccio la testa mozzata, in effetti è pieno ogni libro di agiografie… ma c’è un perché a questa credenza )

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