Io non ho dubbi: mangerò la colomba. E non una colomba presa a caso, ma una colomba che arriva in diretta dall’Abruzzo: grazie al passaparola di noi blogger, le Sorelle Nurzia, di cui vi avevo già parlato, sono addirittura riuscite a riassumere due dipendenti che negli scorsi mesi erano state costrette a licenziare.
E dici poco!
Molto orgogliosa di aver aiutato qualcuno (e soprattutto molto molto felice di averne avuto in cambio una serie di dolci prelibati!!), faccio il conto alla rovescia per i giorni che mi separano da Pasqua e dalla mia colomba.
Ma nel frattempo, vi regalo una curiosità… pasquale. Pensate al mio blog, quando taglierete la colomba sulla vostra tavola… perché forse non sapete che, secondo la leggenda, colomba e Santi hanno un rapporto molto, molto stretto…
ovverosia
e che men che meno avreste osato chiedere
La regina era bellissima; come solo una regina può esserlo. Il suo abito di lino era decorato da tante balze colorate, e le fibule d’oro splendente illuminavano la sua veste di riflessi luminosi. L’occasione era delle più importanti, e la regina dei Longobardi aveva fatto del suo meglio, per presentarsi agli ospiti in tutta la sua potenza.
E San Colombano non era da meno.
La vesta bianca era semplice e logora, e il monaco irlandese non risplendeva certo dell’oro dei gioielli. Ma c’era qualcosa nel modo in cui avanzava, e in cui si guardava attorno entrando a corte, che conferiva a lui e al suo seguito una regalità che andava ben oltre alle ricchezze terrene. La corte di re Agilulfo trattenne il fiato, quando il leggendario Colombano varcò la soglia del palazzo; e la regina Teodolinda gli sorrise d’un sorriso cortese, alzandosi in piedi per salutarlo.
Aveva tanto desiderato, Teodolinda, di incontrare quel Santo monaco. Ne aveva sentito parlare in lungo e in largo: la fama della sua santità si stava spargendo per tutta Europa. E, non appena aveva saputo che Colombano era entrato nel suo regno, aveva fatto di tutto per poter godere dell’onore di averlo come ospite. Ora Colombano era lì, davanti ai suoi occhi, nella regia città di Pavia; e Teodolinda gli sorrise di timida gratitudine, dando ordine che ai suoi ospiti fosse servito il pranzo.
Colombano e i suoi monaci avevano viaggiato per tutta la mattina; adesso era tardi: era ora di pranzare. E Teodolinda, come chi sa di avere al suo tavolo un ospite importantissimo, aveva dato ordine che a quei monaci fosse servito un pranzo regale: intingoli profumati e carni arrostite facevano bella mostra di sé sulla tavola, e si mescolavano a paste ripiene e salsicce aromatizzate, accompagnate da vassoi interi di cacciagione fresca. Un normale cittadino dell’Italia longobarda, verosimilmente, non avrebbe mai visto così tanta carne in tutta la sua vita: alcuni dei monaci di Colombano, abituati alla povertà e al digiuno, sgranarono visibilmente gli occhi, alla vista di tutto quel ben di Dio.
Colombano ringraziò i monarchi con un segno del capo, e poi si sedette ordinatamente a tavola.
Il banchetto ebbe inizio, e tutti gli invitati si gettarono voracemente sul loro pasto. Solo i monaci irlandesi se ne stavano perfettamente immobili, senza nemmeno avvicinare a sé i loro piatti. I più giovani deglutivano sconsolatamente; i più anziani sospiravano con rassegnazione. Sant’Attala, che stava alla destra di Colombano, fece scorrere il suo sguardo su tutto il tavolo e poi si chinò sul suo compagno, osservando, un po’ a disagio: “c’è solo carne…”.
“Già”, annuì San Colombano.
“E questi qui mangiano carne in piena Quaresima?” s’intromise un terzo monaco, in tono vagamente sconcertato.
Colombano si strinse delle spalle. “Sono re”, osservò distrattamente: “devono mangiare come re”.
“E noi?”, domandò spaventato il monaco più giovane. “Noi che siamo monaci, dobbiamo digiunare? Dopo tutto il cammino che abbiamo fatto?”.
Colombano ed Attala, silenziosamente, si scambiarono un’occhiata. Poi, San Colombano incrociò le braccia e rimase seduto sulla sedia, nell’educata attesa che succedesse qualche cosa.
‘Qualche cosa’ successe di lì a venti minuti, quando la regina Teodolinda lanciò un’occhiata ai monaci, per controllare che si stessero godendo il pasto, e trasalì nel vedere che non avevano toccato cibo. Ma come?, si domandò fra sé, sentendo la rabbia che montava. Per dare il benvenuto a quei monaci, lei aveva portato in tavola qualcosa tipo la metà della selvaggina del suo intero regno… e quelli si rifiutavano di mangiarla? Una simile sfrontatezza era veramente inconcepibile, e già Teodolinda si pentiva di aver invitato a corte quella marmaglia di ingrati. Se fossero stati degli uomini qualunque, probabilmente si sarebbero già presi una frustata.
“Voi non mangiate, fratelli?”, domandò in tono esageratamente cortese, lanciando un’occhiata gelida a Colombano ed ai suoi monaci.
“No che non mangiamo!”, sbottò improvvisamente il monaco più giovane, il cui temperamento collerico era stato messo a dura prova dal digiuno prolungato e dalle fatiche del viaggio. “Maestà, siamo dei monaci: non possiamo mangiare questa…”.
San Colombano gli tirò un calcio da sotto il tavolo. “Non possiamo mangiare questo cibo che non è benedetto, maestà”, lo interruppe in tono pacato. “Chiedo umilmente il vostro permesso per poter benedire le portate che ci avete offerto”.
Un paio di monaci si scambiarono un’occhiata perplessa; Teodolinda guardò suo marito, e Agilulfo annuì con rassegnazione. San Colombano chinò il capo in segno di ringraziamento, e si mise in piedi per benedire il cibo in tavola. Tirò a sé il primo piatto che gli capitò di fronte: era un grosso vassoio decorato, che conteneva una grande colomba arrosto. Il monaco sorrise.
Riuscite a immaginarvi la scena? Riuscite a immaginare la sua mano ossuta sollevarsi sulla tavola, ad accompagnare il gesto di benedizione?
E soprattutto… riuscite anche solo lontanamente a immaginare lo stupore dei presenti?
Essì… perché, quando Colombano ritornò al suo posto, l’uccello che stava nel vassoio si era miracolosamente trasformato. Il profumo dell’arrosto era sparito, e il sugo di carne era scomparso misteriosamente: nel lussuoso vassoio imbandito sulla tavola regale, ormai, se ne stava solo un’umilissima pagnotta. Una pagnotta che aveva conservato la sua forma di colomba, ma che era pane, senza alcun dubbio.
“Questo sì che è un cibo che s’addice alla Quaresima”, disse Colombano a Teodolinda, sorridendole senza alcun rancore. E mentre Teodolinda abbassava lo sguardo, un poco imbarazzata… Colombano si sedeva a tavola; e coi suoi monaci, allegramente, cominciava a godersi l’agognato pasto.
La colomba di Pasqua, secondo la leggenda, sarebbe nata in queste circostanze. Il pane a forma di colomba fu addolcito, per meglio conservare il senso della festa; ma il suo significato profondo resta lì, a farci da monito attraverso i secoli. E fra una settimana, sulla nostra tavola… campeggerà ancora una volta una dolcissima lezione di povertà evangelica.
Lucyette
E visto che siamo in tema, un piccolo "easter egg" per chi vuole provare a cimentarsi: qual è il dettaglio citato in questo post, che storicamente va benissimo se citato in questo post, perché per l'appunto è stato inventato da uno dei protagonisti di questo post (secondo la leggenda)? 😀
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utente anonimo
Maddai, che storia interessante! ^_^
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Lucyette
Vero? 😀
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utente anonimo
Io l'ho trovato l'"easter egg" però in modo bizzarro, cercando due parole che sono balzate alla mia vista su wikipedia 😛 La seconda (a me nemmeno piaciono sai?) è quella giusta… quindi mi ritiro dalla caccia e vediamo se qualcuno la trova senza fare ricerche :PCome sempre racconti in maniera affascinante queste storie :PBene bene, sono contento che un pizzico di Abruzzo sia entrato anche qui, oltre al fatto che hai riportato sulle Sorelle Nurzia :PDaniele
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utente anonimo
ma allora sarebbe una una colomba di quaresima, non di Pasqua….Un po' come succede al panettone, di solito si aspetta la festività per abbuffarsi, ma se è un dolce quaresimale ci permetti questa trasgressione? A saperlo prima…Diego
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Lucyette
Daniele: non vedo veramente l'ora di potermi gustare un po' di specialità abruzzesi! Sono certa che me le godrò tantissimo… :-DQuanto all'easter egg… oh beh: se nessuno si fa avanti, tu sei il vincitore annunciato u_uDiego: no, no, non ci provare – io incoraggio trasgressioni come quelle di San Colombano, ovverosia pagnotte a forma di colomba! Lo zucchero non c'era mica, nella colomba di Colombano… ;-P ;-PA proposito: visto che citi il panettone, io cito il blog delle 99 colombe, che si son fatte incuriosire da questa leggenda e hanno cercato di individuare il vero creatore della colomba. E a quanto pare, la colomba è nata negli anni Trenta… per far lavorare anche a Pasqua una azienda dolciaria che produceva dolci di Natale. Ovverosia: la colomba di Pasqua, altri non è che… il panettone, fatto cuocere in uno stampo diverso! :-DChe l'impasto fosse simile, me n'ero resta conto anch'io, ma non immaginavo che le origini del dolce fossero proprio sulle linee di "prendiamo il panettone e sbattiamolo in una teglia a forma di colomba, così lo ricicliamo a Pasqua" 😀 😀
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marinz
San Colombano al Lambro produce dell'ottimo vino… bello che la leggenda narri la "creazione" della colomba pasquale … domenica sulla tavola non mancherà di certo si del buon vino sia una buona colombaUn sorriso :)Ps ho tutte le info su Santa Tecla nel Duomo… ti mando un pvt appena possibile 😉
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utente anonimo
allora aspetterò bellamente la Pasqua… mi sa che la pagnotta del santo, visto il periodo austero, sarà stata anche un po' rafferma…io tengo buona la leggenda di San Colombano piuttosto che il panettone travestito da colomba… vuoi mettere la differenza?grazie di riportarci perentoriamente sulla retta via, noi cercheremo di tenere duro questi ultimi santi giorni…Diego
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utente anonimo
Immagino che oggi non sono fatte con gli avanzi di Natale 😛 o forse nemmeno allora, mah…Molto più avvincente la storia del Santo :PDaniele
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Lucyette
Marinz: ma come?, mi deludi 😛 Per una Pasqua davvero santa, dovresti portare in tavola:- la colomba di San Colombano;- il Barolo di Giulia di Barolo;- lo zabaione di San Baylone(e magari anche la Paulaner di San Francesco da Paola) Credevi di cavartela solo con un po' di vino milanese? 😛 :-PMa grazie mille per Santa Tecla, non volevo darti disturbo!Diego: in effetti la leggenda è molto più affascinante (come al solito)… u_u"Grazie di riportarci perentoriamente sulla retta via"… ahahahahaha!Se ti dico "ma che scemo 😉 😉 ", ovviamente in tono molto molto scherzoso e amichevole… tu non te la prendi, vero? ;-PDaniele: beh, mi auguro vivamente che con gli avanzi non fossero fatte nemmeno allora! 😛 Volevo dire che la colomba è nata per "riciclare" il panettone natalizio, ma ovviamente in senso metaforico… :-D(Almeno… spero!! ;-P)
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utente anonimo
non me la prendo, ci mancherebbe, si capisce che è un tono scherzoso…d'altronde anche io capisco di non essere proprio 100 (modo di dire per indicare di essere proprio centrati del tutto…)Diego
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marinz
Allora facciamo così:Birra con un antipasto di affettati di San Daniele, seguito da un risotto al barolo, selvaggina accompagnata dal barolo e per dolce colomba, coperta di zabaione e un po' di Braulio (sai che venerdì era San Braulio?)I vini milanesi non esistono … qui li importiamo :)Cmq essendo di origine della bassa mantovana del vino da dolce ne ho tra cui sceglierePer Santa Tecla nessun disturbo :o)Un sorriso 🙂
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Lucyette
Diego: Marinz: ahahahahaha, così è proprio perfetto! 😀 Effettivamente il mondo è pieno di ricettari che tirano in ballo le ricette "di" Santi vari… ci si potrebbe aprire un risorante, volendo!San Braulio me l'ero perso, in effetti, e soprattutto non sapevo che fosse collegato al vino!A proposito di vini e di Santi (o meglio… di personaggi evangelici), io ho scoperto che qui a Pavia esiste un vino dal nome curiosissimo… che si chiama sangue di Giuda.Però forse non è il vino più adatto da mettere in tavola il giorno di Pasqua, visto il nome… ;-P
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marinz
Il Braulio non è un vino ma un amaro valtellinese… oltre il sangue di Giuda che trovo molto buono c'è anche il Lacryma Christi, zona del vesuvio.Ora vado a leggere l'altro post che hai messo tanto che ho 5 minutiun sorriso 🙂
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Lucyette
"Il Braulio non è un vino ma un amaro valtellinese"… okay, lo ammetto: è da un po' che tu vai avanti a parlar di vini, ma devi sapere che io sono una capra in materia: sono del tutto astemia! :-PPerdona dunque la mia ignoranza, che peraltro stai contribuendo a rendere un po' meno abissale… ;-):-)
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