[Ma che sant'uomo!] Metodo Stanislavskij

Non che fosse istruito, per carità. No di certo.
Però, certe cose le sapeva.
Gliele avevano raccontate mille volte, e lui se l’era fatte raccontare altre duecentomila: del resto, gli sembrava proprio il minimo, conoscere a fondo quell’arte grazie a cui campava.
E così, la storia del teatro, lui la conosceva abbastanza a fondo.

Conosceva gli spettacoli buffi dei secoli più antichi, e conosceva gli esordi della satira. Sapeva bene cosa fosse una commedia; e avrebbe potuto citare, eventualmente, qualche opera di Plauto. Conosceva anche la tragedia, e i grandi coturni degli attori greci.
Gliel’avevano detto – ossì – che il teatro di una volta era tutta un’altra storia. Lo stesso Seneca aveva scritto delle tragedie, e addirittura Cicerone era stato disposto a difendere un attore. Una volta, il teatro era una cosa assai più seria.
Più seria, certo: ma incredibilmente più noiosa. Fino a pochi decenni prima, in teatro si recitavano dei mattoni insopportabili: altro che mimi! Altro che gladiatori! I suicidi e gli sgozzamenti, che poi erano l’unica parte interessante di una tragedia, venivano annunciati da un messaggero “per non turbare il pubblico”: e – follia delle follie – non potevano recitare attrici donne.
Genesio era profondamente convinto che le attrici donne fossero un dono del creato: non se ne perdeva una, di quelle meravigliose rappresentazioni in cui le prostitute-attrici, in bella mostra davanti al pubblico, consumavano reali atti sessuali nell’orchestra. Quello sì che era un bel divertimento!
Grazie agli dei, Genesio era nato in una società un poco più evoluta: la gente poteva ridere liberamente, ora, alla vista del sangue o di un corpo nudo. Le volgarità, i doppi sensi, la violenza fine a se stessa, sfuggivano finalmente dalle maglie della censura: e il pubblico rideva, e trovava un po’ di svago, alla vista di un corpo deforme e accartocciato.
Genesio, primo attore della sua ricca compagnia, era un maestro nell’arte del teatro.
E quel giorno avrebbe dato il meglio di se stesso, nello spettacolo che aveva ideato, diretto, e organizzato. Sognava quel momento da giorni, o da mesi addirittura – da quando gli era stato detto, insomma, che l’Imperatore Diocleziano avrebbe visitato Roma. E che sarebbe spettato a lui – proprio al comico Genesio – allestire uno spettacolo, per intrattenerLo.

Il pubblico, quel giorno, lo capì da subito, di aver a che fare con qualcosa di superbo. Lo capì, in effetti, fin dalla primissima, emozionante scena.
Che fu un’orgia.
Una enorme, collettiva, tumultuosa orgia: un’orgia violenza, animalesca, di massa, che ipnotizzò gli spettatori all’incirca per mezz’ora. Poi, proprio mentre le risate perdevano di volume, e qualcuno mostrava i primi segni d’annoiarsi, da quel cumulo di corpi sudati, frementi, esausti, si allontanò, barcollando, un uomo.
Solo a quel punto, il pubblicò individuò il protagonista: e riconobbe in lui Genesio, quel famoso attore.
Con il volto reso pallido dal cerone, l’attore barcollò per il teatro e infine si gettò in un letto, assumendo una posa tragica. Dietro di lui, l’orgia proseguiva con un certo vigore, ma l’attenzione del pubblico era ormai sul letto: l’attore sdraiato si contorceva come se fosse in balia delle febbri, e al suo capezzale si prodigavano, allarmati, tre figuri pallidi.
Amici miei!”, gridò il malato. “La mia vita sregolata mi ha condotto, ahimè, alla morte! Sento su di me un gran peso: vi supplico, liberateme!”.
Gli altri attori si affannarono sul letto, sollevando ansiosi le lenzuola. “Non hai niente, addosso: solo questo”, disse uno, un po’ stupito. “Cos’è, che pesa sul tuo corpo?”.
Quanto mai siete privi d’intendimento!”, gli rinfacciò il morente. “Ma come! Non capite? È il peso dei miei peccati, che grava sul mio corpo! Io sono risoluto a morir cristiano…!”.
Dal pubblico si levò un boato: un’unica risata, che echeggiò all’unisono all’interno del teatro.
L’attore aspettò che le risate si calmassero (ci volle un bel po’ di tempo). “Io sono risoluto a morir cristiano”, ripeté a voce alta, quando fu certo di poter essere sentito. “Prego che Iddio mi riceva nel suo regno! E per assicurare all’anima mia la sua salvezza, rinuncio all’idolatria, alla sregolatezza, alla superstizione!”.
Il pubblicò ululò ancor più forte, e i tre amici del morente s’accomiatarono dal letto. Partirono alla ricerca dei cristiani, per esaudire la volontà del loro amico: e nel farlo, naturalmente, non omisero volgarità ed oscenità di sorta. Fra le altre cose, denigrarono i cristiani stessi, suscitando risate inconsulte nel pubblico in delirio. E persino Diocleziano scoppiò in un violento applauso, lungo ed entusiasta: la sua persecuzione anticristiana, durissima e severa, era appena incominciata.

I tre amici del morente condussero al capezzale due bruti deformi (Diocleziano rise forte): uno s’identificò come prete; l’altro, come esorcista.
“Perché, o figliolo, ci fai qui venire?”, domandò all’attore l’esorcista.
“Perché desidero ricevere la grazia di Gesù Cristo”, gridò lui, sovrastando le risate, “e battezzarmi, per cancellare i miei peccati!”.
L’Imperatore rideva follemente, mentre l’attore si denudava, (compiendo gesti osceni), e indossava un vestito bianco. Poi fu battezzato, da quel prete deforme che pareva un mosto spaventoso, recitando ad una ad una tutte le formule del battesimo cristiano. Diocleziano lo vide ridere, contorcersi, ammiccare, e poi fissare il cielo in silenzio, ad occhi sbarrati, quasi fosse scosso dal terrore. Poi, uno dei suoi amici scomparve, correndo fuori dalla scena: quando ritornò, portando con sé un manipolo di soldati armati, le risate del pubblico, (e di Diocleziano assieme a loro), crebbero così tanto da rimbombare nel teatro.
I soldati s’impadronirono del malato, e lo percossero incatenandolo. E poi, in un colpo di scena veramente portentoso, lo consegnarono all’Imperatore (assisteva allo spettacolo da un seggio, in prima fila, vicinissimo agli attori).
Diocleziano era seriamente deliziato. Meditò di premiare con oro e terre quell’attore, e rise di gusto, stando al gioco. Si sporse dal suo scranno, preparandosi a interrogare quel laido “prigioniero”. Aprì la bocca per parlare, e formulare una domanda…
… ma Genesio fu più veloce di lui, e gli impedì di cominciare.

“Imperatore, e tutti voi che siete qui presenti”, esordì con calma, lo sguardo spaventato ma la voce che vibrava di certezza. “Ascoltate, vi prego, ciò che sto per dirvi”.
Diocleziano richiuse la bocca, con aria rassegnata. Lasciamogli seguire il suo copione.
“Fino ad oggi, inorridivo tutte le volte che udivo pronunciare il nome di cristiano”, esclamò l’attore, “e detestavo, fra i miei tanti conoscenti, quei pochi che professavano questa religione. Mi sono istruito nei riti dei cristiani al solo scopo di dileggiarli, e di farli conoscere agli altri, in tutto il loro orrore, mediante i miei spettacoli”.
L’Imperatore annuì, e tentò ancora di parlare.
Ma in questo istante”, aggiunse Genesio molto velocemente, per impedire a Diocleziano di interromperlo, “mentre l’acqua lavava il mio corpo e io rispondevo di credere a tutti quei princìpi su cui ero interrogato… allora” – e la voce gli tremava, nel parlare – “ho visto davanti ai miei occhi una schiera di angeli splendenti, che leggevano da un libro tutti i peccati da me commessi, fin dalla mia infanzia”.
Diocleziano scoppiò a ridere, e applaudì. Genesio lo guardò malissimo.
Poi”, disse in tono glaciale, fissandolo negli occhi, “gli angeli hanno immerso quel libro nell’acqua; in quella stessa acqua che mi bagnava all’atto del battesimo. E quando l’hanno estratto”, aggiunse in tono fermo, “me l’hanno mostrato più bianco della neve, e senza alcuna traccia di scrittura”.
Diocleziano rise a voce alta, sempre più estasiato; stavolta, Genesio lo zittì proprio, con un gesto brusco ed irritato. “Lo dico per voi, o possente Imperatore. E anche per voi, romani tutti che mi ascoltate! Tutti voi, che assieme a me vi beffavate del Dio dei Cristiani, credete alle mie parole! Gesù Cristo è il vero Dio, e solo oggi l’ho compreso. Solo in lui troveremo la salvezza, e la vita eterna. Dovete credermi”.

Alcuni spettatori, straniti, cessarono di ridere.
Altri spettatori, invece, risero più forte.
Diocleziano, dal canto suo, assottigliò gli occhi, e mostrò segni di irritazione. “Basta con questa lagna: non mi diverte”, intimò a Genesio. “Andate avanti con lo spettacolo”.
Genesio sollevò lo sguardo, e puntò i suoi occhi in quelli dell’Imperatore.
“Non sto più recitando”, scandì molto lentamente.

Fu una delle ultime cose che disse, prima d’esser giustiziato.
 

13 risposte a "[Ma che sant'uomo!] Metodo Stanislavskij"

  1. Lucyette

    Nota paleografica, un po' a sproposito o forse no.Quando San Genesio parla del libro dei suoi peccati, nelle varie fonti, parla proprio di libro, come lo intendiamo noi oggi: codice rilegato e bla bla bla.Potrebbe stupire, teoricamente. I Romani, in genere, non usavano libri: usavano rotoli (o tavolette cerate, per gli appunti più veloci).E' un'incongruenza storica, quindi, che gli angeli mostrino a Genesio un libro?No, in realtà è un dettaglio molto significativo, semmai: il libro, come lo intendiamo oggi, come codice rilegato da un lato eccetera eccetera… l'hanno "inventato" le prime comunità di cristiani, (probabilmente, per distanziarsi anche "visivamente" dalla cultura dei pagani).Se non approfitto di queste occasioni per entrare nel discorso… se non ora, quando?

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  2. marinz

    Speravo che trattassi San Genesio da Brescello, paese che diede i natali a Don Camillo e Peppone nei romanzi di Guareschi, ma mi ha interessato molto questo tuo post. Uno perchè sono amante del teatro nelle sue varie forme e due perchè è davvero una storia avvincente.In più la nota paleografica la trovo molto interessante, non solo al punto di vista della curiosità,  ma per il contesto storico di diversificazione tra la forma pagana e la forma "cristiana" di conservare i "testi" :o)Un sorriso 🙂

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  3. utente anonimo

    … il libro, come lo intendiamo oggi, come codice rilegato da un lato eccetera eccetera… l'hanno "inventato" le prime comunità di cristiani …non è che l'abbiano inventato i cristiani, è che ai romani garbava poco: lo cita Marziale (cfr. BISCHOFF BERNHARD, Paleografia latina. Antichità e Medioevo, Antenore, Padova 1992, p. 26).Ma vale la regola di san Benedeto: una rondine, non fa primavera (anche se l'hai sotto il tetto – la rondine, non la primavera).Marginalia: scrivi cose dal delizioso all'esilarante.Un saluto.

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  4. altarf

    Storia deliziosa e assolutamente ben raccontata!E complimenti anche per i suggerimenti bibliografici. La religione popolare nell'Europa medioevale me lo devo proprio comperare.Ciao  a tutti Ornella 

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  5. Lucyette

    Ornella, ma grazie!Tieni/tenete conto che i "suggerimenti bibliografici" che compaiono nella colonna sono semplicemente tutti i libri che ho inserito sulla mia libreria di Anobii: mi è anche capitato di stroncarne qualcuno con recensioni impietose, quindi non prendetelo come oro colato ;-)Però, "La religione popolare nell'Europa medievale" devi assolutamente leggerlo: confermo. E' un saggio rigoroso, documentato, (io ce l'avevo in bibliografia per un esame universitario, per dire), ma è bellissimo: gli autori l'hanno anche infarcito con un po' di humor inglese nel commentare questo o quell'altro fatto storico… E' bellissimo, te lo consiglio davvero!(L'unico "difetto" è che gli autori sono Inglesi, quindi, ad esempio, nel capitolo dedicato al culto dei Santi, indugiano molto su Santi inglesi semisconosciuti che a noi non dicono un bel niente… ma insomma, resta comunque super-consigliatissimo!)Un po' meno gustoso, ma comunque molto consigliato se ti interessa l'argomento, è La vita religiosa nell'Italia moderna: anche quello è molto discorsivo, carino, e ben documentato… (Era in bibliografia per un altro esame universitario, sempre per far capire il livello).Paleografo #3: lo ben so, lo ben so… ;-)Avevo usato le virgolette proprio perché "inventare" è un termine improprio, tecnicamente: ma comunque, dal punto di vista pratico, la sostanza è più o meno quella ;-)Un saluto a te, e grazie per i marginalia! :-DMarinz, hai ragione, caspita: Brescello!! Sai che mi ero dimenticata del povero Don Camillo? (E dire che l'ho letto, e mi piace un sacco!).Beh, sarà per il prossimo 25 agosto, allora… ;-)Quanto alla paleografia, beh, pensa che nei primi secoli del Cristianesimo si è addirittura sviluppata una scrittura significativamente diversa da quella in uso nell'Antica Roma: era la scrittura onciale. Al di làdella differenza "simbolica" rispetto alla vecchia grafia pagana, c'è anche da dire che, da un punto di vista pratico, l'onciale era molto più comoda per chi doveva scrivere su una pergamena… ma in ogni caso, fra codici e scrittura onciale, il Cristianesimo ha proprio rivoluzionato il modo di scrivere (facendolo diventare molto simile a quello che abbiamo noi oggi) 😉

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  6. Pingback: [Pillole di Storia] La libertà fantastica di donarsi a Dio « Una penna spuntata

  7. Emilia

    Certi comici che prendono in giro la Chiesa, i sacerdoti e i religiosi avrebbero solo da imparare da san Genesio! Per parte mia, ogni volta che vedo qualcosa del genere l’invoco mentalmente: hai visto mai che si convertano…

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    1. Lucia

      Che bella riflessione, Emilia! Non mi era mai venuto in mente di invocare san Genesio per la conversione di uno di quei tanti comici anticlericali, ma in effetti… metti mai che gli faccia lo scherzaccio… 😉 😉 😉

      Invece, rileggere questo mio vecchio post su san Genesio mi ha fatto tornare in mente (facendo ovviamente le dovute proporzioni) la storia della conversione di suor Cristina (quella famosa, la cantante). Se non sbaglio, anche lei raccontava di essersi convertita mentre recitava in un musical sulla storia della fondatrice delle Orsoline. Mi pare di ricordare che anche lei venisse da un periodo di lontananza dalla religione, e che poi pian piano abbia scoperto la sua vocazione mentre impersonava il ruolo di una suora nel musical.
      Vedi un po’ che scherzi che ti combina il Padreterno, a volte? 😀

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      1. Emilia

        Vero, suor Cristina! Non mi pare che fosse tanto “lontana”, forse un po’ tiepida. Quel che è certo, interpretare suor Rosa Roccuzzo, la sua Fondatrice, le è valso proprio per scoprire la sua vocazione.

        Nel post che dedicavo a lei e agli altri “chiamati famosi” di mia conoscenza, così scrivevo (cfr. testimoni-ando.blogspot.com/2014/03/quando-il-talento-chiama.html):
        «Tra l’altro, le circostanze della sua chiamata sembrano ricalcare pari pari la trama del musical “Troppo mi piace”, su santa Bartolomea Capitanio: una ragazza che vuole diventare attrice viene scelta, dopo un provino, per interpretare la fondatrice delle Suore di Maria Bambina e si appassiona a tal punto alla sua vita che decide di entrare tra le sue figlie spirituali (scusate se vi ho rovinato il finale!)». Quando la realtà supera la fantasia!

        Poi, come scrivevo su Facebook, san Genesio lo conosco perché ho dei trascorsi come attrice in oratorio: tra i miei ruoli più riusciti, la moglie di Putifarre in una riduzione de “Il sogno di Giuseppe”. All’epoca ero ancora un po’ ingenuotta, ma adesso saprei fare molto di meglio, forse.

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      2. Lucia

        Sì, ecco: per suor Cristina, dire che era “lontana” dalla Chiesa forse è eccessivo, ma ricordo un’intervista in cui diceva che era lontana… nel senso in cui si allontanano tanti adolescenti. Ma da come me la ricordo io, diciamo che era su un tiepido tendente al freddo, ecco 😛

        C’era anche un’attrice famosa, che a un certo punto si era convertita e si era fatta suora recitando la parte di una suora (appunto)! In questo momento non mi viene il nome, cavoli, ma era un’attrice molto famosa, di una volta: molto probabilmente sai di chi sto parlando 😉

        Wow, la moglie di Putifarre!! Roba forte! 😀
        Io ho alle mie spalle alcuni trascorsi (assolutissimamente amatoriali, proprio a livello di recita di fine anno del laboratorio di teatro a scuola) nelle vesti di… Maria Vergine, e/o di Lucia Mondella.
        Facendo parte del gruppo di teatro sia a scuola sia in parrocchia, mi è capitato di recitare lo stesso ruolo sia da una parte sia dall’altra, era una persecuzione: se un anno non ero Lucia Mondella da una parte, lo ero dall’altra, e viceversa 😀
        Mi dicono che ero particolarmente convinvente nelle vesti di Lucia (eh beh…), e ancora adesso ricordo a memoria lunghi stralci di Promessi Sposi, ivi compreso l’angosciante monologo dell’addio ai monti 😛

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