Volusiano sedeva sconsolato sui grandini della Fortezza Antonia. Aveva le mani fra i capelli già imbiancati dall’età, e fissava il vuoto con aria assente.
Un viaggio lungo un anno e mezzo, mesi e mesi di ricerche, e interi sacchi di denaro buttati al vento per far parlare quei maledetti giudei, troppo spaventati per sbottonarsi di fronte a uno sconosciuto. Tutta fatica inutile.
Era stato come se il peso di tanti sforzi gli si fosse riversato sulle spalle da un momento all’altro, facendolo barcollare. Quasi due anni della sua vita passati a rincorrere un cadavere… e adesso, la prospettiva di dover tornare in patria, per annunciare a Tiberio Cesare che…
“Scusami, signore”.
Volusiano si girò lentamente e lanciò uno sguardo spento al ragazzotto che l’aveva chiamato. Aveva la pelle scura, abbronzata dal sole di Gerusalemme; indossava la veste degli schiavi personali di Pilato. Il ragazzo – avrà avuto una quindicina d’anni – incrociò lo sguardo di Volusiano e chinò il capo, in segno di rispetto.
Lui gli lanciò di rimando un’occhiata vagamente irritata, e domandò brusco: “che vuoi?”.
Il ragazzo non si lasciò intimorire dal tono; anzi, si avvicinò di un passo a Volusiano, per parlargli a bassa voce. “Ho sentito dire… signore… che stavi cercando Gesù di Nazareth”.
“Già, proprio così”, sbottò il romano; e la sua voce era pericolosamente simile a un ruggito. “E adesso scopro…”. Prese un respiro profondo e cercò di controllarsi, poi decise che non ne valeva la pena: “e adesso scopro che quell’incompetente, quell’incapace, quel pavido del tuo padrone ha avuto il coraggio di assassinare un mago potentissimo, solo perché…”.
“Mio signore”, sussurrò il ragazzetto, interrompendolo. “Forse, per te, non tutto è perduto”.
Volusiano si lasciò andare a una risata stanca: “beh, sai cosa? A meno che questo stregone non sia tornato in vita dopo che un idiota l’ha fatto giustiziare, penso proprio di aver perso due anni della mia esistenza, invece”.
Per un attimo, gli parve di aver intravvisto un guizzo negli occhi del ragazzo. Ma fu solo un attimo.
Poi, lo schiavo si chinò su di lui e disse piano, al suo orecchio: “esiste una donna… vive a Cesarea di Filippo, alle pendici del monte Hermon. Lei l’ha conosciuto. È una ebrea. Famiglia modesta, non aspettarti chissà cosa. Ma custodisce un oggetto molto prezioso, che fu toccato da Gesù di Nazareth. Forse può interessarti” – e accennò un sorriso, vedendo il volto di Volusiano che pian piano riprendeva vita. “Potrà parlarti di lui. Ci sono molte più…”. Si interruppe, e tossicchiò: “voglio dire. La gente dice che ci siano molte più cose che possono essere dette, su Gesù di Nazareth, rispetto a quelle che Pilato potrebbe già averti raccontato. Lui non lo conosceva affatto, in fin dei conti”.
Volusiano lo fissò a lungo, in silenzio. “E val la pena che io faccia il viaggio?”.
Il ragazzo si strinse nelle spalle, guardando altrove. “Sei venuto da Roma alla ricerca di Gesù di Nazareth, per volontà di Tiberio Cesare. Cesarea è vicina e quella donna potrebbe raccontarti di lui, mostrarti il suo volto… Meglio di niente, no?”.
Volusiano e il ragazzo si guardarono per qualche secondo, senza far parola.
E poi, il romano si batté le mani sulle cosce, alzandosi di scatto. “E va bene. Indicami la strada per Cesarea. Fai presto”.
(Continua)
fiordicactus
Noooo, "continua" no! Devo aspettare domani???
Ciao, R
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