Chi è il santo patrono dei chimici?

Nella mia personale (e bacata) visione del mondo, ho sempre amato immaginare il Paradiso come una specie di ufficio. Proprio così: per me, quand’ero piccola, il Paradiso era una specie di grande ufficio pubblico, con i Santi e Beati ordinatamente seduti alla scrivania.
Ogni richiesta di grazia arrivava al Santo tramite un fax celeste (mio papà mi aveva appena spiegato il funzionamento del fax, e ne ero rimasta esaltata) e il Santo, a quel punto, esaudiva le varie richieste con l’ausilio di un segretario angelico. C’è un sacco di burocrazia e laboriosità, nel “mio” Paradiso. E per fare un break dal lavoro, ovviamente, si va a bere tutti assieme un buon caffè, marca Lavazza.

E quindi me lo immagino.
Me lo immagino proprio, San Benedetto.
Lui sta lì, al computer, avvolto nel suo bel vestito bianco… e driinnn!, il trillo del fax gli recapita la preghiera di un qualche monaco.
Legge la richiesta, si mette all’opera, e di lì a poco… drriinnn! Una preghiera del Papa (uh che bello, quando puoi aiutare un Papa!).
Si mette al lavoro, il fax tace per un attimo, e l’angelo-segretario bussa alla sua porta. “C’è un tale che la prega di prendersi cura dell’Europa”.

E quindi io me lo immagino proprio.
Cioè, voglio dire: riesco quasi a visualizzarmi l’espressione stupita sul suo volto, nel momento in cui – tanti anni fa – l’angelo-segretario aveva bussato alla sua porta, per annunciargli: “c’è un muratore che le chiede la cortesia di vegliare sul suo lavoro, padre Benedetto”.
In quel giorno lontano di tanti anni fa, San Benedetto da Norcia aveva inarcato le sopracciglia. “Un muratore?”.
“Sì, padre. Un muratore”.
“E cosa vuole da me, un muratore?!”, aveva chiesto San Benedetto, non senza stupore. “Cioè, per carità, lo aiuto volentieri: ma che c’azzecco, coi muratori? Chiedesse al Santo Patrono dei muratori, no?”.
L’angelo si era stretto nelle ali, imbarazzato. “È convinto che sia lei, il Santo Patrono”.
Le sopracciglia di San Benedetto si erano ulteriormente inarcate. “Io? Il Patrono dei muratori?!”.
“A quanto pare, questo tizio deve aver letto da qualche parte che lei ha edificato Montecassino; ed evidentemente ha pensato che…”.

San Benedetto si era lasciato sfuggire una mezza risata: uno di quei sorrisi bonari e pieni di simpatia, che non vogliono certo ridicolizzare gli altri. Aveva pensato che non bisogna andare troppo per il sottile, coi fedeli, e che in fin dei conti non si poteva nemmeno pretendere che il muratore-medio conoscesse la vita dei Santi Quattro Coronati, patroni universali di Scalpellini e Mestieri Affini.
E così, San Benedetto s’era messo d’impegno e aveva concesso la grazia. E il muratore doveva aver pensato: ‘ahò, funziona!!’.

La voce si era sparsa di muratore in muratore, e uno sconcertato Benedetto si era presto ritrovato sommerso di richieste di preghiera di gente che doveva costruire una casa e invocava la sua protezione.
E che vuoi fare, quando c’è un tizio che ti prega con tal fervore?
Gli dici “no, mi spiace, non è una nostra competenza: rifaccia tutta la coda allo sportello 6”?
E allora, San Benedetto aveva cominciato a esaudire anche queste richieste.

Poi, a un certo punto, era arrivato un architetto.
Doveva lavorare a un progetto importante e supplicava Benedetto di fargli da correttore di bozze per controllare la resa estetica dell’edificio.
San Benedetto, sconsolato, si era passato una mano fra i cape sulla tonsura, e si era chiesto se non fosse il caso di apparire sulla terra per precisare che non si era mica messo a costruire Montecassino con le sue mani: ma che scherziamo?
Comunque c’era questo architetto che lo pregava di intercedere per lui, e… boh? San Benedetto, buono buono, aveva fatto il suo lavoro.
E così, nel corso degli anni, si era trovato a vegliare sulla costruzione di case, chiesette, abbazie, arcate in pietra, ponti sospesi nel vuoto, e persino – col tempo – di qualche grattacielo.

E poi erano arrivati gli ingegneri (“si definiscono una specie di architetti molto esperti”, aveva chiarito un angelo a metà del Settecento); e poi c’era stato un proliferare di preghiere degli ingegneri più disparati. Erano arrivate le richieste di grazia da parte di tizi che si proclamavano “ingegneri elettrici”, “ingegneri aerospaziali”, “ingegneri biomedici”, e così via dicendo.
E San Benedetto, sempre più perplesso, non aveva veramente la più pallida idea di come fosse potuto passare da “fondatore di Montecassino” a “patrono dell’ingegneria aerospaziale”; però si metteva di grande impegno nel sorvegliare la costruzione di razzi e di aeroplani, e ogni tanto si sporgeva dalla sua nuvoletta per vedere i satelliti in orbita, un po’ più in basso lì nel cielo.

E poi, alla fine, arrivò la richiesta di un chimico.
San Benedetto, che aveva passato gran parte della sua vita ad essere avvelenato dai suoi nemici con mefitici intrugli chimici (e che quindi non aveva, sotto sotto, questa gran simpatia per la materia), fece davvero fatica a non scoppiare a ridere.
“E cosa vuole, adesso, il chimico?”, domandò con la forza della rassegnazione.
“Dice che il suo amico ingegnere biomedico ha inoltrato una richiesta d’aiuto in questo ufficio e si è trovato molto bene”, replicò l’angelo-segretario, sempre più oberato dal lavoro. “Ha pensato che se abbiamo aiutato i biomedici potremmo aiutare anche un chimico. Che famo?”.

San Benedetto sospirò sconsolato, fissando con orrore il fax che continuava a vomitare richieste di grazia da parte di ingegneri, architetti, muratori, costruttori di navicelle spaziali, automobilisti che dovevano passare sopra a un ponte traballante e così via dicendo.
“Senti… ma non potremmo smistarlo ai Santi Cosma e Damiano? Erano medici: se ne intenderanno un po’, di chimica!”.
“Ma il fedele ha chiesto espressamente di lei”, obiettò l’angelo.
“Anzi, ancora meglio: c’è San Giuseppe Moscati!”, esclamò il monaco. “Aveva la cattedra di Chimica Fisiologica all’Università di Napoli, insegnava Chimica Applicata alla Medicina e Indagini di laboratorio applicate alla chimica… lui è uno che la conosce, almeno, la tavola periodica!”.
L’angelo si strinse nelle ali, imbarazzato.
“Non c’è anche quella laica dell’Opus Dei col nome strano, quella che è arrivata qui da poco? La Serva di Dio Guadalupe Ortiz de Landázuri Fernandez de Heredia o come diamine si chiama? Ha pure bisogno di un miracolo per passare al grado di Beata: se si rivolgono a lei, le fan solo piacere!”.
L’angelo aggrottò le sopracciglia, aspettando disposizioni. “Che faccio, allora? Giro il lavoro a Guadalupe?”.

San Benedetto guardò fisso la richiesta di preghiera che il segretario teneva in mano, con lo sguardo stanco di un povero infelice oberato dal lavoro. Poi tese una mano, con un sospiro di rassegnazione: “no, vabbeh, dammi qua. Se questo tipo ha chiesto di me, magari vuole proprio il mio intervento”.
L’angelo porse il foglio a Benedetto, e Benedetto rimase per un attimo a fissare il vuoto, sovrappensiero.
E poi commentò: “però ho un’idea”.
“Mi dica”, gli rispose l’angelo.
“Da qualche parte, sulla Terra, c’è un tale che si chiama Cìcikov. Ecco, ti sarei grato se facessi questa cosa: aiutalo a vincere un quiz sui Santi sul blog di una mentecatta, e poi sussurragli di chiedere delucidazioni su chi è il Santo patrono dei chimici. Poi vai dalla mentecatta, e raccontale per filo e per segno la mia triste storia”.
“…”, commentò l’angelo.
“No, perché, voglio dire: c’è mezzo mondo che mi invoca come patrono dei chimici, ma ci sono un sacco di altri Santi patroni, meno conosciuti, che però sono molto più titolati di me! A parte essere stato periodicamente avvelenato, io non c’entro niente con la Chimica!”.
L’angelo aveva annuito, un po’ interdetto. “D’accordo… sarà fatto…”.

***

“Ma sai che capita anche a me?”, commentò San Giacomo un paio di giorni dopo, in una pausa-caffè nel corridoio.
San Benedetto gli lanciò un’occhiata stupita: “a te? Cioè, vieni invocato come patrono dei chimici? E che caspita c’entri, scusa?”.
“Ho una conchiglia come simbolo iconografico”.
Calò un lungo silenzio, gravido di attesa.
San Giacomo sorseggiò il suo caffè Lavazza, con nonchalance.
“Scusa, amico: mi sfugge il nesso”, ammise Benedetto dopo un po’.
“Pare – e dico pare – che la conchiglia fosse uno dei simboli degli alchimisti”.
“Degli alchimisti”, ripeté il vecchietto.
“Sì. Boh? Il mio angelo di fiducia ha fatto una ricerca su Google”, proseguì San Giacomo, “e ha trovato scritto che la conchiglia è il simbolo del primo alito di vita e indica l’organo femminile e la generazione, in particolare la generazione della perla; che, come nella metamorfosi alchemica, è la trasformazione della polvere in gioiello”.
Ah”, commentò Benedetto, vieppiù perplesso.
“E quindi negli scorsi secoli c’avevo un mucchio di alchimisti che venivano a fare un pellegrinaggio a Santiago de Compostela perché chissà cosa s’immaginavano, dalla conchiglia di Santiago”.
“…”.
“E siccome la chimica e l’alchimia hanno avuto origini in comune, adesso ci son dei chimici che mi invocano ancora come protettore”.
Ah”, ripeté Benedetto.
“Già. Per via della conchiglia”.
Calò il silenzio.
San Giacomo finì la sua tazza di Lavazza e fece pat-pat sulle spalle del monaco: “ti capisco, vecchio mio”.
San Benedetto bevve tutto d’un fiato il suo caffè, visibilmente scosso.
San Giacomo si strinse nelle spalle e gli lanciò uno sguardo comprensivo; per la serie, ‘so come ti senti’.
“Ascolta un po’…”, commentò il monaco, sovrappensiero. “Già che ci sono…”.
“Uh?”.
“No, pensavo. Siccome quella deficiente di Lucia non si è ancora decisa a scrivere il post che avevo in mente ed è in ritardo vergognoso (povero Cicikov)… Quando si degna, vuoi che includa anche la tua storia? Perché in effetti è una storia tragica, eh: ancor peggio della mia!”.

34 risposte a "Chi è il santo patrono dei chimici?"

    1. Lucyette

      Io non li conosco, praticamente: li ho visti solo nelle pubblicità Lavazza e in pochi spezzoni che trovo per caso in televisione facendo zapping di tanto in tanto. Quindi non posso dire di conoscerli… però, da quel poco che ho visto, non li ho trovati insopportabili!
      Le pubblicità Lavazza, nella loro leggerezza, mi sono sempre sembrate garbate ed accettabili… ma insomma, non li conosco: quindi, boh? Mi fido di te 😛

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    1. Lucyette

      !!!!

      Ti avrei risposto “massì, certo che dicono diamine, non è mica offensivo, ci mancherebbe altro!”; poi però m’è venuta la curiosità di cercare l’etimologia, e… come dice Cicikov più sotto, pare proprio che si tratti della funzione di dia(volo) (Do)mine.

      O___o

      Okay, d’accordo: abbiamo appena appurato che i Santi NON dicono “diamine” e che io sto per bruciare nelle fiamme dell’Inferno, essendomi reiteratamente dichiarata serva di Satana, più volte al giorno per ventitré anni, nella pia illusione di star usando una esclamazione molto più garbata di altre…

      O__o

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  1. giudig

    Hahahaha, immagino il cumulo di mestieri che sovrasta San Benedetto… Ho immaginato le sue facce e le sue perplessità mentre scorre le varie richieste ricevute via Fax!!! Complimenti per il post, davvero geniale! 😉

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    1. Lucyette

      😛

      Ma poi nel mio Paradiso immaginario di bambina c’erano anche, ovviamente, i Santi oberati dal lavoro e i Santi che, poverini, non avevano “niente” da fare. Tipo: mi immaginavo Padre Pio sommerso di preghiere, con centomila richieste di miracoli da vagliare ogni giorno, e così via dicendo; e poi mi immaginavo – chessò – San Prammazio che stava tutto il giorno in ufficio ad aspettare che gli arrivasse un fax, e magari sotto sotto ci rimaneva anche un po’ male quando vedeva la sua agenda completamente vuota.

      Poi però avevo deciso che senz’altro funzionava così: i Santi più famosi avevano molti angeli-aiutanti per gestire meglio la mole di lavoro, e i Santi meno “richiesti”… beh… senz’altro aiutavano anche loro ;-)))

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      1. Lucyette

        Sìììì, eccolo, Buzzati: me lo aveva fatto leggere Claudio(LXXXI) la scorsa estate, e mi era piaciuto un sacco! Ma non ricordavo più il nome dell’autore 😀

        Ehm, no: Buzzati l’ho scoperto solo poco tempo fa; prima non lo conoscevo affatto 🙂 Io, in realtà, più che sul dispiacere dei Santi poco noti, da piccola mi concentravo sulla mole di lavoro dei Santi famosi. Avevo anche questa buffa teoria vagamente ereticale secondo cui un Santo poteva fare miracoli in maniera direttamente proporzionale alle preghiere “disinteressate” che riceveva. Tipo: io accendo un cero a Santa Caterina da Siena, e lei guadagna un “punto-miracolo” da sfruttare per concedere una grazia a chi gliela chiede.
        Non so bene cosa succedesse a quei Santi poco noti a cui nessuno rivolgeva mai una preghiera di lode, ma supponevo che Dio e la Madonna avessero comunque una scorta di riserva di Paternostri e Avemarie da distribuire equamente ai Santi che ne facevano richiesta.

        Chissà da dove mi era uscito, questo delirio infantile… :-DDD

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  2. Cìcikov

    C’è stato da aspettare un po’, ma ne è valsa la pena, ti sei superata! Anzi, per dirla con Luca Cupiello, “ti sei immortalata!” C’era un sacco di confusione in materia, vero? Mi piace molto la risoluzione del busillis, tra san Benedetto e Santiago, un vero onore per la categoria.
    Un sentito ringraziamento per il premio.

    PS: per me la rappresentazione del Paradiso è stata sempre quella del Beato Angelico
    (http://2.bp.blogspot.com/_7fbJSBIFG0Q/SM_hqvomLuI/AAAAAAAAAIw/kanmV64m2AY/s1600-h/ilparadisobangelico.JPG)
    meno male che ai miei tempi non c’erano le pubblicità odiose di oggi.

    PS2: Diamine, sovrapposizione eufemistica di domine (domineddio) a diavolo (Cortelazzo/Zolli)

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    1. Lucyette

      Ma sai che, quando ero al ginnasio, il mio professore di Religione ci aveva parlato di un sondaggio (serissimo, eh!) da cui si evinceva che la pubblicità del caffè Lavazza aveva influenzato il modo in cui gli Italiani si immaginavano il Paradiso?!
      Mi pare che avessero fatto il confronto fra gli Italiani e i cittadini di un altro Stato “simile”, in cui però non veniva trasmessa la pubblicità. E pare che gli Italiani si immaginassero il Paradiso in un modo che aveva molti punti di contatto con le scenografie delle pubblicità Lavazza (pavimento di nuvole su sfondo azzurro, atmosfera rilassata/scherzosa, anime beate vestite con un completino bianco, angeli adulti, piacenti, e vestiti, ecc.).
      Gli stranieri invece tendevano ad avere un immaginario che era debitore delle grandi opere d’arte (e ad esempio si immaginavano SPESSISSIMO gli angeli come dei paffuti bambinetti seminudi, cosa che negli Italiani non si riscontrava quasi mai).
      Purtroppo il mio professore è andato in pensione e non ho modo di recuperare i dati di questo sondaggio (anche se ho provato a cercarli, in questi anni!), ma era una cosa interessantissima… 🙂

      Detto ciò… scusa ancora per il ritardo, povero!!
      Non ho giustificazioni, ma ho un dato di fatto: ho riscritto questo post per sette volte cercando di trovare un modo gradevole per raccontare l’evoluzione del patronato di Benedetto, e per presentare gli altri santi patroni… ma continuava a uscire fuori una noiosissima lista di nomi e di Santi!
      Poi alla fine il segreteraio di San Benedetto deve aver perso la pazienza, e mi ha fatto venire l’ispirazione per scriverlo così ;-PPP

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      1. Cìcikov

        Indubitabile; la pubblicità ha un’influenza perniciosa sull’inconscio, e credo tanto maggiore quanto minore è l’età del “target”; e nonostante io sia cresciuto, tengo ancora e sempre il telecomando sotto mano per togliere l’audio al primo secondo, anche nei miei pochi minuti di televisione giornalieri.
        (Quanto al presunto ritardo, non pensarlo nemmeno, è stata una piacevolissima attesa.)

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  3. Diego

    Ormai ci si deve continuamente ripetere che le tue storie sono fantastiche!
    Secondo me questi santi bevitori di caffè sono in realtà un omaggio di Lucyette alla sua Torino, dove la nota azienda ha sede e torrefazione…
    sbaglio?
    comunque (se c’è) questa sottile attenzione alle radici mi piace un sacco!

    Diego

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    1. Lucyette

      Non solo la Lavazza ha sede a Torino: il primissimo nucleo della dita è nato in un micro-paesello monferrino a un paese di distanza dal micro-paesello monferrino da cui ha origine la famiglia di mio padre!
      Quindì… sì, un po’ di simpatia per il “marchio”, c’è 🙂

      Anche se in realtà, in queste rappresentazioni “scherzose” del Paradiso, parlo spesso di gente che beve il caffè Lavazza soprattutto perché… beh… anni ed anni di pubblicità hanno fatto il loro lavoro: ormai non riesco più a immaginarmi un Paradiso “scherzoso” senza metterci dentro anche il caffè Lavazza ;-)))

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  4. marinz

    Complimentissimi… ho letto tutto il post per capire dove volevi arrivare… e mi sono divertito un sacco perchè raccontata davvero bene e in modo creativo!!!

    Poveri S.Benedetto e S.Giacomo :o)

    un sorriso 🙂

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    1. Lucyette

      “Ho letto tutto il post per capire dove volevi arrivare…”

      LOL, la mia angoscia era proprio questa: e se la gente si scoccia e smette di leggere dopo un po’, e rimane col dubbio “ma dove voleva andare a parare”?

      😀

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  5. Maturin

    Ma San Benedetto, da Trieste non lo cerca nessuno per calmare il vento? Sai, per via del detto”ora et la bora”…
    Sigh… Ma perché devo scrivere ‘ste cose? Non ero così prima…

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    1. Lucyette

      Guarda: un giorno racconterò la storia di come San Rocco è diventato il patrono contro la peste (storia complessa, l’ho studiata per un esame di Storia della Chiesa; con ogni probabilità, il San Rocco della leggenda agiografica ammalato di peste col cagnolino e bla bla bla… in realtà non è esistito).
      Esisteva da tempo, però, un San Rocco che veniva invocato contro le tempeste. Secondo la mia professoressa di Storia della Chiesa (e secondo molti altri studiosi, eh: non è lei ad esser pazza) c’è stato uno slittamento semantico: tempeste -> (tem)peste -> peste.

      Davvero, eh.
      Non sto scherzando!!

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      1. marinz

        Nooo San Rocco nooooooo!!!
        Non mi puoi dire così!!!
        Il santo del paesino di mio padre, il santo che ho incontrato in diverse chiese sul cammino di Santiago, il santo amato dal mio nipotino … non può non essere esistito!!!

        Tra l’altro, ora che ci penso, molte volte San Rocco è rappresentato con il bastone e la conchiglia del pellegrino (quella dell’alchimia di San Giacomo) … forse perchè veniva confuso nelle immagini e quindi scambiati uno con l’altro?

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      2. Lucyette

        Guarda: la storia di San Rocco sarebbe all’incirca questa. Pellegrino (da qui la conchiglia, simbolo del suo status), si ammala di peste e si rifugia in un boschetto. Sopravvive grazie alle amorose cure di un cagnolino che ogni giorno si reca da lui portandogli un tozzo di pane rubato dalla mensa del suo padrone, e leccandogli le ferite per agevolare la sua guarigione. Per questa ragione, San Rocco il Pellegrino è diventato il Santo da invocare contro la peste.

        Secondo molti storici della Chiesa, tutta questa storia è un banale falso. A farla molto breve, si tratterebbe di una leggenda agiografica sorta a posteriori, per giustificare il culto di questo San Rocco che veniva invocato contro la peste anche se nessuno sapeva (più) il perché (e di conseguenza, i fedeli hanno sentito l’esigenza di “inventarsi” una storia che ne giustificasse il patronato).
        (La stessa cosa è successa per Santa Lucia, ad esempio: è stata sempre invocata come protettrice della vista; ma solo a un certo punto, a inizio Cinquecento, qualcuno ha sentito l’esigenza di inventarsi la storia degli occhi cavati, che in realtà NON è presente nelle prime agiografie. Lucia in realtà è stata accoltellata).

        Secondo alcuni studiosi, il “vero” San Rocco sarebbe in realtà un certo San Rocco (o San Racco) Vescovo di Autun, vissuto attorno all’anno 1000. Per essere sopravvissuto miracolosamente a una tempesta marina, San Rocco di Autun aveva cominciato ad essere invocato come patrono contro le tempeste. Tempeste -> (tem)peste -> peste, la somiglianza fra le due parole ha portato a una confusione fra patronati (tantopiù che la medicina dell’epoca riteneva che le malattie fossero causate dalla corruzione dell’aria, quindi da cause che in qualche modo potremmo definire “atmosferiche”). Peraltro i primi nuclei di diffusione del culto di San Rocco protettore contro la peste sorgono molto vicini alle zone in cui già si venerava San Rocco di Autun, protettore contro le tempeste.
        Tutto ciò va collocato in un periodo (il Quattrocento) in cui le epidemie di peste erano diventate un problema particolarmente sentito, che si cercava in qualche modo di arginare con il culto di un Santo “adeguato” alla situazione. San Sebastiano, che fino a poco tempo prima era stato venerato come patrono contro la peste per un parallelismo un po’ campato in aria col suo martirio, sembrava troppo poco “specializzato”. Da qui, potrebbe essersi generata l’esigenza di trovare un Patrono con un… curriculum più convincente (:-P), ad esempio perché si era ammalato di peste in prima persona. Salta fuori che c’è questo San Rocco venerato contro la peste (o forse erano tempeste? Boh, non ho sentito bene), e incomincia un primo nucleo di culto: poi, man mano che il culto cresce, si cerca anche di “ricostruire” la sua storia… o di immaginarla, quantomeno.

        Si tratta chiaramente di ipotesi (anche se sono ipotesi che sono tenute in alta considerazione dalla comunità degli studiosi, e che sono anche state raccolte fra le pubblicazioni dei Bollandisti. Non è detto che sia andata veramente così… anche se – diciamo – è una ipotesi assolutamente non campata in aria, su cui si sta studiando!

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  6. ediaco

    Purtroppo ci sono brutte notizie: il babbo di Denise Cecilia è ricoverato in condizioni gravissime. Stringiamoci attorno a lei e alla mamma con la nostra preghiera e amicizia.

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    1. Lucyette

      Grazie per l’avviso, ho risposto di là. E’ la classica notizia che uno non vorrebbe ricevere mai…
      Sono naturalmente vicina a Denise col pensiero e la preghiera; e ti chiederei per cortesia di tenermi informata, se ci sono novità…

      Grazie, davvero.

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    1. Lucyette

      Beh, sì, certo che ci sono delle fonti agiografiche… c’è anche un culto diffuso, attestato ed antichissimo: non è che un pazzo s’è alzato una mattina e ha incominciato a blaterare di San Rocco 😉
      Però – faccio un esempio estremo – ci sono anche delle fonti agiografiche che affermano la vittoria di San Giorgio contro il drago: ovviamente non vanno prese alla lettera e/o come oro colato 😉
      Il problema delle agiografie, e soprattutto di quelle medievali, è che – di fatto – non avevano nessuna pretesa di storicità. Il tale che ha scritto l’agiografia di William di Norwich si è inventato a bella posta alcuni dettagli “succosi” per accrescere il culto nei confronti del martire; e, probabilmente, l’ha fatto in buona fede. Era un modo di lavorare che a noi sembra assolutamente folle, ma che all’epoca non sembrava niente di così grave.

      Quindi, il problema serio delle agiografie su San Rocco è questo: non c’è uno straccio di riferimento storico, di data, di informazione a cui appigliarsi per poter dire “okay, San Rocco è esistito veramente”. Le prime agiografie vengono scritte quando il culto di San Rocco è già abbondantemente attestato, non si trovano da nessuna parte documenti precedenti, e anche nelle agiografie non c’è nessun dettaglio che ci permetta di ritenere con ragionevole certezza che si tratti di una storia vera. In questi casi (che sono meno frequenti di quanto si pensi, perché in realtà qualche elemento di storicità comprovata c’è quasi sempre)… in questi casi, dicevo, si comincia ad indagare.

      Per quanto riguarda il problema delle fonti testuali su San Rocco, puoi dare un’occhiata, ad esempio, alla scheda che trovi a questo indirizzo: a parte una digressione filologica che è anche abbastanza noiosa, le prime pagine spiegano bene la questione 🙂

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  7. Daniele

    Ahah 😛 Ho letto solo ora questa storia ma è divertentissima!

    Mi chiedevo, e gli ingegneri… chimici che patrono hanno? O_o
    Perchè credo non sarebbero così disposti a rivolgersi allo stesso patrono dei chimici. Ti immagini quando arriva un Beato/Santo nuovo? Gli devono allestire l’ufficio, magari quello fa storie per le tendine perchè le vuole bianco avorio invece di bianco ecrù O.O

    Il racconto di Buzzati anche è parecchio forte 😛

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  8. leowinn

    L’ha ribloggato su Caraffe Cinesie ha commentato:
    ” E poi, alla fine, arrivò la richiesta di un chimico.
    San Benedetto, che aveva passato gran parte della sua vita ad essere avvelenato dai suoi nemici con mefitici intrugli chimici (e che quindi non aveva, sotto sotto, questa gran simpatia per la materia), fece fatica – davvero – a non scoppiare a ridere.
    “E cosa vuole, adesso, il chimico?”, domandò con la forza della rassegnazione.
    “Dice che il suo amico ingegnere biomedico ha inoltrato una richiesta d’aiuto in questo ufficio e si è trovato molto bene”, replicò l’angelo-segretario, sempre più oberato dal lavoro. “Ha pensato che, tutto sommato, se abbiamo aiutato i biomedici potremmo aiutare anche un chimico. Che famo?”. “

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  9. Pingback: A.A.A. Santo Patrono dei Traslochi cercasi | Una penna spuntata

  10. Anonimo

    Arrivo tardissimo, ma non resisto.
    Sto leggendo e rileggendo gli arti del blog perché hanno su di me un forte effetto antidepressivo.
    Arrivata a questo, devo per forza raccontarti che il mio punto di riferimento è Don Piercarlo Medinelli, un Presbitero incardinato nella Diocesi di La Spezia.
    Prima di entrare in Seminario si è laureato in INGEGNERIA IDRAULICA ed ha esercitato la professione per qualche tempo.
    Chissà se anche lui invoca San Benedetto da Norcia?
    Glielo chiederò appena lo vedo.
    Annalisa Neviani.

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