Quando Sant’Antonio era ostaggio della Mala

Non so, onestamente, quanto clamore abbia suscitato la vicenda, all’epoca. Parecchio, a quanto leggo: pare che ne avesse parlato addirittura il Times.
Io, in quel tempo, ero una bimbetta di tre anni, e per ovvie ragioni non ho memoria di quale fosse effettivamente stata la portata della storia… quindi, nel dubbio, sprecherò solamente poche righe per descrivere una vicenda che probabilmente è già nota a molti. Non mi soffermerò troppo a lungo su quel pomeriggio del 10 ottobre 1991, quando una banda di malavitosi armati fece irruzione nella basilica di Sant’Antonio di Padova, al solo scopo di portarsi a casa il mento di quel sant’uomo.
Sì, davvero: urla, pistole, fedeli terrorizzati che si trovano nel mezzo di una scena degna da film; e tutto ciò, al solo scopo di rubare una reliquia di sant’Antonio. Sarei tentata di commentare con un “LOL”: scene degne di quei furti sacri tra città rivali che andavano tanto di moda nel Medioevo.

Dopo mesi di affannose indagini (e di interesse internazionale), venne alla luce il piano surreale che aveva portato a questo atto criminoso. Il mandante di cotanto furto sacro era niente meno che Felice Maniero, il boss mafioso che in quegli anni era a capo Mala del Brenta. Maniero aveva bisogno di qualche cosa con cui poter ricattare lo Stato per ottenere la liberazione immediata di suo fratello, che era appena stato arrestato, e tra tutti i piani che poteva farsi venire in mente aveva ritenuto che fosse tutto sommato una buona idea prendere in ostaggio sant’Antonio da Padova e poi chiedere – per così dire – uno scambio di prigionieri. Difficile dire il boss sia riuscito nel suo piano (si mormorò, all’epoca, che lo Stato si fosse effettivamente piegato a una trattativa pur di riportare a casa il reperto); fatto sta che, dopo alcuni mesi di indagini affannose, il mento di sant’Antonio riuscì finalmente a far ritorno nel suo reliquiario. Mancavano pochi giorni al Natale del 1991, e l’intera città di Padova era in festa.

***

“E hai sprecato un intero post per raccontarci questo fatto di cronaca?”, mi pare di sentirvi dire.
Beh, sì, anche perché non vi ho ancora raccontato i retroscena di questa vicenda. Due anni fa, in occasione del ventennale di questo strano furto sacro, il boss mafioso che ne era stato il mandante (e che poi era diventato collaboratore di giustizia, e all’epoca aveva finito di scontare da pochi mesi la sua pena) aveva deciso di concedere un’intervista al Messaggero di Sant’Antonio, la cui redazione aveva deciso di compilare un dossier speciale interamente dedicato a questo sacro furto.

E verrebbe da dire che sia stata una buona idea, quella di intervistare Felice Manero; perché il boss pentito aveva svelato una lunga serie di dettagli inediti dietro a quel suo arguto piano. Tipo che in realtà il furto era andato male, a dispetto delle apparenze: la Mala del Brenta non aveva nessunissima intenzione di rubare il mento del santo. Si era trattato di un tragico errore. Ci spiega infatti Maniero:

io avevo ordinato di prendere la Lingua di sant’Antonio, molto più «sostanziale» per lo scambio.
Invece, quegli zucconi mi arrivarono con il Mento.

Evidentemente, questi picciotti mafiosi non sufficientemente addentro all’agiologia avevano erroneamente confuso i reliquiari. In questa società secolarizzata, sta diventando un problema persino trovare un criminale di fiducia che sia in grado di compiere furti sacri di livello base.


Edit del 5 del 2023. Nel rilanciare questo vecchissimo post profittando d’una buffa battuta fatta da papa Francesco nel corso della GMG di Lisbona, aggiungo anche due righe al volo per precisare: non lasciamoci però ingannare dalla notizia del pentimento di Felice Maniero e dalla sua collaborazione con la rivista dei frati padovani. Il boss mafioso (a cui, in anni recenti, è anche stata dedicata una miniserie Sky da molti definita fin troppo elogiativa) si trova nuovamente in carcere, nel momento in cui vi scrivo, dopo una condanna a quattro anni per maltrattamenti gravi alla sua compagna. Insomma: “faccia d’angelo” (come spesso lo chiamarono i giornalisti nel momento in cui Maniero venne alla luce come collaboratore di giustizia) non è esattamente uno stinco di santo…

5 risposte a "Quando Sant’Antonio era ostaggio della Mala"

  1. Avatar di ago86

    ago86

    Se non sbaglio Antonio Albanese ha fatto un film intitolato “la lingua del santo”. Non avrei mai immaginato che una cosa del genere fosse reale. Pensavo succedesse solo nei film.

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    1. Avatar di Lucia Graziano

      Lucyette

      Io non conoscevo il film, ma nel dossier che ho linkato (a pagina 10) intervistano brevemente il regista…
      …e in effetti pare che si sia lasciato ispirare proprio da questo fatto di cronaca! :-O

      LOL, è proprio vero che è la tipica cosa che succede (o dovrebbe succedere) solo nei fim… 😛

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  2. Avatar di Sconosciuto

    Anonimo

    Maniero era un genio, compresa la mossa di diventare un collaboratore di giustizia.. Anche se a parer mio c’ho che ha fatto è un infamità, non lasci i tuoi uomini in un mare di merda..specialmente se obbedivano ai tuoi ordini.. Un tempo c’era un codice, ma lo stato è stato in grado di corrompere anche questo

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