Non è facile parlare della famiglia Romanov, e il fatto che io abbia riscritto quattro volte l’incipit di questo post lo dimostra bene.
I Romanov sono chiaramente state vittime di un massacro così cruento da far venire i brividi, epperò in un certo senso se la sono anche andata a cercare. Non che lo zar Nicola fosse esattamente un monarca illuminato.
Visto il macello che è successo in Russia dopo la loro caduta, è difficile non politicizzare la loro morte e non accostarcisi con varie sfumature di pregiudizio. Epperò, a distanza di cent’anni, sarebbe anche bello cercare di guardare a questi fatti con il distacco che sarebbe necessario.
Esattamente cent’anni fa, nella notte tra il 16 e il 17 luglio, la famiglia imperiale veniva uccisa a Ekaterinburg assieme a quattro dei suoi più fedeli servitori. I Romanov erano reduci da una lunga prigionia… e, se vogliamo giocare alle sliding doors, potremmo dire che avevano anche buone chance di non finire nel modo tragico che conosciamo tutti. Secondo i progetti iniziali di Kerenskij, primo ministro della Russia post-zarista, la famiglia – o quantomeno la sua componente femminile, ‘innocua’ nell’ottica di eventuali rivendicazioni del trono – avrebbe anche potuto espatriare in esilio, non appena si fossero calmate un po’ le acque.
Con la salita al potere di Lenin, la situazione dei Romanov peggiorò drasticamente. All’interno del partito bolscevico, crebbe il numero di chi chiedeva a gran voce una soluzione definitiva una volta per tutte. In particolar modo, fu il soviet radicale di Ekaterinburg a fare la voce grossa, e alla fine ottenne ascolto. Nella tarda primavera 1918 i prigionieri gli furono consegnati – e tutto ciò che seguì da quel momento in poi fu un rapido cammino verso la morte.

E adesso facciamo un salto avanti di qualche decina d’anni. Siamo a New York sul finire degli anni ’70, e ci troviamo di fronte a una commissione riunitasi per uno scopo che probabilmente potrà sorprendere: aprire il processo di canonizzazione per i membri della famiglia Romanov.
L’idea balzana (…ma sarà poi così balzana?) era stata espressa dagli esponenti della Chiesa Ortodossa Russa fuori dalla Russia, che messa così sembra ‘na chiesucola separatista con un nome da far ridere ma invece era una cosa seria. Era nata al principio degli anni ’20, quando, preso atto del fatto che in Russia marcava male, il patriarca di Mosca aveva autorizzato gli ortodossi espatriati all’estero a cercare altrove una guida spirituale (ché se stai ad aspettare le direttive di una Chiesa clandestina in un paese soggetto a una dittatura atea, fai in tempo a diventar vecchio).
Nacque così la Chiesa Ortodossa Russa fuori dalla Russia, composta da un sinodo di vescovi residenti al di fuori dell’URSS e aventi come capo un loro proprio metropolita. Ebbene: verso il finire degli anni ’70, questi signori cominciarono a carezzare un pensiero seducente: se la famiglia Romanov era stata uccisa dai comunisti, allora è morta da martire… e dunque deve esser canonizzata.
Ok, non fate queste facce: capisco la vostra perplessità. A naso, io ho come la vaga impressione che i Romanov siano morti per ragioni politiche, più che per una questione di persecuzione religiosa. Ehm.
Certo è che i Romanov erano persone di fede: ci sono lettere, scritti personali, testimonianze a suffragio di questa tesi. E – beh – i bolscevichi sono notoriamente anti-cristiani, e conosciamo tutti la quantità di martiri “veri” che persero la vita per difendere la libertà religiosa sotto la dittatura comunista…
Insomma, la Chiesa Ortodossa Russa fuori dalla Russia non andò per il sottile: il 31 ottobre 1981 proclamò santi martiri tutti i membri della famiglia Romanov uccisi a Ekaterinburg, come pure i quattro servitori che erano andati incontro alla stessa sorte. Successivamente, provvide a canonizzare come martiri anche altri membri di rami secondari della famiglia imperiale uccisi dai bolscevichi in tempi successivi.
Una scelta coraggiosa e non priva di valore politico. Canonizzare la famiglia Romanov, a New York, nel bel mezzo della Guerra Fredda, era chiaramente un messaggio per il mondo.

Procedette con molta più cautela, dieci anni più tardi, la Chiesa Ortodossa Russa dentro la Russia.
Nel 1991 erano successe due cose. Una, era la dissoluzione dell’URRS; l’altra, era il ritrovamento della fossa comune in cui erano stati gettati i resti dei Romanov dopo il massacro.
‘nsomma: un po’ la ritrovata libertà religiosa, un po’ il rinvenimento di quelle che, in teoria, sarebbero le reliquie dei Romanov… era quasi inevitabile che anche in seno alla Chiesa Ortodossa in Russia nascesse l’idea di un processo di canonizzazione.
I Russi, per l’appunto, procedettero con più cautela. Ovviamente, ‘sul posto’ la situazione era più delicata: da un lato, c’erano decenni di propaganda comunista che avevano dipinto gli zar come l’incarnazione del male in terra; dall’altro, c’era una minoranza rumorosa di nostalgici con simpatie zariste a cui nessuno voleva mettere idee strane in testa.
Perdipiù, una Chiesa appena uscita allo scoperto non voleva nemmeno mostrarsi all’opinione pubblica come un sostenitore dei Romanov oltre tempo massimo. Intervistando la popolazione, si notò come in molti ritenessero lo zar Nicola tutt’altro che un brav’uomo. Per contro, altre fasce della popolazione mostravano di avere già una devozione popolare nei confronti della famiglia Romanov: secondo questi devoti, lo zar Nicola aveva avuto come unica colpa quella d’esser stato scelto dall’Onnipotente a governare sulla Russia in un periodo durissimo.
La Chiesa Ortodossa in Russia, per togliersi dall’imbarazzante empasse, decise di sviluppare il suo processo di canonizzazione concentrandosi in modo particolare sugli ultimi giorni di vita dei membri della famiglia imperiale. In fin dei conti, non è forse vero che il martirio è un battesimo di sangue, e che esperienze forti di conversione in punto di morte possono cancellare interi decenni di vita peccaminosa?
La commissione decise quindi di esplorare due strade: se i Romanov cioè potessero dirsi veramente martiri, e se i Romanov abbiano vissuto la loro morte e la loro prigionia con un afflato religioso tale da essere proposto come esempio ai posteri.
Sulla prima domanda, la risposta è un no: con buona pace di quanto aveva deciso la Chiesa Ortodossa Russa fuori dalla Russia, dire che i Romanov sono stati uccisi in odium fidei… ‘nsomma…
Restava da stabilire se avessero vissuto in modo esemplare la loro prigionia. Sul punto, il problema è che pochi sanno veramente ciò che accadde davvero a Casa Ipatiev nelle settimane precedenti all’esecuzione. Corre voce di vessazioni continue subite dai Romanov e sopportare con cristiana pazienza (…anche perché, poracci, del resto cosa potevano fare?). Ma appunto, è un ‘corre voce’: le testimonianze non sono mai di prima mano.

Esistono, sì, alcuni (rari) testi scritti dai Romanov nella prima fase della loro prigionia. In alcuni di questi testi, un afflato religioso c’è – ma ovviamente, non in tutti. Per non parlare poi della documentazione relativa ai quattro domestici che sono stati massacrati assieme ai Romanov: di loro, sopravvive una quantità di scritti veramente esigua.
L’eventualità di canonizzare i domestici, in particolar modo, pose alla commissione altri due ordini di problemi. Il primo, non da poco, è che alcuni di questi domestici non erano ortodossi – e se questo non era stato un problema per la Chiesa Ortodossa fuori dalla Russia, secondo cui il martirio in odium fidei era stato un battesimo di sangue all’ultimo minuto… beh: il dettaglio diventò invece un grosso problema per la Chiesa Russia, che l’ipotesi martirio l’aveva già esclusa.
Ma anche per quanto riguarda i domestici che quantomeno professavano fede ortodossa, la posizione della commissione per la canonizzazione non fu univoca.
Da un lato, ci si domandò fino a che punto si potesse parlare di “serena accettazione” della prigionia e della morte, da parte di quattro poveri disgraziati che erano lì perché erano sul libro paga degli zar. Il lacchè di Nicola Romanov è morto malamente perché Nicola Romanov ha insistito per avere con sé il suo lacchè anche in prigionia. Ma allora: il lacchè morto da santo, o è solo stata vittima della situazione?
Certamente, la risposta ovvia è che il lacchè avrebbe anche potuto licenziarsi. Nella decisione (questa sì, eroica) di rimanere al fianco dei loro signori fino all’ultimo momento, i domestici ebbero quantomeno l’occasione di fare una scelta. I Romanov, non avrebbero potuto scegliere la libertà neanche volando; i domestici in teoria sì: e dunque – osservò qualcuno – non è ancor più lodevole ed esemplare il modo in cui hanno affrontato la prigionia anche a costo di morire?
Secondo me sì; però, con buona pace dei domestici, la Chiesa Russa decise alla fine di non occuparsi di loro. Se santi sono stati, si disse, non abbiamo modo di dimostrarlo: troppa poca documentazione (e non parliamo poi del fatto che alcuni di loro non erano ortodossi). Il modo migliore per onorarli – suggeriscono le autorità ecclesiastiche – sarà ricordare i loro nomi durante le commemorazioni e raccontare la loro storia, ma nulla di più.
Quanto alle vittime imperiali, beh… dopo dieci anni di duro lavoro, la commissione giunse infine a una decisione condivisa. I Romanov non sono martiri, ma possono essere annoverati tra i “portatori di passione”, una categoria di santità che non trova un corrispettivo esatto tra quelle del Cattolicesimo latino (ma esiste invece nelle Chiese cattoliche di rito orientale).
Citando Wikipedia,
il titolo può essere assegnato a una persona che ha affrontato la sua morte in modo simile a Gesù. A differenza dei martiri, i portatori della passione non sono stati esplicitamente uccisi per la loro fede, sebbene si siano attenuti a quella fede con pietà e vero amore per Dio. Quindi, sebbene tutti i martiri siano portatori della passione, non tutti i portatori della passione sono martiri.
In particolar modo, la commissione per la canonizzazione dei Romanov ritenne che, nelle loro lunghe settimane di prigionia, i membri della famiglia imperiale abbiano affrontato quello che la Chiesa Ortodossa definisce podvig – una forte e dolorosissima lotta spirituale, per certi versi assimilabile a quella di Gesù nell’Orto degli Ulivi.

Alla fine la canonizzazione ci fu: a due rate, tra il 19 e il 20 agosto 2000. Le celebrazioni si tennero nella Cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca, proprio a pochi passi dal Cremlino. Un luogo simbolico: la chiesa, costruita nell’800 per volontà dello zar Alessandro I, fu demolita nel 1931 con l’intenzione di costruirci sopra un grandioso Palazzo dei Soviet (che, all’atto pratico, non fu mai realizzato per carenza di fondi). Ricostruita ex novo negli anni ’90, la cattedrale era già di per sé un simbolo potente di rinascita religiosa.

Quanto ai resti mortali dei Romanov (o reliquie, se preferite), essi riposano nella cattedrale dei Santi Pietro e Paolo a San Pietroburgo, assieme ai loro antenati. Sul luogo del martirio (o esecuzione capitale, se preferite), sorge oggi la Cattedrale sul Sangue. Curiosamente per una chiesa, il nome completo ha un “sottotitolo”: in onore di tutti i santi risplendenti nella Terra Russa.

Luca
Spesso ho sentito, soprattutto negli ultimi anni, di questa storia dei Romanov (mi sembra di ricordare che ad oggi ci sia una discendente), e devo dirti la verità, un po’ mi ci sono appassionato. Da quel poco che sono riuscito a capire per farmi un’idea, sembra essere stata una dinastia che – oltre ad averne passate di cotte e di crude – abbia anche dei risvolti segreti… mi piacerebbe leggere qualcosa in proposito.
Ti auguro un sereno pomeriggio 🙂
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Lucia
😀
A me piacciono molto le storie sulle famiglie reali, tutte, anche quelle attuali, sono l’unica concessione al gossip sui VIP che mi concedo 😉
Quindi, se il tema interessa… beh, perché no? 😀
Sulla discendente, sì, so anch’io che esiste. Se non ricordo male c’è anche in quel caso una disputa (simile a quella in corso per Casa Savoia, per capirci) su chi dovrebbe realmente essere l’erede al trono se il trono ci fosse ancora. Anche in quel caso, proprio come per la famiglia Savoia, ci sono o ci sarebbero stati tra i discendenti dei Romanov dei matrimoni morganatici (e/o comunque non approvati dalle leggi di famiglia), per cui i nubendi e i figli di questa unione sono automaticamente al di fuori della linea di successione.
Per chi ritiene che questa pretendente al trono donna sia da considerare esclusa dalla linea di successione a causa delle nozze morganatiche dei suoi antenati, l’erede al trono sarebbe stato un certo Nicola Romanov, morto qualche anno fa… in Italia, perché si era sposato con un’Italiana. La figlia primogenita di costui, che credo però non abbia la minima velleità di reclamare il trono imperiale russo XD è l’attrice Nicoletta Consolo.
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lopsicotaccuino
Avevo un docente fissato con la storia di questa famiglia e – se non ricordo male – portai la figura di Anastasia anche nella mia tesina di maturità. Queste informazioni però nemmeno lui ce le aveva fornite (nonostante ci abbia fatto una LEZIONE MONOGRAFICA!) perciò sono contenta di aver letto questo articolo. Molto preciso e coinvolgente.
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Lucia
😀
Oh ma grassie 😉
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Pingback: Alexei Trupp, il lacché (cattolico) dei Romanov che viene venerato come santo (dagli Ortodossi) – Una penna spuntata
mariluf
Molto interessante, come sempre: Non ne sapevo nulla…Grazie!
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Lucia
:-DD
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Ilaria
Sono contenta di non appartenere alla Chiesa ortodossa, né dentro né fuori la Russia, perché questa scelta non la condivido. Certo, dispiace per i Romanov, ma probabilmente ci sono stati autentici portatori di passione se non veri e propri martiri tra i milioni di contadini e di sacerdoti uccisi o deportati nei Gulag, solo che non erano “famosi”. E poi bella pretesa e bell’altruismo da parte di Nicola voler portare il balletto con sé anziché lasciarlo spontaneamente libero salvandogli la vita. A parte ciò, in realtà mi pare di ricordare che ‘sto Nicola fosse anche considerato abbastanza “buono” come zar, forse perché non si sentiva molto tagliato per governare e quindi avrebbe voluto tenere una linea abbastanza morbida (pur all’interno di un regime che aveva mantenuto la Russia in una profonda arretratezza e che ormai, come poi tragicamente si vide, non poteva più essere tollerato, dati i tempi).
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Lucia
No, beh, di brava gente morta nei gulag e compagnia cantante che è stata canonizzata dalla Chiesa ortodossa, giustamente è pieno il mondo! Per carità del cielo, ci mancherebbe altro. Alcuni di loro (molti di loro) sono senz’altro martiri uccidi in odium fidei in senso stretto.
Ma ce ne sono di canonizzati, hai voglia!
Infatti secondo me il problema della canonizzazione dei Romanov è stato un po’ un grattacapo, soprattutto per la Chiesa Ortodossa in Russia. Da un lato, c’era il popolo che già li venerava come santi e li considerava le vittime di tutte le vittime; dall’altro, c’era il fatto che tutti gli altri poracci morti nei gulag in effetti erano canonizzati e/o canonizzabili. Quindi secondo me erano in una di quelle situazioni “come ti muovi, sbagli”: o li canonizzavano suscitando le alzate di sopracciglia come le tue, o non li canonizzavano facendola così sembrare una scelta politica (tutte le altre vittime del comunismo, canonizzate, e solo i Romanov no).
Poracci, non avrei essere voluto nei loro panni 😀
Comunque, la brava gente morta nei gulag ha ricevuto la sua palma del martirio a sua volta, ecco 😉
Per il fatto di lasciare libera la servitù invece di portarla con sè nella tomba… eh.
A discolpa di questa scelta, posso anche dire che, oggettivamente,
A) la servitù non era stata costretta, aveva avuto la possibilità di tornare alle sue vite e aveva rifiutato. O meglio: moltissimi avevano accettato, quelli che son morti al fianco dei Romanov avevano deciso volontariamente di restare;
B) a quanto pare, probabilmente nessuno credeva davvero che la prigionia degli zar sarebbe finita così. Il pensiero comune era che, dopo un periodo di detenzione, sarebbero stati mandati in esilio da qualche parte. Si parlava tanto dell’Inghilterra: c’è anche una famosa polemica su Giorgio V (il nonno della regina Elisabetta) che forse avrebbe potuto salvare i Romanov offrendo loro asilo politico, se solo non avesse procrastinato per paura di attirarsi guai. Per dire. Cioè: col senno di poi siam bravi tutti a dire “eh ma i poveri servitori dovevano scappare e salvarsi la vita!”, ma loro probabilmente pensavano davvero che la vita l’avrebbero avuta salva comunque, dopo un periodo di prigionia…
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Ilaria
*valletto, non balletto. Il mio t9 a differenza dei Romanov è al passo coi tempi e non sa cosa sia un valletto 😉
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