In queste settimane, sta girando su Internet la fotografia di due distinte signore che camminano per la strada in abito da passeggio indossando quella che, apparentemente, potrebbe sembrare una mascherina chirurgica straordinariamente mal indossata.
L’immagine sta facendo il giro del Web assieme ad altre fotografie di individui con mascherina ai tempi dell’epidemia di Spagnola. Ma è proprio così?
Ovverosia: quelle due signore stavano davvero cercando di proteggersi dall’influenza indossando quelle bizzarre mascherine?
“Ma chi se ne importa?”, verrebbe da dire.
E invece no: la domanda è interessante, e non mi stupisce che mi sia stata posta da un paio di lettori. Se – come raccontavo pochi giorni fa – l’uso di mascherine “chirurgiche” è stato reso obbligatorio in molti Stati durante la Spagnola perché nel ’18 si era già compreso che l’infezione poteva trasmettersi attraverso starnuti e colpi di tosse, cosa esattamente speravano di ottenere di quelle due signore, andando in giro così conciate?
Voglio dire: attraverso la mascherina della tipa di destra sarebbe potuta passare una pallina di tennis, figuriamoci una gocciolina di saliva.
E infatti, quelle due signore non si erano vestite così per timore dell’influenza – anche perché la foto non è stata scattata ai tempi della Spagnola. In effetti, risale al 1913.
A fare un po’ di chiarezza sul tema ci hanno pensato, per primi, i redattori di Snopes. Come spiegano in questo articolo, la fotografia è vera ma è decontestualizzata. Peraltro, l’immagine è scaricabile da Alamy, che è molto chiaro nel descriverla come una rappresentazione della “Ladies’ fashion from 1913”.
Come se non bastasse, l’immagine originale è accompagnata da una didascalia d’epoca che, in Tedesco, ci spiega che la fotografia illustra una “nuova, bizzarra moda emersa dopo la Guerra dei Balcani” – cioè, quella del velo da naso.
Ma che è ‘sto velo da naso?
E soprattutto: ma davvero le donne occidentali se ne andavano in giro così conciate, in Europa, nel bel mezzo della Belle Époque?
Vi stupirà, amici, ma la risposta è “sì”.
La prima guerra balcanica, che dal 1912 al 1913 vide il Regno del Montenegro battersi contro l’Impero Ottomano, ebbe il curioso effetto collaterale di far diventare à la page molti elementi tipici della moda balcanica, rendendo piuttosto popolari tra le donne abiti dal fascino orientaleggiante.

Ricordate gli scandalosi pantaloni stile harem indossati da Lady Sybil di Downton Abbey? Ecco.
Incredibile ma vero: un elemento che godette per qualche tempo di una (in realtà, contenuta) popolarità fu quello che gli Europei chiamavano “velo da naso” e che le donne turche definivano yashmak.
Wikipedia mi informa che lo yashmak è un capo d’abbigliamento nato in seno alla cultura islamica che, ad oggi, sostanzialmente non esiste più. Eppure, per secoli fu largamente usato in molti tra i Paesi a maggioranza musulmana che si affacciavano sul golfo mediterraneo. Singolarissima via di mezzo tra il niqab e il viso scoperto “all’occidentale”, lo yashmak era, tecnicamente, un fazzoletto di stoffa sottile (in certi casi, semitrasparente) che veniva attaccato al cappellino delle signore, poggiandosi sul naso, e scendendo a coprire la parte bassa del volto.

Cartolina postale inviata dalla Turchia nel 1908, raffigurante una donna turca nel suo abito tradizionale
Non stento a credere che per le donne dell’epoca questo singolare accessorio potesse avere un suo fascino.
In effetti, a suo modo, ce l’ha anche per me. Chi riuscisse per un attimo ad accantonare le sue opinioni sulla pratica del velo islamico oggi, potrebbe probabilmente convenire con me nel dire che, oggettivamente, lo yashmak di inizio Novecento aveva un suo perché.

Cartolina postale dall’Egitto: una donna in abiti occidentali indossa lo yashmask
Troppo trasparente e troppo grazioso per poter alludere a realtà culturali di prevaricazione grave, lo yashmak, semplicemente, era.
Era un accessorio tipico della cultura ottomana, alla pari – che ne so – delle pantofoline a punta. Al gusto occidentale, poteva piacere o non piacere – ma non stento a immaginare che, all’epoca, si potesse effettivamente provare una certa fascinazione per un velo sottile che dissimula, ma non nasconde, e fa un po’ “pia donna velata” e un po’ “esotica odalisca”.

Ritratto fotografico di una donna ottomana, sul finire dell’Ottocento
Insomma: era dunque normale che negli anni ’10 del Novecento le donne occidentali se ne andassero a passeggio per le strade della Germania velandosi il volto alla maniera ottomana?
Beh, no: normale no. La moda durò molto poco (ben presto spazzata via dall’orrore della grande guerra, come per tanti altri vezzi della Belle Époque) e rimase senz’altro confinata ai salotti bene delle case aristocratiche, dove le giovinette volevano divertirsi un po’.
Quindi, la derubrichiamo a follia muliebre? A vanità insensata?
Mah: insensata, non so nemmeno fino a che punto. Riguardo alla moda islamica, ho sempre trovato estremamente interessanti le osservazioni fatte, a inizio Settecento, da lady Mary Wortley Montagu, una aristocratica inglese che trascorse diversi anni a Istanbul al fianco del marito, ambasciatore britannico in Turchia.
Inizialmente sconvolta dagli usi e costumi delle donne ottomane, lady Mary finì ben presto per innamorarsene. Nelle sue lettere alla sorella, la dama descrisse con notevole dettaglio il suo graduale adattarsi alla moda locale. Entro pochi anni dal suo arrivo a Istanbul, lady Mary aveva abbandonato corsetti e sottogonne per indossare “meravigliose tuniche di damasco rosa”, che, pur donando al corpo femminile una libertà impensabile in Occidente, erano comunque “molto più modeste di tante crinoline”. I caftani di lady Mary erano “a tutti gli effetti dei cappotti, creati esattamente sulle [sue] misure” – e persino la pratica di coprire il volto con un velo le sembrava, in una certa misura, liberatoria. A detta dell’aristocratica, il velo donava donne turche un anonimato che garantiva loro molta libertà di movimento, lontano dagli occhi indiscreti di conoscenti pettegole il cui chiacchiericcio poteva far saltare i nervi ai mariti gelosi.

Così il pittore Jerry Barrett immaginava lady Mary nell’atto di scoprire la moda ottomana
Certo: doveva essere ben misera la vita di una donna aristocratica del Settecento, se il metro di paragone per l’emancipazione femminile era costituito da una donna turca col niqab.
Però, effettivamente, così era. E, ripeto – bisogna necessariamente accantonare la nostra sensibilità moderna per capire che: sì, in una certa misura, l’abbigliamento tradizionale della cultura ottomana sembrava davvero, a quelle donne, un esempio di emancipazione.
Libere dalla stretta del corsetto e dall’ingombro delle crinoline, le donne ottomane se ne andavano a spasso con morbide tuniche fluenti che permettevano loro di accelerare il passo senza sentirsi mancare il fiato ogni tre per due.
Nascoste agli altrui sguardi da un velo più o meno lungo e più o meno opaco, le donne turche sembravano godere di una “invisibilità sociale” per la quale molte occidentali sarebbero state disposte a pagar oro, costrette com’erano in una società che non le perdeva di vista per un solo istante.
Così come non è tutto oro quel che luccica, è assai probabile che i veli delle ottomane celassero agli occhi delle europee ben altre realtà, assai meno idilliache. Però, ci fu effettivamente un breve periodo della Storia in cui l’emancipazione femminile sembrò passare anche da lì: dagli abiti morbidi alla ottomana e persino dai veli alla moda islamica. Che, evidentemente, non essendo una imposizione sembravano alle giovanette occidentali un banale accessorio dal fascino esotico – un po’ come a noi sembrerebbe un turbante, chessò.
Quella all’ottomana fu una moda poco duratura. Esplose nel 1913 e perdurò pochi mesi: nel 1914, sarebbe stato il rombo dei cannoni a far passare la voglia di scherzare.
E poi, sarebbe stata la guerra a stravolgere la vita quotidiana delle donne, liberando i loro corpi dagli orpelli vittoriani e dando loro una nuova libertà.
L’Occidente era cambiato con una velocità tale che nessuno ebbe più bisogno di ispirarsi alle mode esotiche per sottolineare il suo nuovo status di donna di mondo. Eppure, per un breve momento, così fu.
***
Insomma, tutto ciò per dire che: no, le due signorine ritratte in foto non stavano cercando di sfuggire alla Spagnola con abiti significativamente fuori moda e mascherine incredibilmente inutili.
Probabilmente, erano delle femministe in erba. Una strana ibridazione tra la suffragetta e la donna col niqab.
Chi di voi concorda con me nel dire che la Storia, a volte, sa davvero essere ironica?
Elisabetta
All’epoca impazzava anche la moda di abiti orientali simil kimono, con ombrellini di carta. Un giapponismo che ha influenzato prima il liberty e poi il decò.
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klaudjia
Beh, tanto per ridere, in un’epoca senza filler e botox un velo semitrasparente torna utile🤣🤣. Per il resto dopo aver provato i vestiti primi 900 di una mia antenata mi chiedo quale forma di masochismo animasse le nostre ave!! I medici dell’epoca consigliavano il busto e gli strascichi, gli uomini ridevano delle crinoline …ma loro insistevano!
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Lucia
Beh… noi ci sottoponiamo a diete strettissime anche se gli uomini dicono di preferire donne un po’ più in carne; portiamo tacchi altissimi tutto il giorno nonostante sia noto che l’uso prolungato deforma il piede; stressiamo i capelli con decolorazioni ardite e tinte chimiche che finiscono con lo sfibrarli – per non parlare poi della fissa per tante pratiche estetiche costose (e dolorose) che secondo me interessano alle donne molto più che agli uomini.
Mi sa che siamo proprio noi donne ad essere un po’ sceme, e che l’industria è molto abile a marciarci sopra 😕
(NB “noi generico”, io personalmente non faccio nessuna delle cose di cui sopra e magari neanche tu, per dire 😆)
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klaudjia
Errore di battitura… “i medici sconsigliavano il busto e gli strascichi”
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Francesca
Bellissimo anche questo articolo 🙂
Spero di non essere inopportuna se faccio presente che può essere che al fraintendimento (sulle signore mascherate da collocare nel 1918) abbia partecipato un minimo anche tu … 😁
Infatti mi pareva di ricordare un altro tuo scritto sulle epidemie con l’inquadramento di quella foto in un certo discorso… E allora l’ho cercato, e l’ho trovato
https://unapennaspuntata.com/2020/02/28/epidemia-spagnola-coronavirus/
Messa là così … che altro si potrebbe pensare se non a modelli di mascherine del 1918?
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Lucia
😱 Oh boia, non mi ricordavo di aver pubblicato la foto anche qui 😂😂😂
Però sì, anche io ci ero cascata all’inizio. Più che altro, non riuscivo proprio a immaginare che cos’altro potessero essere quei cosi in faccia se non mascherine, al velo turco non ci avrei pensato mai e poi mai se non fossi stata indirizzata sulla strada giusta da Snopes.
Il dubbio ha cominciato a sorgermi quando mi sono informata più nel dettaglio sugli studi medici che avevano preceduto l’obbligo di legge della mascherina. Se già allora se ne capiva il meccanismo, come poteva sembrare efficace la mascherina della signora a destra? E quindi ho iniziato a cercare spiegazioni.
Ma non mi ricordavo affatto di aver pubblicato io stessa la foto 😂😂😂
E’ talmente buffo che la lascerò lì per un po’, prima di cancellarla onde evitare confusioni ulteriori 😂
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Francesca
“Però sì, anche io ci ero cascata all’inizio. Più che altro, non riuscivo proprio a immaginare che cos’altro potessero essere quei cosi in faccia se non mascherine”…
E io le avevo scaricate da te (con varie altre foto) e inviate a gruppi su WhatsApp come “storia delle mascherine” 😁 😷
Per quello me le ricordavo così bene 😊
Sempre per non farmi i fatti miei, e come suggerimento: invece di toglierle (che ci stanno tanto bene!) basterebbe aggiungerci un’adeguata didascalia con rimando a questo nuovo articolo
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