La burzella dei santi: una tradizione napoletana per la notte di san Giovanni

Cari amici che mi leggete: volete sfruttare a vostro vantaggio la proverbiale prodigiosità della notte di san Giovanni per procurarvi qualche comodo miracolo a domicilio grazie alla nota generosità del Battista?

Ecco: innanzi tutto non fatelo, a meno che non vogliate avere rogne con la Chiesa. È vero che, per buona parte del Medioevo, il clero tollerò (o quantomeno chiuse un occhio di fronte a) tutte quelle pratiche, un po’ devozionali e un po’ superstiziose, che da nord a sud dell’Europa venivano portate avanti nella notte tra il 23 e il 24 giugno. Erano davvero numerose: ne conosciamo a decine se non forse a centinaia, citate a più riprese da fonti d’epoca di prima mano, palesemente così comuni da essere probabilmente all’ordine del giorno per una buona fetta della popolazione.
Ma, negli anni della Controriforma, che la Chiesa cominciò a guardare con rinnovata diffidenza a tutte queste usanze popolari, togliendo loro l’etichetta di “ignoranti” per elevarle a “decisamente superstiziose, da combattere con decisione” (un aspetto di cui parlo anche nel mio libro raccontando la storia di Lucrezia Peloso, irritabile donna pisana che non accettava minimamente la qualifica di strega in virtù delle pratiche che portava avanti in quella notte: “s’è sempre fatto de che io ne abbia memoria, e adesso avete deciso che non si può più fare?!”).

Insomma, cari amici che mi leggete: se volete profittare della notte di san Giovanni per dedicarvi a strane pratiche mezzo stregonesche, vi converrebbe decisamente desistere (o quantomeno non andare in giro dicendo che io non ve lo avevo detto). Ma, a scopo puramente divulgativo, sfrutterò questi schermi per condividere con voi la “ricetta” con cui creare un utile amuleto portafortuna attraverso il quale (si mormorava un tempo) avreste potuto procurarvi salute e prosperità economica grazie alla protezione di un buon numero di aureolati. Sto parlando della burzella dei santi, una tradizione che arriva a noi attraverso il folklore napoletano.

Orazio Ferrara, che dedica a questo talismano un intero capitolo del suo saggio sul Sud misterico, fa bene a specificare che la burzella «è cosa del tutto diversa, anche se simile, dall’abitiello», cioè all’abitino o allo scapolare che ancor oggi molti cattolici indossano sotto le vesti. «Quest’ultimo ricade ancora nella sfera d’influenza della religiosità popolare», nota correttamente Ferrara, «mentre con ‘a burzella siamo già ai confini della magia, anche se bianca». Eppure, la Chiesa locale non riuscì mai del tutto a spazzar via questa superstizione, giacché l’autore ricorda di aver personalmente conosciuto nella sua infanzia una donna che convintamente confezionava burzelle con cui tenere lontano il malocchio. Ma in che modo, concretamente?

Come avrete già intuito dal paragone con lo scapolare, la burzella si presentava come una piccola taschina in tessuto rosso, di forma quadrangolare, da portare sempre con sé (potenzialmente anche sotto i vestiti) per ottenere protezione celeste. Si diceva che le burzelle preparate nella notte di san Giovanni fossero particolarmente efficaci; certo è che, in caso di emergenza, nulla avrebbe vietato di tentar la sorte confezionandone altre al momento del bisogno. Ma, evidentemente, il patrocinio del Battista è funzionale a ottenere una burzella particolarmente performante.

Numerosi gli ingredienti da inserire dentro alla taschina per conferirle i suoi poteri prodigiosi. Curiosamente, nessuno di questi ha a che fare con le erbe e i fiori che, oggigiorno, la tradizione popolare tende ad associare alla figura del Battista: l’unico elemento proveniente dal mondo vegetale presente all’interno della burzella erano i chicchi di grano. E non di grano qualunque: era necessario che i chicchi provenissero da una delle piante che erano state utilizzate dopo la messa in Coena Domini per decorare la cappella della reposizione (in soldoni, dovevano arrivare da uno dei sepolcri del Giovedì Santo).

L’elemento dell’acqua, da sempre e per ovvie ragioni associato alla figura del Battista, era richiamato dalla presenza della sabbia; l’ideale sarebbe stata quella vulcanica, di colore scuro, che si trova solamente in poche zone della Campania: una predilezione probabilmente dovuta alla difficile reperibilità del materiale, più che al suo colore cinerino (le cose veramente rare, lo sanno anche i bimbi, sono già di per sé “un po’ magiche”).

Ma la burzella dei santi contava ben poco sulla “magia naturale” prediligendo invece quella legata alla sfera del sacro. E infatti, avevano a che fare con la religiosità popolare tutti gli altri elementi che componevano il piccolo talismano: innanzi tutto, tre chicchi di sale grosso (con evidente richiamo al sale benedetto che ancor oggi viene usato dagli esorcisti); poi, tre gocce di cera fatte colare da una delle candele della Candelora; infine, tre foglie strappate al ramo d’ulivo distribuito all’aprirsi della Settimana Santa.

Ma a rendere davvero efficace la burzella dei santi erano (intuibilmente) proprio i santi. Ognuno poteva affidarsi alla protezione di quelli cui si sentiva più legato, inserendo all’interno del talismano le immaginette dei prescelti (necessariamente in numero di due; obbligatoriamente un maschio e una femmina). Per chi non aveva particolari devozioni nei confronti di figure specifiche, c’era sempre la possibilità di affidarsi ai santi più gettonati: la Madonna, ovviamente, andava per la maggiore, ma anche santa Lucia pareva particolarmente adatta, poiché il suo patronato sugli occhi sembrava evidentemente efficace nel tenere lontani gli sguardi invidiosi portatori di malocchio. Tra i santi di sesso maschile, andavano particolarmente forte san Sebastiano (quello che tiene lontane le malattie infettive: mica male, come cosa!) e san Nicola (un così provvido distributore di doni non resterà mica sordo alle richieste dei devoti!).

Irrinunciabile, in ogni caso, era la presenza di sant’Anastasio il Persiano, fino a qualche tempo fa molto noto nella zona di Napoli grazie alla vendita di medagliette devozionali popolarmente note come ‘a capa ‘e sant’Anastasio. Secondo la leggenda, il buon Anastasio era il figlio d’un mago cattivo che l’avrebbe volentieri avviato alla sua stessa arte, e visse momenti di grande conflitto interiore prima di maturare la decisione di convertirsi al cristianesimo. Da sempre, la tradizione popolare lo considera un personaggio particolarmente affidabile a cui affidare le proprie preghiere nel momento in cui si vogliono tenere lontani le maledizioni delle streghe: e infatti, la medaglietta di bronzo col profilo del santo è il settimo e ultimo ingrediente che doveva essere inserito nella burzella prima che essa venisse richiusa e consegnata al committente. Efficacia garantita: o così almeno si diceva!

Una tradizione antica e ormai perduta, almeno a quanto mi risulta (ma sarei molto felice di essere corretta dai Napoletani in linea: voi, per caso, conoscete qualcuno che ancor oggi faccia uso di questi talismani?). Ma non per questo una tradizione che valga la pena di consegnare all’oblio: dopo tutto, anche questa è Storia.  


Per approfondire: Orazio Ferrara, Sud Misterico. Tra religiosità e magia (Ali Ribelli Edizioni, 2020)

7 risposte a "La burzella dei santi: una tradizione napoletana per la notte di san Giovanni"

    1. Avatar di Lucia Graziano

      Lucia Graziano

      A Torino prevale la piromania: nella piazza principale della città viene bruciato un falò sormontato da palo metallico con un torello sulla cima. A seconda della direzione in cui cade il torello man mano che il falò brucia, la città trae auspici per l’anno entrante: fortunato o no?

      (Piatti tipici per la festa, invece, non mi risulta che ce ne siano. Niente di particolare che sia legato specificamente a san Giovanni, ecco. E dire che è il patrono cittadino!)

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  1. Avatar di Francesca

    Francesca

    Dunque…
    Il cibo c’è, il fuoco anche, … Qui acqua, come da motivazioni ovvie già citate nel tuo articolo. “l’acqua di San Giovanni”.
    Di più non so. Conosco solo la “dicitura”. Da qualche anno trovo articoletti promemoria in vari siti veneti, però io questa tradizione non l’ho mai vista di persona, a differenza della prossima barca di San Pietro a base di albume.

    Sulle origini effettive e sui significati che accompagnano l’acqua tradizionalmente “benefica”… Magica? Ognuno in rete dice la propria.
    Fornisco link.
    Il primo è il più equilibrato, nel senso che non va a cercare chissà quali origini o funzioni, limitandosi a riportare la tradizione a grandi linee.
    Gli altri si sbizzarriscono… Ma senza fonti.

    https://www.polesine24.it/veneto/2021/06/24/gallery/ma-voi-avete-preparato-l-acqua-di-san-giovanni-117765/

    https://www.vicenzatoday.it/social/23-giugno-acqua-di-san-giovanni.html

    https://ilnuovoterraglio.it/pronti-per-lacqua-di-san-giovanni/

    https://agriexperience.it/it/blog/acqua-di-san-giovanni-una-tradizione-antica-legata-al-mondo-contadino

    Sono sicura che tu ne saprai parecchio sulla collocazione di codesta tradizione.

    Di mio, registro che, anche qui, a quanto pare: niente da mangiare 😂 . Certo che almeno ‘na tisana ci poteva stare bene.
    Niente. Aspettiamo i tuorli tra qualche giorno 😇😁

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  2. Avatar di Emilia

    Emilia

    Anche se ho origini napoletane, non ho mai sentito parlare della burzella prima d’ora.
    Però ho ben presente la medaglia con la testa di sant’Anastasio (“caput S. Anastasii”): l’ho vista ancora fino a non molto tempo fa in qualche negozio di articoli religiosi a Napoli. Anzi, speravo che prima o poi avresti trattato la leggenda che la riguarda.

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    1. Avatar di Lucia Graziano

      Lucia Graziano

      Sulla mia pagina Facebook era intervenuto Carlo Avvisati, scrittore napoletano esperto nella storia partenopea, che diceva di aver sentito parlare di questa tradizione ma come di una cosa decisamente antica e ormai non più praticata. Dev’essere davvero una di quelle tradizioni che sono andate a morire pian piano!

      Chissà cos’è che ne ha determinato la fine. La Chiesa, che è finalmente riuscita a debellare una pratica superstiziosa troppo legata al sacro, o la secolarizzazione generale, che ha portato a prediligere superstizioni meno legate a un culto che ormai non tutti praticano?

      Secondo me, così a naso, più la seconda che la prima 😅

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    2. Avatar di Emilia

      Emilia

      Aggiornamento: ho chiesto a mia madre se avesse presente quest’usanza. Mi ha risposto di sì e che la burzella, per come la conosceva lei, conteneva solo santini e medagliette (sant’Anastasio incluso), e veniva fissata agli indumenti intimi dei bambini che destavano maggiori preoccupazioni, magari perché cagionevoli di salute.

      Riguardo invece la medaglia di sant’Anastasio, ho appurato che sul verso, nelle riproduzioni più antiche, riportava delle iscrizioni simili a quelle della croce-medaglia di san Benedetto. In quelle che avevo visto io, invece, c’era l’immagine del Volto Santo venerato nella Casa del Volto Santo a Capodimonte, quartiere di Napoli. Chissà poi perché?

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      1. Avatar di Lucia Graziano

        Lucia Graziano

        Ooooohhh, interessantissimo l’aggiornamento di tua mamma, grazie! Posso chiedere a che epoca storica risalgono le burzelle che ha conosciuto lei? Sarebbe interessante per capire fino a che decade è rimasta viva questa tradizione (e, in effetti, anche chi la portava avanti, già che ci siamo. Pie donne casa e chiesa con comportamenti del tutto “ortodossi” che lo facevano come puro gesto di devozione, o donne un po’ più eccentriche, tipo quelle che magari vanno in giro anche col cornetto rosso etc?

        E anche questa cosa delle iscrizioni sulla medaglia è interessantissima: si sa mica che iscrizioni sono? Hai una foto? :O

        Grazie davvero! Soprattutto la testimonianza di tua mamma mi sembra preziosa, perché cercando in rete ho trovato davvero poche informazioni su questa tradizione, e questo ricordo di questa fase intermedia è interessantissimo 🙂

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